«Le banche sono il conflitto d’interesse»
ROMA Bruno Tabacci, si sente sconfitto o c’è una vittoria politica?
«Non c’è dubbio che c’è, perché questo tema ha occupato uno spazio che diversamente non avrebbe avuto. Questi temi che ho segnalato vengono da lontano, è stato giusto testimoniarlo fino in fondo».
Lei se la prende con i giornali, dice che le banche sono nella stampa...
«La potenza di fuoco è enorme».
Eppure sui giornali gli unici commenti autorevoli pubblicati erano dalla sua parte. Si pensi a Monti...
«Tutte le volte che veniva pubblicata una cosa del genere le redazioni sono state messe sotto sopra. Ci sono stati degli scontri enormi dentro la carta stampata. Non mi riferisco ai giornalisti, che rispetto. Mi riferisco al capitale delle aziende editoriali».
Con il conflitto di interesse che c’è in Italia, non è una pagliuzza questa delle banche rispetto alla trave del premier?
«No, le banche sono il cuore dei conflitti di interesse, non la pagliuzza. Sono il cuore perché sono le padrone del sistema avendo in mano, attraverso le aziende indebitate, il sistema industriale».
Hanno chiesto le sue dimissioni...
«Beh, questa è una cosa amena».
I più compatti sono stati quelli di An.
«Non mi pare. La Russa ha cambiato spesso le sue posizioni. Non mi sorprende più di tanto. Io su questi temi ho avuto un percorso rigoroso, logico, fin da quando nel 2001 ho presentato il disegno di legge di riordino delle autorità indipendenti. Si può prendere atto che si è in minoranza. Meglio fare una battaglia e perderla, che non fare nulla».
La Lega non ha parlato. Come mai?
«La Lega non ha parlato, evidentemente ha votato solo per ragioni legate al governo e all’equilibrio politico che su questa partita si giocava. Pagliarini aveva i dati sulle inefficienze bancarie in Italia».
Non c’entra la banca delle Lega?
«Sì, c’è il problema degli sportelli».
Lei ha ipotizzato un accordo dei Ds con uno scambio tra mandato a termine e concorrenza. Conferma?
«Mah sì, nel pomeriggio ho visto che erano titubanti sul mandato del governatore per piccoli calcoli politici. Comunque poi hanno votato...».
Beh, non potevano fare altro, o no?
«Mi ero messo io in quel crocevia, no?».
Lei ha parlato dell’Antonveneta...
«Beh, nel senso che ho detto che se si poteva trovare una sorta di prorogatio fino al 2008 alla vigilanza Bankitalia anche sull’Antitrust, si potevano risolvere anche le questioni che avevano dato le preoccupazioni ad esempio alla Lega».
Era quello che volevano i Ds?
«No, lì c’era un emendamento di Grandi che si poteva benissimo accogliere».
L’accordo dei Ds è fallito grazie a lei?
«No, ma loro si sono comportati bene».
Non c’entra niente Geronzi?
«Non so, non so chi è intervenuto».