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Risultati da 1 a 6 di 6
  1. #1
    Genti Pessa Krù CT
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    tanto di novità ce ne saranno un paio/ le votiamo per sbaglio e ci bloccano coll'aglio/ svaniranno per un comando del lupinaio/ sciuscià, il fatto, satiricon e raiot... / ...non si solleverà nessun vespaio!/
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    Predefinito Bolivia: Esercito per farmare i manifestanti

    BOLIVIA: MESA SCHIERA ESERCITO A DIFESA POZZI PETROLIO
    La Paz, 6 mar. - (Adnkronos) - Per prevenire azioni di forza da parte dei manifestanti, il governo della Bolivia ha deciso di schierare l'esercito a difesa dei pozzi petroliferi. Un contingente della Nona divisione e' stato cosi' inviato di supporto alla polizia nelle zone dove e' piu' forte la minaccia di una possibile invasione dei pozzi da parte dei sindacati degli agrari, che da giorni sono tornati a protestare in tutto il Paese contro la politica energetica del governo di Carlos Mesa.
    (Aba/Opr/Adnkronos)
    06-MAR-0515:07

    --------------------------------------
    La gente muore di fame e loro difendono i petrolieri, ricordiamoci che nell'ultima manifestazione in bolivia la polizia sparò sui manifestanti.
    Chiamo alla Jihad da Rihad a Dubai/
    Sai, gli restituiremo le torture di Abu Ghraib/
    ogni posto in occidente è il World Trade Center/
    E qui intorno ogni giorno è l'undici
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  2. #2
    Cristeros e sei protagonista!
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    ...e alla fine i comunisti della rivoluzione messicana si allearono con gli americani per vincere i cristeros messicani...
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    Predefinito

    Il petrolio fa sempre danno.

    Non era meglio il carbone che assistere a questi
    deplorevoli episodi?
    Sì vabbè kyoto, ma Tokyo ha il nucleare.....



  3. #3
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    piemonte
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    Predefinito Re: Bolivia: Esercito per farmare i manifestanti

    In Origine Postato da HoChiMinh84
    BOLIVIA: MESA SCHIERA ESERCITO A DIFESA POZZI PETROLIO
    La Paz, 6 mar. - (Adnkronos) - Per prevenire azioni di forza da parte dei manifestanti, il governo della Bolivia ha deciso di schierare l'esercito a difesa dei pozzi petroliferi. Un contingente della Nona divisione e' stato cosi' inviato di supporto alla polizia nelle zone dove e' piu' forte la minaccia di una possibile invasione dei pozzi da parte dei sindacati degli agrari, che da giorni sono tornati a protestare in tutto il Paese contro la politica energetica del governo di Carlos Mesa.
    (Aba/Opr/Adnkronos)
    06-MAR-0515:07

    --------------------------------------
    La gente muore di fame e loro difendono i petrolieri, ricordiamoci che nell'ultima manifestazione in bolivia la polizia sparò sui manifestanti.
    L'esercito sparò.
    La polizia (pardon la stragrande maggioranza) in Bolivia ha una storica tradizione di sinistra ed è sempre stata vicino al popolo, rimettendoci anche tanti uomini per difenderlo.
    E infatti godono di 0 diritti e salari da fame.

  4. #4
    Genti Pessa Krù CT
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    Predefinito Re: Re: Bolivia: Esercito per farmare i manifestanti

    In Origine Postato da piemont
    L'esercito sparò.
    La polizia (pardon la stragrande maggioranza) in Bolivia ha una storica tradizione di sinistra ed è sempre stata vicino al popolo, rimettendoci anche tanti uomini per difenderlo.
    E infatti godono di 0 diritti e salari da fame.
    la manifestazione che ho citato è avvenuta a Cochabamba per protestare contro la privatizzazione dell'ACQUA (assurdo) che era stata concessa ad un agenzia di San Francisco: la gente per raccogliere l'acqua piovana doveva pagare questa azienda!!
    Tutti in piazza, lo stato pensò bene di sparare sulla folla invece di tutelare i loro diritti.

    http://www.sgrtv.it/link/numeroacqua...Cochabamba.htm

    A Cochabamba si muore per l'acqua


    di Monia Baldascino
    26/03/2003

    Accesso all’acqua per tutti. Questa la rivendicazione dei manifestanti che nel gennaio e nell’aprile 2000 si sono riversati nelle strade di Cochabamba, terza città della Bolivia.
    La rivolta popolare, degenerata in violenti scontri con l’esercito, si è conclusa con un bilancio finale di 6 morti e numerosi feriti.

    Le premesse
    A Cochabamba, 2500 metri d’altezza sulle Ande boliviane, l’acqua è un bene scarso e prezioso. Solo il 55 per cento degli abitanti ha accesso per qualche ora al giorno alla vecchia rete municipale. Il 20 per cento la attinge da pozzi e raccolte d’acqua piovana. Il restante quarto, la gente che vive nelle zone più povere, fa ricorso alla distribuzione con le autobotti. È impossibile irrigare le terre circostanti. La necessità di migliorare l’approvvigionamento idrico diventa impellente.
    La Banca mondiale si rifiuta di prestare garanzia per un prestito di 25 milioni di dollari, se non a condizione che il governo venda il sistema pubblico delle acque ai privati. Ad aggiudicarsi l’appalto è l’impresa Aguas del Tunari, società fantoccio di una multinazionale estera che fa capo al gigante americano Bechtel Corporation. Un colosso che nel 2001 ha presentato un saldo attivo pari al doppio del prodotto interno lordo della Bolivia. La concessione dà a Aguas del Tunari il monopolio assoluto della gestione e della distribuzione di ogni risorsa idrica per 40 anni. Tutte le sorgenti vengono sottoposte a permessi di utilizzo e ai contadini è vietato addirittura raccogliere l’acqua piovana nei pozzi. Segue un aumento del prezzo dell’acqua del 300 per cento. In una città in cui il salario minimo mensile non raggiunge i 100 dollari, le bollette che i cittadini vedono recapitarsi ammontano mediamente a 20 dollari al mese, circa un quarto del reddito di una famiglia.

    La rivolta
    I sindacati operai locali e le organizzazioni di agricoltori insorgono. Danno vita alla Coordinadora de Defensa del Agua y de la Vida, che mobilita gli abitanti e organizza l’opposizione. Nel giro di un mese milioni di boliviani marciano su Cochabamba, proclamano lo sciopero generale e bloccano tutte le strade che consentono lo scambio di merci all’interno del Paese. La reazione del governo è dura: alcuni manifestanti vengono uccisi, molti attivisti arrestati, i mezzi di comunicazione sottoposti a censura. Il Presidente della Repubblica, l’ex colonnello Hugo Panzer Suarez, decreta lo stato d’assedio, che durerà 90 giorni. Un ragazzo di 17 anni viene colpito alla testa da un proiettile di un ufficiale dell’esercito: la scena è ripresa dalle telecamere di una televisione boliviana. Diventerà il simbolo di un popolo costretto a lottare per un diritto innegabile. L’ondata di rabbia cresce e il 10 aprile il governo è costretto a cedere: revoca la legislazione sulla privatizzazione delle acque e rescinde unilateralmente il contratto con la Bechtel, affidando la distribuzione idrica alla Coordinadora.

    L'amaro finale
    I campesinos hanno vinto la battaglia con la multinazionale. Ma la guerra per l’acqua non è finita. La Bechtel pretende un risarcimento per i danni subiti dalla rescissione del contratto. Cifra richiesta a uno dei Paesi più poveri del mondo: 25 milioni di dollari.
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  5. #5
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    Predefinito

    E' sempre lo scontro ideologico cmq a tenere banco......
    Eppure la matematica non è un opinione

  6. #6
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    Predefinito combattere per i propi diritti in Sud america

    Evo Morales si aggira per Caracas senza scorta e senza autista. Espressione dolce, tono mite, parla sempre sottovoce. Sembra immune al delirio frenetico che fa del Foro bolivariano, voluto da Hugo Chavez a un anno dal golpe, un girone caotico di francesi-cubani-statunitensi-latinoamericani vari in eterna migrazione da un seminario all'altro.

    La gente in città non lo riconosce. Per i camerieri del caffè Ateneo è un indio come i tanti che lucidano (ancora) le scarpe nelle strade del centro, di quelli che hanno trovato nel linguaggio interclassista del presidente Chavez una promessa di inclusione da difendere come una conquista.

    «In Bolivia c'è molto da fare, il governo è sull'orlo del precipizio, cresce la ribellione contro le imposizioni del Fondo monetario che continuano a chiedere ogni anno nuove tasse e tagli alle spese sociali. Ho comunque accettato l'invito del Foro perché volevo venire a mostrare di persona la solidarietà alla rivoluzione bolivariana a un anno dal fracasso del golpe che tentò di rimettere i giacimenti venezuelani nelle mani delle multinazionali».

    Leader dell'opposizione al governo ultraliberista di Gonzalo Sanchez de Lozado, Evo Morales per un soffio non ha vinto le ultime presidenziali in Bolivia. Deriso dalla stampa statunitense come «un capo indiano delle tribù degli Amymara che mastica foglie di coca, uno che, se eletto, sarebbe capace di privatizzare le industrie boliviane, smetterebbe di onorare il debito estero e ostacolerebbe gli sforzi statunitensi contro la coltivazione di coca (New York Times, 6 luglio 2002)» ha sfiorato la poltrona presidenziale.

    Il movimento campesino e i cocaleros di Bolivia, enorme bacino di voti popolari, lo conoscevano più come capo dei sindacati dei coltivatori delle foglie di coca degli altopiani e della lotta contro i piani di eradicazioni forzate che come leader del Movimento verso il socialismo (il partito che lo ha candidato). Lo hanno votato in massa.

    Un mese fa a La Paz l'esercito ha sparato sulla popolazione scesa in strada a protestare contro misure economiche annunciate dal presidente Sanchez de Lozado. Il governo è sembrato sul punto di cadere. Come è rimasto in piedi? Crede resisterà a lungo?

    Si è blindato al potere minacciando una repressione sanguinosa delle contestazioni. Non credo possa resistere molto. Non ha perso appoggio: non l'ha mai avuto. Rappresenta gli interessi di una esigua minoranza, è incapace di indicare un futuro per il Paese svincolato dai ricatti del Fondo monetario. Non siamo riusciti a sbarrargli la strada alle ultime elezioni, ma ci riusciremo alle prossime. Se in questo momento si andasse a votare in Bolivia il Mas vincerebbe con un netto scarto di voti.

    Nei giorni delle proteste la polizia si è unita ai manifestanti. Da dove viene l'alleanza tra la piazza in rivolta e i poliziotti della capitale?

    Da una lunga tradizione di sinistra della polizia in Bolivia, ma soprattutto dalla condivisione dello stesso livello misero di vita di tanta parte della popolazione. I poliziotti sono tra i poverissimi del mio paese. Le misure annunciate dal governo li colpivano in quanto classe povera. Per questo sono insorti. E' vero che le forze armate in Bolivia sono fortemente divise. Il governo è debole anche per questo.

    Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le segnalazioni di presenza di militari statunitensi nella regione del Chapare, una delle aree a più alta conflittualità della Bolivia. Conferma?

    Sì. Non solo nel Chapare. Sta avvenendo la stessa cosa anche altrove, anche fuori dalla Bolivia. E' l'effetto del Plan Colombia, che evidentemente non riguarda solo la Colombia. Gli Stati Uniti hanno voluto quel piano per poter spedire in America latina contingenti militari con la scusa della lotta al narcotraffico. E' un piano per il controllo di una regione considerata strategica. Come il plan Condor degli anni settanta serve a chiudere il passo alle alternative politiche possibili in America latina. E' l'altra faccia dell'Area di libero commercio delle Americhe, il braccio armato della nuova via al neocolonialismo.

    La campagna contraria alla sue elezioni alle presidenziali l'ha presentata al mondo come l'uomo che avrebbe dato il via libera alla coltivazione senza regole della coca in Bolivia, accusandola indirettamente di essersi alleato ai narcotrafficanti. Se si andasse alle elezioni domani rifarebbe della difesa delle coltivazioni di coca la sua bandiera?

    Sì. La foglia di coca è una coltivazione tradizionale dei campesinos degli altipiani. Non ha nulla a che fare con il narcotraffico. La lotta alla droga è la giustificazione nordamericana per tentare di controllare il nostro Paese. Negli anni Settanta ci accusavano di essere comunisti, per gli ultimi vent'anni di coprire i narcotrafficanti, dopo l'11 settembre ci accusano di essere terroristi. La sostanza non cambia.

    Cosa trova di interessante lei, leader popolare delle lotte contadine che come massimo strumento di protesta ha proposto le interruzioni stradali, con Hugo Chavez Frias, colonnello con una lunga vita militare alle spalle, arrivato alla presidenza con libere elezioni solo dopo aver tentato la via dell'insurrezione militare e che da mesi ripete che quella venezuelana è «una rivoluzione pacifica ma non disarmata»?

    Non ho nulla a che fare con i militari, non ho una tradizione militare, vengo da tutt'altra storia. Ma qui siamo in America latina, i militari sono una componente fondamentale di molti processi di liberazione in questo continente. Li giudico per ciò che fanno. Il governo di Hugo Chavez è un governo progressista, l'avanguardia d'America in questo momento. Sarebbe un errore clamoroso non difendere il processo di radicalizzazione delle riforme in corso in Venezuela. Sono venuto a Caracas per questo.

    Sono leghista ma rispetto profondamente le lotte della Sinistra vera e di chi indossa la divisa ma si ricorda che il suo dovere è proteggere il popolo contro i soprusi e non servire chi opprime.

 

 

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