Nello stesso giorno in cui il nuovo Hitler inizia la visita in Europa
Prodi tende la mano a Bush affinché Ue e Usa si uniscano per dominare il mondo
BERTINOTTI SULLA SCIA DI PRODI
Mentre in centinaia di migliaia marciavano a Roma per la liberazione di Giuliana Sgrena e del popolo iracheno, il leader dell'Unione Romano Prodi marciava in direzione esattamente opposta, profondendosi in inchini di benvenuto al guerrafondaio imperialista Bush in visita in Europa. Lo ha fatto con una lettera al quotidiano "la Repubblica" del 20 febbraio nella quale, omaggiando Bush con un sonoro quanto servile "welcome Mr. President" e mettendosi in concorrenza con il neoduce Berlusconi, esalta il viaggio del nuovo Hitler in Europa come una grande occasione per superare le divergenze nate dopo l'aggressione illegale degli Usa all'Iraq e ricostituire una salda alleanza tra le due sponde dell'Atlantico come ai tempi della guerra fredda.
Con una differenza sostanziale, rispetto ad allora: la Ue imperialista, che si sta sempre più affermando, dice Prodi, come "nuovo protagonista della politica mondiale", con l'ambizione e il diritto di chiedere alla superpotenza americana di partecipare al dominio del mondo. Diritto che la superpotenza europea si è conquistata non solo espandendosi a est con l'inglobamento di interi pezzi dell'ex impero dei socialimperialisti sovietici, ma anche grazie a una vera e propria esportazione armata della "democrazia" in emulazione di quella a stelle e strisce, come dimostrano gli "oltre 70 mila soldati impegnati sotto le bandiere dell'Onu, della Nato e dell'Unione, dalla Bosnia al Kossovo, dall'Afghanistan all'Africa" con cui, sottolinea Prodi, "l'Europa ha portato e porta un contributo essenziale alla sicurezza internazionale".
D'altra parte Prodi rivendica alla sua gestione della Commissione europea di aver sempre considerato l'America "un punto di riferimento e un interlocutore costante", e di aver fatto viceversa dell'Europa "un partner serio, cooperativo e affidabile" per gli Stati Uniti, specialmente nel campo della "lotta al terrorismo". E se "nella crisi dell'Iraq le cose sono andate in modo diverso" e vi sono state anche "profonde divergenze tra le due sponde dell'Atlantico", il leader della "sinistra" borghese si affretta ad archiviarle come ormai superate dalla situazione internazionale che - dice lui - "sta cambiando, a partire da un Iraq che ha vissuto la grande esperienza delle elezioni e da un Medio Oriente in cui i nuovi governi palestinese e israeliano stanno recuperando prospettive di dialogo che sembravano perdute".

UN "NUOVO GRANDE ACCORDO TRANSATLANTICO"
Prodi, insomma, accredita la fandonia che le elezioni farsa in Iraq e le finte offerte di "pace" del boia Sharon abbiano cambiato la scena mediorientale e tramutato i lupi imperialisti anglo-americani e sionisti israeliani in agnelli, per cui sarebbero magicamente scomparse le cause che hanno portato alla crisi delle relazioni atlantiche e sia possibile rilanciare su basi nuove, rafforzate e paritarie l'alleanza strategica Usa-Ue, per un "nuovo grande accordo transatlantico", esattamente come anche Bush sostiene a parole.
Per andare dove? "Per esercitare in comune - conclude Prodi - le responsabilità di cui dobbiamo farci carico per la sicurezza, per lo sviluppo, per la stabilità finanziaria, per il sostegno ai paesi più poveri, per l'ambiente. In poche parole, per costruire un mondo più vivibile e civile". In altre parole per dominare insieme il mondo, dato che nell'avanzare questa proposta Prodi non può ignorare che la superpotenza Usa non fa mistero di voler imporre il suo modello di "democrazia" e il suo dominio economico, politico e militare a tutto il mondo, con le buone o con le cattive. Per cui offrire agli Usa di governare insieme il mondo significa seguirli su questa strada, sia pure con la pretesa di farlo non da vassalli più deboli, ma da alleati altrettanto forti, come al pari di Chirac e Schroeder vorrebbe l'ex presidente della Commissione europea.
Non a caso il neoduce Berlusconi, sentendosi scavalcato a destra dal leader del "centro-sinistra", nell'accingersi a volare a Bruxelles per incontrare il suo amicone texano, ha sentito il bisogno di intervenire per deridere Prodi ricordandogli che "adesso è comodo dire `welcome Mr. President', è comodo copiare la nostra posizione di sempre. Ma doveva dirlo anche un anno fa quando invece invitava ad accogliere Bush a Roma appendendo alla finestra le bandiere della pace"; e per ribadire che "siamo noi i capofila nel riavvicinamento tra Washington e Unione europea. Noi abbiamo lavorato per diminuire il divario tra le due sponde".

PRECISAZIONI RISIBILI
La sfacciata genuflessione di Prodi davanti al capofila dell'imperialismo occidentale, se da una parte ha ricevuto l'immediato sostegno di Fassino e Rutelli, ansiosi ambedue di ribadire il loro filoamericanismo dopo il no elettoralistico e di facciata al rifinanziamento della missione italiana di guerra in Iraq, dall'altra ha suscitato allarme e scalpore nel movimento pacifista e antimperialista, tanto che lo stesso Prodi è dovuto intervenire più volte per "precisare meglio" il suo pensiero: "Ma quale apertura, sono le tesi che ho sempre sostenuto", ha detto intervenendo a Bologna il giorno successivo all'uscita del suo articolo sul giornale di De Benedetti e Scalfari. "Soltanto con un rapporto forte tra Europa e Usa si può salvare la pace", ha poi aggiunto tentando con questo acrobatico paradosso di tacitare i pacifisti. E ricorrendo allo specchietto per le allodole del "cambiamento" della politica di Bush al secondo mandato, tanto caro alla "sinistra" borghese, ha giurato: "Vi posso assicurare che l'apertura è nella politica americana. Tutti sanno che il futuro del mondo è nell'accordo tra Stati Uniti ed Europa".
In suo soccorso è venuto invece il trotzkista pacifista e convertito Bertinotti, con un'intervista al "Corriere della Sera" del 22 febbraio in cui minimizza il servile omaggio del professore democristiano a Bush sostenendo che "quel saluto rappresenta il guanto di velluto, obbligatorio nelle relazioni diplomatiche". Peccato però che Prodi non sia più il presidente della Commissione Ue, bensì il leader di un raggruppamento di "opposizione", e non si capisce perciò quali obblighi diplomatici avesse nei confronti del presidente Usa da doverlo trattare con tanta sottomessa deferenza.
In realtà questa è solo una risibile scusa, tant'è vero che anche Bertinotti condivide in pieno la favola accreditata da Prodi della "svolta" nella politica oltranzista e guerrafondaia di Bush, dichiarando che "non c'è pregiudizio verso gli Stati Uniti", e che "oggi l'amministrazione Bush non è quella di prima". Anzi, il segretario del PRC va ancora oltre, e si spinge fino a riabilitare il boia Sharon riconoscendo che in lui "è avvenuto un cambiamento" che "è bene incoraggiare".

2 marzo 2005

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