In Cecenia sarà guerra totale»
Per i ribelli la morte di Maskhadov apre una nuova fase che esclude qualsiasi negoziato
Mosca - È la primula rossa Shamil Basaiev, il più spietato e radicale dei capi della guerriglia islamica cecena, un «maniaco assetato di sangue», il prossimo obiettivo di Mosca dopo l’uccisione martedì scorso del leader secessionista Aslan Maskhadov. Il proclama riecheggia sulle bocche di molti, ma attraverso il web arriva anche la minacciosa risposta dei ribelli: con la morte di Maskhadov - è l’avvertimento - si chiude ogni prospettiva di negoziato nel carnaio caucasico e resta solo la promessa di una guerra a oltranza contro i russi e i loro alleati.
Ucciso dai reparti speciali nel suo rifugio sotterraneo di Tolstoi Iurt, Maskhadov è stato riconosciuto ieri anche da alcuni familiari, dopo che l’identificazione del cadavere era stata confermata dai medici legali nella base militare di Khankalà, alle porte di Grozny. La sua sepoltura avverrà in un luogo segreto, come la legge russa prevede per «i terroristi», ha fatto sapere ieri il viceprocuratore generale Nikolai Shepel, anche se tra i dirigenti ceceni filo-russi si insiste per una riconsegna del corpo ai parenti: come vorrebbe la tradizione.
L’impatto che la figura di Maskhadov può avere da morto è d’altronde al centro dei commenti in queste ore, a Grozny come a Mosca. La dinamica della sua fine, malgrado qualche discrepanza tra le fonti, appare più o meno chiarita: a ucciderlo sembra sia stata una granata lanciata dalle teste di cuoio dei servizi di sicurezza russi (Fsb) dopo un breve scontro a fuoco attorno al bunker in cui il leader indipendentista - riconosciuto come presidente legittimo della Cecenia nel 1997, ma poi dichiarato decaduto dalle autorità federali di Mosca sullo sfondo di controverse accuse di complicità col terrorismo - si nascondeva con almeno quattro collaboratori. Molto più nebulose restano invece le conseguenze che la sua uscita di scena è destinata a provocare. A farsi sentire fra i primi a nome dei ribelli è stato Movladì Udugov, ideologo islamico wahabita della guerriglia cecena, con una dichiarazione bellicosa affidata a internet. «La morte di Maskhadov - ha minacciato - apre una nuova fase di guerra in Cecenia che non prevede più la ricerca di alcun negoziato» con Mosca. «La guerra ora non può essere fermata - ha aggiunto -, intendiamo proseguirla fino a quando non sarà eliminato il regime che ha scatenato l’aggressione (il governo di Vladimir Putin)».
Minacce analoghe sono comparse su Kavkazcenter, il sito indipendentista utilizzato in passato da Basaiev per rivendicare le sue imprese. «Non ci sono e non ci possono essere negoziati con l’impero russo - si legge nel sito -, Maskhadov era il solo che credeva si potesse ancora discutere con Mosca. Ormai in Cecenia non esistono più figure che la pensano così». Una conclusione condivisa paradossalmente sul fronte opposto anche da Ramzan Kadyrov, vicepremier del governo locale ceceno fedele a Mosca, capo di una temuta milizia personale ed emergente uomo forte nelle file unioniste dopo l’attentato costato la vita un anno fa a suo padre Akhmad. Kadyrov si è detto convinto che «l'eliminazione» di Maskhadov («un uomo vecchio e malato - lo ha definito - che era divenuto una marionetta in mani altrui») possa avvicinare la resa dei conti definitiva.
[Data pubblicazione: 10/03/2005]