«Siete pronti per Jacob Zumaaa?», gridava l'altoparlante. "Sììì!» era l'onda sonora che saliva dagli spalti. La folla rispondeva a una domanda retorica. Ma erano in 120mila a farlo, dal vivo allo stadio di Ellis Park, Johannesburg. E altre centinaia di migliaia rispondevano in diretta via schermo dalle altre sette province del Paese.
Nessuno in Sudafrica può mobilitare tanta gente con tanta facilità. Solo l'African National Congress, il partito che è nato 97 anni fa per sconfiggere la segregazione, che alla fine ci è riuscito e da 15 governa. Solo il partito-grande-chiesa in cui c'è posto per il sindacato, il Pc e i "Black Diamonds", i nuovi miliardari neri; il partito delle 11 lingue ufficiali del Paese, di tutte le sue fedi religiose, compresi i sangoma, gli stregoni preferiti ai medici dal 60% dei sudafricani. Solo l'Anc, l'unico movimento di liberazione del Terzo Mondo che non si sia fatto fregare dai comunisti e sia rimasto democratico; e l'unico partito al mondo che nella bacheca dei trofei abbia tre Nobel per la pace: Albert Luthuli nel 1960, Desmond Tutu nell'84, Nelson Mandela nel '93.
Ma domani, quando per la quarta volta da che esiste il Sudafrica democratico e libero dall'apartheid, andranno a votare in 23 milioni, qualcosa accadrà. La grande manifestazione di domenica a Ellis Park dove, inatteso, Mandela è apparso quasi novantunenne accanto a Zuma, era stata chiamata Siyanqoba, il raduno della vittoria. Nessun sondaggio mette in dubbio il risultato: è ovvio che a solo 15 anni dall'apartheid il partito della liberazione vinca ancora; che vinca chi continua a rappresentare i poveri e i neri: entrambi maggioranza della nazione. Ma gli stessi sondaggi che danno per ovvia questa vittoria, constatano che per la prima volta l'Anc perderà consensi: 64% nel 1994, 66 nel 1999, 70 nel 2004 e forse 55-60% domani. Il grande partito potrebbe perdere la maggioranza dei due terzi. Non ne ha mai fatto un uso improprio: nel 1994 lo stesso Anc barò, dichiarando di aver preso solo il 64%, e non più del 67, per evitare che una vittoria eccessiva sollevasse gli appetiti dei suoi radicali intenzionati a cambiare la Costituzione in senso autoritario. Ma scendere sotto quella soglia oggi avrebbe un valore simbolico e politico.
Dei 400 seggi parlamentari, 163 potrebbero andare alle opposizioni. E di queste i due partiti principali, il Da, l'Alleanza democratica e Cope, acronimo di Congresso del popolo, dovrebbero arrivare al 16 e al 15 per cento. Il primo conquisterà la provincia occidentale del Capo e il secondo andrà bene in altre province tradizionalmente dell'Anc: compreso l'Eastern Cape dove è nato Mandela. L'Anc vince perché controlla le tre grandi aree metropolitane del Paese dove vive la maggioranza dei sudafricani: Johannesburg-Pretoria, Durban e Città del Capo. Ma in quest'ultima l'erosione provocata da Da sarà importante.
Non è tanto una questione di voti e di percentuali che lasceranno invariati gli equilibri politici per un altro quinquennio almeno, probabilmente di più. Queste elezioni segneranno un inizio. Saranno le prime dove la gente non vota per linee razziali ma sociali. Alleanza democratica non è solo il partito dei bianchi ma anche dei colorati e degli indiani: e lo voterà una parte della nuova middle class nera. Una parte crescente di quella bianca pensa che Cope possa essere il partito del cambiamento. Nato sei mesi fa da una costola dell'Anc, Cope offre per la prima volta un'alternativa reale all'immenso elettorato nero. Nonostante Zuma sia percepito come un populista, la battaglia di queste elezioni non è più fra socialismo e capitalismo ma tra forme diverse dello stesso capitalismo. «Il 2009 non sarà l'anno in cui finisce il dominio dell'Anc», spiega Steven Friedman della Rhodes University di Città del Capo. «Nonostante questo, potrebbe essere un anno vitale per la politica. Sarà il test più importante per la capacità della nostra nuova democrazia di assorbire una competizione vigorosa fra i partiti».
Domenica mattina sul palco a Ellis Park c'era l'argenteria dell'Anc. Eccetto Mandela, tutti gli altri superavano abbondantemente i 65 ma sembravano più vecchi. Rappresentavano la lotta di ieri e il potere di oggi, anche se promettevano grandi cose per il domani. Ma il Sudafrica è un Paese di giovani. I nuovi elettori saranno oltre tre milioni. E nel 2014 diventeranno ancora di più: le statistiche dicono che un terzo dei 48 milioni di sudafricani ha meno di 15 anni. Nessuno di loro ha conosciuto l'apartheid. E gli studi di scienze sociali spiegano che gli elettori di domani saranno meno fedeli ai simboli e alle ideologie dei partiti, se ne avranno ancora: voteranno secondo l'interesse sociale, pronti a punire chi non mantiene le promesse.
«Lavorando insieme garantiremo che nessun sudafricano sia lasciato indietro a causa della sua razza, cultura o religione», gridava Jacob Zuma dal palco. Ma il Sudafrica già incomincia a chiedere qualcosa di più e prima o poi l'Anc sarà vittima del suo stesso successo: aver creato una società moderna, stabile e multirazziale. È così che in democrazia va il mondo.
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