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  1. #1
    I amar prestar aen
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    Predefinito 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    Sergio Ramelli
    UNA STORIA CHE FA ANCORA PAURA
    Milano, primavera 1975: una città molto diversa dalla quieta ed opulenta metropoli lombarda dei giorni nostri. Milano, nel 1975 era per eccellenza la città degli "opposti estremismi", dove scontri a fuoco, spranghe e molotov erano all'ordine del giorno: da una parte una sinistra preponderante nelle piazze e negli atenei, dove trovavano terreno fertile i movimenti della sinistra extraparlamentare, spinti alla violenza di classe dagli "insegnamenti" dei vari Adriano Sofri e Mario Capanna.
    Dall'altra una destra costretta alla semiclandestinità politica, in cui sempre più giovani, impossibilitati a fare politica a scuola e in piazza, si rifugiavano nei movimenti armati della destra più estrema.
    Sergio Ramelli non era uno di quei giovani: diciottenne, proveniente da una famiglia operaia, si era iscritto al Fronte della Gioventù milanese (l'organizzazione giovanile dell'allora MSI-DN), ambiente in cui veniva considerato come un moderato, incapace di esprimere, anche a parole, avversione per il "nemico".
    Il 12 marzo di 25 anni fa, al ritorno a casa, Sergio fu colpito a morte dalle spranghe e dalle chiavi inglesi di un commando composto da 10 militanti di Avanguardia Operaia (d'ora in avanti AO), movimento di spicco dell'estremismo di sinistra.
    Ritrovato agonizzante da alcuni passanti, fu portato, in coma, al Policlinico di Milano, dove morì dopo 47 giorni di calvario; questo episodio, già di per sè sconcertante, va inquadrato alla luce della campagna lanciata in dalla sinistra in blocco per metter fuorilegge l'MSI, condotta a livello istituzionale dal PCI e, sul campo di battaglia, dalle spranghe dei "compagni che sbagliano".
    Ramelli, come detto aveva diciott'anni e frequentava l'ultimo anno di un istituto superiore, il "Molinari": i suoi guai erano cominciati proprio a scuola, quando alcuni compagni, militanti di AO, erano venuti a conoscenza della fede politica del ragazzo.
    Egli fu sottoposto a quello che all'epoca veniva definito un "processo popolare" e condannato, come fascista a lasciare immediatamente la scuola, nel silenzio complice di molti docenti intimoriti dall'invivibile clima di quella primavera. La famiglia Ramelli decise così, per evitare nuovi problemi a Sergio, di iscriverlo ad una scuola privata.
    Tuttavia la mostruosità non finisce qui: gli stessi "delatori" del suo istituto fotografarono il Ramelli durante il"processo", e portarono poi le foto del giovane missino ai capi della cellula universitaria di AO, a Città Studi, la cittadella universitaria milanese.
    Giravano in quegli anni a Città Studi, squadre di picchiatori rosse che venivano ironicamente chiamati "gli idraulici": questi studenti infatti giravano armati di micidiali chiavi inglesi lunghe oltre 40 cm (le famigerate "Hazet 36" che negli slogan dei cortei facevano rima con "fascio dove sei") e agivano con la disposizione di evitare eventuali "provocazioni fasciste e reazionarie".
    Alla squadra di Medicina fu affidato l'incarico: colpire Sergio Ramelli! Nè i mandanti dell'omicidio nè gli escutori materiali dello stesso conoscevano Sergio: i primi lo condannarono perchè Ramelli era fascista, e tanto a loro bastava, i secondi utilizzarono le foto del "processo popolare" per identificare la vittima, a loro sconosciuta.
    Si arriva così al 12 marzo, giorno dell'agguato: dopo aver spiato per giorni le abitudini del giovane, il commando entra in azione, due ragazze segnalano come vedette l'arrivo del giovane, in cinque fungono da "pali" e bloccano le vie d'accesso, gli altri tre aggrediscono di sorpresa Ramelli, colpendolo ripetute volte in testa con le famigerate chiavi inglesi.
    Questi fatti, oggi inconcepibili, vengono ricostruiti con esattezza dalla magistratura milanese e sono ammessi infine anche dagli stessi assassini, sfuggendo così ad ogni possibilità di interpretazione "di parte", e sono emblematici del clima di sopraffazione e di violenza con cui queste cellule rosse agivano.
    Durante i 47 giorni di agonia ad odio seguì odio: sui muri di Milano apparsero tremende scritte recitanti "10,100,1000 Ramelli", mentre la famiglia del giovane in coma subiva ogni sorta di minacce, e si arrivò così anche alla necessità di vegliare 24 ore su 24 il corpo esanime di Sergio al Policlinico, per evitare che infiltrati della vicina facoltà di Medicina non attuassero la loro minaccia di chiudere, definitivamente, i conti con la vita del giovane.
    Sergio Ramelli morì, senza mai aver ripreso conoscenza, il 29 aprile 1975. Non gli fu concesso neppure di avere un funerale pubblico, che si sarebbe dovuto svolgere il giorno dopo, nel surreale clima della vigilia del 1° maggio, in una città blindata.
    Alla fine tante e tali furono le minacce terroristiche, che la questura dichiarò il corteo funebre "manifestazione non autorizzata", mentre dalla vicina facoltà di Medicina, gli appartenenti ad AO con i teleobiettivi fotografavano i ragazzi convenuti per rendere l'ultimo saluto a Sergio Ramelli.
    Quelle foto, entrate negli archivi di AO ed utilizzate per tanti altri agguati, solo per miracolo non mortali, furono ritrovate a distanza di anni in uno dei covi dell'eversione rossa.
    Il consiglio comunale di Milano, il 30 aprile, si macchiò del gesto più disgustoso dell'intera vicenda: quando fu data, durante l'assemblea la notizia dell'avvenuto decesso di Ramelli dai banchi del pubblico e del PCI si levò un lungo, sinistro, odioso applauso liberatorio, ed è triste sapere che oggi, a distanza di 25 anni da quegli eventi, c'è ancora chi, da sinistra, non rinnega quell'applauso, rifiutando di votare in quella stessa aula la delibera per fare intitolare una strada milanese alla memoria di Sergio Ramelli.
    Le indagini seguite al delitto non portarono a risultati, e solo 10 anni dopo, nel 1985, caduto il velo di omertoso silenzio su quella morte scomoda, le confessioni di alcuni terroristi rossi in carcere portarono all'individuazione dei colpevoli e dei mandanti.
    Tutta l'opinione pubblica di sinistra insorse gridando alla mistificazione e professando l'innocenza degli sprangatori, e solo dopo che questi, di fronte all'evidenza delle prove, confessarono il brutale omicidio, fu pubblicato un articolo sull'"Unità" che definì gli omicidi come "compagni che avevano sbagliato", sancendo così in modo sommesso, ma inequivocabile, la loro colpa.
    Un libro che invita alla seria riflessione di quale fosse, in quegli anni, l'attività politica di tanti di coloro che, oggi, si strappano le vesti e gridano vergogna per i 22 anni di condanna inflitti ad Adriano Sofri, e che, ieri, ad un povero ragazzo condannato a morte sulla sola base delle sue idee, non concessero neppure il silenzio, dignitoso, di un funerale.

    Sono passati 30 anni, io al tempo ero piccolo, ma una decina di anni dopo, le scritte sui muri per/contro Ramelli a Brescia c'erano ancora. Quando leggo di cosa accadde mi si accappona la pelle, manco il funerale.......

    Cordiali Saluti
    E voi tutti, o Celesti, ah! concedete,
    Che di me degno un dì questo mio figlio
    Sia spendor della patria, e de Troiani
    Forte e possente regnator. Deh! fate
    Che il veggendo tornar dalla battaglia
    Dell'armi onusto de' nemici uccisi,
    Dica talun: NON FU SI' FORTE IL PADRE:
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  2. #2
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    Predefinito Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da locke
    Tutta l'opinione pubblica di sinistra insorse gridando alla mistificazione e professando l'innocenza degli sprangatori, e solo dopo che questi, di fronte all'evidenza delle prove, confessarono il brutale omicidio, fu pubblicato un articolo sull'"Unità" che definì gli omicidi come "compagni che avevano sbagliato", sancendo così in modo sommesso, ma inequivocabile, la loro colpa.
    chissà se sai chi era l'avvocato difensore degli assassini di Ramelli: Gaetano Pecorella, davanti a cui oggi ti inginocchi prono salutandolo come liberale difensore dello stato di diritto.

  3. #3
    I amar prestar aen
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    Predefinito Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da DrugoLebowsky
    chissà se sai chi era l'avvocato difensore degli assassini di Ramelli: Gaetano Pecorella, davanti a cui oggi ti inginocchi prono salutandolo come liberale difensore dello stato di diritto.
    Frega una sega, se pagato un avvocato farebbe da difensore anche all'assassino della madre. Rimane "strano" che di tutta la cosa tu sottolinei solo questo aspetto.

    Cordiali Saluti
    E voi tutti, o Celesti, ah! concedete,
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    Dica talun: NON FU SI' FORTE IL PADRE:
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  4. #4
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    Predefinito Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da DrugoLebowsky
    chissà se sai chi era l'avvocato difensore degli assassini di Ramelli: Gaetano Pecorella, davanti a cui oggi ti inginocchi prono salutandolo come liberale difensore dello stato di diritto.
    La difesa è un nostro dovere professionale, quando ci viene richiesta.

  5. #5
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    Predefinito Re: Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da locke
    Frega una sega, se pagato un avvocato farebbe da difensore anche all'assassino della madre. Rimane "strano" che di tutta la cosa tu sottolinei solo questo aspetto.

    Cordiali Saluti
    sì sì, come no, denunci il clima forcaiolo di quell'epoca però, se io ti dico che il difensore di quegli assassini e di quel clima è il tuo beniamino Pecorella, allora frega una sega. CVD.

  6. #6
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    Predefinito Re: Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da aguas
    La difesa è un nostro dovere professionale, quando ci viene richiesta.
    non è obbligatoria. L'avvocato può rifiutare un caso.

  7. #7
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da DrugoLebowsky
    non è obbligatoria. L'avvocato può rifiutare un caso.
    Non è obbligatoria, ma deve essere diligente.
    Non ci sarebbe difesa in uno stato di diritto.
    L'assenza di una reale funzione della difesa è tipica solo del comunismo.
    Persino il nazismo e il fascismo lasciavano la difesa operare con tutti i suoi strumenti.

  8. #8
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da DrugoLebowsky
    sì sì, come no, denunci il clima forcaiolo di quell'epoca però, se io ti dico che il difensore di quegli assassini e di quel clima è il tuo beniamino Pecorella, allora frega una sega. CVD.
    Frega una sega di chi fosse il difensore, interessa invece il clima che portò a vietare da parte del questore anche lo svolgimento dei funerali.

    Cordiali Saluti
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  9. #9
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    Predefinito Re: Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da locke
    Frega una sega, se pagato un avvocato farebbe da difensore anche all'assassino della madre. Rimane "strano" che di tutta la cosa tu sottolinei solo questo aspetto.

    Cordiali Saluti
    Non è affatto strano, invece, che si continui a postare strumentalmente "cronache" dello scorso secolo ignorando TOTALMENTE l'ordinaria quotidianetà dello schifo di coloro che hai eletto a governarci.
    TUTTI.

    Frega una sega di Ramelli, a me...

  10. #10
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Re: 30 anni fà, una vergona italiana, il caso Sergio Ramelli

    In Origine Postato da aguas
    [...]
    Persino il nazismo e il fascismo lasciavano la difesa operare con tutti i suoi strumenti.
    ...e 'sti cazzi.

 

 
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