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    Predefinito Swiss, un futuro malgrado gli errori - CdT

    Swiss, un futuro malgrado gli errori

    Gli ultimi sviluppi del «caso Swiss» ci riportano in primo luogo all’indignazione che nel 2001 aveva scosso il Paese per l’incredibile somma di arroganza, incompetenza e avidità del management e degli amministratori di Swissair: proprio in questi giorni – come avevamo chiesto allora – essi vengono giustamente chiamati dal curatore del fallimento a rispondere penalmente e con il proprio patrimonio dei danni causati! Ricordiamo poi il caos del «grounding» nell’autunno 2001, l’immediato dibattito parlamentare (ottenuto agli Stati da una mia interpellanza urgente) e la decisione politica che ne risultò con il massiccio intervento finanziario della Confederazione: un miliardo e mezzo per sei mesi di transizione, poi l’inevitabile «cannibalizzazione» di Crossair e i 600 milioni di partecipazione al nuovo capitale sociale di Swiss (cui si aggiunsero i Cantoni, Zurigo in testa con 300 milioni, e l’economia privata con un paio di miliardi). Tutti soldi sprecati, visto che ora bisogna comunque cedere la compagnia a Lufthansa, oppure misura d’emergenza giustificata, che rende oggi possibile un trapasso ordinato ad un nuovo regime con buone prospettive future? Propendo chiaramente per la seconda tesi: già all’epoca sapevamo che l’operazione Swiss era rischiosa e in parte sovradimensionata, ma ancor più rischioso e costoso sarebbe stato il crollo immediato di tutta la nebulosa Swissair: 240 società anonime (!), decine di migliaia di impieghi diretti e indotti, l’aeroporto di Zurigo costretto a sua volta al fallimento. I costi sociali ed economici sarebbero stati immensi – qualche miliardo di sole indennità di disoccupazione – e la Svizzera sarebbe rimasta priva di due terzi dei suoi collegamenti aerei. Poi, col tempo, altre compagnie sarebbero tornate a volare su Zurigo, riprendendo però solo le linee più redditizie e perdendo le «slot» di Swissair, ovvero i diritti di atterrare ad orari convenienti nei vari aeroporti del mondo. La botta per l’economia nazionale, turismo in primis, sarebbe stata enorme, e mai saremmo tornati ai livelli precedenti. Non ho dunque dubbi che la strada fosse giusta: ha permesso di cedere ordinatamente le società collaterali, di ridurre gradualmente il personale facendogli trovare altri impieghi, di garantire l’attività aeroportuale ed i collegamenti aerei per quattro anni. Un punto fece storcere il naso già allora: la composizione del nuovo Consiglio d’Amministrazione, cucinato segretamente dal medesimo Rainer Gut che già pilotava il vecchio CdA. Escluso chiunque capisse qualcosa di aviazione si chiamarono imprenditori certo capaci nel proprio ramo, ma che mai avrebbero consacrato più di qualche ora al mese alla Swiss. Il risultato era predestinato: ancora una volta la compagnia svizzera volava senza pilota e molte decisioni urgenti venivano scartate o rinviate. Ricordiamo fra l’altro: 1) la mancata creazione di una seconda compagnia per i voli regionali, onde sostituire la vampirizzata Crossair e assicurarne il servizio con costi strutturali nettamente inferiori, come fanno tutte le grandi compagnie; 2) gli interminabili negoziati con i sindacati dei piloti (i quali dal canto loro non hanno aiutato a risolvere nulla); 3) le tardive ristrutturazioni e diminuzioni dei voli, decise solo dopo aver bruciato centinaia di milioni; 4) le spese spropositate per il rilancio di un’immagine inadeguata (con l’arrogante autoproclamazione quali campioni della «civilised aviation»); 5) l’incertezza del posizionamento fra primi della classe e compagnia low cost; 6) le interminabili e infruttuose trattative per entrare in una grande alleanza; 7) le decine di milioni persi con l’improvvida vendita dei diritti di opzione sul kerosene ai prezzi precedenti l’impennata. Tutto questo conduce alla situazione odierna: sappiamo che le compagnie aeree devono più o meno tutte fusionare o integrarsi in alleanze, quindi alla lunga la Swiss non poteva continuare da sola. Senza questi errori avrebbe però potuto negoziare il suo futuro con carte migliori. In fondo nel 2002 era la compagnia di bandiera con il più alto capitale proprio! Ora la cessione pura e semplice alla Lufthansa – per cento milioni «simbolici» – sembra l’unica via d’uscita, aspettando di conoscere le condizioni offerte. Fondamentale in realtà per la Svizzera non è tanto la proprietà della compagnia, quanto la garanzia che mantenga una personalità giuridica propria, salvaguardi il marchio Swiss, assicuri i collegamenti intercontinentali diretti da e per la Svizzera e continui a fare di Zurigo il proprio «hub». Sarà poi fondamentale ricostituire – con altre compagnie, magari anche svizzere – una rete efficace di collegamenti regionali, quelli che possono interessare anche Lugano. Queste sono le garanzie minime che bisogna ottenere da Lufthansa o da chiunque altro volesse rilevare la Swiss. Se poi la Confederazione mantenesse la sua partecipazione minoritaria nell’azionariato, avrebbe un minimo di sicurezza sul futuro rispetto delle promesse odierne. I puristi da ambo le parti (svizzera e tedesca) lo escluderanno di sicuro, ma v’è da chiedersi se non sarebbe giusto, anche alla luce dei 600 milioni di capitale immesso nel 2001, mantenere almeno questa piccola carta in mano pubblica svizzera, almeno per una fase transitoria sufficiente.

    Filippo Lombardi
    Consigliere agli Stati e presidente ASPASI, Associazione Passeggeri Aerei Svizzera Italiana

    Corriere del Ticino
    15/03/2005 23:12

  2. #2
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    Predefinito Re: Swiss, un futuro malgrado gli errori - CdT

    In Origine postato da marcogiov
    Swiss, un futuro malgrado gli errori

    Gli ultimi sviluppi del «caso Swiss» ci riportano in primo luogo all’indignazione che nel 2001 aveva scosso il Paese per l’incredibile somma di arroganza, incompetenza e avidità del management e degli amministratori di Swissair: proprio in questi giorni – come avevamo chiesto allora – essi vengono giustamente chiamati dal curatore del fallimento a rispondere penalmente e con il proprio patrimonio dei danni causati! Ricordiamo poi il caos del «grounding» nell’autunno 2001, l’immediato dibattito parlamentare (ottenuto agli Stati da una mia interpellanza urgente) e la decisione politica che ne risultò con il massiccio intervento finanziario della Confederazione: un miliardo e mezzo per sei mesi di transizione, poi l’inevitabile «cannibalizzazione» di Crossair e i 600 milioni di partecipazione al nuovo capitale sociale di Swiss (cui si aggiunsero i Cantoni, Zurigo in testa con 300 milioni, e l’economia privata con un paio di miliardi). Tutti soldi sprecati, visto che ora bisogna comunque cedere la compagnia a Lufthansa, oppure misura d’emergenza giustificata, che rende oggi possibile un trapasso ordinato ad un nuovo regime con buone prospettive future? Propendo chiaramente per la seconda tesi: già all’epoca sapevamo che l’operazione Swiss era rischiosa e in parte sovradimensionata, ma ancor più rischioso e costoso sarebbe stato il crollo immediato di tutta la nebulosa Swissair: 240 società anonime (!), decine di migliaia di impieghi diretti e indotti, l’aeroporto di Zurigo costretto a sua volta al fallimento. I costi sociali ed economici sarebbero stati immensi – qualche miliardo di sole indennità di disoccupazione – e la Svizzera sarebbe rimasta priva di due terzi dei suoi collegamenti aerei. Poi, col tempo, altre compagnie sarebbero tornate a volare su Zurigo, riprendendo però solo le linee più redditizie e perdendo le «slot» di Swissair, ovvero i diritti di atterrare ad orari convenienti nei vari aeroporti del mondo. La botta per l’economia nazionale, turismo in primis, sarebbe stata enorme, e mai saremmo tornati ai livelli precedenti. Non ho dunque dubbi che la strada fosse giusta: ha permesso di cedere ordinatamente le società collaterali, di ridurre gradualmente il personale facendogli trovare altri impieghi, di garantire l’attività aeroportuale ed i collegamenti aerei per quattro anni. Un punto fece storcere il naso già allora: la composizione del nuovo Consiglio d’Amministrazione, cucinato segretamente dal medesimo Rainer Gut che già pilotava il vecchio CdA. Escluso chiunque capisse qualcosa di aviazione si chiamarono imprenditori certo capaci nel proprio ramo, ma che mai avrebbero consacrato più di qualche ora al mese alla Swiss. Il risultato era predestinato: ancora una volta la compagnia svizzera volava senza pilota e molte decisioni urgenti venivano scartate o rinviate. Ricordiamo fra l’altro: 1) la mancata creazione di una seconda compagnia per i voli regionali, onde sostituire la vampirizzata Crossair e assicurarne il servizio con costi strutturali nettamente inferiori, come fanno tutte le grandi compagnie; 2) gli interminabili negoziati con i sindacati dei piloti (i quali dal canto loro non hanno aiutato a risolvere nulla); 3) le tardive ristrutturazioni e diminuzioni dei voli, decise solo dopo aver bruciato centinaia di milioni; 4) le spese spropositate per il rilancio di un’immagine inadeguata (con l’arrogante autoproclamazione quali campioni della «civilised aviation»); 5) l’incertezza del posizionamento fra primi della classe e compagnia low cost; 6) le interminabili e infruttuose trattative per entrare in una grande alleanza; 7) le decine di milioni persi con l’improvvida vendita dei diritti di opzione sul kerosene ai prezzi precedenti l’impennata. Tutto questo conduce alla situazione odierna: sappiamo che le compagnie aeree devono più o meno tutte fusionare o integrarsi in alleanze, quindi alla lunga la Swiss non poteva continuare da sola. Senza questi errori avrebbe però potuto negoziare il suo futuro con carte migliori. In fondo nel 2002 era la compagnia di bandiera con il più alto capitale proprio! Ora la cessione pura e semplice alla Lufthansa – per cento milioni «simbolici» – sembra l’unica via d’uscita, aspettando di conoscere le condizioni offerte. Fondamentale in realtà per la Svizzera non è tanto la proprietà della compagnia, quanto la garanzia che mantenga una personalità giuridica propria, salvaguardi il marchio Swiss, assicuri i collegamenti intercontinentali diretti da e per la Svizzera e continui a fare di Zurigo il proprio «hub». Sarà poi fondamentale ricostituire – con altre compagnie, magari anche svizzere – una rete efficace di collegamenti regionali, quelli che possono interessare anche Lugano. Queste sono le garanzie minime che bisogna ottenere da Lufthansa o da chiunque altro volesse rilevare la Swiss. Se poi la Confederazione mantenesse la sua partecipazione minoritaria nell’azionariato, avrebbe un minimo di sicurezza sul futuro rispetto delle promesse odierne. I puristi da ambo le parti (svizzera e tedesca) lo escluderanno di sicuro, ma v’è da chiedersi se non sarebbe giusto, anche alla luce dei 600 milioni di capitale immesso nel 2001, mantenere almeno questa piccola carta in mano pubblica svizzera, almeno per una fase transitoria sufficiente.

    Filippo Lombardi
    Consigliere agli Stati e presidente ASPASI, Associazione Passeggeri Aerei Svizzera Italiana

    Corriere del Ticino
    15/03/2005 23:12

    interessante analisi! ancora una volta mi "autoconfermo" che gli svizzeri sanno essere spietati anche con se stessi, non hanno la malsana abitudine di nascondersi dietro a mille giustificazioni!

  3. #3
    Mind the Viking !
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    Predefinito

    Una bella analisi: alcuni punti sono davvero interessanti, cito l'1 ed il 5.

 

 

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