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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    MERCOLEDì 15 APRILE, PRESENTE IL GOVERNATORE RICHARDSON
    Luci al Colosseo contro la pena di morte
    Un'ora d'illuminazione in via eccezionale per celebrare l'abolizione della condanna capitale nel New Mexico

    Il governatore Richardson davanti al Colosseo illuminato contro la pena di morte (Jpeg)
    Il governatore Richardson davanti al Colosseo illuminato contro la pena di morte (Jpeg)
    Luci eccezionali al Colosseo per celebrare l’abolizione della pena di morte in New Mexico. A festeggiare l'evento il governatore dello Stato americano, Bill Richardson, che il 18 marzo scorso ha messo la parola fine alla condanna capitale, l’Arcivescovo di Santa Fe, Michael Sheehan, il deputato Gail Chasey e Viki Elky, direttrice della coalizione contro la pena capitale, che si trovano a Roma su invito della Comunità di Sant’Egidio. La delegazione ha partecipato anche all’udienza con il Papa.

    UN'ORA DI LUCI - Mario Marazziti, portavoce della Comunità, il sindaco Gianni Alemanno, Richardson, che ha rinunciato all’incarico di segretario al Commercio poco prima dell’insediamento dell’amministrazione Obama e, l’arcivescovo Sheehan, hanno assistito all’illuminazione eccezionale, in collaborazione con l’Acea, del Colosseo diventato «simbolo della campagna Internazionale per una giustizia capace sempre di rispettare la vita e la dignità umana». Il Colosseo è rimasto illuminato per un’ora, dalle 20.15 alle 21.15.

    IL GOVERNATORE - Bill Richardson in mattinata ha incontrato Benedetto XVI che lo ha ringraziato, come ha raccontato lo stesso governatore del New Mexico:«Il Papa ha reagito positivamente e mi ha ringraziato». Richardson ha raccontato che una volta «ero a favore della pena di morte ma ho cambiato idea perché la vita in prigione senza possibilità di libertà condizionale o altri sconti di pena è una valida alternativa». Poi però, «ho cambiato idea -ha spiegato - perché l'opinione internazionale è cambiata ed è un errore che ancora gli Stati Uniti pratichino questa pena. Inoltre il costo delle esecuzioni è altissimo ed è molto più economico tenere in prigione il condannato. In più -ha proseguito il governatore- negli ultimi dieci anni ci sono stati 130 errori giudiziari negli Stati Uniti». Il governatore sostiene di avere preso la decisione il giorno stesso in cui ha firmato e «dopo essere andato in prigione di avere capito che la vita lì è peggio della morte».

    Benedetto XVI saluta il gevernatore Richardson (Ansa)
    Benedetto XVI saluta il gevernatore Richardson (Ansa)
    NEW MEXICO - È il 15esimo Stato degli Usa ad abolire la pena capitale. Segue di meno di due anni la legge approvata nel dicembre 2007 dallo Stato del New Jersey e firmata dal governatore Corzine il 17 dicembre, alla vigilia della storica approvazione da parte dell’Assemblea generale dell’Onu a New York della Risoluzione per una moratoria universale della pena di morte. Dopo molti tentativi di legislatori e della società civile e dopo l’approvazione il 10 marzo 2009 da parte del Senato dello Stato del New Mexico del disegno di legge che abolisce la pena di morte, il governatore Bill Richardson ha firmato la norma il 18 marzo scorso. Si tratta di una legge che sostituisce la pena di morte con l’ergastolo, senza la possibilità di sconti di pena.

    GLI ALTRI STATI USA - L’iniziativa del New Mexico è un esempio che potrebbe contagiarsi ad altri stati, dentro a fuori gli Usa. Di recente molti altri stati hanno preso in considerazione leggi analoghe alla luce dell’evidenza di errori nel sistema giudiziario, dei numerosi casi di prigionieri nel braccio della morte innocenti, della crescente pressione delle famiglie delle vittime della criminalità e dell’importante risparmio che deriverebbe dall’abolizione delle pena di morte: tra i vari Stati, il Nebraska, il Maryland, il Kansas, il New Hampshire, il Colorado e il Montana.


    14 aprile 2009(ultima modifica: 16 aprile 2009)

  2. #12
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    Mente in Pace: la pena di morte un delitto inumano sempre

    Riceviamo da Andrea Castellino e volentieri pubblichiamo

    “È stato il momento più cupo della mia vita professionale. Non sarebbe mai dovuto accadere. Kelsey avrebbe dovuto essere curato adeguatamente tanto tempo fa. Con lui il sistema ha fallito, mai nessuno ha mai denunciato questa mancanza.” Queste sono state le parole dell’avvocato di Kelsey Petterson, ricordando il momento in cui il suo cliente è stato condannato a morte, in un’intervista allo Houston Chronicle, 14 novembre 1999. Kelsey Petterson, un detenuto al quale fu diagnosticata una forma di schizofrenia paranoide, è stato messo a morte in Texas il 18 maggio 2004. Durante il processo, Patterson ha frequentemente interrotto le udienze con commenti privi di senso, accusando tutti, inclusi i suoi avvocati, di cospirare contro di lui e di essere stato costretto a subire interventi durante i quali degli 'impianti' erano stati inseriti nel suo corpo.
    Patterson era accusato dell’omicidio di due persone.

    Sulla colpevolezza di Patterson non vi sono dubbi, ma i crimini sono stati compiuti senza movente e quasi certamente sono stati il frutto di un peggioramento della sua malattia mentale. Nonostante prove evidenti della sua malattia, Patterson è stato dichiarato capace di sostenere il processo e l’esecuzione. Le persone affette da gravi forme di malattia mentale possono essere messe a morte negli Usa, a meno che non siano riconosciute legalmente incapaci. Ma gli standard usati per determinare la sanità mentale di un individuo risultano spesso poco efficaci. Ogni giorno ci sono prigionieri – uomini, donne e perfino minorenni – che sono messi a morte. Qualsiasi sia il crimine commesso e indipendentemente dalla colpevolezza o dall’innocenza, le loro vite sono spezzate a causa di un sistema di giustizia che vuole punire invece di riabilitare.

    La pena di morte è la punizione più crudele, inumana e degradante perché viola il diritto alla vita. È irreversibile e può essere inflitta a innocenti. La pena capitale non ha mai dimostrato di essere un deterrente più efficace di altre punizioni. In tutti i paesi dove è in vigore, è usata in maggior misura nei confronti di poveri e di minoranze etniche e razziali. Spesso la sua applicazione è uno strumento di repressione politica. Amnesty International si oppone alla pena di morte in ogni circostanza e si adopera per la sua abolizione nel mondo. I trattati internazionali sui diritti umani garantiscono a ciascuno il diritto alla vita. La Dichiarazione universale dei diritti umani e gli altri strumenti internazionali adottati dal 1948 ad oggi proibiscono tutte le forme di “punizione o trattamento crudele, inumano e degradante”. Amnesty International ritiene che la pena di morte sia incompatibile con gli standard sui diritti umani. Qualunque sia il motivo per il quale un governo continui a mettere a morte prigionieri e qualsiasi sia il metodo utilizzato, la pena capitale resta una violazione dei diritti umani fondamentali. Sono ormai tantissime, in tutto il mondo, le persone che aggiungono la propria voce al coro di chi ha una posizione chiara e contraria alla pena di morte. Medici, avvocati, legislatori, sosi di Amnesty International e cittadini, tutti si mobilitano per fermare le esecuzioni e abolire la pena di morte.

    Il 10 ottobre 2005 è stata celebrata in 50 paesi nel mondo, dall’Austria allo Zimbabwe, la terza Giornata mondiale contro la pena di morte. L’evento è stato promosso dalla Coalizione mondiale contro la pena di morte (WCADP) che riunisce movimenti che difendono i diritti umani, associazioni di avvocati, sindacati, Comuni, Regioni. Per l’occasione sono stati organizzati concerti, proiezioni cinematografiche, conferenze, dibattiti televisivi e trasmissioni radiofoniche per poter parlare di pena di morte e diffondere il messaggio abolizionista. Dal 1990, più di 45 nazioni hanno abolito la pena di morte per tutti i reati. Al mese di giugno 2006, erano 87 i paesi completamente abolizionisti e gli ultimi in ordine di tempo a cancellare la pena capitale sono stati la Turchia, il Messico la Liberia e le Filippine. Altri paesi, tra i quali la Federazione Russa e la Corea del Sud hanno istituito una moratoria sulle esecuzioni. Nelle Filippine più di 1200 condannati a morte hanno ottenuto la commutazione della pena all’ergastolo; è il numero più alto di commutazioni mai avvenute nel mondo.

    Amnesty International – Sezione italiana, Via G.B. de Rossi 10 – 00161 Roma Tel. 06 4490222, fax. 06 4490222, e-mail: info@amnesty.it
    Sede di Cuneo: Via Busca 6 – 12100 Cuneo
    www.amnesty.it/campagne/pena_di_morte
    www.amnesty.org/deathpenalty

    fonte: Amnesty International

    MENTEINPACE
    forum per il ben-essere psichico
    Via Busca 6, 12100 Cuneo - tel. 0171.66303
    menteinpace@libero.it

  3. #13
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    La mozione del quarto congresso dall'Associazione "Radicali Napoli - Ernesto Rossi" PDF Stampa E-mail
    domenica 19 aprile 2009

    radicali napoli.jpgIl quarto congresso dell’associazione “Radicali Napoli – Ernesto Rossi”, riunito a Napoli il 17 Aprile 2009
    Rileva

    che i due finti poli creati in questi anni sono parte integrante di un unico grande partito, il partito unico nazionale, che nei fatti perpetua una tradizione di illegalità, di anticostituzionalità, di un assoluta assenza di regole.

    Proprio nel momento in cui l’Europa ha bisogno più che mai di centrare i suoi obbiettivi di unità politica ( e in questa ottica non si deve aver paura di allargare l’unione ad altri soggetti come la Turchia), di rafforzare le istituzioni comunitarie per potersi sedere domani da protagonista e non da comparsa al tavolo dei protagonisti che decideranno le politiche globali, è essenziale che le istanze liberali siano presenti nel parlamento europeo.

    La componente radicale in questi anni è stata il terminale delle domanda di libertà, di legalità, di stato di diritto che provengono da ogni parte del mondo: dal dramma della fame nel mondo (tema sollevato già negli anni 70), al tribunale penale internazionale, alla moratoria della pena di morte, a tutti i soggetti come il Dalai Lama, gli uguri, i montagnard o a tutta quella realtà degli arabi liberali.
    Questa componente rischia di essere ora esclusa dal parlamento europeo per il disegno congiunto del partito unico nazionale.Preso atto di questo grave rischio, l’assemblea recepisce e fa propria la mozione dell’ultimo comitato nazionale di Radicali Italiani in cui: I responsabili dei soggetti politici della galassia radicale organizzati a partire dal fronte italiano - Lista Bonino / Pannella, Radicali italiani, Associazione Luca Coscioni - hanno confermato l’intenzione di realizzare un documento sulle responsabilità del Regime italiano nella scomparsa della legalità costituzionale della democrazia e dello stato di diritto. Il lavoro di preparazione del documento è in corso come vero e proprio satyagraha per la democrazia, che sarà formalizzato nelle prossime ore.

    A condizione della realizzazione di tale documento, i Radicali confermano anche l'obiettivo della presentazione di liste autonome e della convocazione, subito dopo le elezioni europee, di una grande assemblea finalizzata a rilanciare obiettivi e speranze della rivoluzione liberale per la liberazione dal sessantennale regime partitocratico.

    Nell'assenza di condizioni minime di democraticità dell'appuntamento elettorale europeo -denunciate in ogni modo presso le massime cariche dello Stato, a partire da quegli "obblighi costituzionali inderogabili" indicati dal Presidente della Repubblica sei mesi fa e totalmente disattesi sul piano del controllo e indirizzo della comunicazione politica e dell'assenza di tribune elettorali- i Radicali ritengono che il progetto, quantomai necessario e urgente, di aggregazione delle forze liberali, socialiste e laiche non avrebbe possibilità di essere conosciuto e scelto dai cittadini italiani se fosse presentato in occasione dell'appuntamento elettorale ed europeo, e ne uscirebbe compromesso in modo forse irreparabile.

    In vista di elezioni per le quali sono già da ora negati i diritti democratici di chi non appartiene a una delle gambe del monopartitismo del regime italiano, i soggetti politici della galassia radicale si impegnano alla presentazione, sotto il simbolo "Lista Bonino-Pannella", di liste elettorali radicali di azione nonviolenta.

    Saranno liste di espressione di iniziativa militante volte innanzitutto a utilizzare i residui strumenti di campagna elettorale per informare i cittadini sulla avvenuta cancellazione della democrazia e sulla necessaria lotta di liberazione, a partire dall'appuntamento che già da ora è convocato nei giorni immediatamente successivi alla data del voto.

    Il quarto congresso dell’associazione “Radicali Napoli – Ernesto Rossi impegna gli iscritti a promuovere da subito tavoli di informazione e volantinaggi di divulgazione di questo documento e ad allertare tutti i soggetti politici locali interessati all’appuntamento post elettorale e inoltre a intensificare gli sforzi per una rapida adozione di un’anagrafe degli eletti e dei nominati per conquistare trasparenza nella vita delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche.

    Andrea Furgiuele, Domenico Spena, Piergiorgio Focas ed altri

  4. #14
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    Iran. Delara non deve morire
    Lunedì 20 Aprile 2009 16:23
    E-mail Stampa PDF
    di Mariafrancesca Ricciardulli

    Luisa Morgantini, vicepresidente del Parlamento Ue, chiede di sospendere permanentemente la condanna a morte per la ragazza. La storia di una pittrice minorenne che l’Iran tiene nel braccio della morte

    TEHERAN - "Da quando avevo 4 anni ho convissuto con i colori, per poi perderli a 17 anni. Da allora, senza i miei colori, vivo nel grigio di una cella con i muri che si alzano all'infinito. Mi hanno condannata a morte per un reato non commesso e ora spero solo nei colori per riavere la vita". Scrivendo queste parole Delara Darabi, artista 23 enne iraniana accusata di omicidio, presenta la mostra dei suoi dipinti, strazianti espressioni del terrore e della solitudine in cui vive in attesa di essere giustiziata, che hanno richiamato un'attenzione considerevole tanto sul piano nazionale che internazionale. "La prigioniera dei colori" il titolo. Oggi avrebbe dovuto essere l'ultimo giorno di vita di questa giovane pittrice e poetessa. Ed invece ieri il capo della magistratura iraniana, ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, ha sospeso temporaneamente l'impiccagione di Delara. Un risultato positivo , raggiunto anche grazie alle petizioni inviate alle autorità di Teheran da SaveDelara.com e da Amnesty International, che però non significa un annullamento della condanna. Si tratta di una sospensione solo "per un periodo limitato di tempo" e solo per dare modo alla famiglia della vittima dell'omicidio di riflettere sulla richiesta di perdono avanzata dai genitori di Delara. In base alla legge islamica vigente in Iran, infatti, un condannato a morte per omicidio può avere salva la vita solo se i familiari della sua vittima concedono il perdono e accettano un risarcimento in denaro ('dieh'). Già in passato, lo stesso ayatollah Shahrudi aveva ordinato il rinvio di impiccagioni di altri minorenni responsabili di omicidio per settimane o mesi, esercitando nel frattempo pressioni sui congiunti delle loro vittime perché concedessero il perdono. Nel caso di Delara sembra però che almeno un parente della vittima sia ancora indeciso e non abbia per ora espresso il suo parere.

    LUISA MORGANTINI - La richiesta di "sospendere permanentemente la condanna a morte per Delara Darabi e di riaprire il processo tenendo nella più alta considerazione tutte le prove utili" è stata inviata oggi alle autorità iraniane da Luisa Morgantini, vice presidente del Parlamento europeo. Dopo la sospensione temporanea la Morgantini chiede la sospensione definitiva della sentenza e la ratifica da parte dell'Iran della moratoria Onu della pena di morte. "Sono al corrente che la sua esecuzione a morte - che doveva essere eseguita il 20 aprile - sia stata temporaneamente rinviata e accolgo con gioia questa decisione . Tuttavia credo fermamente che non sia abbastanza: la condanna a morte di Delara Darabi deve essere definitivamente sospesa e il processo a suo carico riaperto".

    LA STORIA - Nel settembre 2003, l'allora diciassettenne Delara Darabi, assieme al suo ragazzo di 19 anni, Amir Hossein Sotoudeh, entrano nella casa della cugina 58enne del padre di lei per commettere un furto, durante il quale però la donna rimane uccisa. Al fine di proteggere il suo fidanzato dall'esecuzione, la ragazza inizialmente confessa l'omicidio, per poi ritrattare la sua confessione, dichiarando che Amir Hossein le aveva chiesto di confessare la sua responsabilità nell'omicidio per proteggerlo dall'esecuzione, ritenendo che la ragazza non potesse essere condannata a morte poiché minorenne. Dopo il processo la coppia viene punita con 3 anni di carcere e 50 frustate per tentata rapina, alle quali se ne sono aggiunte altre 20 per la loro "relazione illecita". Nel 2005 Delara è stata condannata anche per omicidio, sentenza confermata due anni dopo dalla Corte suprema. Delara ha così cercato di togliersi la vita, tagliandosi le vene, ma è stata salvata in tempo. E ha continuato a dipingere. "Non penso che sarebbe sopravvissuta un solo giorno altrimenti", ha detto una ex compagna di cella. Per un periodo, le sono stati sequestrati anche pennelli e colori. Ma lei ha continuato a disegnare usando le dita delle mani e il carboncino. "Spero che i colori - ha scritto - mi restituiscano alla vita". Nel frattempo gli avvocati hanno dimostrato che ad accoltellare la donna è stata una mano destra, mentre Delara è mancina. Ma i giudici sono stati irremovibili. Il sistema giudiziario iraniano, infatti, non è basato sulle prove e i giudici possono condannare qualcuno sulla sola base della propria "intuizione". Non importa neanche se, in questo caso specifico, la condanna a morte di un minorenne viola le leggi internazionali.

    LA LEGGE IRANIANA - L'esecuzione di un condannato minorenne all'epoca del reato è proibita dal diritto internazionale, così come dichiarato nell'articolo 6(5) del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia (CRC), dei quali l'Iran è stato parte e in base ai quali si è impegnato a non mettere a morte persone per crimini commessi quando erano minorenni all'epoca del reato. In questo paese, una persona condannata per omicidio non ha il diritto di chiedere allo stato il perdono o la commutazione della condanna, l'Iran viola così anche l'articolo 6(4) dell'ICCPR. Invece, la famiglia di una vittima di omicidio ha sia il diritto di insistere affinché la condanna venga eseguita, sia il diritto di perdonare l'omicida e ricevere un risarcimento economico (diyeh).

    Le associazioni per i diritti umani hanno contato 150 bambini iraniani nel braccio della morte e la morte di almeno 8 minorenni solo nel 2008: dati che fanno dell'Iran il secondo Paese dopo la Cina per numero di esecuzioni.
    I GENITORI DI DELARA - Rinchiusa tuttora nella prigione di Rasht, può ricevere visite, ma solo a lunga distanza l'una dall’altra. I genitori raccontano che nella struttura non c'è alcun ventilatore contro il calco e che il bagno va condiviso con altre cento persone. Proprio i genitori, alcuni giorni fa, hanno chiesto ai mezzi d'informazione stranieri di non occuparsi più del caso della figlia, temendo che ciò possa ostacolare i loro tentativi di salvarla. Contemporaneamente, padre e madre di Delara hanno ammesso che la figlia è colpevole e hanno rivolto un appello alla famiglia della vittima perché conceda il perdono e così risparmi la vita della ragazza. "Rispettiamo la legge iraniana e non vogliamo alcuna interferenza straniera", affermano i genitori della ragazza in una lettera aperta pubblicata dal quotidiano Etemad. "Chiediamo il perdono alla famiglia dell'uccisa - aggiungono - perché ci aiuti a salvare Delara".

  5. #15
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    Iran, la pittrice Delara è stata giustiziata PDF Stampa E-mail
    venerdì 01 maggio 2009

    delara_darabi.jpg

    Iran Delara Darabi, la pittrice condannata a morte per un omicidio commesso a 17 anni è stata giustiziata. Lo ha reso noto Amnesty International sottolineando che "Il suo avvocato non è stato informato, nonostante l'obbligo di legge di ricevere la comunicazione 48 ore prima dell'esecuzione".

    Hassiba Hadj Sahraoui, viceresponsabile di Amnesty per il Medio Oriente ed il Nord Africa, ha parlato di "una cinica mossa da parte delle autorità per evitare proteste interne ed internazionali, che avrebbero potuto salvare la vita di Delara".

    L'esecuzione è avvenuta nonostante fosse stata accordata all'imputata, il 19 aprile scorso, una sospensione di due mesi della pena.

    Delara Darabi è stata riconosciuta colpevole di avere ucciso nel 2003 a scopo di rapina una parente con l'aiuto del suo ragazzo, condannato per questo a dieci anni di reclusione. Dopo l'arresto la ragazza confessò di essere stata l'esecutrice materiale del delitto, ma durante il processo negò ogni responsabilità, gettando le colpe sul giovane.

    L'esecuzione della pittrice porta a 140 il numero di persone giustiziate in Iran nel 2009.(fonte Ansa)

  6. #16
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    Laos: giovane inglese rischia fucilazione per spaccio e contrabbando PDF Stampa E-mail
    martedì 05 maggio 2009

    samantha_orobator.jpgSi chiama Samantha Orobator, la ventenne cittadina inglese di origini nigeriane, che da otto mesi è incarcerata a Laos con l'accusa di spaccio e contrabbando di stupefacenti. Lo scorso agosto era stata infatti fermata all'aeroporto di Wattay e trovata in possesso di 68 grammi di eroina e subito messa in prigione dove ora rischia la pena di morte. Le autorità britanniche solo ora sono state informate della sua incarcerazione e solo ora hanno potuto attivare i tradizionali canali diplomatici nel tentativo di mediare una soluzione.

    Ciò che desta ulteriore preoccupazione è il fatto che da agosto alla ragazza è stato vietato qualsiasi contatto anche con il suo avvocato, che tra l'altro, non le è stato ancora assegnato. Dure a riguardo le parole dell'associazione per i diritti umani "Reprieve", che tramite una giovane avvocato, Anna Morris, ha più volte denunciato l'anomalia giudiziaria nonchè la preoccupazione "che la sua udienza potrebbe essere molto rapida rispetto a quello che normalmente succede in altri paesi".

    Del tutto delicate sono poi le condizioni di salute della giovane, incinta di 5 mesi. Una gravidanza quindi che ha avuto inizio proprio nella cella del carcere e che non è del tutto escluso sia il frutto di una violenza. Su questa vicenda in particolare le autorità mantengono il più austero silenzio, preferendo non commentare. Alcuni medici hanno tuttavia avuto accesso al carcere ed almeno le visite essenziali sembrano esserele state garantite.

    La gravidanza potrebbe però salvarle la vita, come spiega Khenthong Nuanthasing, un portavoce del governo, che ricorda come la legge impedisca alle donne incinte di essere condannate a morte. Nel frattempo Anne Morris è stata autorizzata ad incontrare la ragazza nella giornata di domani e su questo incontro sono concentrate molte delle aspettative e delle speranze della famiglia Orobator.

    Straziante l'appello che la madre Jane ha lanciato: "mi appello al governo inglese, alle autorità di Laos perchè la lascino tornare da me". L'ultima volta che le due hanno si sono parlate, era Luglio e Samantha era in Olanda per una vacanza che da lì l'avrebbe portata ad un tour nel sud-est asiatico.

    LICYA VARI

  7. #17
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    Afghanistan: nel carcere di Herat tra Talebani e tossicodipendenti

    1.500 detenuti nella sezione maschile divisi fra lavoro e speranza

    Herat, 28 apr. - (Aki) - (dall'inviato Alessia Virdis) - A testa bassa, avvolti negli abiti tradizionali e senza scarpe, lavorano dietro a macchine da cucire o stringono nodi su un telaio che un giorno sarà un tappeto. A testa alta guardano verso il cielo, tra fili di panni stesi, sperando nella salvezza e nella libertà. Sono alcuni dei 1.500 detenuti della sezione maschile del carcere di Herat, nel distretto di Ingil, nella zona orientale della città. Con il capo chinato, qualcuno con le unghie dipinte secondo le usanze locali, si dedicano a mille attività aspettando di tornare a varcare, ma nel verso opposto, la porticina di ferro celeste che li separa dal mondo. Con il viso rivolto verso le nubi di una giornata grigia sognano una grazia, auspicando che la pena di morte che è stata loro comminata non venga mai eseguita.

  8. #18
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    UDINE, ARTISTI ESPONGONO MAGLIETTE INSANGUINATE PER PROTESTARE CONTRO LA PENA DI MORTE E C’E’ CHI CHIAMA LA POLIZIA (rassegna stampa Messaggero Veneto)

    Posted by Alberto di Caporiacco on 4/30/09 • Categorized as Cronache, Eventi, Friuli, Messaggero Veneto, Politica, Rassegna Stampa, Udine

    Hanno tappezzato, ieri alle prime ore del giorno, il centro di Udine con magliette bianche imbrattate di pittura a tempera rossa per protestare contro la pena di morte diffusa in molti paesi, in particolare in Cina, e sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica su questa pratica. Ma ieri mattina poco dopo le 7 qualche cittadino si è allarmato e ha chiamato la centrale operativa della questura di Udine che è intervenuta con gli uomini della Digos e della squadra Volante che hanno accertato che si trattava solo di una iniziativa pacifica.
    Il blitz a sorpresa è stato fatto da un gruppo fiorentino che si chiama Banane urbane che ieri sera al teatro San Giorgio in una conferenza ha approfondito il tema della lotta alla pena di morte, conferenza e performance che si sono svolte nell’ambito del Pecha kucha night promosso dal Far east festival che è in pieno svolgimento in città.
    Tornando alla singolare iniziativa segnalata da numerosi passanti e residenti, le 52 magliette sono state messe sopra del filo e assicurate con le mollette probabilmente da un gruppetto di quattro persone, ragazze e ragazzi che, come detto hanno agito alle prime luci dell’alba. E dunque il centro cittadino in via Mercatovecchio e nelle vie laterali, via Poscolle, piazza San Giacomo e la Loggia del Lionello è stato “imbandierato” dalla singolare protesta. Le magliette in particolare sono comparse sopra i negozi B/Store, Prevedello, Furla, e Stefanel.
    Immediatamente sono intervenute le forze dell’ordine per gli accertamenti. Ma dopo i sopralluoghi, sia gli uomini della Digos che quelli delle Volanti hanno accertato che si trattava di una iniziativa legata alla protesta contro i paesi che nel mondo praticano la pena di morte.
    Uno degli esponenti del gruppo fiorentino Banane urbane che raccoglie architetti, artisti, designer, grafici, laureati e studenti universitari ieri sera poco prima dello spettacolo ha confermato lo spirito dell’iniziativa. «Noi in altre città abbiamo fatto altre campagna sociali. Abbiamo approfittato della nostra presenza qui a Udine per lanciare questa contro la pena di morte. Il nostro intento è stato sopratutto quello di sensibilizzare la popolazione udinese. Siamo un’associazione senza scopi di lucro, dei professionisti che danno voce e affrontano problemi di rilevanza sociale con i mezzi della comunicazione sociale».

  9. #19
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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    Usa, prosegue la mattanza Foto
    Pena di morte: iniezione letale in Texas per un "colored"
    Giustiziato con un terrificante cocktail, composto da tre veleni iniettati per via endovenosa

    Roma - Derrick Johnson, un ‘colored’ di 28 anni, condannato alla pena capitale per aver stuprato e ucciso una donna, e' stato ‘giustiziato’ ieri in Texas. Lo ha reso noto l’autorita' carceraria dello stato federale statunitense.

    Johnson e' stato "assassinato" con una iniezione letale, composta da tre veleni iniettati per via endovenosa. La sua morte e' stata decretata alle 18.23 di ieri (ora locale), 9 minuti dopo l'iniezione del terrificante cocktail . Nel gennaio 1999 Johnson, allora 18enne, con la complicità di un amico quindicenne, si è reso protagonista di una serie di aggressioni e stupri contro donne, consumati in due settimane da delirio. Una delle sue vittime, Latausha, 25 anni, mori' a seguito delle barbarie subite.

    Massimiliano Riverso

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    Predefinito Riferimento: Moratoria sulla pena di morte

    02/05/2009 14.53.20



    Iran: sdegno nel mondo per l'esecuzione della pittrice Darabi






    Ha suscitato forti reazioni e sdegno nel mondo l’esecuzione capitale, avvenuta in Iran, della giovane pittrice, Delara Darabi, condannata a morte per un omicidio che avrebbe commesso a 17 anni. Nonostante i gravi dubbi sulla sua reale colpevolezza, i giudici iraniani hanno ordinato che venisse uccisa, tramite impiccagione, all’alba di ieri, senza che il suo avvocato venisse informato, come invece vorrebbe la legge. Marco Guerra ne ha parlato con Mario Marazziti, portavoce della comunità di Sant’Egidio:

    R. - La pena di morte non è considerata una violazione dei diritti umani sempre e dovunque. Negli stessi Stati Uniti è considerata un atto di giustizia normale, in alcuni casi. Siamo noi che percepiamo questo come una grande violazione: in questo caso perché riguarda una donna, perché riguarda una donna di cultura, un reato imputato addirittura in un’età in cui si è ancora troppo giovani per capire la differenza tra bene e male in maniera piena. Il problema è che la pena di morte è qualcosa che va eliminata comunque dalla faccia della terra.

    D. - La pittrice Darabi è stata condannata per un reato commesso da minorenne e la stessa esecuzione è avvenuta senza tutele legali. Casi del genere, ci sono anche in altre parti del mondo?

    R. - Dobbiamo ricordare che fino al primo marzo del 2004, questa pratica era normale anche negli Stati Uniti. E' stata poi la Corte Suprema a dire che c’è un mutamento del sentimento di decenza del quale anche gli Stati Uniti devono tener conto. Per cui l’esecuzione, in questo caso, di persone ancora minorenni al momento del reato - e poi dei disabili mentali - è diventata illegale negli Stati Uniti. In realtà c’è un gruppo di Paesi - pensiamo, oltre a questi, alla Somalia - dove in realtà la vita umana non conta niente e che ancora ammettono l’esecuzione anche dei minorenni, o di minorenni al tempo del reato. Per una persona che sia completamente responsabile, anche magari di un crimine compiuto all’età di 13, 14, 15 anni, direi che il mondo dovrà trovare un altro modo per comminare la pena.

    D. - Al momento si registra qualche segnale positivo nella lotta alla pena di morte?

    R. - Negli ultimi 30 anni, siamo passati da 20, 30 Paesi contro la pena di morte, a praticamente 120 Paesi che oggi non usano la pena capitale. Noi abbiamo assistito, negli ultimissimi tempi, all’abolizione nel New Mexico ed anche in Africa ci sono diversi Paesi che l’hanno abolita recentemente, come il Gabon, il Burundi. E c’è un’iniziativa che speriamo arrivi in porto in Malawi. Ci sono poi l’Uzbekistan, il Kirghizistan e il Kazakistan che oggi la stanno abolendo. Sono, questi, grandissimi segnali positivi. Dobbiamo fare un grande lavoro culturale, è un sentimento di rispetto della vita che sta salendo nel mondo: penso al fatto del Tribunale penale internazionale che non ammette la pena di morte neanche per i crimini contro l’umanità.

    D. - La comunità internazionale si sta sempre più mobilitando contro la pena di morte. Ma perché non c’è la stessa presa di coscienza in difesa della vita nascente?

    R. - La pena di morte, che è sempre stata popolare nella storia umana, è diventata meno popolare dopo la Seconda guerra mondiale. La reazione è partita dall’Europa. Dall’Europa è nata un’idea per cui democrazia, libertà, non possono coincidere con la morte. In realtà, oggi, c’è anche una cultura, che si è affermata in Occidente, di forte individualismo. Negli ultimi decenni, si è affermato un pensiero di libertà che è diventato estremo fino all’individualismo, quasi come una religione. Allora, in questa chiave, il corpo della donna ed il diritto di chi "vive" è diventato più forte del diritto di chi deve nascere. Io credo che anche qui ci sarà un ripensamento.

    http://www.oecumene.radiovaticana.or...o.asp?c=284368

 

 
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