Roma. Persino a via Nazionale, qualcuno lo definisce “il metodo Fini”.
E come il leader di An, Piero Fassino, in caso di vittoria dell’Unione il prossimo anno, ha già messo il cappello sulla vicepresidenza del Consiglio.
E’ intenzionato a chiedere una delega ministeriale forte.
E soprattutto determinato a mantenere, “almeno per i primi tempi”, la guida del partito.
Del resto, dopo il congresso di Roma, i Ds sono un partito sempre più marcatamente fassiniano. “Abbiamo avuto un mandato molto forte, politicamente e numericamente. Non facciamo che dare seguito a questo”, dicono gli uomini del leader.
Dunque, “il metodo Fini”.
Una riprova tra le tante, si racconta, è anche l’arrivo come capo della segreteria di Fassino di Fabrizio Morri, suo storico collaboratore. Il gruppo ristretto del segretario si va formando.
“E’ l’anno decisivo, ci giochiamo tutti le palle”, commenta ridendo un autorevole membro.
Fassino, dal canto suo, si fa forte non solo del risultato congressuale, ma da ventiquattr’ore anche del sondaggio pubblicato ieri da Repubblica, dove risulta, con il 67, 9 per cento, il leader più gradito del centrosinistra, superando per un soffio persino Romano Prodi.
Ovviamente, non tutti nel partito sono d’accordo.
“Il suo decisionismo crea un certo disagio”, accusa un parlamentare riformista.
Malumori continuano a circolare dopo la formazione dei nuovi organismi nazionali: c’è Vannino Chiti, che era coordinatore unico della segreteria e adesso si ritrova affiancato da Maurizio Migliavacca, altro fassiniano doc.
C’è il dalemiano Pierluigi Bersani, che è stato dirottato prima al Parlamento europeo, e poi alla guida della commissione del progetto, “che è una cosa un po’ più seria che in passato”, provano ad addolcire la pillola gli uomini del segretario, ma insomma, gira e rigira, sempre quella alla fine è. Forse neanche Anna Finocchiaro è del tutto felice di aver lasciato la segreteria nazionale dei Ds e la responsabilità della giustizia, per andarsene nell’ufficio di presidenza della Fed.
E ancora incerto è il destino di un altro ex membro della segreteria diessina, Antonello Cabras: è interessato all’autority per l’energia, si racconta tra i diessini, ma per il momento deve pazientare. Malumori e insoddisfazioni che Fassino, secondo i suoi, “aveva messo nel conto”, e che comunque non lo impensieriscono più di tanto.
Però negli ultimi tempi si è aggiunto un altro, autorevolissimo scontento: Walter Veltroni.
Anche se, in questo caso, Fassino ha dovuto probabilmente più subire che decidere.
In breve, il sindaco di Roma non ha preso affatto bene la decisione di nominare Antonio Bassolino nell’ufficio di presidenza della Fed. L’accordo era che nessuna figura, diciamo così, istituzionale (sindaco o governatore o presidente di Provincia) dovesse far parte dell’organismo del partito riformista. E in caso di deroga, Veltroni era convinto che sarebbe toccato a lui, primo cittadino della prima città d’Italia.
Ma si è messo di mezzo Bassolino.
Molto ha nicchiato, il governatore – che aspira a tornare a un ruolo nella politica nazionale – prima di decidersi a rimettersi in corsa per la Campania. E direttamente con Romano Prodi, raccontano all’interno dei Ds, ha contrattato tanto la ricandidatura quanto la contropartita dell’ingresso nel vertice della Fed. E c’è chi assicura che abbia pure molto insistito per essere l’unico amministratore presente.
Veltroni l’ha presa malissimo. Ma appunto, giurano a via Nazionale, “Fassino non ha colpe, è stato Prodi a fare pressioni sul segretario a favore di Bassolino”. In ogni modo, dicono i diessini, “le sfide di Fassino sono rivolte più a questioni esterne, Prodi e Rutelli, per intenderci, che a questione interne”.
Il decisionismo fassiniano ha creato malumori, ma niente che possa impensierire il leader.
“Ormai, fino a dopo le elezioni del 2006 – ammette un parlamentare critico – qui è tutto congelato”.
“Noi – replicano i fassiniani alle polemiche sui nuovi organismi dirigenti – abbiamo cercato di creare un mix, mescolando la continuità con il congresso di Pesaro, quando abbiamo rianimato un partito ridotto a cadavere, e le prospettive future”.
E i mal di pancia? “Passeranno anche quelli”.

Su il Foglio del 18 marzo

saluti