Il Fatto Quotidiano, 21 novembre 2009


Se Dio (anzi Silvio) vuole, riparteil “dialogo sulle riforme”. Il pizzino di Schifani ha sortito glieffetti sperati, Fini s’è messo paura e Bersani ancor di più: se sivota subito, sono spacciati entrambi. Bastava vedere il berlusconianoQuagliariello, la finiana Perina e la bersaniana Bindi l’altra sera adAnnozero: tre zuccherini. La finocchiariana Finocchiaro ha sentitoprofumo d’inciucio e, da esperta del ramo, ci si è fiondata: haproposto un’“agenda delle priorità condivise” (il dizionario inciucesconon è mai stato così ricco di modulazioni).

Indimenticabile la scena didue primavere fa, quando il noto senatore di Corleone fu candidato allapresidenza del Senato e il Pd, non trovando uno statista del suocalibro da contrapporgli, si astenne sul suo nome (mentre Di Pietrovotava Borrelli) e lo applaudì appena eletto. La Finocchiaro, ritenendoriduttivo un banale applauso, lo baciò con trasporto. Poi ungiornalista andò da Fazio e ricordò che Schifani era stato socio di duetipetti poi condannati per mafia. Prim’ancora che Berlusconi avesse iltempo di difendere Schifani, provvidero per lui la Finocchiaro,Violante e D’Avanzo (oltre al solito poveraccio con le mèches che,frequentando pregiudicati e latitanti, si scandalizza se un giornalistafrequenta magistrati perbene).

Ora, grazie a Marco Lillo, si scopre cheil presidente del Senato con cui fissare l’agenda delle prioritàcondivise non solo assisteva come avvocato alcuni fra i più notimafiosi di Sicilia (questo si sapeva, ma non è mica un problema,no?). Ma si adoperò pure per“sanare” un famigerato immobile di Palermo eretto abusivamente da uncostruttore mafioso con metodi mafiosi per ospitare mafiosi e rampollidi mafiosi: la figlia di Bontate, i killer latitanti Bagarella eBrusca, il medico mafioso Aragona. Chissà le assemblee di condominio,che spettacolo. L’amministratore, Frank Tre Dita (impossibilitato perovvi motivi a votare su delega per più di due assenti), dava il viaalla discussione dando la parola al signor Ciccio. Il quale però venivasubito interrotto da Bagarella che, senza fiatare, poggiavadelicatamente il kalashnikov sul tavolo. Al che il signor Cicciopreferiva fingersi afono, a beneficio del signor Leoluca. Questiproferiva la parola “minchia”. Poi si passava alle varie ed eventualiin un clima di perfetto dialogo, sia pure muto.

Un giorno Brusca eBagarella litigarono perché non era opportuno trascorrere entrambi lalatitanza nello stesso palazzo: l’inconveniente fu risolto conun’agenda delle priorità condivise, latitando un giorno per uno. Ognitanto fra i Bontate, i Bagarella e i Brusca scoppiava una lite per lecantine: la donna delle pulizie dimenticava sempre qualche ossicino dibambino sciolto nell’acido o nella calce viva. Una volta il fuochistaaddetto al riscaldamento confuse i bidoni dell’acido con quelli delcherosene, danneggiando l’impianto centralizzato. Ma alla fine ledelibere erano sempre all’unanimità: i condòmini non votavano permillesimi, ma secondo i rispettivi ergastoli. E, da regolamento, solochi ne avevaalmeno due poteva interloquire.

Qualcuno ricorda quando un nuovo inquilino, il signor Gigi, ignaro ditutto, lamentò certi rumori sospetti provenienti da casa Brusca, tipourla disperate di esseri umani. Brusca replicò con una frase smozzicatae incomprensibile. Nella successiva assemblea la vedova del signorGigi, ancora in gramaglie per il recente lutto, raccontò che il maritoera finito inavvertitamente in un pilone di cemento armato del garage,e comunque quei rumori sospetti se li era sognati. Notizia accolta consollievo dall’intera assemblea. Quando poi il giardiniere, zappettandonell’aiuola delle ortensie, rinvenne una ventina di tibie e teschiumani, l’avvocato del condominio, un omino col riporto, si precipitò arassicurarlo: “Ma lo sa che siamo capitati proprio sopra una necropolietrusca?”. Ecco, è lì che il nostro futuro statista forgiava la suaalta sensibilità istituzionale. In vista dell’agenda delle prioritàcondivise.
(Vignetta di Bertolotti e De Pirro)



Vai al blog