Il carattere di una circostanza tragica, perfettamente illustrato dalla storia di Terri Schiavo, è l’indecidibilità.
Quando la ragione, assistita dall’amore, risulta impotente, allora alla legge, al diritto positivo, alla sentenza del giudice, alla volontà codificata della comunità subentra o dovrebbe subentrare la pietà.
Che non è una legge né soltanto un sentimento, ma un dover essere della coscienza, una sottomissione adulta, consapevole e matura, perfino stoica, ai misteri della condizione umana.
Forse la pietà è la versione laica della religiosità e del senso del divino, quella di Antigone si nutre di un’idea naturalistica e pagana della divinità ma anticipa motivi che saranno del cristianesimo e di altre religioni o concezioni o visioni del mondo, del cosmo.
Il fondamento della pietà è il riconoscimento che esistono casi i quali non ammettono soluzione per via semplicemente volontaria o per via razionale: il dover essere allora coincide con il non potere, la cosa da farsi è identica al divieto di farla. Non restano che l’attesa, la cautela psicologica e morale, la rassegnazione, la delicatezza del tatto, e suona falsa ogni soluzione basata su quanto certificano dati materiali di tipo obiettivo o scientifico non risolti per intero nell’intuizione amorosa.
Chiunque abbia avuto una persona cara in coma sa che per i vivi custodi del suo dolore la differenza di percezione del suo stato, tra il tempo del coma e, se e quando arrivi, il tempo della morte, è immensa: il coma è un sonno ansimante e tragico, la morte è raffreddamento, lontananza, uscita dal tempo della vita, è un’altra cosa quali che siano i dati registrati dalle macchine.
Nei casi in cui ci sia un testamento biologico, si può discutere.
Nei casi che la pratica della pietà familiare sottrae al dominio della coscienza pubblica e della legge, si può vedere e chiudere vedendo entrambi gli occhi.
Ma quando la questione sia formalizzata, come nel caso di Terri, perfino in un aspro dissenso familiare, in una opposizione delle volontà e delle emozioni pubbliche e private, non c’è altra scelta che attendere, cautelarsi, diminuirsi al di sotto della soglia del giudizio obiettivo e simbolico, e rispettare l’esigenza di vita da chiunque sia posta, figuriamoci se invocata dai genitori della persona che soffre o non soffre, ma ci fa soffrire, nel suo limbo comatoso.
Gli americani hanno messo in scena una tragedia classica, con la legge, il Congresso, la comunità, la Casa Bianca, tutti convocati al capezzale di una donna che dorme tra vita e morte da quindici anni.
Pietà vuole che di questa tragedia nessuno possa né debba scrivere un finale legale, scientifico e burocratico.
Il Foglio del 19 marzo
saluti