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    SENATORE di POL
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    Predefinito Le [stizzite e insincere] scuse de l'Unità [dei bugiardi] a Storace

    Dal quotidiano LIBERO di oggi 26 marzo 2005

    " L'Unità è costretta a chiedere scusa. Ma per finta


    ROMA - [ t. m.] Costretto a chiedere scusa. E ad incassare i rimbrotti di Walter Veltroni, il sindaco di Roma che è stato suo predecessore alla guida del giornale dal 1992 al 1996. Antonio Padellaro, direttore dell'Unità, lo ammette nel suo editoriale di oggi: « Storace ha diritto alle nostre scuse. In ogni caso, poiché può essere che la tensione elettorale abbia portato la polemica un po' troppo sopra le righe, invitiamo tutti a raffreddare la temperatura. Noi per la nostra parte ci impegniamo a farlo » . Contemporaneamente sul quotidiano piovono le critiche del sindaco diessino: « Ha compiuto sicuramente un gravissimo errore » . Spiega Padellaro: « Abbiamo ascoltato Mario Limentani, membro della comunità israelitica romana, detenuto nei campi di sterminio, la famiglia decimata dai nazisti, dopo che aveva protestato per la presenza del governatore del Lazio alle Fosse ardeatine. Quando gli abbiamo chiesto le ragioni di questo suo atteggiamento, Limentani ha raccontato quel lontano episodio di violenza facendo il nome del padre di Storace, circostanza che poi si è rivelata infondata » . Quanto alle sue dimissioni dall'Unità richieste dal presidente della Regione Lazio, però, Padellaro è meno accomodante: « Non tocca a Storace decidere. Però, se Storace vuole, possiamo metterci d'accordo. Il direttore dell'Unità è pronto a dimettersi subito se altrettanto farà il governatore del Lazio, dopo che la società Laziomatica, società al cento per cento controllata dalla Regione Lazio, è stata colta con le mani nel sacco nella banca dati del Campidoglio, reato per cui viene indagata dalla procura di Roma » . Ultima risposta, quella all'allarme lanciato da Storace sul rischio di aggressioni nei suoi confronti dovuto alla campagna in atto contro di lui orchestrata dalla sinistra. « Auguriamo naturalmente lunga vita a Storace » , scrive Padellaro, « tuttavia, anche se ci rendiamo conto di quanto sia difficile la sua campagna elettorale, gli consigliamo di non esagerare perché è quella sua brutta frase che può rappresentare di per sè un incitamento alla violenza. Come violente e volgari sono state le parole usate dal governatore contro la nostra giornalista Luana Benini, autrice dell'inter vista » . Padellaro, però, è costretto ad incassare le critiche di Veltroni. Il sindaco della Capitale, a proposito dell'intervista a Limentani, ammette che il direttore ha compiuto l'errore « sicuramente in buona fede, ma questo non toglie nulla alla gravità dell'errore che ha permesso di dare una notizia non vera e offensiva per una persona » . Ancora: « Bisogna affermarlo con chiarezza e bisogna affermare con altrettanta chiarezza che è già successo decine e decine di volte » . Il fronte dei critici comprende anche Roberto Villetti, vicepresidente dello Sdi ed ex direttore dell'Avanti: « Quando si commette un errore, come è quello in cui è incorsa l'Unità, bisogna ammetterlo e chiedere scusa, come ha fatto limpidamente Antonio Padellaro » . Villetti prima riconosce al direttore dell'Unità che « si poteva dare credito alle drammatiche parole di un ex deportato nei campi di sterminio nazista senza pensare che, a distanza di tanto tempo, potesse accadere in un grande equivoco » . Ma poi aggiunge che « anche se il fatto denunciato fosse risultato vero, e clamorosamente non lo è, come dichiara lo stesso Mario Limentani " le colpe dei padri non ricadono sui figli ? » . Fanno quadrato intorno al direttore, invece, Furio Colombo, predecessore di Padellaro, e il comitato di redazione dell'Unità. « C'è stato un errore, ma non è un errore tendenzioso, è in buona fede » , afferma Colombo, « io l'articolo l'avrei pubblicato tale e quale » . Più dura la reazione del cdr del quotidiano: « Ricordiamo al presidente uscente della Regione Lazio, Francesco Storace, che non siamo più nel ventennio mussoliniano a lui tanto caro. Allora, come Storace sa, il regime dimetteva i giornalisti e direttori di giornali non allineati, li licenziava, li mandava al confino, li incarcerava » . Di scuse per il finto padre di Storace picchiatore, nemmeno l'ombra. Anzi, dai colleghi arriva « piena solidarietà » a Luana Benini: « Ha fedelmente riportato le parole del signor Limentani senza aggiungere una sola virgola » .
    "




    Saluti liberali

  2. #2
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    Ancora da LIBERO di oggi.......

    " Per un caso simile 23 anni fa si dimisero tutti

    di FAUSTO CARIOTI

    ROMA - Chissà se ad Antonio Padellaro, neodirettore dell'Unità ( auguri), le false accuse pubblicate ieri dal suo giornale contro Francesco Storace hanno fatto tornare in mente " quel falso, il momento di ventitré anni fa che segnò la fine, per quelli che ancora ci credevano, dell'equazione " Unità uguale verità ?. E chissà se, magari solo per un attimo, ha pensato di doversi comportare come quel suo predecessore. Marzo 1982. Marina Maresca è una giovane giornalista d'assalto del quotidiano del Pci, diretto da Claudio Petruccioli. In tasca, come quasi tutti i suoi colleghi, ha la tessera del partito. Si occupa del caso di Ciro Cirillo, l'assessore regionale della Campania rapito dalle Br nell'aprile dell'anno precedente e liberato dopo tre mesi in circostanze assai poco chiare. La Maresca fa intendere al suo direttore di avere una buona fonte per le mani, un magistrato partenopeo che le fornisce carte importanti. Ovviamente contro la Dc, il partito di Cirillo. Tra i documenti che la Maresca pubblica senza controllarne l'autenticità, uno chiama direttamente in causa i dirigenti democristiani, tra cui il ministro Vincenzo Scotti, e li accusa di aver contattato il boss della camorra Raffaele Cutolo affinché mediasse con i brigatisti per ottenere la liberazione di Cirillo. Ma il documento è falso. E il suo autore, la " fonte ? della giornalista, si rivelerà essere il suo convivente, un discusso pubblicista avellinese con amicizie pericolose negli ambienti della nuova camorra organizzata: altro che magistrato. La Maresca intanto è arrestata per diffamazione e per avere diffuso « notizie false e tendenziose » . Il Pci, che all'epoca di sovietico aveva anche l'amore per le purghe, prima la sospende, poi la caccia dal partito. I verbali raccontano di una riunione della " cellula ? del Pci dell'Unità durata ore, con la bellezza di 28 interventi. Al termine, la votazione. Passa la mozione d'espulsione, con 44 voti su 84 presenti: l'assemblea degli iscritti dell'Unità « valuta il comportamento di Marina Maresca inammissibile ed in sé grave; ritiene che il pregiudizio che tale comportamento ha arrecato al partito non sia altrimenti eliminabile che con un provvedimento d'espulsione; decide pertanto di espellere Marina Maresca dalla cellula comunista dell'Unità di Roma » . Degli altri " compagni ?, ben 36 chiedono la radiazione della collega e solo quattro - gli amici più stretti - sono per una semplice deplorazione. Nel frattempo, il caso Maresca ha provocato un terremoto ai vertici dell'Unità. Il direttore Petruccioli e il condirettore Marcello Del Bosco, colpevoli di aver consentito la pubblicazione di una notizia falsa, hanno inviato a Enrico Berlinguer la loro lettera di dimissioni. Il segretario, tanto è grave l'accaduto, si guarda bene dal cestinare la lettera del predecessore di Padellaro. Accetta le dimissioni, che in realtà lui stesso ha caldeggiato, e chiama Emanuele Macaluso alla direzione del giornale. Una storia d'altri tempi, davvero.
    "


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  3. #3
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    Predefinito (non ti si caca nessuno?)


  4. #4
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    Lei non conosce i principi deontologici che regolano la professione medica, figuriamoci se conosce quelli della professione giornalistica. Il padre del signor Storace, presidente di destra della Regione Lazio (verso il quale non nutro alcuna particolare simpatia), all'epoca dei fatti (a cui un poveretto, molto anziano e che sicuramente ha molto sofferto ha fatto riferimento), aveva 12 anni e vivena ben lontano da Roma.
    Mentre, vista l'eta', la presunta "parte lesa" è scusabile, gli ignobili giornalisti illiberali e senza morale che insistono nel riprendere e far rimbalzare la calunnia, in quanto italiani e in grado di verificare direttamente la notizia (non postano su un forum, scrivono su quotidiani, seppure con una storia pluridecennale infame di squallidi inneggiamenti a criminali come Stalin e successori) sono sicuramente responsabili della diffusione della calunnia, con l'aggravante di essere utilizzata a scopi ignobili di lotta politica, per di più a favore di una fazione estranea ai valori della democrazia liberale moderna.

    Saluti liberali

  5. #5
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    UN preofessionista dell'informazione che riprende una calunnia è un calunniatore, e se insiste è anche peggio, e potrebbe pure essere un istigatore di crimini più gravi, non si sa quanto "involontariamente", visti i recenti premi conferiti da giunte provinciali uliviste (Milano) a "centri sociali" antiberlusconinani sinstruzzi di sfasciavetrine, famosi per le loro violenze.....



    sempre dal qutotidiano LIBERO

    " Rischio la pelle per colpa dell'Unità »


    di BARBARA ROMANO


    ROMA - « Io rischio la pelle per colpa del direttore dell'Unità, perché ha scritto che mio padre ha legato alla sedia un ebreo e lo ha picchiato » . È dal pulpito dell'Associazione Stampa Estera che Francesco Storace sferra il contrattacco all'Unità, convocando una conferenza stampa ad hoc per smentire riga su riga l'articolo che infanga la memoria di suo padre. E annuncia querela contro Antonio Padellaro e l'autrice del pezzo, Luana Benini. « Non si sono neanche preoccupati di sapere quanti anni avesse » , tuona il governatore del Lazio brandendo il quotidiano della sinistra su cui ieri era riportata la testimonianza di Mario Limentani, il reduce dai campi di sterminio nazisti che ha duramente contestato la visita di Storace alle Fosse Ardeatine, giovedì, sostenendo di essere stato torturato da suo padre Giuseppe nel 1941. « Peccato che all'epoca dei fatti lui aveva 12 anni, viveva a Sulmona da dove se n'è andato solo quando ha dovuto fare il servizio militare, mentre Limentani ne aveva 18 e abitava a Venezia da dove non si è mai mosso » , fa notare il governatore, « ma purtroppo mio padre non può smentire perché è morto nel 1999 » . Ma la smentita ieri è arrivata proprio dall'ex deportato, che ha negato di aver mai detto che chi lo torturò nel ' 41 era il padre di Storace. « È vero che fui legato e picchiato » , ribadisce Limentani, « ma non dal padre del presidente del Lazio. Chi mi picchiò si chiamava solo Storace di cognome, il nome no lo ricordo » . Ma il governatore non ce l'ha con lui: « È una persona che ha sofferto moltissimo, può essersi confuso, succede » . E sposta il tiro sull'Unità: « È indegno che un giornale comunista non si preoccupi di verificare le date » . Ma questo per lui « fa parte del gioco: contro di me sta avvenendo un linciaggio mediatico senza precedenti che ha precise responsabilità politiche » , denuncia Storace puntando il dito contro l'Unità e la sinistra: « I mandanti di questa campagna di odio » . Che si sia sentita chiamata in causa? Sta di fatto che la prima a prendere la parola nel parco giornalisti è stata proprio l'autrice del pezzo incriminato, che è anche la compagna ufficiale del vicepresidente della Camera Fabio Mussi, esponente di spicco del Correntone ds. « Salve presidente, sono Luana Benini, giornalista dell'Unità, quella che ha scritto l'articolo su Limentani » , declina le sue generalità sotto lo sguardo implacabile di Storace agitando un vecchio mangianastri. « Guardi che io qui ho tutto registrato » , si difende scatenando un boato nella sala. « E allora, se un marziano ti dice che la luna è fuxia, tu che fai, lo scrivi? » , la incalza un collega mentre l'ex Epurator non fa una piega. « Vada sulla tomba di mio padre a chiedere scusa » , sbotta. « Ma non c'era nessun intento strumentale contro di lei, io ho solo raccolto una testimonianza » , balbetta lei. « Si vergogni, dovrebbe dimettersi, lei e il suo direttore » , taglia corto Storace dando la parola ai giornalisti: « Quelli veri » , precisa. Tra questi c'è anche Simona Casalini, la cronista di Repubblica che lo aveva chiamato tempo fa per chiedergli conferma della stessa storia di cui lei era venuta a conoscenza qualche giorno prima. « Almeno lei ha avuto l'onestà d'interpellarmi e non ha scritto niente » , le riconosce il governatore chiedendo pubblicamente scusa per i toni « bruschi » usati al telefono contro la Casalini. Che replica: « Se tornassi indietro non lo rifarei » . « Allora mi faccia chiamare da chi le dà la notizia » , ironizza Storace. « Padellaro invece ora dovrà chiedere scusa anche a Limentani. O andrà a cercare qualche mio antenato? » , chiede il governatore, cui è sfuggito però che la notizia ieri è stata riportata anche da Europa, quotidiano della Margherita [ gli "utili idioti" al servizio dei nipotini di Stalin, nota di PFB]. « Insozzano la memoria di mio padre per scatenarmi contro i peggiori estremisti » , accusa Storace rievocando la denuncia di Berlusconi sul « clima stalinista » che « sta inquinando » una campagna elettorale contrassegnata da atti di violenza contro sedi di An e Fi. « È grave che si scrivano delle cose senza mettere in conto che qualcuno poi esegue » , rincara, « la Digos deve intensificare la scorta perché se no c'è qualcuno che mi fa la festa » . Ecco perché non si accontenta certo di una rettifica Storace, che annuncia querela. « La prima della mia vita » , precisa con una punta di rammarico il governatore, che ha affidato la pratica all'avvocato Giuseppe Consolo, senatore di An. « Qui c'è la sinistra più faziosa d'Europa » , chiosa, « ma le elezioni le vinco io e le vinco alla grande » .



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  6. #6
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    In origine postato da Pieffebi
    [...]
    sempre dal qu(t)otidiano LIBERO

    [...]

    Saluti liberali
    .....

    (nb: il link IGNORATO si riferisce all'intervista telefonica fatta PRIMA della pubblicazione dell'articolo "incriminato" della Benini; esattamente per ACCERTARE che il pensionato avesse inteso PROPRIO quello che aveva detto)

  7. #7
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    Un giornalista ha il dovere di verificare l'attendibilità di una "notizia", come ha fatto la giornalista di REPUBBLICA che prima di pubblicare ha telofonato a STORACE per chiedere informazioni a riscontro. Pur essendo pagata da un quotidiano non certo famoso per l'obiettività, al contrario della "collega" che scrive sul foglio che osannò Lenin e Stalin per decenni, quella di REPUBBLICO ha diritto di essere chiamata giornalista in quanto SA fare il suo mestiere. Dare credito al fatto che un dodicenne possa essere stato un pericoloso squadrista in tempo di guerra e a centinaia di chilometri dalla sua residenza, è chiara dimostrazione di grave leggerezza professionale aggravata dal limpido movente di lotta politica in perfetto stile comunista.


    da www.iltempo.it

    " Storace: «Campagna d’odio contro di me»

    Il governatore: «Rischio la pelle per colpa dell’Unità, ha scritto che mio padre era un torturatore»
    Il candidato della Cdl convoca una conferenza stampa: «Mi vogliono demonizzare, troppe aggressioni contro di noi»


    di SUSANNA NOVELLI IN UNA SALA stampa gremita di giornalisti provenienti da tutto il mondo, Francesco Storace punta il dito sull’ennesima storia di questa campagna elettorale e lo punta contro il quotidiano dei Ds, L’Unità. Il giornale, in seguito alla contestazione avvenuta giovedì alle Fosse Ardeatine da parte di Mario Limentani, deportato nei lager nazisti, riporta nella pagine nazionali e di cronaca un’intervista allo stesso Limentani. Il sopravvissuto ha accusato il padre di Storace di averlo portato e torturato alla casa del Fascio nel 1941. «Mio padre è morto nel 1999 - sostiene quasi commosso Storace - e non può smentire. Non me la prendo con questo signore perché ad ottanta anni è comprensibile avere una memoria non perfetta. Il fatto indegno e gravissimo è che un giornale comunista non si sia peoccupato di verificare e di scoprire dunque che mio padre nel 1941 aveva 12 anni e viveva a Sulmona». A smentire la notizia del quotidiano dei Ds è però lo stesso Limentani, che in tarda serata con una nota precisa: «Non ho mai detto che colui che mi picchiò nel 1941 era il padre di Francesco Storace, ricordo solo che il cognome era Storace, non ricordo il nome». Il portavoce della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, prende le distanze: «La storia di Limentani è vera ma a quanto pare non è il padre di Storace». Al di là del fatto personale, il governatore del Lazio denuncia il clima esasperato e pericoloso di questa campagna elettorale, lo fa recandosi dal ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu e contattando telefonicamente i massimi vertici dello Stato, dal presidente del Consiglio ai presidenti di Camera e Senato, parlando con il rabbino capo e con l’ambasciatore di Israele. «È un clima di linciaggio che ha una precisa regia dietro - sostiene Storace - e che rischia di innescare mine pericolose come le lettere di minaccia, gli attentati e le devastazioni di alcune sedi di comitati delle liste che mi sostengono, della minaccia gravissima di un consigliere comunale di estrema sinistra che mi ha impedito di visitare un centro anziani. Non è piacevole che mi si sia rafforzata la scorta eppure non mi sognerei mai di dire che Piero Marrazzo sia colpevole di tutto ciò». La sala della sede della stampa estera è piena non solo di giornalisti ma anche di tutti gli assessori della giunta e dei responsabili regionali dei partiti della Casa delle Libertà. Il clima si fa più teso soprattutto quando prende la parola la giornalista che ha scritto l’articolo su L’Unità, che ha portato con sè la registrazione. «Spero si rechi sulla tomba di mio padre a chiedere scusa - risponde stizzito Storace - per la prima volta in vita mia ho querelato un giornale ed ho chiesto al presidente dell’ordine di intervenire. Sono demonizzato da questo giornale, ha perfino insozzato il nome di mio padre, e da una sinistra che non avendo argomenti mi ha impedito di parlare di sanità, di occupazione, del nuovo statuto, arrivando persino ad insozzare la memoria di mio padre». Tante le domande, da quelle più strettamente politiche a quelle chiaramente fuori tema, come sulla presunta occupazione di uno stabile della Regione. Tuttavia sono due gli argomenti più ambiti dalla stampa: Mussolini, ovviamente, e continui riferimenti al valore antifascista. «Qui si gioca una partita di una destra moderna e credibile - afferma Storace sulla vicenda di As - ma se i voti andranno verso il cognome Mussolini, che in questo momento significa far vincere Bertinotti, sarà difficile nel futuro parlare di destra moderata». Così come la vicenda Laziomatica non poteva non essere ricordata. Secca la replica del governatore, che si limita a ricordare che tutto quanto è stato verificato dagli uffici regionali è stato consegnato alla magistratura. «Non dobbiamo però dimenticarci - incalza Storace - che Romano Prodi sta mandando lettere per finanziare Marrazzo ad indirizzi che ci piacerebbe sapere dove ha preso». Diverse ed incalzanti poi le domande anche dei giornalisti stranieri sui valori antifascisti, assenti nello statuto della regione. «Fiuggi ha segnato la svolta della destra italiana - ricorda Storace - il nostro valore è quello della libertà, nel quale è implicito l’antifascismo. Il nostro statuto guarda al futuro». Arrivano in serata le scuse del direttore de L’Unità, Antonio Padellaro, «Storace ha diritto alle nostre scuse», scrive Padellaro nell’editoriale che uscirà oggi, in cui precisa di potersi dimettere solo a patto che lo faccia anche il governatore del Lazio in seguito alla vicenda Laziomatica.
    "


    Saluti liberali

  8. #8
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    Che pessima storia di meschinità e incompetenza giornalistica...

  9. #9
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    In origine postato da UgoDePayens
    Che pessima storia di meschinità e incompetenza giornalistica...
    Citofonare Jannuzzi (per dire) sul meeting svizzero per "incastrare Berlusconi"...

  10. #10
    SENATORE di POL
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    In origine postato da UgoDePayens
    Che pessima storia di meschinità e incompetenza giornalistica...
    Meschinità e incompetenza giornalistica unita ad odio ideologico e scelte politiche profondamente illiberali.

    Shalom

 

 
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