In occasione del primo anniversario del martirio di Shaykh Ahmad Yassin, presentiamo l'intervista che l'Associazione Islamica "Imam Mahdi" (aj) rilasciò alla rivista "Saut Falestin" (La voce della Palestina).


Intervista a "La voce della Palestina"


Ecco l'intervista rilasciata da alcuni dirigenti dell'Associazione Islamica "Imam Mahdi" (aj) al giornale "Saut Falestin" (La Voce della Palestina) in merito al martirio di Shaykh Yassin ed alla situazione politica palestinese ed internazionale.


1) Chi era Yassin? Cosa significa la sua morte?

R: Shahid Shaykh Yassin era un uomo anziano, un sapiente religioso, paralizzato su una sedia a rotelle, il cui solo crimine era quello di pensare. Il suo martirio dimostra che Israele ed i suoi strenui difensori non tollerano il libero pensare. L’Occidente utilizza ripetutamente parole quali “democrazia”, “libertà”, “tolleranza” e ciò mostra soltanto il potere della propaganda: cosa significa lottare contro la pena di morte, contro gli Stati che la applicano, se poi si uccide in strada un uomo paralitico che non ha commesso alcun atto etichettabile come “terroristico”?


2) Come ha reagito la sua comunità a tale notizia, quali sono le preoccupazioni e le reazioni maggiori?

R: I nostri fratelli e le nostre sorelle sono ben coscienti di come sia impossibile soltanto pensare di dialogare o avere rapporti con un’entità che dibatte pubblicamente, anche in parlamento, sull’uccisione o meno dei propri avversari politici. Il vile omicidio di Shaykh Yassin non fa che rafforzare questa nostra convinzione, ovvero che con simili criminali non vi è alcun motivo per trattare.


3) Siete stati attaccati per esservi pronunciati contro tale assassinio. Come interpreta ciò?

R: Non possiamo pretendere che la stampa italiana, che tranne rarissime e lodevoli eccezioni, è totalmente schierata al fianco di Israele, possa attribuire validità a quanto da noi scritto o conferirci una ‘riconoscimento’ che peraltro non vogliamo affatto. Non sarebbe per noi sorprendente se - vista la sincronia con cui si muovono all’unisono i vari quotidiani, riviste e tv sulla situazione palestinese in particolare e l’Islam in generale - costoro ricevano veline da qualche istituzione semi-occulta.


4) Che ripercussioni crede che avrà per le vostre posizioni?

R: Non avrà alcuna ripercussione. Non è la prima volta che accade, non sarà l’ultima, ma come sempre abbiamo fatto, non cambieremo neanche di un centimetro la nostra posizione. Noi pensiamo che il popolo palestinese abbia diritto ad avere uno Stato su tutta la Palestina, così come questa era intesa fino al 1948, e non soltanto sui ‘territori occupati’ nel 1967.


5) Durante i tre anni e mezzo della seconda intifada abbiamo assistito alla escalation di violenza di Israele cha ha osato sempre ed è sempre più impunita. Come si colloca per Israele secondo lei l'assassinio di Yassin in questa strategia del terrore? E’ l'apoteosi che vuole dare il colpo di grazia alla Resistenza o l'inizio di una nuova fase?

R: L’assassinio di Shaykh Ahmad Yassin contrassegna indubbiamente l’inizio di una nuova fase all’interno della Palestina occupata. Alcuni settori sionisti, tanto all’interno dell’entità giudaica quanto del governo americano, vogliono ‘regolare’ il prima possibile i conti con quelle forze che rappresentano un ostacolo ai loro folli e satanici piani. L’Intifada palestinese, con tutti i movimenti di resistenza che vi partecipano, e Hamas in testa, rappresenta uno dei principali ostacoli su questa strada. Ma la storia ci insegna comunque che nessun popolo, anche se “eletto”, ha il diritto di occupare un altro territorio, depauperandone il legittimo proprietario.


6) Come viene vissuto invece dalla Resistenza l’assassinio dello Shaykh?

R: La vita di Shaykh Ahmad Yassin è stata colma di lavoro, sacrificio, dolore, speranza, amore e lealtà verso il popolo palestinese. Ci auguriamo che questo esempio di vita, culminato con la benedizione del Martirio, mostri chiaramente al popolo palestinese quali siano le guide religiose e politiche da seguire in questa dura lotta. Vogliamo ricordare inoltre un precedente illustre sul sentiero benedetto del martirio: Seyyed Abbas al-Musawi. Israele credeva che l’uccisione del Segretario Generale di Hezbollah avrebbe inferto un duro colpo alla Resistenza libanese ed al fronte degli oppressi. In realtà, quel martirio, come ricorda una celebre poesia, ha “svegliato la popolazione”, guidandolo alla vittoria ed alla liberazione. Ci auguriamo, e ne siamo sicuri, che lo stesso accadrà per il popolo palestinese.


7) Sicuramente eliminando i leaders si cerca la confusione della resistenza. Secondo lei rischiamo il caos totale e la demagogia che favoriscono infine Israele e la fine della resistenza?

R: Il destino è nelle mani dei musulmani ed in particolare del popolo palestinese. Noi sappiamo quanto la storia dell’Islam sia costellata di numerosi martiri i quali, con il loro esempio da vivi e con il loro sacrificio, hanno rivivificato ed aumentato la volontà dei musulmani a proseguire nella Via di Dio. Sta solo a noi, dunque, decidere se seguire l’esempio dell’Imam Husseyn (as) oppure quello dei governanti arabi che hanno consegnato nelle mani dei sionisti la Palestina.


8) La strategia degli ultimi anni ha portato l'opinione pubblica internazionale all'assimilazione del concetto "palestinese uguale terrorista" e sicuramente l'assassinio di Yassin viene in un periodo in cui come poteva essere immaginabile le reazioni di condanna del mondo occidentale sarebbero state pallide e più che altro di preoccupazione per le reazioni successive. Unanime è stata invece la reazione di condanna del mondo islamico, ed ha colpito molto il messaggio di unione di Nasrallah. D'altra parte negli ultimi tempi erano state già diverse le alleanze tra i gruppi della resistenza e le azioni comuni. Crede che si sia aperta una nuova fase della resistenza che preveda l'unione dei movimenti? Come potrebbe cambiare il panorama? Cosa potrebbe significare non aver più tanti movimenti separati, ma un unico grande movimento che superi anche le storiche divisioni sunni-shiite?

R: L’Islam condanna senza condizioni l’ingiustizia e l’oppressione; non vi sono quindi motivazioni per l’esistenza di divisioni fra i movimenti della Resistenza Islamica. Negli ultimi anni, e soprattutto dall’inizio della seconda Intifada, i contatti e le relazioni tra i movimenti di resistenza della regione si sono fatti sempre più intensi, e con l’aiuto di Dio si intensificheranno sempre di più. Le parole di Seyyed Nasrallah la settimana scorsa, e la presenza di Khaled Mashaal al suo fianco, ne sono un’ulteriore dimostrazione. Le guide politiche e religiose più illuminate ed accorte sono coscienti che chi oggi soffia sul fuoco delle divisioni tra sciiti e sunniti, persiani ed arabi, turchi e kurdi, non sono altro che i nemici dell’Islam: immaginiamo un miliardo e mezzo di musulmani, uniti pur nelle loro differenze, quale peso avrebbe nel mondo e quale pericolo rappresenterebbe per gli interessi dell’imperialismo sionista-americano.


9) Abbiamo notato l'assenza di una mobilitazione di massa, a cosa la attribuisce?

R: Abbiamo auspicato e ci siamo mobilitati, contattando anche direttamente esponenti di altre associazioni islamiche, per la realizzazione di una manifestazione unitaria il sabato successivo al martirio di Shaykh Yassin. Purtroppo, per ragioni che non sappiamo, tutti hanno declinato il nostro invito. Sicuramente, se avessimo avuto la forza numerica, saremmo andati anche da soli a ricordare il martirio di un importante uomo religioso islamico, di scuola sunnita, così come hanno fatto gli sciiti ovunque nel mondo (vedi Iran, Iraq, Libano, ecc.).


10) Israele ora cerca di alimentare allarmismo, passando immediatamente dalla parte della vittima. Non ultima la chiara sceneggiata del bambino assoldato per farsi esplodere. Come interpretate tali gesti?

R: Israele si è sempre nutrita di propaganda antiaraba e antiislamica, rifacendosi per questo anche al più becero razzismo europeo. Per fare un esempio, all’indomani dell’11 settembre – che le indagini in corso mostrano sempre di più come una strage di Stato – i palestinesi furono additati, di fronte ad un’opinione pubblica mondiale sconcertata, come le uniche persone al mondo che gioivano per quell’orrendo crimine. Non dimentichiamo inoltre che la moltiplicazione propagandistica del numero dei morti avuti dagli ebrei nel secondo conflitto mondiale, è stata sapientemente sfruttata per giustificare la deportazione dei palestinesi e la nascita dell’entità sionista. Gli studi di ebrei come N. Finkelstein non hanno fatto altro che confermare ciò. L’utilizzo dei cristiani o di fazioni politiche occidentali contro l’Islam è inoltre un’altra delle tattiche utilizzate da Israele.


11) Cosa si aspetta nel prossimo futuro?

R: Per quanto riguarda gli scenari internazionali, temiamo che Israele possa realizzare azioni terroristiche in tutto il mondo, facendone ricadere la responsabilità su sedicenti organizzazioni islamiche, allo scopo di dividere sempre più l’Europa ed il mondo islamico. In relazione all’omicidio di Shaykh Yassin, crediamo che azioni vili come queste rappresentino gli ultimi rantoli di un mostro ormai privo di forza che si sta avviando verso la dissoluzione, insh’Allah.