MOVIMENTO OPERAIO

L'avvenire dei lavoratori svizzeri

La Società Cooperativa di Zurigo e il suo «ristorante», fondati cent'anni fa da emigrati italiani, sono ancora in buona salute e possono insegnare molte cose anche in ItaliaVERA PEGNAIIl 18 marzo 2005, alla presenza di personalità della politica e della cultura svizzere e italiane, ha avuto luogo la celebrazione ufficiale di una data importante nella storia dell'emigrazione del nostro paese. Il 18 marzo del 1905, infatti, un gruppo di socialisti italiani residenti in Svizzera fondò la Società Cooperativa di Zurigo. L'associazione intendeva «promuovere la cooperazione socialista» e avviare un Ristorante Cooperativo. L'idea era di fornire agli operai un cibo sano e nutriente a prezzi abbordabili. Gli statuti prevedevano anche l'elaborazione di un programma d'istruzione popolare e la creazione di una piccola biblioteca con opere sul movimento operaio e sindacale. Fin dagli inizi il Cooperativo fu un luogo d'incontro tra emigranti coinvolti in continue lotte sindacali, come lo sciopero dei muratori del 1911. Dal Coopi transitò nel 1913 anche Mussolini, socialista e direttore dell'Avanti!, che tenne a Zurigo il discorso del primo maggio; nel 1917 Lenin vi consumò l'ultimo pasto prima di prendere il treno che lo avrebbe condotto in Russia. L'attività sociale e politica dei lavoratori italiani in territorio elvetico era cominciata alcuni anni prima con L'Avvenire dei lavoratori, editrice socialista di lingua italiana cui collaboravano Serrati, Rosselli, Colorni, Saragat, Pertini, Nenni, Silone, Fortini, Barbara Wootton e molti altri. Durante il ventennio la testata rappresentò una delle poche voci di netta e continua opposizione al regime fascista, al clericalismo concordatario, alle persecuzioni religiose e razziali. Si oppose al concordato del 1929 e, al momento della Costituente, si pronunciò contro l'articolo 7.Gli anni bui del fascismoL'importanza del Cooperativo aumentò negli anni bui del periodo fascista, in particolare con l'accoglienza dei profughi sfuggiti alle persecuzioni e diretti in Francia. La strada era stata tracciata da Filippo Turati, fondatore del partito socialista, e da Angelica Balabanoff, una giornalista di origine russa riparata in Svizzera.Al Cooperativo affluivano notizie elaborate da esuli celebri e i messaggi della resistenza che audaci corrieri recapitavano oltre frontiera a rischio della loro vita. Da Zurigo passarono antifascisti come Giacomo Matteotti o i fratelli Rosselli, trucidati dagli sgherri di Mussolini. Quando anche la Francia cadde, l'unico giornale che si opponeva al nazifascismo, l'Avanti! fu trasferito da Parigi a Zurigo. Il direttore nominale fu Pietro Bianchi, un muratore comasco naturalizzato svizzero, che firmò la testata nei più terribili anni di guerra, quando l'Avanti! e L'Avvenire dei Lavoratori venivano inviati in Italia in valigie a doppio fondo. A Zurigo l'Ovra - la polizia segreta fascista - era particolarmente attiva e pagava 50 franchi (allora una grossa somma) per ogni informazione riguardante il Cooperativo. Tuttavia le attività culturali e politiche proseguirono e al primo piano dello stabile che ospitava il Coopi continuò a funzionare la Scuola Libera Italiana di Zurigo, diretta dal professor Fernando Schiavetti, un coraggioso esponente repubblicano riparato dapprima in esilio in Francia.Dal cibo sano alla cultura: una visione del lavoratore emigrato come uomo totale e dai bisogni molteplici, da tutelare e da sviluppare, coerentemente con l'ispirazione socialista che muoveva - e ancora oggi muove - l'intera iniziativa del Cooperativo.Nel dopoguerra al Coopi si respira un'aria nuova: i rapporti con il movimento socialista e sindacale svizzero si rafforzano. Negli anni '50 e `60 la grande ondata migratoria dall'Italia gli impone un ruolo inedito: quello di favorire l'integrazione dei nuovi arrivati, in prevalenza meridionali, nella realtà elvetica. Guida l'impresa un eminente sindacalista, il ticinese Ezio Canonica, che diventa presidente della Società Cooperativa, tiene sedute strategiche e comizi contro la dilagante xenofobia di James Schwarzenbach. Quando realizza che è tempo di dare il cambio a una generazione di funzionari formatisi negli anni `30 e segnati dalle esperienze della guerra, apre le porte ai giovani. Con il `68 cambia anche antropologicamente la popolazione del Ristorante: vi si trovano studenti, giovani avvocati di sinistra, artisti e architetti innovatori.Al Cooperativo, nei suoi cento anni di attività, si sono svolte migliaia di riunioni, assemblee, conferenze; almeno due milioni di persone hanno consumato un pasto al Ristorante; le più varie convinzioni politiche, filosofiche e religiose del Novecento hanno risuonato nelle sue stanze. Eppure quando Bertolt Brecht lo visitò, si meravigliò di non trovare, accanto al ritratto di Karl Marx, quello di Lenin - che pure era passato di lì - o quello di Stalin. Gli fu risposto che al Coopi non c'era posto per i dittatori, «nemmeno alle pareti». L'aneddoto è emblematico di come il locale fosse un luogo di libertà e democrazia, valori che ha tenuto alti nei momenti peggiori della storia del secolo scorso, accogliendo sia i pacifisti contrari alla prima guerra mondiale che gli esuli antifascisti negli anni seguenti.Questa è sempre stata la linea de L'Avvenire dei Lavoratori - «la più antica testata della sinistra italiana» - ed oggi anche dell'omonima Newsletter inviata quotidianamente a centinaia di agenzie e singoli lettori in tutto il mondo la quale svolge un ruolo importante di informazione e di circolazione di idee per chi, dall'estero, desideri seguire la politica italiana. La Newsletter è particolarmente attenta all'area della sinistra partitica, sindacale e associativa. Né poteva mancare il suo impegno nel diffondere gli appelli per la liberazione di Giuliana Sgrena.Laicità indispensabileL'ultimo volume pubblicato dall'editrice L'Avvenire dei Lavoratori è «La laicità indispensabile», atti del convegno omonimo organizzato dall'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti a Roma nel novembre 2003. Nella premessa il direttore del L'Avvenire dei Lavoratori Andrea Ermano scrive: «Non solo per ragioni storiche, tuttavia, ma anche in considerazione dell'attualità e del futuro politico riteniamo che la laicità delle istituzioni europee rappresenti un punto di riferimento irrinunciabile, una condizione essenziale per la democrazia in Italia, in Europa e nella situazione globale». In una prospettiva democratica globale, l'Ue non potrebbe «pretendere credibilità alcuna presso altri grandi interlocutori politico-culturali quali il mondo islamico, la Cina, l'India, laddove non s'improntasse a una rigorosa nozione di laicità. La laicità ci sembra l'unica base possibile per un dialogo interculturale volto ad adeguare in senso democratico e multilaterale le istituzioni politiche del mondo in cui viviamo».Dunque mentre la sinistra italiana, in ossequio al veto vaticano, rifiuta l'alleanza elettorale con i radicali; mentre al congresso di Rifondazione comunista si condanna il laicismo ma non si difende la laicità dello Stato, da Zurigo una vecchia testata di emigranti italiani ci ricorda che la laicità è un connotato irrinunciabile della democrazia. Auguri di lunga vita.