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    Predefinito Fine del Berlusconismo?

    Dal quotidiano di via Solferino di oggi, mercoledì 6 aprile 2005, quarto giorno di Sede Vacante Pontificia:

    " Corriere della Sera del 06/04/2005


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    I due vicepresidenti e la crisi di fiducia del Cavaliere
    Fini: le ragioni della coalizione si sono rotte. Follini: con questo voto non può cambiare la legge elettorale
    Francesco Verderame
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    ROMA - Raccontano che l'altro ieri, mentre il centro-sinistra conquistava undici regioni dando scacco alla Cdl, il premier si trovava a colloquio con il figlio Piersilvio, per ascoltare dal vicepresidente di Mediaset le idee sul futuro del network televisivo e sui prossimi palinsesti delle reti. E mentre i leader del Polo analizzavano i primi dati della sconfitta, Berlusconi era interessato a capire quale sarà la strategia di Canale 5, Italia 1 e Rete 4.
    Probabilmente il Cavaliere già allora considerava «prevedibile e prevista» la sconfitta nelle urne, e forse immaginava quale sarebbe stata la reazione degli alleati. Ma il fossato che lo separa da Fini e da Follini si è approfondito nelle ultime ore, e sebbene non si manifesti in atti dirompenti, l'aria cupa e le parole pronunciate dal ministro degli Esteri ieri mattina evidenziavano la distanza che li separa, «perché il governo andrà pure avanti - ha spiegato il leader di An ai suoi - però ho l'impressione che le ragioni della coalizione si siano rotte».
    Il fatto è che il capo dell'esecutivo è ancora convinto di ribaltare il risultato alle Politiche, malgrado attorno a sé avverta un forte scetticismo. Nei suoi conversari, prima di partecipare a Ballarò, Berlusconi aveva ammesso «le difficoltà del mio partito», ma non si capacitava dell'offensiva dei massimi dirigenti
    di An e Udc, «non capisco dove vogliano arrivare, visto che non esistono alternative». Tanto Fini quanto Follini considerano il leader della coalizione «un problema», e chissà se il segretario centrista l'ha confessato a Gianni Letta ieri per telefono, è certo che da tempo i due vicepremier si interrogano sulla crisi del berlusconismo, sull'esaurimento della sua spinta propulsiva, sapendo che è pressoché impossibile trovare altre soluzioni a ridosso delle Politiche.
    E alle Politiche mancano solo ottanta giorni di lavoro parlamentare prima della sfida tra il Cavaliere e il Professore, «perciò - secondo Casini - sarebbe opportuno evitare di inserire ulteriori elementi di frizione per tentare almeno un rilancio della coalizione». «Bisognerebbe cambiar passo, bisognerebbe esser meno leghisti e più realisti», dice con una battuta Follini riferendosi all'asse di Berlusconi con Bossi. E anche Fini reclama un cambio di registro, ma attende che sia il premier a proporre per il Polo la strategia di fine legislatura.
    Nessuno in realtà sembra al momento in grado di offrire uno schema vincente, nemmeno Berlusconi. L'agenda politica che aveva preparato è stata stracciata dal severo risultato delle Regionali: difficilmente la devolution subirà intoppi, perché chi cercasse di ostacolarne il corso si assumerebbe la responsabilità di aprire di fatto la crisi di governo. Certo sulla modifica della par condicio il premier non avrà alleati, e nemmeno sulla riforma della legge elettorale, visto che - secondo Follini - «non esistono dopo le dimensioni del voto le condizioni per modificarla, senza un concorso dell'opposizione».
    La vera prova sarà piuttosto la Finanziaria, è lì che Prodi lo attende per dichiararsi magari vincitore ancor prima della sfida nelle urne, «perché se i conti andranno male è fatta», ha profetizzato ieri il Professore il vertice dell'Unione. Tuttavia, proprio sulla Finanziaria e sulla strategia del nuovo taglio fiscale che è nelle intenzioni del Cavaliere, persino dentro Forza Italia iniziano a sorgere dei dubbi: «L'abbiamo sperimentato. Appena il governo ha abbassato le tasse - spiega un autorevole esponente azzurro - governatori e sindaci ne hanno approfittato per aumentare le imposte locali. Così i cittadini non si sono accorti del beneficio». Come se non bastasse c'è la scure di Bruxelles che attende al varco il governo, viste le ultime stime sul Pil italiano e sui parametri di Maastricht.
    Il Cavaliere però non intende privarsi di questa mossa, che incrocia la resistenza di An e Udc. Il prossimo autunno si saprà dunque il destino della Cdl. Berlusconi è atteso alla prova anche dalle «categorie economiche e sociali», come le definisce Fassino, cioè la Confindustria. Certo non serve a trovare una soluzione la rottura con Fini e con Follini, sebbene ci sia chi si adoperi per rompere il muro d'incomunicabilità che scandisce ormai i loro rapporti. «Bisogna essere realisti - dice Gasparri - e al tempo stesso bisogna evitare di acuire le tensioni. Altrimenti alla sfida delle Politiche andremmo incontro alla sconfitta».
    E il pessimismo regna nella Cdl. Fini pareva qualche mese fa essersi persuaso che forse c'era ancora uno spiraglio, ma l'umore è cambiato. Così le idee che sta vagliando sembrano proiettate sul futuro, quasi a prefigurare già da oggi il ritorno all'opposizione: non si spiegherebbe altrimenti la volontà di accelerare il processo di ulteriore avvicinamento al centro, e l'ipotesi di immettere nel partito nuova classe dirigente, per tentare di aumentarne i consensi. Eppure Berlusconi pensa veramente di ribaltare le previsioni elettorali, e c'è chi anche nell'Ulivo è avvertito: «Alle Regionali abbiamo recuperato quasi tutto il nostro elettorato. Non è detto che Berlusconi non riesca a fare lo stesso l'anno prossimo».
    Per riuscirci, servirebbe al Polo una ritrovata coesione. C'è chi pensa che il Cavaliere rilancerà a breve il progetto di semplificazione del quadro politico dell'alleanza, proponendo a Fini e a Casini un ruolo di rilievo, in vista della sua ultima sfida per palazzo Chigi. Sarà forse il progetto del Partito popolare osteggiato da Follini, è certo che «dopo le Regionali - come dice l'udc Ronconi - non possiamo più contrapporre al listone di Prodi, l'immagine logora della Cdl. Il problema è il tempo». E di tempo non ce n e più.
    "

    Saluti liberali

  2. #2
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    Credo che possa avere ragione chi, fra amici ed avversari, dice che occorre sbarazzarsi del “berlusconismo”. Il berlusconismo, infatti, è risultato deleterio e deteriore proprio in quanto ha prodotto quella schiera di cloni, imitatori, “portavoce” del capo che costituiscono gran parte dell’ossatura del principale partito della coalizione. Se per berlusconismo si intende non la costruzione “partito nuovo”, “leggero”. “di opinione” (che è quello che ci vuole), ma un partito senza vera dialettica interna e senza un processo “normale” e proceduralmente democratico di formazione e selezione dei gruppi dirigenti………….allora il berlusconismo deve finire. Se per berlusconismo si intende il mancato radicamento territoriale del maggiore partito della coalizione, determinato in gran parte da quanto sinteticamente detto prima, allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo vuole dire il “culto della personalità” del capo carismatico, con la valorizzazione degli yes-men e la stroncatura delle forze critiche…… allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo significa predicare la rivoluzione liberale invocando ronaldo e margareta (in nome dei quali si vinse anche a Mirafiori nel 1994) per poi attuare politiche socialpopulistiche che ricordano la filosofia del “socialismo borghese” descritto da Marx ed Engels ne “Il Manifesto”, allora il berlusconismo deve finire. Se berlusconismo vuole dire….da un lato… la raccolta in una grossa armata di tutto ciò che è raccoglibile per battere l’avversario e poi la costante recriminazione sulle difficoltà riscontrate nel trovare punti di intesa attuativi delle politiche concordate quando ci si trova di fronte alla prime difficoltà…senza neppure la capacità di separare la propria vicenda personale dagli interessi generali …allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo significa promettere la riforma della giustizia e attuare la riformicchia castelli, largamente insufficiente, contraddittoria, debole e pure in odore di anticostituzionalità……..allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo vuole dire fare approvare quella riformicchia e POI dire che in fondo…..fa schifo…….ma difenderla senza modificarla nei suoi difetti evidenti, limitandosi a formali acquiescenze alle note critiche del quirinale……….allora il berlusconismo deve finire. Quanto del berlusconismo è direttamente imputabile a Berlusconi? E’ possibile liberarsi del berlusconismo tenendo in sella, alla guida della coalizione e del Paese (fin che ci saranno i numeri in Parlamento) Silvio Berlusconi? E’ possibile che sia proprio Berlusconi che, presa coscienza dei limiti della sua miracolosa e storica creatura, si accinga a riformarla sbarazzandosi di tanti personaggi…..discutibili? La risposta a queste domande non è, a mio avviso ne’ semplice, ne’ scontata. Personalmente ho sempre pensato che, in astratto, sarebbe stato preferibile che Berlusconi, che è certamente portatore di un conflitto di interessi imbarazzante, non assumesse le funzioni di capo del governo, anche se, realisticamente, non ci si poteva attendere di avere da lui una tale capacità di “sacrificio” e di rinuncia alla narcisistica contemplazione della propria eccezionale bravura e della difesa, legittima, di interessi suoi minacciati da metodi poco ortodossi di attuazione della battaglia politica “a tutto campo” da parte dei nemici rivoluzzzzzionari della sinistra politica e giudiziaria. Altrettanto realisticamente sappiamo tutti che senza Berlusconi e i suoi indubbi e grandi meriti nella costruzione prima del POLO e poi della CDL, la sinistretta avrebbe ininterrottamente governato dal 1994 ad oggi, e con equilibri interni ancora più spostati verso il massimalismo (la occhettiana “gioiosa macchina da guerra”) . Voglio dire….ancora più massimalisti……rispetto al fassiniano prodinottismo della via rivoluzionaria alle “riforme” (ossia del tentativo di usare i massimalisti come carne da cannone…. per poi stringere i soliti accordi neocorporativi con i poteri forti….. ai quali garantire la “pace sociale” in cambio di ….potere e sottopotere, con annesso potenziamento del clientelismo “efficiente” ).
    E ancora…..senza Silvio Berlusconi che ne sarebbe ora del leghismo o della “destra nazionale missina” di Fini, o dei post-democristiani orfani della gran Mammà trafitta dal manipulitismo strabico?
    Difficile rispondere a queste domande. Pertanto, difficile persino il solo pensare ad un Centrodestra senza Silvio Berlusconi, nel bene e nel male.
    Dunque la contraddizione è evidente, seria, forse insanabile, almeno nel breve termine (ossia in tempo utile per il 2006), visto che nel medio-lungo alla sostituzione di Berlusconi si dovrà pur pensare……per ragioni anagrafiche.
    Possiamo permetterci di liberarci del berlusconismo? E d’altra parte….. l’Italia come Paese …può ancora permettersi per molto …..il berlusconismo?

    Saluti liberali

  3. #3
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    In Origine postato da Pieffebi
    Credo che possa avere ragione chi, fra amici ed avversari, dice che occorre sbarazzarsi del “berlusconismo”.
    .................................................. .

    Saluti liberali
    Finalmente, era l'ora che ci sentiste da questo orecchio !
    ...così magari possiamo finalmente cominciare a fare pulizia anche nelle nostre fila senza dover sempre e comunque fare buon viso a cattiva sorte turandoci naso e molto d'altro.

    Farlo con un pò più di anticipo non era proprio possibile... ?

    Cordialmente,
    Etrusco

    PS: Pieffebi, non ce l'ho necessariamente con te, mi hai già detto in altro thread che te , seppur consentimi a bassa voce e con non sufficiente insistenza (secondo me), questi concetti già li hai espressi in tempi non sospetti...ed io ne ho preso atto.

  4. #4
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    Le cose devon maturare e......a quanto pare, non è detto che lo siano già, almeno se si leggono le dichiarazioni del premier e dei suoi più vicini "portavoce"............
    In ogni caso è presto per fare delle valutazioni approfondite. Per ora si tratta di commenti "a caldo"........dico sia quelli del premier e cloni, sia i nostri di insignificanti forumisti di CentroDestra.

    Saluti liberali

  5. #5
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    Il Direttore Vittorio Feltri firma, sul quotidiano LIBERO di oggi, un articolo (lettera aperta al premier) dal titolo ALZATI E CAMMINA, che riproduco con evidenziati alcuni passaggi.....condivisibili.......

    " ALZATI E CAMMINA

    di VITTORIO FELTRI


    Due o tre cose che so del Cavaliere bastano per stargli comunque al fianco. Ma l'uomo non è immune da errori. Ha subito un ko, ora serve un contropiede dei suoi .
    Caro Presidente Berlusconi, mi consenta di dire mi consenta, e mi consenta di dirle due o tre cose che so di lei. Roba minima. Un giorno d'aprile 1993 lei, tramite il comune amico Giovanni Belingardi, mi invitò ad Arcore per conoscermi. Mi voleva conoscere per soddisfare una curiosità: guardarmi in faccia, scoprire che tipo era quel Feltri che con l'Indipendente rubava copie (tante) al Giornale allora diretto da Indro Montanelli. Venni, vidi e non vinsi un bel niente. Belingardi mi affidò al suo maggiordomo e scomparve non prima di avermi rifilato una pacca sulle spalle (che ancora mi dolgono): «Coraggio Vitt». Lei si appalesò nel salotto con a fianco Fedele Confalonieri. Indossava una tuta blu, scarpe da ginnastica. Strette di mano, salamelecchi. Sedemmo a tavola. Parlammo di carta stampata e politica, soprattutto politica: l'avanzata della Lega e le stragi di Tangentopoli. Mi sorprese la sua lungimiranza. Aveva intuito come sarebbe andata: qui spazzano via il pentapartito (alias, Caf) e i comunisti faranno una passeggiata; loro, che hanno perso dovunque in Europa per manifesta inferiorità nei confronti dell'Occidente, da noi vinceranno. Paradossale. Aggiunse: bisogna colmare il vuoto lasciato da Andreotti, Forlani, Craxi e compagnia cantante. Analisi perfetta. Riproposta ora sembra scontata, ma allora non erano mica tanti "ad essere entrati su" (perdoni il lessico lombardo altrimenti detto italiacano). Dopo il caffè, due passi in giardino. Mi fece i complimenti per l'Indipendente e mi congedò accompagnandomi alla macchina, parcheggiata in cortile, Belingardi al volante. Trascorsero un paio di mesi, e lei mi telefonò: «Le cose precipitano, bisogna fondare un partito sostitutivo di quelli moribondi. Come la pensa?». La penso allo stesso modo e l'ho pure scritto. Restano in piedi la Lega e il Msi. Se Fini getta la camicia nera e adotta quella Oxford, il nuovo ipotetico partito può allearsi con missini e leghisti, formare una coalizione e sfidare comunisti & complici. Lei tacque un paio di secondi, poi commentò: «Questa è l'idea. Occorre riflettere. Ma chi lo fonda un nuovo partito?». Segni, Cossiga, uno pratico e credibile, uno sganciato dalla vecchia politica. Trascorrono ancora un paio di mesi. Altra sua telefonata. «Cosa fa il 15 agosto? Mare o montagna Non mi muovo. Riesco benissimo ad annoiarmi a casa mia senza andare in trasfer ta. Scoppiò a ridere e disse: «Venga da me ad Arcore, così ci annoiamo insieme ». Mi presentai puntuale alle 13 nella sua reggia. Il solito maggiordomo mi introdusse precisando: il presidente è andato all'eliporto con un ospite. Rientra subito. Quello è il vialetto... se pensa di andargli incontro... Mi incamminai e vidi Gianni Agnelli salire sull'elicottero e volare via. Mi bloccai e attesi lì, impalato. A tavola lei bevve birra analcolica. Io vino, essendo di Bergamo Alta. La conversazione era incentrata sulla politica. Bossi di qua. Di Pietro e Borrelli di là. Addio pentapartito. Siamo nella melma fino al collo. A freddo mi domandò: «Se guidassi io il nuovo par tito?». Risposta: in ogni sondaggio lei è il primo della lista. È il personaggio più noto e ammirato. Sarà per le tivù o meglio per il Milan, per il successo, boh! Socchiuse le palpebre. Non chiosò. Quindi cambio argomento: i giornali. Ma questa è un'altra storia e non la racconto sennò suo fratello Paolo magari si irrita. Rammento che, causa forse l'aria condizionata, fui colto da un mal di ventre da esplodere. Sudavo freddo. E fu così che scoprii la meraviglia del suo cesso: rubinetti dorati, sughero e radica dappertutto. Mi sbrigai per non destare imbarazzanti sospetti. E ricominciammo a discutere. Giornali e politica, politica e giornali. Nacque Forza Italia. E nacque il Polo. Subentrai a Montanelli alla guida del Giornale. A marzo del 1994 si svolsero le elezioni e lei sorprendentemente ebbe un trionfo, con tanti saluti alla occhettiana macchina da guerra. Le dico francamente. Non fosse che per questa impresa, l'uomo Berlusconi meriterebbe una pagina di storia e anche un monumento (per favore non di Cascella, che si è già sbizzarrito nella edificazione del cimiterino privato di Arcore, da me visitato mentre tenevo prudentemente la mano in tasca). Non scherzo, Cavaliere. Tutti noi anticomunisti d'antico pelo le siamo grati per aver avuto l'ardire, la tenacia, l'intelligenza d'allestire uno stupendo baraccone, chiamato Polo, talmente efficiente d'aver fregato nientepopodimeno che Botteghe Oscure, annessi e connessi. Ci ha dato una gioia grande grande grande. Indimenticabile. Chi non condivide comunista è.
    Tralascio di ricostruire le vicende che l'hanno condotta a sbaragliare la sinistra nel 2000 (elezioni regionali) e nel 2001 (politiche). Sono troppo fresche per essere state scordate dagli italiani nonché dai soci della Cdl. Purtroppo però - se ne sarà accorto lei quanto io - la gratitudine è un sentimento della vigilia; poi svanisce o si trasforma in antipatia. Mio padre, che da bambino passeggiava lungo le mura di Bergamo con una gallina al guinzaglio la quale non fu mai sacrificata alla padella, diceva spesso a sua moglie: non fare mai del bene ad alcuno se non sei in grado di sopportarne l'irriconoscenza. Caro Silvio, ha sdoganato Fini, ha rimorchiato due volte Bossi, ha prelevato Casini dalla sala biliardo d'un paesino appenninico e l'ha issato sullo scranno più alto di Montecitorio; non è poco, ma insufficiente ad evitare le loro pernacchie. Pensano i miracolati: se l'ha fatto avrà avuto la sua convenienza. Mi rendo conto: essere spernacchiati nell'ora triste della sconfitta abbatte il morale. Ma Berlusconi è Berlusconi: si alzi e cammini. Resusciti. Ascolti i partners e invece di bacchettarli pubblicamente accolga le loro istanze. Non hanno torto se dicono che il suo partito, Forza Italia, è una specie di villaggio turistico in cui manca solo Fiorello per far ridere. Mi spiace dirle queste cose. Qui però non siamo alla frutta, ma al conto. Al regolamento di conti. Da amico disinteressato (Mediaset non mi dà un briciolo di pubblicità e mi ha preso per i fondelli almeno due volte; taccio della Mondadori e del resto) le ho raccomandato in varie circostanze: la pianti di ripetere ho fatto questo e fatto quello. Sarà vero, ma la gente ha percepito soltanto che l'euro è un bidone, i prezzi salgono, soldi zero; in compenso sono state approvate varie leggi su misura per lei. Balle? Calma, dibattiamone. Le regole sulle telecomunicazioni. La Cirami. Per citarne un paio. Fini e Follini e Bossi hanno votato "schisci". Insomma, la racconti per benino; dica che ha fatto il possibile. Gli italiani le vengono dietro a una condizione: sincerità, sincerità, sincerità. Anche con gli alleati ingrati: patti chiari amicizia lunga. Riordini il partito. Ritocchi i programmi . Occhio a non spingere riforme istituzionali che suscitano (sia pure senza ragione) allarme. Immagino le obiezioni: «Il mio problema è che ho i giornali contro e pure le televisioni». C'è della sostanza nelle sue lagnanze. Ma è assurdo che lei, padrone di reti e case editrici, si lamenti della condotta delle medesime. Chi se non lei ha nominato i direttori? È da matti possedere e controllare emittenti private e pubbliche, farselo rimproverare dagli avversari politici, e poi non essere nemmeno capaci di usarle. Andiamo, Silvio. Vendi tutto, così avrai il diritto di accusare i mass media, oppure, se tieni l'impero, almeno gestiscilo a tuo favore, se non altro ti attaccheranno per qualcosa. Ne sono consapevole, ho scritto troppo. Ho quasi finito. Se non ce la fai più a cementare la coalizione, tanto vale tu vada a elezioni anticipate. Ti fai sfiduciare in Parlamento e voglio vedere se l'opposizione ci sta. Secondo me trema, perché non è pronta. C'è l'incognita Bertinotti. Prodi non sa ancora che nome dare al suo club di sbandati. I neo presidenti di regione non si sono insediati. L'Unione è priva di programma, manca l'intesa fra alleati. Cogli tutti alla sprovvista, come fece la Thatcher nel 1983 con i laburisti vincitori delle amministrative. La lady di ferro pretese il voto e stravinse le politiche. Oppure, se non te la senti di sfidare il destino, trova un compromesso coi soci e niente più liti. Raccatta la Mussolini, raccatta i democristiani di Rotondi, raccatta i radicali (verranno buoni) e governa senza casino fino all'anno prossimo. È rischioso, però. Quando si è in difficoltà è indispensabile giocare in contropiede; sei un esperto di calcio e non te lo devo insegnare io. E poi fai come diavolo ti pare. Siccome non ho debiti con te e tu non ne hai con me, ti appoggerò fino in fondo. Per lealtà e perché, se non reggi, arrivano loro, i rossi, che sono peggio di te quando dai il peggio. P.S.: mi sono accorto di averle dato del tu, a un certo punto. Ritiro il pronome. Solo quello.
    "


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    dal quotidiano LIBERO di oggi...

    " An dichiara « la fine del berlusconismo »


    di BARBARA ROMANO


    ROMA - Restituendo la sua grisaglia da vicepremier, Fini aprirebbe una porta sfondata in Alleanza nazionale, che già da un pezzo sbuffa contro Silvio Berlusconi. E ieri l'ha sbattuto in prima pagina sul Secolo d'Italia, il suo megafono di cellulosa, quello che il partito pensa del Cavaliere, annunciando « la fine del berlusconismo in diretta tv » . Epilogo da tempo annunciato dalle cassandre di via della Scrofa, che ora ai loro occhi sembra essersi materializzato. « Fra domenica e lunedì » , si legge nell'editoriale di ieri, « abbiamo assistito alla fine di un momento, al dissolversi dell'epopea del condottiero invincibile, dell'uomo solo al comando, del leader che solo apparendo in affollate convention rastrellava voti, che trascinava da solo tutta la coalizione » . Di questo berlusconismo, divenuto ormai « la parodia di Berlusconi » , si può « decretare la fine » annuncia il quotidiano di An. Ben vengano, dunque le dimissioni di Fini, che « fa bene a saltare dalla nave che affonda finché può » , chiosa un esponente di An. Affondare, affonda la Cdl: più che un pronostico, una certezza per Francesco Storace, il governatore del Lazio in smobilitazione, che al premier non glielo manda certo a dire. « Vada al Quirinale e chieda il voto subito. La fiducia degli italiani non c'è più » , secondo Storace, che reclama un nuovo candidato. Meno drastico, il ministro dell'Agricoltura Gianni Alemanno - con cui l'ex presidente del Lazio guida la corrente di An " Destra sociale ? - non mette in discussione la leadership di Berlusconi. « Ma lui deve guidare il cambiamento e non fermarlo » : è inflessibile Alemanno. Che siano « elezioni anticipate, un nuovo governo o una svolta programmatica » , nella Cdl, secondo il ministro di An, urge un colpo di reni. « Il programma deve essere rifatto da zero » : Alemanno non concede alternative al premier che, a suo dire, « sembra invece voler semplicemente serrare le fila. È dal 2003 che sottolineiamo che qualcosa non funziona » , ricorda, « è inutile discutere mesi e mesi. È inutile fare uno stillicidio » . È quello che pensa anche Fini, cui Berlusconi ha risposto picche alla sua richiesta di elezioni anticipate. E se il leader di An decidesse di mollare la spugna, tutto il partito farebbe quadrato intorno a lui. In tanti danno già per certe le sue dimissioni: « Lo fa, lo fa » , assicura un dirigente di An, « ma non oggi » . « Quando sarà, se sarà, io ne sarò contentissimo » , confessa Alessio Butti, vicecapogruppo di An alla Camera. Lui giura che non si è parlato di dimissioni di Fini nella riunione ristretta che si è tenuta ieri al partito. Ma, nota, « un ritorno del presidente alla guida del partito metterebbe a tacere il chiacchiericcio dei vertici che troppo spesso parlano a sproposito » . Butti non preme per le elezioni anticipate. Gli basta un Berlusconi bis: « Per dare una lezione a tanti ministri tecnici, soprattutto di Fi, che non hanno dato certo brillanti risultati » . Molti, anche dentro via della Scrofa, leggono in questo modo il ventilato dietrofront di Fini, che invocherebbe un cambio di guardia nel governo rivendicando ad An proprio quei ministeri, da destinare a chi, come Storace, non ha intenzione di presentarsi da " trombato ? alle Politiche del 2006. Anche Luigi Bobbio esulta all'idea di « un ritorno di Fini a pieno regime nel partito » . Che si spacca sulle elezioni anticipate. Se per il ministro dell'Ambiente Matteoli « se ne può discutere » , per il vicepresidente vicario di An Ignazio La Russa, « non se ne parla proprio » . Il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, invece, suggerisce « un patto federativo tra Fi- An- Udc » senza cambiare la guida del governo. Mentre è « una lista unitaria Fi- Udc- An » quella che propone Adolfo Urso, viceministro delle Attività produttive, aperta però anche a Lega, Repubblicani, Nuovo Psi, Radicali e Mussolini, « da sperimentare subito in un Berlusconi bis » . Se ne parlerà oggi pomeriggio in via della Scrofa, dove Fini ha riunito lo stato maggiore di An per tirare le sommedella sconfitta elettorale.
    "

    Cordiali saluti

  7. #7
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    dal quotidiano LIBERO del 16 aprile 2005...

    " VINCONO I ROMPIBALLE
    di VITTORIO FELTRI


    L'Udc ritira i ministri e costringe Berlusconi a tentare la strada di un nuovo governo. Follini dice di starci (con altre poltrone) poi cambia idea. Il premier: occhio che si va a votare
    Qualcuno si diletta con un quesito: è Berlusconi che ha fatto un passo indietro o è Follini che ne ha fatti due avanti, oppure viceversa? È un fatto che qualcosa si muove. Il Cavaliere si è stancato di subire la crisi e cerca almeno di pilotarla. Ne è costretto. In un primo momento, davanti all'impuntatura dell'Udc (o governo bis o ce ne andiamo dal governo), ha pensato al solito bluff democristiano per qualche poltrona in più. Poi, costatato il ritiro della delegazione scudocrociata, il premier si è dato una mossa: ha accantonato il minimalismo del rimpastino e si è convinto a rivedere sul serio la compagine ministeriale. Come? Proponendo al riottoso Follini un piatto ricco: fuori Marzano (Attività produttive) e dentro Tabacci, il più rompiballe della cattocompagnia; inoltre, dentro Volonté. A far cosa? Cominciamo ad "assumerlo"; quanto al posto, uno glielo troveremo. Infine il Cavaliere ha promesso agli alleati scontenti la presidenza della Rai, il cui Consiglio di amministrazione è in scadenza. Follini si è guardato attorno e ha chiesto agli amici: è davvero un piatto ricco? E gli amici in coro: caspita, molto ricco. Sicuri? Allora mi ci ficc o. Così sua eccellenza Silvio Berlusconi ha messo a cuccia (per un paio d'ore) la pattuglia folliniana. Alla quale tuttavia va dato atto di aver avuto un bel coraggio: staccarsi da tutte le poltrone per averne un paio in aggiunta. Chi risica rosica. D'altronde anche al Dottore-presidente occorre riconoscere un buon attaccamento alla poltrona; pur di non mollare la propria ha accettato di m e r c a n t e g g i a re . Il centrodestra si è ricompattato? Parrebbe di sì, a un sommario esame della situazione. Ma, come direbbe Trapattoni, non dire gatto se non è nel sacco. Quale gatto? Gianfranco Fini. Che disse a botta calda: caro Silvio dopo questa sconfitta regionale bisogna dare alla gente un "segno di discontinuità" con quanto fatto sin qui dal governo. Il ministro degli Esteri riterrà sufficiente l'innesto di Tabacci e Volonté a fornire quel benedetto "segno di discontinuità"? Boh! A lume di logica è probabile che il leader ex missino abbia qualcosa da chiedere. Non intendo scranni seggiole e sgabelli, bensì l'inserimento nel nuovo programma di alcuni punti fermi, per lui irrinunciabili: politica per la famiglia; difesa dei ceti medi; un occhio di riguardo per gli statali; tempi lunghi lunghissimi per la devolution; un minimo di distanza del premier dalla Lega (già sull'orlo di una crisi di nervi) e maggior vicinanza ad An. Un dubbio: Fini digerirà che Berlusconi dia tanto all'Udc e poco o nulla alla destra, dove pure c'è chi aspira a contare? Vedremo. Intanto prendiamo atto che la maggioranza, dopo il penoso tiremmolla degli ultimi giorni, se non altro dimostra la volontà di rimettersi in cammino, non abbandonandosi all'istinto di autodistruzione assai forte in chi è stato battuto. Noi avremmo preferito elezioni anticipate, subito, a giugno. Ma questa ipotesi disturba il Cavaliere e disturba il Quirinale, ed è inutile insistere. Nei prossimi giorni, forse lunedì, il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica si incontreranno e stabiliranno le modalità dell'operazione salvatagg i o. Non c'è nulla di appassionante nel teatrino dell'attuale politica, cari lettori, ma converrete: non è colpa nostra. Non è un caso, l'Italia è la patria del Gattopardo. Tutto cambia per restare uguale a prima. Domani ne riparleremo. Anche perché Silvio in cambio delle concessioni agli alleati pretende un patto di legislatura nero su bianco e firma in calce. Non facile da ottenere. E sia detto con brutalità: se l'Udc non rimane a cuccia, si va alle urne. Senza se e senza ma.
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    Senescentemente

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    il Giornale del 20/04/2005


    --------------------------------------------------------------------------------
    La crisi di governo

    Berlusconi prepara il Berlusconi-bis
    Dopo l'intervento di oggi in Senato, il premier potrebbe dimettersi per poi formare un nuovo governo
    Fabrizio De Feo
    --------------------------------------------------------------------------------

    Roma - Il giorno dopo le mancate dimissioni di Silvio Berlusconi dal governo, il sospetto e la diffidenza reciproca regnano ancora sovrani tra gli alleati. Silvio Berlusconi, però, dopo una nottata di ragionamenti e di confronto con i suoi collaboratori, decide di non assecondare fino in fondo la tentazione del «cupio dissolvi» e del «tutti al voto» che pure qualcuno, tra gli uomini a lui più vicini, continua a coltivare. Meglio ragionare a mente fredda e archiviare la tentazione di imboccare il tunnel senza ritorno che porta alle urne. Anche perché quei potenziali 120 parlamentari che qualcuno gli sottopone come risultato massimo nell'eventualità di una alleanza «esclusiva» con la Lega non appaiono una sirena sufficiente per scommettere sulla rottura definitiva con An e Udc. Senza contare l'invito rivolto da Romano Prodi all'Unione a «puntare con forza verso le elezioni anticipate»: un campanello d'allarme di cui tenere conto per chi, con i sondaggi, è abituato ad avere dimestichezza.
    Le intenzioni del premier appaiono chiare fin dal mattino. Berlusconi, che già nella notte di lunedì ha fatto inutilmente cercare al telefono Gianfranco Fini (riuscirà a sentirlo soltanto nel pomeriggio di ieri), guarda con attenzione alla riunione della direzione di An. Il verdetto finale, con le dimissioni dei ministri tenute in «pausa» fino al dibattito parlamentare, non esclude una possibile ricucitura. Uno spiraglio che convince il premier a riprendere l'iniziativa e puntare con forza sul «Berlusconi-bis», evitando una crisi al buio. Lo scenario e già tracciato. Berlusconi è pronto a sorprendere di nuovo i suoi alleati presentandosi oggi al Senato per poi salire al Quirinale a dimettersi senza attendere il voto di fiducia che a quel punto diventerebbe superfluo. Il tutto con la garanzia di un reincarico-lampo e al riparo da imboscate.
    Berlusconi - che si consulta telefonicamente anche con Franco Frattini - le sue intenzioni le rende esplicite durante la riunione di Forza Italia, a Palazzo Grazioli. «Farò un intervento di alto profilo» rivela il premier, «tenendo conto delle esigenze di tutte le componenti della maggioranza e sosterrò che le motivazioni di questa alleanza possono essere ravvivate con un nuovo mandato». In questo modo si potrà aprire la strada in tempi brevi per un «Berlusconi-bis» che punti a portare a compimento il programma originario, comprese le riforme, con tutte le correzioni neeessarie per il rilancio dell'economia e del Mezzogiorno. «Non ho potuto dimettermi - spiega il presidente del Consiglio - perchè non c'erano ancora tutte le assicurazioni che attendevo. Ma ribadisco che non c'è alternativa a questa coalizione. La Cdl è un valore superiore a tutti noi. Ci sono tutte le ragioni per andare avanti, nessuna per interrompere, nessuna per fermarci. Dobbiamo tener fede agli impegni presi con gli italiani».
    Sullo sfondo Gianni Letta continua la trattativa con gli alleati per definire la nuova squadra di governo. In particolare è lui ora a gestire «in esclusiva» i rapporti con l'Udc. Al premier non dispiacerebbe arrivare al Quirinale con la lista dei ministri già pronta ma sarà difficile realizzare questo auspicio. Secondo il toto-nomine, Marco Follini al cento per cento rinuncerà alla poltrona da vicepremier dove potrebbe andare Roberto Calderoli. Forza Italia potrebbe cedere sui ministri tecnici. Traballa anche il ministero delle Attività produttive per il quale continua a circolare il nome di Sergio Billè o di Mario Baccini mentre Antonio D'Amato ha detto no a un suo ingresso in squadra. L'unica certezza è che ora i centristi non si accontentano della conferma della loro pattuglia governativa ma chiedono un ministero con portafoglio. Fini, invece, pone adone condizione per evitare lo ,strappo un ridimensionamento della Lega. Il vero nodo resta, però, il ministero delle Riforme. La Lega continua a resistere sull'ipotesi di assegnarlo ad An. Sembra anzi che proprio una telefonata fatta lunedì da Fini mentre Berlusconi era già in auto verso il Quirinale - telefonata con cui il leader di An pretendeva il ministero per il suo partito - abbia convinto il premier a non dimettersi. A questo punto la tesi più accreditata è quella secondo cui l'interim delle Riforme andrebbe allo stesso Berlusconi, una garanzia politica per il Carroccio (che su quella poltrona vedrebbe bene anche l'azzurro Aldo Brancher) e una vittoria,simbolica per An. In corsa c'è anche il centrista Francesco D'Onofrio. Ma alla fine a spuntarla potrebbe essere Enrico La Loggia. Lunardi e Sirchia vengono ormai dati in partenza: i loro posti andrebbero rispettivamente ad An e all'Udc. Anche i socialisti e i repubblicani salirebbero al grado di ministri ma ad essere promossi non sarebbero i viceministri Caldoro (Psi) e Nucara (segretario dell'Edera), bensì Gianni De Michelis e Giorgio La Malfa. Le pedine del nuovo governo restano, però, decisamente mobili. Ma soprattutto si attende di capire se la «scacchiera» del «Berlusconi-bis», alla fine, esisterà davvero.
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    Con senescenza

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    Insomma cose tutte già viste e riviste....la seconda repubblica dobbiamo farla con i cannoni??
    Di Solito in questi casi di noia i veri senatori si dimettono per preparare la rivoluzione (finta) che li riporterà sempre al senato ma con nuove regole.

    Insomma dopo "alzati e cammina di Feltri" ci sta un buon "armiamoci e partite" di Paolone.

    o se preferite (so che un po vi stride a me non sapete quanto) "damose da fa, <semo italiani> volemose bene!

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    dal quotidiano LIBERO di oggi, 23 aprile 2005:

    " È solo un rimpastino: pronti per il governo La Malfa, Scajola e Storace

    di MATTIAS MAINIERO

    CI VOLEVA TANTO A FARE UNA COSA COSI'?

    CIAMPI INCARICA BERLUSCONI. OGGI IL GIURAMENTO DEL NUOVO ESECUTIVO - È praticamente fatta: il Cavaliere succede a se stesso, l'Udc applaude, An è contenta, la Lega soddisfatta, il Nuovo Psi pure, i repubblicani anche. Il Berlusconi-bis che sta per venire al mondo nasce sotto la stella del compiacimento. Domanda: perchè tanta allegria nella maggioranza? Cosa è successo di così appagante e gioioso da far increspare con un sorriso persino l'impeccabile e stiratissimo cranio di Follini? Esaminiamo i fatti punto per punto, e partendo naturalmente dagli ultimi sviluppi. Ieri, come previsto, al termine delle rituali consultazioni, Carlo Azeglio Ciampi ha convocato al Quirinale Silvio Berlusconi. Sempre come previsto, il Cavaliere è entrato e poco dopo è uscito con l'incarico di formare il nuovo governo. Possiamo assicurarvi che tra il prima e il dopo, non è cambiato nulla. Trattasi sempre dello stesso Cavaliere che a colloquio ultimato si è però trovato accanto al nome anche un piccolo suffisso: Silvio-bis (alcuni preferiscono dire Silvio III, ma è questione di lana caprina). Motivo di gioia? Permetteteci di dissentire: un bis non fa un presidente del Consiglio. Per la verità, non fa neppure un sottosegretario o un semplice usciere ministeriale. Non fa nulla. Se Berlusconi era bravo ieri lo è anche oggi, e viceversa. Eppure, questa parolina magica mette tutti di buon umore. Sembravano così arrabbiati e si sono rasserenati grazie a tre letterine appena. Spiacenti, non riusciamo a condividere i salti di gioia. P ro c e d i a m o. Ridisceso il Cavaliere in compagnia dei suoi scudieri dal Colle, per poter apporre il fiocco azzurro al portone di Palazzo Chigi restava però qualche piccola imcombenza. Prima incombenza: la lista dei ministri o delle poltrone che dir si voglia. Puntualmente è uscita fuori. Divertitevi a consultarla. Ci sono, ovviamente, promossi e bocciati. C'è Stefano Caldoro, "nuovo socialista", che guadagna posizioni, e anche qualche ministro tecnico che ritornerà a fare il tecnico a tempo pieno. Nessuna questione personale, si intende. Tutti nomi al di sopra di ogni sospetto, gente rispettabilissima e preparatissima. Solo un piccolo dubbio: ma dov'è la discontinuità di cui tanto si è parlato? Signor Follini e signori folletti della maggioranza, tra un sorriso e l'altro potreste spiegarci? Un ministro che lascia la sua vecchia poltrona di ministro per sedere su una nuova poltrona di ministro è una discontinuità vera oppure è solo il frutto di una vostra discontinuità intellettuale? Noi, francamente, non ci vediamo nulla di rivoluzionario. Esaminiamo meglio voci, indiscrezioni e fatti concreti, forse ci siamo sbagliati. Claudio Scajola, indicato come uno degli uomini destinati alla promozione già prima dell'incontro tra Ciampi e Berlusconi. Benissimo, siamo a cavallo e anche sul treno. Ottima scelta. Ma non si tratta per caso dello stesso Scajola titolare dell'Interno che lasciò il Viminale per una frase di troppo, che ritornò in sella con l'Attuazione del Programma e che fra poco riandrà a giurare al Quirinale? Qui - se tutto andrà come nelle previsioni - l'unica vera discontinuità, a parte Francesco Storace governatore in corsa per il governo della Sanità, rischia di essere Giorgio La Malfa, figliolo di Ugo, cognome quasi risorgimentale, politico di lungo corso, età non più giovanissima. Se è contento Marco Follini che aveva fatto fuoco e fiamme chiedendo strappi col passato, perchè dovremmo essere contenti anche noi tutti? Perchè al governo sono cambiate un po' di poltrone (leggere)? Oppure perchè quello che Berlusconi avrebbe voluto e potuto fare in ventiquattro ore è stato fatto dopo giorni di incontri e nervosismo, accuse, critiche, litigi e bizantini riti? Fateci caso. Arrivata la batosta elettorale, il Cavaliere disse: cari alleati, bisogna cambiare. Gli alleati risposero: caro Silvio, hai ragione. Il Cavaliere promise: ritoccheremo la squadra di governo e pure il programma, ci occuperemo del Sud, della famiglia non dimenticando le imprese. Gli alleati convennero: carissimo Silvio, hai ragione di nuovo. Dopodichè, a furia di toccatine strane e pure proibite, di caro Silvio e carissimo Pincopallo, è trascorso un tempo infinito (politicamente parlando). E sapete qual è il risultato finale? Esattamente quello che si poteva ottenere senza impuntature liturgiche e protodemocristiane. E senza che nel frattempo (sondaggi alla mano) la Casa delle Libertà subisse un nuovo calo. A prestar fede a certi pronostici, oggi Prodi sarebbe al 61%, Berlusconi al 39. Chi vogliamo ringraziare? I bombardieri della maggioranza che hanno fatto di tutto per affondare il governo Berlusconi e farlo rinascere più o meno simile a se stesso? Gli amanti della discontinuità ufficiale, quella che vive di passaggi formali e se ne infischia se la sostanza non cambia o se addirittura la liturgia finisce per stritolare l'unità della coalizione? Una sola persona - e qui il discorso va fatto fino in fondo - non bisognerebbe ringraziare: Marco Follini, il leader dell'Udc che sfidando i musi lunghi di molti suoi stessi uomini ha messo il proprio marchio sulla crisi, ha fatto sfiorare al centrodestra il puno di liquefazione, ha ottenuto i passaggi e le piroette che desiderava e alla fine ha pure deciso di non essere più vicepremier. Come mai? Se questo Berlusconi-bis (che fra qualche giorno, sempre sorprese permettendo, sarà nel pieno delle sue funzioni) sta per nascere, lo si deve anche alla lucida testa del segretario dei centristi. Calcando un po' la mano, potremmo dire che è in buona parte una sua creatura. E allora perchè Follini se ne va dalla vicepresidenza? Azzardiamo. Meglio, ascoltiamo le parole pronunciate da Bruno Tabacci al termine dell'ufficio politico dell'Udc: «Follini mi è sembrato entusiasta di restare a tempo pieno al partito. È una scelta che conferma l'autonomia del partito dal governo, perché un conto sono le Follini torna al partito. Più libero di sparare sul premier coalizioni e un conto i partiti. La scelta di Follini rafforza l'Udc». Che significa? Per caso vuol dire che Follini ha le mani più libere per continuare a menare fendenti? Altro dubbio: per «restare a tempo pieno al partito» non bastava dimettersi dal governo e tornare al partito, così, semplicemente, come avrebbe fatto chiunque senza chiedere questo e quello? No, non bastava. Ci voleva la Via Crucis della crisi con approdo finale al rimpasto che è solo un rimpastino. Misteri folli più che buffi. Fortuna che ora (almeno così pare) sia tutto concluso. Follini sorride e pensa al partito, la Lega è soddisfatta, An pure, gli uscieri di Palazzo Chigi già preparano la scala per appendere il fiocco azzurro. La farsa è finita. Signori della maggioranza, tornate a lavorare, e non concedete altri bis: ci è bastato questo. E occhio ai sondaggi. Vietato concedere ulteriori favori al centrosinistra, che è disunito, che litiga persino per andare dal Capo dello Stato per le rituali consultazioni, che non ha un programma vero. Ma che a furia di favori guadagna terreno e si prepara alle elezioni.
    "


    Saluti liberali

 

 
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