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Discussione: Roma Caput Mundi

  1. #1
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    Predefinito Roma Caput Mundi

    Bisogna riconoscere che quello che sta succedendo a Roma
    rappresenta la Massima Gloria della Chiesa Cattolica !

    Mai si era vista una cosa simile !

  2. #2
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    Predefinito Re: Roma Caput Mundi

    Originally posted by Ferruccio
    Bisogna riconoscere che quello che sta succedendo a Roma
    rappresenta la Massima Gloria della Chiesa Cattolica !

    Mai si era vista una cosa simile !
    Cosa succede a Roma?

  3. #3
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    Predefinito Una lettera tratta dalla mailing list di cattolicesimo.com

    Cari amici della lista tutti,
    sacerdoti sedeplenisti e papaboys, sacerdoti e amici a me ed alla mia famiglia vicini.
    In questo momento particolarmente importante per la storia Chiesa Cattolica, tutti noi abbiamo espresso piú o meno marcatamente il nostro attaccamento o dissenso nei confronti del fú Karol Wojtyla.
    Anche io ho dissentito da asserzioni di affetto ed attaccamento, manifestate da alcuni amici della lista, nei confronti del papa materiale (dal mio punto di vista) deceduto.
    Mi dispiace di avere forse urtato i sentimenti d'affetto di qualcuno, specie in un momento di lutto.
    Confesso anche di essere stato colpito dalla manifestazione di attaccamento a Wojtyla da un numero spropositato di persone, non tanto per l'aspetto emotivo che essi testimoniavano, quanto per il fatto che nonostante tutto il lavoro fatto dai nemici della Chiesa al suo interno per demolirla, essa, pur umiliata e tradita persino dai suoi massimi esponenti, appare comunque agli occhi del mondo visibilmente grande e universale. E tutto questo nonostante in questi ultimi quarant'anni si sia fatto di tutto per far perdere il senso universale di essere e sentirsi cattolici: dalla Messa in lingua volgare locale, agli abiti dei religiosi/e sempre piú da laici, al modo di pregare personalizzato a seconda delle tribú, ecc., ecc.....
    Questo a significare che i nemici della Chiesa piú si sforzano di demolirla, piú la rafforzano, volenti o nolenti. "...mai fu piú puro lo splendore della Chiesa che quando gli uomini tentarono di offuscarlo..."(Pio VI). E non si puó dire che gli stessi media che oggi enfatizzano in mondovisione l'invasione di San Pietro, non siano gli stessi che fino a poco fa gettavano fango a piene mani.

    Eppure non sono queste manifestazioni di massa che mi possono far cambiare opinione sull'operato di Karol Wojtyla. I numeri non fanno la ragione, se non che nella demo-niaca, demo-crazia.

    Quello che io so, e senza fare piú tante altre chiacchiere (che se ne sono fatte in abbondanza, e se qualcuno volesse sinceramente prendere in esame le posizioni cui é ispirata questa lista, invece di polemizzare su cose che neppure conosce, basterebbe che si procurasse i testi a disposizione nel sito di dominio) é dato da fattori molto semplici e pratici:- sono anni ormai che per andare ad assistere, con moglie e figli (e ora anche nipoti) ad una S. Messa che si possa chiamare come tale, dove cioé si celebri il Santo Sacrificio espiatorio, (e non un incontro conviviale tra canti, balli, strette di mano, applausi, schitarrate, e dissacrazioni del genere), sono costretto a fare chilometri e ore di viaggio. Da quando vivo poi nella campagna irlandese, la situazione é ancora piu tragica data la lontananza di sacerdoti e centri messa tradizionali. Non che vivendo a Dublino, a Roma o chissá dove, cambierebbe le cose granché....
    Oltre alle rare volte all'anno in cui riesco ad incontrare i sacerdoti di cui mi fido teologicamente e sacramentalmente, (cosa per cui sia io che loro dobbiamo prendere addirittura un aereo per poter ricevere la S.Comunione), l'unica alternativa é data, o dalla Messa indultista (una volta alla settimana e solo a Dublino, 5 ore d'auto) o da sacerdoti appartenenti ad istituti scomunicati da Karol Wojtyla per il fatto di voler continuare a rimanere cattolici, celebrare la Messa cattolica di sempre, quella detta di San Pio V, e professare la Dottrina Cattolica della Tradizione e non quella del protestantico Concilione Vaticanosecondo (dove la nuova messa é stata elaborata da pastori protestanti...e giudaizzanti...).
    Eppure fino a pochi anni fa non era cosí, un sacerdote lo individuavi subito e si era soliti scambiarsi un "Sia lodato Gesú Cristo", e lui, "sempre sia lodato". Mi ricordo ancora, e sempre, quando da ragazzino mio padre mi accompagnava al Catechismo (quello di San Pio X) ed incontrando don Pomero si toglieva il cappello e ripetevano le succitate frasi.
    Fino a pochi anni fa andare a Messa (quella cattolica e non quella protestante conciliare) non era un'impresa: ovunque c'erano chiese dove si celebrava la Messa latina, che era la stessa a qualsiasi latitudine ed altitudine. Oggi invece quando desideriamo andare a Messa per me e mia moglie é un'impresa, che nella maggior parte dei casi non riusciamo a portare a termine (indipendentemente dal fatto che le messe una-cum io le evito e le aborrisco), per mancanza di materia prima.
    A chi devo dire grazie per aver fatto il possibile per cancellare il ricordo della Messa della mia gioventú nei suoi 25 anni di pontificato? A Paolo VI e a Karol Wojtyla. Egli permise solo in rari casi la Messa latina e solo quando si rese conto che la situazione gli stava sfuggendo di mano perché altri istituti da lui scomunicati raccoglievano il consenso dei cattolici rimasti fedeli alla tradizione. Ed allora ecco la Fraternitá San Pietro e via dicendo. Non per pietá e per caritá, ma per calcolo.
    A chi devo dire grazie se i miei figli sono cresciuti con cognizione cattolica? A Karol Wojtyla? No di certo. A Gesú e alla Madonna che ci hanno aiutati, me e mia moglie, ad educarli secondo il criterio cattolico.
    E` stato duro rimanere fermi al proprio posto. E` stato triste essere emarginati solo per il proprio amore per la Chiesa.
    O, certo, peró abbiamo i papaboys, che hanno imparato a vivere, sulle macerie della Tradizione e della Dottrina Cattolica dei loro padri. Dottrina e Tradizione che neppure conoscono. O non sarebbero piú i papaboys. Ma veramente credete che essere in tanti in piazza a schiamazzare sia una testimonianza di fede???
    Voi avete avuto fede in un uomo. E se il prossimo papa non vi soddisferá piú nelle attrazioni folcloristiche, che farete? Manterrete ancora la vostra fede? Su quali basi dottrinali? Su quelle di KW? Allora siete giá messi male in partenza ragazzi e potete appendere il sacco a pelo ad un chiodo.
    Se veramente credete di aver incontrato la Fede, fermatevi e considerate che l'entusiasmo giovanile andrá alimentato col sale della dottrina cattolica e non con l'insipido "frutto del lavoro umano" ecumaniaco.

    Con il sincero augurio che la vostra fede in Cristo possa aiutarvi a svincolarvi dalla trappola neomodernista nella quale siete incappati.

    Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio.


    FiloDeFero

    p.s.= io non considero tutto ció una perdita di tempo, perché é tempo che dedico ad un'opera di misericordia spirituale. Non ci sono solo le nacchere e i tamburelli per manifestare la propria FEDE.

  4. #4
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    Predefinito Re: Re: Roma Caput Mundi

    Originally posted by Sùrsum corda!
    Cosa succede a Roma?
    Un colossale ammonimento alla Chiesa in occasione della morte di GP II° affinche' la Chiesa Cattolica torni ad essere vicina ai suoi fedeli !

  5. #5
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    Predefinito Re: Re: Re: Roma Caput Mundi

    Originally posted by Ferruccio
    Un colossale ammonimento alla Chiesa in occasione della morte di GP II° affinche' la Chiesa Cattolica torni ad essere vicina ai suoi fedeli !
    Più vicina al mondo di così? diciamo che il colossale ammonimento alla Chiesa conciliare in occasione della morte di Karol Wojtyla avvenga affinche' la Chiesa conciliare torni ad essere la Chiesa Cattolica che custodisce la dottrina di Dio

  6. #6
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Roma Caput Mundi

    Originally posted by Sùrsum corda!
    Più vicina al mondo di così? diciamo che il colossale ammonimento alla Chiesa conciliare in occasione della morte di Karol Wojtyla avvenga affinche' la Chiesa conciliare torni ad essere la Chiesa Cattolica che custodisce la dottrina di Dio ;)
    Che lo Spirito Santo protegga il nuovo Pontefice !

  7. #7
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    Predefinito Re: Re: Una lettera tratta dalla mailing list di cattolicesimo.com

    Originally posted by Pierluigi
    Ma da quando è in uso questa Messa? Dai tempi di San Pio V?
    Se così fosse, allora non è certo la "Messa di sempre".

    Pier
    Benvenuto. Il canone della S.Messa è sempre rimasto lo stesso fino alle modifche del '68. Sull'argomento: http://www.cmri.org/ital-novusordo.html

  8. #8
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    Post Ecco cosa dice San Pio V

    Bolla di Papa San Pio V

    Pius episcopus
    servus servorum Dei
    ad perpetuam rei memoriam




    I - Fin dal tempo della Nostra elevazione al sommo vertice dell’Apostolato, abbiamo rivolto l’animo, i pensieri e tutte le Nostre forze alle cose riguardanti il Culto della Chiesa, per conservarlo puro e, a tal fine, ci siamo adoperati con tutto lo zelo possibile a preparare e, con l’aiuto di Dio, mandare ad effetto i provvedimenti opportuni. E poiché, tra gli altri decreti del sacro Concilio di Trento, ci incombeva di eseguire quello di curare l’edizione emendata dei Libri Santi, del Messale, del Breviario e del Catechismo, avendo già, con l’approvazione divina, pubblicato il Catechismo, destinato all’istruzione del popolo, e corretto il Breviario, perché siano rese a Dio le lodi dovutegli, ormai era assolutamente necessario che pensassimo quanto prima a ciò che restava ancora da fare in questa materia, cioè, pubblicare il Messale, e in tal modo che rispondesse al Breviario: cosa opportuna e conveniente, poiché nella Chiesa di Dio uno solo è il modo di salmodiare, così sommamente conviene che uno solo sia il rito di celebrare la Messa.

    II - Per la qual cosa abbiamo giudicato di dover affidare questa difficile incombenza a uomini di eletta dottrina. E questi, infatti, dopo aver diligentemente collazionato tutti i codici raccomandabili per la loro castigatezza e integrità - quelli vetusti della Nostra Biblioteca Vaticana e altri ricercati da ogni luogo - e avendo inoltre consultato gli scritti di antichi e provati autori, che ci hanno lasciato memorie sul sacro ordinamento dei medesimi riti, hanno infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei Santi Padri.

    III - Pertanto, dopo matura considerazione, abbiamo ordinato che questo Messale, già così riveduto e corretto, venisse quanto prima stampato in Roma e, stampato che fosse, pubblicato, affinché da una tale intrapresa e da un tale lavoro tutti ne ricavino frutto: naturalmente, perché i sacerdoti comprendano di quali preghiere, di qui innanzi, dovranno servirsi nella celebrazione della Messa, quali riti e cerimonie osservare.

    Perciò, affinché tutti e dovunque adottino e osservino le tradizioni della santa Chiesa Romana, Madre e Maestra delle altre Chiese, ordiniamo che nelle chiese di tutte le Province dell’Orbe cristiano: - nelle Patriarcali, Cattedrali, Collegiate e Parrocchiali del clero secolare, come in quelle dei Regolari di qualsiasi Ordine e Monastero, maschile e femminile, nonché in quelle degli Ordini militari, nelle private o cappelle - dove a norma di diritto e per consuetudine si celebra secondo il rito della Chiesa Romana, in avvenire e senza limiti di tempo, la Messa, sia quella conventuale cantata presente il coro, sia quella semplicemente letta a bassa voce, non potrà essere cantata o recitata, in altro modo da quello prescritto dall’ordinamento del Messale da Noi pubblicato; e ciòanche se le summenzionate chiese, comunque esenti, usufruissero di uno speciale indulto della Sede Apostolica, di una legittima consuetudine, di un privilegio fondato su dichiarazione giurata e confermata dall’Autorità apostolica, e di qualsivoglia altra facoltà.

    V - Non intendiamo tuttavia, in alcun modo, privare del loro ordinamento quelle tra le summenzionate Chiese che, o dal tempo della loro istituzione, approvata dalla Sede Apostolica, o in forza di una consuetudine, possono dimostrare un proprio rito ininterrottamente osservato per oltre duecento anni. Tuttavia, se anche queste Chiese preferissero far uso del Messale che abbiamo ora pubblicato, Noi permettiamo che esse possano celebrare le Messe secondo il suo ordinamento alla sola condizione che si ottenga il consenso del Vescovo, o dell’Ordinario, e di tutto il Capitolo.

    VI - Invece, mentre con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, priviamo tutte le summenzionate Chiese dell’uso dei loro Messali, che ripudiamo in modo totale e assoluto, stabiliamo e comandiamo, sotto pena della nostra indignazione, che a questo Nostro Messale, recentemente pubblicato, nulla mai possa venire aggiunto, detratto, cambiato. Dunque, ordiniamo a tutti e singoli i Patriarchi e Amministratori delle suddette Chiese, e a tutti gli ecclesiastici, rivestiti di qualsiasi dignità, grado e preminenza, non escluso i Cardinali di Santa Romana Chiesa, facendone loro severo obbligo in virtù di santa obbedienza, che in avvenire abbandonino del tutto e completamente rigettino tutti gli altri ordinamenti e riti, senza alcuna eccezione, contenuti negli altri Messali, per quanto antichi essi siano e finora soliti ad essere usati, e cantino e leggano la Messa secondo il rito, la forma e la norma che noi abbiamo prescritto nel presente Messale; e, pertanto, non abbiano l’audacia di aggiungere altre cerimonie o recitare altre preghiere che quelle contenute in questo Messale.

    VII - Anzi, in virtù dell’Autorità Apostolica, noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente, così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né d’altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale.

    VIII- Similmente decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide dovranno perseverare nel loro vigore. E ciò, non ostante precedenti costituzioni e decreti, tanto generali che particolari, pubblicati in Concili sia Provinciali che Sinodali; qualunque statuto e consuetudine in contrario, nonché l’uso delle predette Chiese, fosse pur sostenuto da prescrizione lunghissima e immemorabile, ma non superiore ai duecento anni.

    IX - Inoltre, vogliamo e con la medesima Autorità decretiamo che, avvenuta la promulgazione della presente Costituzione, e seguita l’edizione di questo Messale, tutti siano tenuti a conformarvisi nella celebrazione della Messa cantata e letta: i Sacerdoti della Curia Romana, dopo un mese; quelli che sono di qua dai monti, dopo tre mesi, quelli che sono di là dei monti, dopo sei mesi, o appena sarà loro proposto in vendita.

    X - Affinché poi questo Messale sia ovunque in tutta la terra preservato incorrotto e intatto da mende ed errori, ingiungiamo a tutti gli stampatori di non osare o presumere di stamparlo, metterlo in vendita o riceverlo in deposito, senza la Nostra autorizzazione o la speciale licenza del Commissario Apostolico, che Noi nomineremo espressamente nei diversi luoghi a questo scopo: cioè, se prima detto Commissario non avrà fatto all’editore piena fede che l’esemplare, che deve servire di norma per imprimere gli altri, è stato collazionato con il Messale stampato in Roma secondo la grande edizione, e che gli è conforme ed in nulla ne discorda; sotto pena, in caso contrario, della perdita dei libri e dell’ammenda di duecento ducati d’oro da devolversi ipso facto alla Camera Apostolica, per gli editori che sono nel Nostro territorio e in quello direttamente o indirettamente soggetto a Santa Romana Chiesa; della scomunica "latæ sententiæ" e di altre pene a Nostro arbitrio, per quelli che risiedono in qualsiasi altra parte della terra.

    XI - Data però la difficoltà di trasmettere le presenti Lettere nei vari luoghi dell’orbe cristiano, e di portarle alla conoscenza di tutti il più presto possibile, Noi prescriviamo che esse vengano affisse e pubblicate come di consueto alle porte della Basilica del Principe degli Apostoli e della Cancelleria Apostolica, e in piazza di Campo dei Fiori, dichiarando che sia nel mondo intero accordata pari e indubitata fede agli esemplari delle medesime, anche stampati, purché sottoscritti per mano di pubblico notaio e muniti del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, come se queste Lettere fossero mostrate ed esibite.

    XI - Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno quattordici di luglio, nell’anno mille cinquecento settanta, quinto del Nostro Pontificato.

  9. #9
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    Post Il famoso Breve esame critico del "Novus Ordo Missæ"

    Considerazioni teologiche sulla nuova Messa

    Lettera a Paolo VI

    dei Cardinali Ottaviani e Bacci

    Beatissimo Padre,

    esaminato e fatto esaminare il Novus Ordo preparato dagli esperti del Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, dopo una lunga riflessione e preghiera sentiamo il dovere, dinanzi a Dio ed alla Santità Vostra, di esprimere le considerazioni seguenti:

    1) Come dimostra sufficientemente il pur breve esame critico allegato - opera di uno scelto gruppo di teologi, liturgisti e pastori di anime - il Novus Ordo Missae, considerati gli elementi nuovi, suscettibili di pur diversa valutazione, che vi appaiono sottesi ed implicati, rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i "canoni" del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del Mistero.

    2) Le ragioni pastorali addotte a sostegno di tale gravissima frattura, anche se di fronte alle ragioni dottrinali avessero diritto di sussistere, non appaiono sufficienti. Quanto di nuovo appare nel Novus Ordo Missae e, per contro, quanto di perenne vi trova soltanto un posto minore o diverso, se pure ancor ve lo trova, potrebbe dar forza di certezza al dubbio - già serpeggiante purtroppo in numerosi ambienti - che verità sempre credute dal popolo cristiano possano mutarsi o tacersi senza infedeltà al sacro deposito dottrinale cui la fede cattolica è vincolata in eterno. Le recenti riforme hanno dimostrato a sufficienza che nuovi mutamenti nella liturgia non porterebbero se non al totale disorientamento dei fedeli che già danno segni di insofferenza e di inequivocabile diminuzione di Fede. Nella parte migliore del Clero ciò si concreta in una torturante crisi di coscienza di cui abbiamo innumerevoli e quotidiane testimonianze.

    3) Siamo certi che queste considerazioni, che possono giungere soltanto dalla viva voce dei pastori e del gregge, non potranno non trovare un’eco nel cuore paterno di Vostra Santità, sempre così profondamente sollecito dei bisogni spirituali dei figli della Chiesa. Sempre i sudditi, al cui bene è intesa una legge, laddove questa si dimostri viceversa nociva, hanno avuto, più che il diritto, il dovere di chiedere con filiale fiducia al legislatore l’abrogazione della legge stessa.

    Supplichiamo perciò istantemente la Santità Vostra di non volerci togliere - in un momento di così dolorose lacerazioni e di sempre maggiori pericoli per la purezza della Fede e l’unità della Chiesa, che trovano eco quotidiana e dolente nella voce del Padre comune - la possibilità di continuare a ricorrere alla integrità feconda di quel Missale romanum di San Pio V dalla Santità Vostra così altamente lodato e dall’intero mondo cattolico così profondamente venerato ed amato.

    A. Card. Ottaviani A. Card. Bacci



    Breve esame critico del "Novus Ordo Missæ"

    I

    Nell’ottobre del 1967, al Sinodo Episcopale, convocato a Roma, fu chiesto un giudizio sulla celebrazione sperimentale di una cosiddetta "messa normativa", ideata dal Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra Liturgia*. Tale messa suscitò le più gravi perplessità tra i presenti al Sinodo, con una forte opposizione (43 non placet), moltissime e sostanziali riserve (62 juxta modum) e 4 astensioni su 187 votanti. La stampa internazionale di informazione parlò di "rifiuto", da parte del Sinodo, della messa proposta. Quella di tendenze innovatrici ne tacque e un noto periodico, destinato ai vescovi ed espressione del loro insegnamento, così sintetizzò il nuovo rito:"[vi] si vuol fare tabula rasa di tutta la teologia della Messa. In sostanza ci si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio della Messa".

    Nel Novus Ordo Missæ (Nuovo Ordinario della Messa), testé promulgato dalla Costituzione Apostolica Missale romanum**, ritroviamo purtroppo, identica nella sua sostanza, la stessa "messa normativa". Né sembra che le Conferenze Episcopali, almeno in quanto tali, siano mai state nel frattempo interpellate al riguardo.

    Nella Costituzione Apostolica si afferma che l’antico messale, promulgato da San Pio V il 13 luglio 1570 ma risalente in gran parte a Gregorio Magno ed ancor più remota antichità (1), fu per quattro secoli la norma della celebrazione del Sacrificio per i sacerdoti di rito latino e, portato in ogni terra, "innumerevoli santi hanno abbondantemente nutrito la loro pietà verso Dio attingendo da quel messale le letture della Sacra Scrittura o le preghiere". E tuttavia questa riforma, che lo pone definitivamente fuori uso, si sarebbe resa necessaria "da quando si è sviluppato e diffuso nel popolo cristiano il movimento liturgico".

    Ci sembra evidente, in questa affermazione, un grave equivoco. Perché il desiderio del popolo, se fu espresso, lo fu quando - soprattutto per merito del grande San Pio X - esso cominciò a scoprire gli autentici ed eterni tesori della sua liturgia. Il popolo non chiese assolutamente mai, onde meglio comprenderla, una liturgia mutata o mutilata. Chiese di meglio comprendere una liturgia immutabile e che mai avrebbe voluto si mutasse.

    Il Messale Romano di San Pio V era religiosamente venerato e carissimo al cuore dei cattolici, sacerdoti e laici. Non si vede in che cosa l’uso di esso, con l’opportuna catechesi, potesse impedire una più piena partecipazione e una maggiore conoscenza della sacra liturgia e perché, con tanti eccelsi pregi che gli sono riconosciuti, non lo si sia stimato degno di continuare a nutrire la pietà liturgica del popolo cristiano.

    Sostanzialmente rifiutata dal Sinodo Episcopale, quella stessa "messa normativa" oggi si ripresenta e si impone come Novus Ordo Missæ; mai sottoposto quest’ultimo al giudizio collegiale delle Conferenze; mai voluta dal popolo (e men che meno nelle missioni) una qualsiasi riforma della Santa Messa, non si riesce a comprendere i motivi della nuova legislazione, che sovverte una tradizione immutata nella chiesa dal IV-V secolo, come la Costituzione stessa riconosce. Non sussistendo dunque i motivi per appoggiare questa riforma, la riforma stessa appare priva di un fondamento razionale, che, giustificandola, la renda accettabile al popolo cattolico.

    Il Concilio aveva espresso bensì, con il par. 50 della Costituzione Sacrosantum Concilium, il desiderio che le varie parti della Messa fossero riordinate, "in modo che apparisca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione". Vedremo subito come l’Ordo testé promulgato risponda a questi auspici, dei quali possiamo dire non resti, nel risultato, neppure la memoria.

    Un esame particolareggiato del Novus Ordo rivela mutamenti di portata tale da giustificare per esso lo stesso giudizio dato per la "messa normativa". Quello come questa è tale da contentare, in molti punti, i protestanti più modernisti.



    II

    Cominciamo dalla definizione di Messa che si presenta al par. 7, vale a dire in apertura al secondo capitolo del Novus Ordo: "De structura Missæ - Sulla struttura della Messa": "La Cena del Signore o Messa è la sacra sinassi* o adunanza del popolo di Dio che si riunisce insieme, sotto la presidenza del sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore(2). Perciò riguardo l’adunanza locale della santa Chiesa vale in modo eminente la promessa di Cristo "Dove sono due o tre riuniti in mio nome, là sono io in mezzo a loro" (Mt. 18,20)".

    La definizione di Messa è dunque limitata a quella di "cena", il che è poi continuamente ripetuto (n.8, 48, 55d, 56); tale "cena" è inoltre caratterizzata dalla assemblea, presieduta dal sacerdote, e dal compiersi il memoriale del Signore, ricordando quel che egli fece il Giovedì Santo. Tutto ciò non implica: né la Presenza Reale, né la realtà del Sacrificio, né la sacramentalità del sacerdote consacrante, né il valore intrinseco del Sacrificio eucaristico indipendentemente dalla presenza dell’assemblea (3). Non implica, in una parola, nessuno dei valori dogmatici essenziali della Messa e che ne costituiscono pertanto la vera definizione. Qui l’omissione volontaria equivale al loro "superamento", quindi, almeno in pratica, alla loro negazione (4).

    Nella seconda parte dello stesso paragrafo si afferma - aggravando il già gravissimo equivoco - che vale "in modo eminente" per questa assemblea la promessa del Cristo: "dove sono due o tre riuniti in mio nome, là sono io in mezzo a loro" (Mt. 18, 20). Tale promessa, che riguarda soltanto la presenza spirituale del Cristo con la sua grazia, viene posta sullo stesso piano qualitativo, salvo la maggiore intensità, di quello sostanziale e fisico della presenza sacramentale eucaristica.

    Segue immediatamente (n.8) una suddivisione della Messa in liturgia della parola e liturgia eucaristica, con l’affermazione che nella Messa è preparata "tanto la mensa della parola di Dio quanto la mensa del Corpo di Cristo, e i fedeli ne ricevono istruzione e ristoro": assimilazione paritetica del tutto illegittima delle due parti della liturgia, quasi tra due segni di eguale valore simbolico, sulla quale torneremo più tardi.

    Di denominazioni della Messa ve ne sono innumerevoli: tutte accettabili relativamente, tutte da respingere se usate, come lo sono, separatamente e in assoluto. Ne citiamo alcune: Azione di Cristo e del popolo di Dio, Cena del Signore o Messa, Convivio Pasquale, Comune partecipazione alla mensa del Signore, Memoriale del Signore, Preghiera Eucaristica, Liturgia della parola e Liturgia eucaristica, ecc.

    Come è fin troppo evidente, l’accento è posto ossessivamente sulla cena e sul memoriale anziché sulla rinnovazione incruenta del Sacrificio del Calvario. Anche la formula "Memoriale Passionis et Resurrectionis Domini" è inesatta, essendo la Messa il memoriale del solo Sacrificio, che è redentivo in se stesso, mentre la Resurrezione ne è il frutto conseguente (5). Vedremo più avanti con quale coerenza, nella stessa formula consacratoria e in generale in tutto il Novus Ordo, tali equivoci siano rinnovati e ribaditi.

    III

    E veniamo alle finalità della Messa.

    1) Finalità ultima. Il fine ultimo del Sacrificio della Messa è di rendere lode alla Santissima Trinità, secondo l’esplicita dichiarazione di Cristo nella intenzione primordiale della sua stessa Incarnazione: "Entrando nel mondo dice: "non hai voluto vittima e oblazione, ma a me hai formato un corpo" (Ps. XL, 7-9, in Hebr. 10,5)".

    Questa finalità è scomparsa:

    - dall’Offertorio, infatti la preghiera Suscipe, Sancta Trinitas è abolita;

    - dalla conclusione della Messa, perché la preghiera Placeat tibi, Sancta Trinitas non si dice più;

    - dal Prefazio, che nel ciclo domenicale non sarà più quello della Santissima Trinità, riservato ora alla sola festa e che quindi sarà pronunziato una sola volta l’anno.

    2) Finalità ordinaria. Il fine ordinario del Sacrificio è propiziatorio*. Anche questa finalità è deviata, perché anziché mettere l’accento sulla remissione dei peccati dei vivi e dei morti lo si mette sulla nutrizione e santificazione dei presenti (n.54). Certo Cristo istituì il Sacramento nell’ultima Cena e si pose in istato di vittima per unirci al suo stato vittimale; il fine propiziatorio però precede la manducazione e ha un antecedente e pieno valore redentivo, che deriva dalla immolazione cruenta di Cristo, tanto è vero che il popolo assistendo alla Messa non è tenuto a comunicarsi sacramentalmente (6).

    3) Finalità immanente. Qualunque sia la natura del sacrificio è essenziale che sia gradito a Dio e da lui accettabile ed accetto. Nello stato di peccato originale nessun sacrificio avrebbe diritto di essere accettabile. Il solo sacrificio che ha diritto di essere accettato è quello di Cristo. Ma nel Novus Ordo si snatura l’offerta in una specie di scambio di doni tra l’uomo e Dio; l’uomo porta il pane e Dio lo cambia in "pane di vita"; l’uomo porta il vino e Dio lo cambia in "bevanda spirituale": "Benedetto sei Tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane (o: questo vino) frutto della terra (o: della vite) e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna (o: bevanda di salvezza [in latino: potus spiritualis])" (7).

    Superfluo notare l’assoluta indeterminatezza delle due formule "pane di vita" e "bevanda di salvezza", che possono significare qualunque cosa. Ritroviamo qui l’identico e capitale equivoco della definizione della Messa: là il Cristo presente solo spiritualmente tra i suoi; qui pane e vino "spiritualmente" (e non sostanzialmente) mutati (8).

    Nella preparazione dell’offerta, un consimile gioco di equivoci è attuato con la soppressione delle due stupende preghiere.

    Il "Deus, qui humanae substantiae dignitatem mirabiliter condidisti et mirabilius reformasti - O Dio che in modo meraviglioso creasti la nobile natura dell’uomo, e più meravigliosamente ancora l’hai riformata", era un richiamo all’antica condizione di innocenza dell’uomo e alla sua attuale condizione di riscattato dal sangue di Cristo: ricapitolazione discreta e rapida di tutta l’economia* del Sacrificio, da Adamo all’attimo presente.

    L’altra preghiera soppressa, la finale offerta propiziatoria del calice affinché ascendesse "cum odore suavitatis - come soave profumo" al cospetto della maestà divina, di cui si implorava la clemenza, ribadiva mirabilmente questa economia di salvezza. Sopprimendo il continuo riferimento a Dio dalla prece eucaristica, non vi è più distinzione alcuna tra sacrificio divino e umano.

    Eliminando la chiave di volta bisogna costruire delle impalcature; sopprimendo le finalità reali se ne devono inventare di fittizie. Ed ecco questi gesti che, nella Nuova Messa, dovrebbero esprimere l’unione tra sacerdote e fedeli, o tra i fedeli stessi; ecco le offerte per i poveri e per la Chiesa che vengono a prendere il posto dell’Ostia da immolare. Tutto questo finirà presto nel ridicolo, mentre il senso originale dell’offerta dell’Unica Ostia verrà gradualmente cancellato: la partecipazione all’immolazione della Vittima diverrà una riunione di filantropi e un banchetto di beneficenza.



    IV

    Passiamo a considerare l’essenza del Sacrificio.

    Il mistero della Croce non vi è più espresso esplicitamente, ma in modo oscuro, velato, impercepibile dal popolo (9). Eccone le ragioni:

    1) Significato della "Preghiera eucaristica".

    Il senso dato nel Novus Ordo alla cosiddetta "Prex eucaristica - Preghiera eucaristica" è: "che tutta l’assemblea [dei fedeli] si unisca insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e nell’offrire il sacrificio". (n. 54, fine).

    Di quale sacrificio si tratta? Chi è l’offerente? Nessuna risposta a questi interrogativi. La definizione introduttiva della "Preghiera eucaristica" è questa: "A questo punto inizia il momento centrale e culminante dell’intera celebrazione, vale a dire la Preghiera eucaristica, cioè la preghiera di azione di grazie e di santificazione" (n.54, pr.). Gli effetti sono dunque sostituiti alle cause, di cui non si dice una sola parola. La menzione esplicita del fine dell’offerta, che era nel Suscipe Sancte Pater* , non è sostituita da nulla. Il mutamento di formulazione rivela il mutamento di dottrina.

    2) Il sacrificio eucaristico e la presenza di Cristo.

    La causa di questa non-esplicitazione del Sacrificio è, né più né meno, la soppressione del ruolo centrale della Presenza Reale, prima così lampante nella liturgia eucaristica. Ve ne è una sola menzione - unica citazione, in nota, dal Concilio di Trento - ed è quella che si riferisce alla Presenza Reale come nutrimento (n.241, nota 69). Alla Presenza Reale e permanente di Cristo in Corpo, Sangue, Anima e Divinità nelle Specie transustanziate non si allude mai. La stessa parola "transustanziazione" è totalmente ignorata.

    La soppressione della invocazione alla terza Persona della SS.ma Trinità (Veni sanctificator), onde scendesse sopra le oblate come già discese nel grembo della Vergine a compiervi il miracolo della Divina Presenza, si inserisce in questo sistema di silenzi e di tacite negazioni, ancor più, di negazioni a catena della Presenza Reale.

    L’eliminazione poi:

    – delle genuflessioni (non ne restano che tre del sacerdote e una, con eccezioni, del popolo, alla Consacrazione);

    – della purificazione delle dita del sacerdote nel calice;

    – della preservazione delle stesse dita da ogni contatto profano dopo la Consacrazione;

    – della purificazione dei vasi, che può essere non immediata, e non fatta sul corporale;

    – della palla a protezione del Preziosissimo Sangue nel calice;

    – della doratura interna dei vasi sacri;

    – della consacrazione dell’altare mobile;

    – della pietra sacra e delle reliquie nell’altare mobile e sulla "mensa", quando la celebrazione non avvenga in luogo sacro (la distinzione ci porta diritti alle "cene eucaristiche" in case private);

    – delle tre tovaglie d’altare, ridotte a una sola;

    – del ringraziamento in ginocchio (sostituito da un grottesco ringraziamento del sacerdote e dei fedeli seduti, aberrante compimento della irriverente Comunione in piedi);

    – di tutte le antiche prescrizioni nel caso di caduta dell’Ostia consacrata, ridotte a un quasi sarcastico "si raccolga con rispetto" (n.239);


    tutto ciò non fa che ribadire in modo oltraggioso l’implicito ripudio della fede nel dogma della Presenza Reale.

    3) La funzione assegnata all’altare (n.262).

    L’altare è quasi costantemente chiamato mensa (10). "L’altare, o mensa del Signore, che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica" (n. 49; cfr. anche n. 262). Si specifica che l’altare deve essere staccato dalle parete perché vi si possa girare intorno e la celebrazione possa farsi verso il popolo (n.262); si precisa che esso deve essere il centro della congregazione dei fedeli così che l’attenzione si volga spontaneamente ad esso (ibid.). Ma il confronto fra i nn. 262 e 276 sembra escludere nettamente che il SS.mo Sacramento possa essere conservato su questo altare. Ciò segnerà una dicotomia* irreparabile tra la presenza, nel celebrante, del Sommo ed Eterno Sacerdote e quella stessa Presenza realizzata sacramentalmente. Prima esse erano un’unica presenza (11).

    Ora si raccomanda di conservare il SS.mo in un luogo appartato, ove possa esplicarsi la devozione privata dei fedeli, quasi si trattasse di una qualsiasi reliquia, sicché entrando in chiesa non sarà più il Tabernacolo ad attirare immediatamente gli sguardi, ma una mensa spoglia e nuda. Si oppone ancora una volta pietà privata a pietà liturgica, si drizza altare contro altare.

    Nella raccomandazione insistente di distribuire nella comunione le Specie Consacrate nella stessa Messa, anzi di consacrare un pane di grandi dimensioni (12), così che il sacerdote possa dividerlo con una parte almeno dei fedeli, è ribadito lo sprezzante atteggiamento verso il Tabernacolo come verso tutta la pietà eucaristica fuori della Messa: altro strappo violento alla Fede nella Presenza Reale sinché durino le Specie consacrate (13).

    4) Le formule consacratorie.

    L’antica formula della Consacrazione era una formula propriamente sacramentale, e non narrativa, indicata soprattutto da tre cose:

    a) il testo della Scrittura, non ripreso alla lettera; l’inserto paolino "mysterium fidei - mistero della fede" era una confessione immediata di fede del sacerdote nel mistero realizzato dalla Chiesa per mezzo del suo sacerdozio gerarchico;

    b) la punteggiatura e il carattere tipografico; vale a dire il punto fermo e daccapo, che segnava il passaggio dal modo narrativo al modo sacramentale e affermativo, e le parole sacramentali in carattere più grande, al centro della pagina e spesso di diverso colore, nettamente staccate dal contesto storico. Il tutto dava sapientemente alla formula un valore proprio, un valore autonomo;

    c) l’anamnesi* ("Haec quotiescumque feceritis in mei memoriam facietis - Ogni qualvolta farete questo lo farete in memoria di me", che in greco suona: "eis tén emòu anàmnesin" - "volti alla mia memoria"). Essa si riferiva al Cristo operante e non alla semplice memoria di lui o dell’evento: un invito a ricordare ciò che egli fece ("haec... in mei memoriam facietis") e come egli lo fece, e non soltanto la sua persona o la cena. La formula paolina oggi sostituita all’antica ("hoc facite in meam commemorationem - fate questo in memoria di me"), proclamata come sarà quotidianamente nelle lingue volgari, sposterà irrimediabilmente, nella mente degli ascoltatori, l’accento sulla memoria del Cristo come termine dell’azione eucaristica, mentre essa ne è il principio. L’idea finale di commemorazione prenderà ben presto il posto dell’idea di azione sacramentale (14).

    Il modo narrativo è ora sottolineato dalla formula "narratio institutionis - racconto dell’istituzione" (n.55d), e ribadito dalla definizione della anamnesi, dove si dice che "la Chiesa celebra la memoria di Cristo" (n.55e).

    In breve: la teoria proposta per l’epiclesi*, la modificazione delle parole della Consacrazione e dell’anamnesi, hanno come effetto di modificare il modus significandi delle parole della Consacrazione. Le formule consacratorie sono ora pronunciate dal sacerdote come costituenti una narrazione storica e non più enunciate come esprimenti un giudizio categorico e affermativo proferito da Colui nella cui persona egli agisce: "Hoc est Corpus meum - Questo è il mio corpo" (e non "Hoc est Corpus Christi - Questo è il corpo di Cristo") (15).

    L’acclamazione, poi, assegnata al popolo subito dopo la Consacrazione: ("Annunciamo la tua morte, Signore… nell’attesa della tua venuta") introduce, travestita di escatologismo**, l’ennesima ambiguità sulla Presenza Reale. Si proclama, dopo le parole della consacrazione, senza soluzione di continuità, l’attesa della venuta seconda del Cristo alla fine dei tempi proprio nel momento in cui egli è veramnete, realmente e sostanzialmente presente sull’altare: quasi che quella, e non questa, fosse la vera venuta.

    Ciò è ancor più accentuato nella formula di acclamazione facoltativa n.2 (Appendix): "Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta", dove le diverse realtà di immolazione e manducazione, e quelle di Presenza Reale e secondo avvento del Cristo, raggiungono il massimo dell’ambiguità (16).



    V

    Veniamo ora ai singoli elementi concreti del Sacrificio.

    Erano quattro gli elementi del sacrificio, nell’ordine: 1) il Cristo; 2) il sacerdote; 3) la Chiesa; 4) i fedeli.

    1. I fedeli. Nel Novus Ordo la posizione attribuita ai fedeli è autonoma (ab-soluta), quindi totalmente falsa: dalla definizione iniziale: "La Messa è la sacra sinassi o la riunione del Popolo di Dio", al saluto del sacerdote al popolo, che esprimerebbe alla comunità riunita la "presenza" del Signore (n.28): "Il saluto sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radunata". Si tratta dunque di vera presenza di Cristo, ma solo spirituale, e del mistero della Chiesa, ma come pura assemblea che manifesta e sollecita tale presenza.

    Ciò si ripete ovunque: il carattere comunitario della Messa ossessivamente ribadito (nn. 74-152); l’inaudita distinzione tra "Messa con il popolo" e "Messa senza popolo" (nn. 77 e 209); la definizione della "preghiera universale o dei fedeli" (n.45), ove si sottolinea ancora una volta l’"ufficio sacerdotale" del popolo ("popolo che esercita la sua funzione sacerdotale") presentato in modo equivoco perché ne viene taciuta la subordinazione a quello del sacerdote; tanto più che, nella vecchia Messa, questi si fa interprete, nella sua qualità di mediatore consacrato, di tutte le intenzioni del popolo nel Te igitur e nei due Memento.

    Nella "Prex eucharistica III" ("Vere sanctus") è addirittura detto al Signore:"continui a radunare intorno a te un popolo, che [in latino: ut = affinché] da un confine all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto": ove il che fa pensare che l’elemento indispensabile alla celebrazione sia il popolo anziché il sacerdote; e poiché non è precisato neppur qui chi sia l’offerente (17), il popolo stesso appare investito di poteri sacerdotali autonomi.

    Di questo passo non stupirebbe l’autorizzazione al popolo, tra qualche tempo, di congiungersi al sacerdote nella pronuncia delle formule consacratorie (ciò che del resto sembra già accada, qua e là)!

    2. Il sacerdote. La posizione del sacerdote è minimizzata, alterata, falsata. Prima in funzione del popolo di cui egli è caratterizzato per lo più come mero presidente o fratello (non mediatore) anziché come ministro consacrato che celebra in persona Christi. Poi in funzione della Chiesa, in quanto è presentato come "qualcuno del popolo". Nella definizione della epiclesi (n.55c) le invocazioni sono attribuite anonimamente alla Chiesa: il ruolo del sacerdote è dissolto.

    Nel Confiteor divenuto collettivo egli non è più giudice, testimone e intercessore presso Dio; è logico dunque che non gli sia più dato di impartire l’assoluzione, che è stata infatti soppressa. Egli è "integrato" ai fratres. Persino il chierichetto lo chiama così nel Confiteor della "Messa senza il popolo".

    Già prima di quest’ultima riforma era stata soppressa la significativa distinzione tra la Comunione del sacerdote - il momento in cui, per così dire, il Sommo ed Eterno Sacerdote e colui che agiva in sua persona si fondevano in intimissima unione (nella quale era il compimento del Sacrificio) - e quella dei fedeli.

    Non più una parola ormai sul suo potere di sacrificatore, sul suo atto consacratorio, sulla realizzazione per suo mezzo della Presenza eucaristica. Egli appare nulla più che un ministro protestante.

    La sparizione o l’uso facoltativo di molti paramenti (in certi casi càmice e stola bastano - n. 298) vanificano ancor più l’originale conformazione al Cristo: il sacerdote non è più rivestito di tutte le virtù di Lui; egli è un semplice "graduato" che uno o due segni distinguono appena dalla massa (18): ("un po’ più uomo degli altri" per citare la formula involontariamente umoristica di un moderno predicatore (19).

    Di nuovo si separa ciò che Dio ha unito: come si è separato il tabernacolo dall’altare della Messa, così si scinde il Sacerdozio unico del Verbo di Dio dal sacerdozio dei suoi ministri consacrati.

    3. La Chiesa. Infine la posizione della Chiesa di fronte al Cristo. In un solo caso, quello della "Messa senza popolo" ci si degna di ammettere che la Messa è "Azione di Cristo e della Chiesa" (n.4, cfr. Presb. Ord. n.13), mentre nel caso della "Messa con il popolo" non si accenna che allo scopo di "far memoria di Cristo" e santificare i presenti. "Il Sacerdote celebrante (…) si associa al popolo (…) nell’offerta del sacrificio a Dio Padre per Cristo nello Spirito Santo" (n.60), anziché associare il popolo a Cristo che offre se stesso "a Dio Padre per mezzo dello Spirito Santo".

    S’inseriscono in questo contesto: la gravissima omissione delle clausole "Per Christum Dominum nostrum", garanzia di esaudimento data alla Chiesa di tutti i tempi (Giov. 14, 13-14; 15, 16; 16, 23-24); l’ossessivo "paschalismo": quasi che la comunicazione della grazia non presentasse altri aspetti altrettanto importanti; l’escatologismo dubbio e maniaco, in cui la comunicazione di una realtà, la grazia, che è permanente ed eterna, è ricondotta alla dimensione del tempo: popolo in marcia, chiesa peregrinante - non più militante, si badi contro il Potere delle tenebre - verso un futuro che non è più vincolato all’eterno (quindi anche all’eterno presente) ma a un vero e proprio avvenire temporale.

    La Chiesa - Una, Santa, Cattolica, Apostolica - è umiliata come tale nella formula che, nella "Preghiera eucaristica IV", ha sostituito la preghiera del Canone romano "per tutti i cultori ortodossi della fede cattolica e apostolica". Ora essi sono, né più né meno "tutti gli uomini che ti cercano con cuore sincero"…!

    Così, nel Memento dei morti, questi non sono più trapassati "col segno della fede e dormono il sonno della pace", ma semplicemente "sono morti nella pace del tuo Cristo"; ad essi si aggiunge, con nuovo e patente scapito del concetto di unitarietà e visibilità, la turba di "tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede".

    In nessuna delle tre nuove preci, poi, vi è il minimo cenno, come già si è detto, allo stato di sofferenza dei trapassati, in nessuna la possibilità di un Memento particolare: il che, ancora una volta, snerva la fede nella natura propiziatoria e redentiva del Sacrificio (20).

    Omissioni dissacranti avviliscono ovunque il Mistero della Chiesa. Esso è misconosciuto innanzi tutto come sacra gerarchia apostolica, non essendo più menzionati Pietro e Paolo; Angeli e Santi sono ridotti all’anonimato nella seconda parte del Confiteor collettivo; sono scomparsi come testimoni e giudici, nella persona di Michele, dalla prima (21). Scomparse anche le varie Gerarchie Angeliche (e ciò è senza precedenti) dal nuovo Prefazio della "Preghiera eucaristica II". Soppressa nel Comunicantes la memoria dei Pontefici e dei Santi Martiri su cui la Chiesa di Roma è fondata, che furono senza dubbio i trasmettitori delle tradizioni apostoliche e le completarono in ciò che divenne, con S. Gregorio, la Messa romana. Soppressa, nel Libera nos, la menzione della B. Vergine, degli Apostoli e di tutti i Santi: la sua e loro intercessione non è quindi più chiesta neppure nel momento del pericolo.

    L’unità della Chiesa è compromessa fino all’intollerabile omissione, nell’intero Ordo, comprese le tre nuove "Preghiere" (e con la sola eccezione del Communicantes del Canone romano), dei nomi degli Apostoli Pietro e Paolo, fondatori della Chiesa di Roma, nonché dei nomi degli altri Apostoli, fondamento e segno della Chiesa unica e universale.

    Chiaro attentato al dogma della Comunione dei Santi è la soppressione, quando il sacerdote celebri senza inserviente, di tutte le salutationes e della benedizione finale; e anche dell’Ite Missa est (22), nella messa celebrata col solo inserviente (nn. 211 e 231).

    Il confiteor, recitato dal solo sacerdote, mostrava chiaramente che egli, in veste di ministro di Cristo, profondamente inclinato, si riconosceva indegno di celebrare il "tremendo mistero" e persino (cfr. la preghiera Aufer a nobis) di entrare nel Santo dei Santi; per cui invocava (con la preghiera Oramus te Domine) i meriti e l’intercessione dei santi martiri di cui l’altare racchiudeva le reliquie. Entrambe le preghiere sono state soppresse! Vale qui ciò che già è stato detto per il doppio Confiteor e per la Comunione del sacerdote distinta da quella dei fedeli.

    Sono profanate le condizioni del Sacrificio come segno di una cosa sacra: vedi ad esempio, la celebrazione fuori del luogo sacro nel qual caso l’altare può essere sostituito da una semplice "mensa" senza pietra consacrata né reliquie, con una sola tovaglia (nn. 260, 265). Anche qui vale quanto già detto a proposito della Presenza Reale: si dissocia il nudo rito del "convivium" e sacrificio dalla stessa Presenza Reale adorabile del Corpo e del Sangue di Cristo.

    La desacralizzazione è perfezionata grazie alle nuove, grottesche modalità dell’offerta; l’accenno al pane anziché all’azzimo, la facoltà, data persino ai chierichetti (nonché ai laici nella comunione sotto entrambe le specie) di toccare i vasi sacri (n.244d); la inverosimile atmosfera che si creerà nella chiesa ove si alterneranno senza tregua sacerdote, diacono, suddiacono, salmista, commentatore (il sacerdote stesso par divenuto tale, continuamente incoraggiato com’è a "spiegare" ciò che sta per compiere), lettori (uomini e donne) chierici o laici che accolgono i fedeli alla porta e li accompagnano ai loro posti, fanno la colletta, portano e smistano offerte; e, in tanto delirio scritturistico, la presenza antiveterotestamentaria, antipaolina (1 Cor. 14,34; I Tim. 2,11-12) della "mulier idonea - donna ben preparata" che, per la prima volta nella tradizione della Chiesa, sarà autorizzata a leggere le lezioni e adempiere anche ad altri "ministeri che si compiono fuori del presbiterio" (n.70). Infine la mania concelebratoria, che finirà di distruggere la pietà eucaristica del sacerdote e di obnubilare la figura centrale del Cristo, unico Sacerdote e Vittima, e dissolverla nella presenza collettiva dei concelebranti (23).



    VI

    Ci siamo limitati ad un sommario esame del Novus Ordo, nelle sue deviazioni più gravi dalla teologia della Messa cattolica. Le osservazioni fatte sono soltanto quelle che hanno un carattere tipico. Una valutazione completa delle insidie, dei pericoli, degli elementi spiritualmente e psicologicamente distruttivi che il documento contiene, sia nei testi come nelle rubriche e nelle istruzioni, richiederebbe ben altra mole di lavoro.

    Poiché furono criticati ripetutamente e autorevolmente nella loro forma e sostanza, abbiamo sorvolato sui nuovi canoni, di cui il secondo (24) ha immediatamente scandalizzato i fedeli per la sua brevità. Di esso si è potuto scrivere, tra molte altre cose, che può essere celebrato in piena tranquillità di coscienza da un prete che non creda più né alla transustanziazione né alla natura sacrificale della Messa, e che quindi si presterebbe benissimo anche alla celebrazione da parte di un ministro protestante.

    Il nuovo Messale fu presentato a Roma come "ampio materiale pastorale", "testo più pastorale che giuridico", su cui le Conferenze Episcopali avrebbero potuto operare secondo le circostanze e il genio dei vari popoli. Del resto, la I sezione della nuova Congregazione per il Culto Divino sarà responsabile "dell’edizione e della costante revisione dei libri liturgici".

    Scrive l’ultimo bollettino ufficiale degli Istituti Liturgici di Germania, Svizzera e Austria (25): "i testi latini dovranno ora esser tradotti nelle lingue dei vari popoli; lo stile "romano" dovrà essere adattato all’individualità delle Chiese locali; ciò che fu concepito al di fuori del tempo deve essere trasportato nel mutevole contesto di situazioni concrete, nel flusso costante della Chiesa universale e delle sue miriadi di congregazioni".

    La Costituzione Apostolica stessa dà il colpo di grazia alla lingua universale (in contrasto con la volontà espressa nel Concilio Vaticano II) affermando senza equivoci che "in tanta varietà di lingue, salirà (…) una sola (?) e identica preghiera".

    La morte del latino è data dunque per scontata; quella del gregoriano, che pure il Concilio riconobbe "il canto proprio della liturgia romana" (Sacros. Conc., n.116), ordinando che "tenga il primo posto" (ibid.), ne consegue logicamente, con la libera scelta, tra l’altro, dei testi dell’Introito e del Graduale.

    Il nuovo rito è dato quindi in partenza come pluralistico e sperimentale, legato al tempo e al luogo. Spezzata così per sempre l’unità di culto, in che cosa consisterà ormai quell’unità di fede che ne conseguiva e di cui sempre si parla come della sostanza da difendere senza compromissioni?

    È evidente che il Novus Ordo non vuole più rappresentare la fede tridentina. A questa fede, nondimeno, la coscienza cattolica è vincolata in eterno. Il vero cattolico, qualunque sia la sua condizione e funzione, è dunque posto, dalla promulgazione del Novus Ordo, in una tragica necessità di opzione.

    VII

    La Costituzione accenna esplicitamente a una ricchezza di pietà e di dottrina mutuata nel Novus Ordo dalle Chiese di Oriente. Il risultato appare tale da respingere inorridito il fedele di rito orientale, tanto lo spirito ne è, più che remoto, addirittura opposto. A che si riducono queste scelte ecumeniche? In sostanza, alla molteplicità delle anafore* (non certo alla loro bellezza e complessità), alla presenza del diacono e alla comunione sotto le due specie. Per contro, pare si sia voluto eliminare deliberatamente tutto quanto, nella liturgia romana, era più prossimo all’orientale (26) e, rinnegando l’inconfondibile ed immemorabile carattere romano, abdicare a ciò che più gli era proprio e spiritualmente prezioso. Lo si è sostituito con elementi che soltanto a certi riti riformati (e nemmeno a quelli più prossimi al cattolicesimo) lo avvicinano degradandolo, mentre vieppiù ne allontaneranno l’Oriente, come l’hanno già allontanato le ultime riforme.

    In compenso, esso piacerà sommamente a tutti quei gruppi, vicini alla apostasia, che devastano la Chiesa inquinandone l’organismo, intaccandone l’unità dottrinale, liturgica, morale e disciplinare in una crisi spirituale senza precedenti.

    VIII

    San Pio V curò l’edizione del Missale romanum affinché (come la stessa Costituzione ricorda) fosse strumento di unità tra i cattolici. In conformità alle prescrizioni del Concilio Tridentino esso doveva escludere ogni pericolo, nel culto, di errori contro la fede, insidiata allora dalla Riforma protestante. Così gravi erano i motivi del Santo Pontefice che mai come in questo caso appare giustificata, quasi profetica, la sacra formula che chiude la Bolla di promulgazione del suo Messale: "Se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo" (Quo primum , 13 luglio 1570) (27).

    Eppure si è avuto l’ardire di affermare, presentando ufficialmente il Novus Ordo alla Sala Stampa del Vaticano, che le ragioni del Tridentino non sussistono più.

    Non solo esse sussistono ancora, ma ne esistono oggi, non esitiamo a dirlo, di infinitamente più gravi. Proprio facendo fronte alle insidie che minacciavano di secolo in secolo la purezza del deposito ricevuto ("custodisci il deposito, evitando le profane novità di espressione", I Tim. 6, 20), la Chiesa dovette erigergli intorno le difese ispirate delle sue definizioni dogmatiche e dei suoi pronunciamenti dottrinali. Essi ebbero ripercussione immediata nel culto, che divenne il monumento più completo della sua fede.

    Volere ad ogni costo riportare questo culto all’antico, rifacendo freddamente, in vitro, quel che in antico ebbe la grazia della spontaneità primigena, secondo quell’"insano archeologismo" così tempestivamente e lucidamente condannato da Pio XII (28), significa - come purtroppo si è visto - smantellarlo di tutte le sue difese teologiche oltre che di tutte le bellezze accumulate nei secoli (29), e proprio in uno dei momenti più critici, forse il più critico che la storia della Chiesa ricordi.

    Oggi, non più all’esterno, ma all’interno stesso della cattolicità l’esistenza di divisioni e scismi è ufficialmente riconosciuta (30); l’unità della Chiesa non è più soltanto minacciata ma già tragicamente compromessa (31) e gli errori contro la fede non solo s’insinuano, ma s’impongono attraverso abusi ed aberrazioni liturgiche ugualmente riconosciute (32). L’abbandono di una tradizione liturgica che fu per quattro secoli segno e pegno di unità di culto per sostituirla con un’altra - che non potrà non essere segno di divisione per le licenze innumerevoli che implicitamente autorizza, e che pullula essa stessa di insinuazioni o di errori palesi contro la purezza della fede cattolica - appare, volendo definirlo nel modo più mite, un incalcolabile errore.



    Corpus Domini 1969

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    Il funerale di uno pseudo-papa comunque non reca grande lustro alla Città eterna.

    GUelfo Nero

 

 
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