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Discussione: Il motore non riparte

  1. #1
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    Predefinito Il motore non riparte

    L'industria va male NONOSTANTE CI SIANO SCORTE BASSE (che di solito portano ad un aumento della produzione...)

    Industria, il motore non riparte
    Nel primo trimestre 2005 la produzione manifatturiera è rimasta ferma e sono peggiorate le prospettive di crescita del Pil per l'anno in corso. Gli indicatori congiunturali puntano al ribasso, a cominciare dagli ordini alle imprese, mentre si confermano deboli le componenti della domanda, dai consumi agli investimenti alle esportazioni.


    di Michele De Gaspari


    Se la contrazione dell'attività produttiva nell 'ultimo trimestre 2004 (-1,3% congiunturale) non poteva essere certo un buon auspicio per la prima parte del 2005, le attese degli operatori per un recupero della produzione indotto dalla ricostituzione delle scorte di magazzino - dopo alcuni trimestri di variazioni neagtive in termini di contributo al Pil - non sembravano per contro infondate, ma il risultato dei mesi iniziali di quest'anno è ancora una volta deludente. L'industria ha confermato, infatti, il calo tendenziale, soprattutto a causa delle sfavorevoli performance dei settori del made in Italy, dal sistema moda all'arredo, e dell'auto fra i mezzi di trasporto.

    La necessità di recuperare terreno da parte delle imprese non è stata, dunque, sufficiente a far invertire la rotta al negativo andamento dell'attività manifatturiera in atto ormai da un quadriennio. La decelerazione della domanda internazionale, dopo una fase di crescita a ritmi molto sostenuti, ha penalizzato in misura maggiore l'industria italiana, che conferma la perdita di competitività e di quote di mercato in un contesto di ulteriore rafforzamento dell'euro. In difficoltà è principalmente la produzione di beni di consumo, a cominciare da quella di beni semidurevoli, i più colpiti dalla debolezza della domanda e dalla concorrenza delle merci a basso costo, dal tessile-abbigliamento alle calzature e ai prodotti per la casa.

    Il nuovo cedimento del clima di fiducia delle imprese manifatturiere nel primo scorcio del 2005 è la risultante dei giudizi negativi sulle prospettive degli ordini e della produzione espressi dai produttori di beni intermedi e di quelli di consumo, mentre i beni di investimento mostrano qualche segno di recupero. Si confermano, in particolare, sfavorevoli i giudizi sull'evoluzione corrente e a breve termine (tre-quattro mesi) della produzione industriale in tutti i principali settori. Un minore pessimismo sembra, per contro, caratterizzare le attese dei produttori di beni strumentali, come risulta dall'andamento degli ordini di macchinari e attrezzature, oltre che dalle previsioni sulla domanda di mezzi di trasporto.


    Rallenta l'export, è ferma la domanda interna

    Lo stato di debolezza dell'attività industriale spiega in gran parte la sensibile frenata del Pil italiano (-0,4% congiunturale) nel quarto trimestre 2004, su cui ha influito il rallentamento delle esportazioni, in presenza di una ridotta dinamica della domanda interna. A partire dai mesi primaverili del 2001 - e quindi da circa quattro anni - la produzione manifatturiera non ha mai mostrato reali segni di ripresa, che invece hanno interessato nell'ultimo anno e mezzo i nostri maggiori partner (e concorrenti) nell'area dell'euro, come Germania e Francia, favoriti dall'accelerazione dell'export mondiale, da cui l'Italia è stata solo sfiorata.

    La produzione industriale in tutta la seconda parte del 2004 ha messo in evidenza un trend in lieve ma costante declino, sottolineato dalle flessioni consecutive registrate nei mesi finali dell'anno, sulle quali ha senza dubbio influito la decelerazione delle vendite all'estero. E nemmeno il primo scorcio del 2005 sembra indicare un'inversione di rotta. A livello settoriale, prevale in circa la metà dei comparti manifatturieri una sostanziale stabilità della posizione ciclica; ma in alcuni di essi, molto rilevanti - elettrotecnica ed elettronica, mezzi di trasporto, tessile-abbigliamento, pelli, cuoio e calzature - il profilo congiunturale appare in significativo peggioramento.

    Nel primo trimestre 2005 l'attività produttiva, secondo i dati ancora provvisori e parzialmente stimati, è rimasta pressoché invariata sui livelli dell'ultimo quarto dello scorso anno. Il quadro della congiuntura è molto deludente, perché le quantità prodotte (già modeste) continuano a mostrare contrazioni nei confronti tendenziali, sia nei dati grezzi che in quelli corretti per i giorni lavorativi; e il profilo dell'industria rimane caratterizzato da una situazione di sempre diffusa debolezza. I recenti episodici spunti positivi hanno rappresentato, pertanto, un rimbalzo fisiologico e non una duratura inversione di tendenza. Se si guarda, poi, agli indicatori qualitativi e al flusso di nuovi ordini, anche il secondo trimestre rischia un ulteriore indebolimento dei volumi produttivi.

    13 aprile 2005

  2. #2
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    Secondo il Fondo, perdiamo competitività e quote di mercato anche rispetto alla Francia e alla Germania

    Fmi, per l'Italia stime al ribasso
    nel 2005: Pil 1,2%, deficit 3,5%

    La crescita mondiale per l'anno in corso sarà dl 4,3%
    Nei Paesi dell'area euro si prevede un +1,6%

    ROMA - A fine anno la crescita del Pil in Italia sarà solo dell'1,2% e salirà al 2% nel 2006. Sono le nuove stime del Fondo monetario internazionale che, nell'Outlook semestrale pubblicato oggi a Washington, ha rivisto al ribasso le stime del Paese rispetto a quelle dell'1,4%-2,7% del precedente Outlook di settembre. Rivista in senso deteriore anche la stima sul rapporto deficit/Pil, che secondo l'Fmi sfonderà il tetto del 3% nel 2005 portandosi al 3,5% e nel 2006 al 4,3%.

    Revisione al ribasso anche per l'inflazione che scende per 2005 e 2006 all'1,8% rispetto alla precedente stima di 2% per quest'anno e 2,1% per l'anno prossimo. Migliorano le prospettive del tasso di disoccupazione atteso all'8% nel 2005 e al 7,6% nel 2006, le precedenti stime prevedevano rispettivamente 8,3% e 8,2%.

    Nel rapporto di primavera il Fondo non dà indicazioni specifiche sull'Italia se non offrire un confronto con la Germania e la Francia sulla performance delle esportazioni. Dalla fotografia emerge la conferma della perdita di competitività dell'Italia rispetto ai due principali partner dell'eurozona. L'Italia ha registrato la più significativa perdita di quote di mercato negli ultimi anni, ha il costo del lavoro per unità di prodotto più alto ed ha anche la più bassa percentuale di esportazioni, in rapporto al totale delle export, nel comparto dell'high tech.

    La crescita prevista per l'Italia nell'anno in corso è inferiore a quella, già bassa, prevista per i Paesi dell'area euro, +1,6% (meno 0,6 punti percentuali rispetto alle stime fornite lo scorso settembre). Per il 2006 il Pil nell'area euro, secondo l'Fmi, dovrebbe crescere del 2,3%.

    I tecnici di Washington hanno invece migliorato di 0,1 punti percentuali le previsioni per gli Usa, che cresceranno sia quest'anno che il prossimo a un ritmo del 3,6% annuo.

    Quanto al dato globale, il Pil mondiale rallenterà nel
    2005 rispetto al 5,1% dello scorso anno. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, l'economia mondiale registrerà un progresso del 4,3% quest'anno, con Stati uniti e Cina (+3,6% e 8,5%) che traineranno la ripresa, compensando in parte il rallentamento di Europa e Giappone (+1,8%).

    (13 aprile 2005)

  3. #3
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    Per quest'anno la
    crescita italiana segnera un
    aumento dello 0,7-0,8% del Pil.

    Questo significa che nel
    periodo 2002-2005 (anche l'anno in corso quindi)
    l'economia sara complessivamente
    cresciuta del 2,5%, in quattro anni!!!!!

    Cio significa lo 0,6% all'anno!!!!

    Teniamo presente che l'economia
    guida del mondo occidentale,
    quella USA, è cresciuta lo scorso
    anno del 4,4% , nel 2003 del 3,1%
    nel 2002 del 2%, e quest'anno, secondo stime credibili, del 3,5%.

    In quattro anni significa del 13%, contro
    il 2,5% dell'Italia!!!!!!!!!!!

    RENDIAMOCI CONTO DEL BARATRO
    NEL QUALE SIAMO CADUTI!!!!!!!!!!!

  4. #4
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    Il Sole
    Cattive notizie per l'Italia anche dal Fmi
    Al 3,5% il rapporto deficit/pil per il 2005 e al 4,3% nel 2006.
    di P. F.


    Il Fondo monetario internazionale ribadisce la sua preoccupazione per il livello eccessivo, e crescente, del deficit pubblico italiano che, in assenza di interventi, salirà dal 3,5% di quest'anno al 4,3% del 2006, con il debito pubblico che, per la prima volta dal 1995 potrebbe tornare a salire passando dal 105,4% del Pil previsto per quest'anno al 105,5% del prossimo. Limitata la crescita dell'economia, che passerà dall'1,2% al 2%, inferiore rispetto all'1,6% e al 2,3% previsti per l'area-euro. «In Italia si prevede che il deficit di bilancio aumenti in modo sostanziale» si legge nel rapporto del Fmi, che sollecita anche un «passo piu' veloce sul risanamento dei conti pubblici per i Paesi che presentano posizioni di bilancio deboli». Un risanamento - puntualizzano gli economisti guidati da Raghuram Rajan - «che dovrà essere basato su misure di alta qualità». In quest'ottica la riforma del Patto di stabilità e crescita varata lo scorso 20 marzo dall'Ecofin riceve un giudizio critico e non fa venir meno l'esigenza di rigore finanziario.

    Ecco, nella tabella, le previsioni del Fondo monetario internazionale per l'Italia confrontate con le precedenti del settembre 2004:


    2005 2006
    Pil 1,2 (1,9) 2,0
    Inflazione 1,8 (2,0) 1,8
    Disoccupazione 8,0 (8,2) 7,6
    Deficit-Pil 3,5 (2,8) 4,3
    Debito-Pil 105,4 (104,2) 105,5


    La fase di espansione dell'economia globale resta in atto, nonostante la minaccia dei prezzi del petrolio, ma la spinta si fa anche sempre più squilibrata fra i vari Paesi. Questa la diagnosi del Fondo monetario internazionale, che nel « World Economic Outlook» diffuso il 13 aprile ha confermato al 4,3% le stime di crescita globali per quest'anno e fissato al 4,4% le proiezioni sul 2006. Stati Uniti e Cina trainano la ripresa, dopo il breve passaggio a vuoto sperimentato nella seconda parte del 2004, mentre Giappone ed Europa continuano ad arrancare.

    La frenata dell'economia negli ultimi mesi del 2004, sottolinea il Fondo, «è stata accompagnata da un significativo calo della produzione industriale e dal commercio internazionale e ha riflettuto sia un ritorno a tassi di crescita più sostenibili, sia l'impennata del prezzo del petrolio». Le ultime indicazioni macroeconomiche suggeriscono però un'inversione di tendenza che rende l'organismo di Washington moderatamente fiducioso per il 2005.

    Il quadro generale nasconde tuttavia una serie di squilibri fra le regioni e con esse alcuni fattori critici, che potrebbero pesare in misura non indifferente in un'ottica temporale più allargata. L'espansione è infatti diventata «meno omogenea», con gli Stati Uniti (le cui previsioni di crescita sono state alzate al 3,6% per 2005 e confermate allo stesso livello per il 2006) e la Cina, quasi inarrestabile (+8,5% e +8% nei due anni), nonostante le strette monetarie adottate di recente. Queste prove di forza contrastano però con l'andamento deludente di Europa (dove le proiezioni sono state abbassate all'1,6% dal 2,2% per il 2005 e fissate al 2,3% nel 2006) e Giappone (0,8% e 1,9%), il cui passo resta eccessivamente condizionato dalla debolezza della domanda interna e legato quasi esclusivamente all'export.

    Una crescita globale simile, pericolosamente dipendente da Stati Uniti e Cina, contribuisce secondo l'Fmi ad acuire problemi ormai cronici come il deficit corrente statunitense (responsabile anche della debolezza del dollaro) e di conseguenza a far pendere la bilancia dei rischi verso il basso. Un eventuale ulteriore rialzo del prezzo del petrolio e condizioni finanziarie meno favorevoli (con un generale rialzo dei tassi a lungo termine) potrebbero infatti «condizionare la domanda interna statunitense» e porre rischi alla crescita globale, che diventerebbero ancora più seri in caso di simultaneo rallentamento della Cina.


    13 aprile 2005

  5. #5
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    Si prospettano due anni neri per i conti pubblici italiani. Vincenzo Guzzo, economista di Morgan Stanley, ha calcolato che sia nel 2005 sia nel 2006, il rapporto deficit/Pil italiano sfonderà (e anche di un bel po’) il target del 3% fissato dal Patto di Stabilità. In base alle ultime proiezioni dell’economista si passerà da un 3,7% stimato per quest’anno al 5% o anche di più nel prossimo.

    Oltre all’andamento debole dell’economia (Morgan Stanley stima che quest’anno il Pil italiano non andrà oltre lo 0,8%) ci sono altri due fattori che remano contro il raggiungimento degli obiettivi di Maastricht. Primo fra tutti, la maggiore flessibilità del Patto di Stabilità varato recentemente dall’Ecofin. Secondo Guzzo, è infatti talmente lunga la lista dei cosiddetti ‘fattori rilevanti’ che possono giustificare uno sforamento del 3%, che in futuro sarà difficile trovarsi di fronte ad un Paese dell’eurozona con un deficit eccessivo.


    Detto questo, c’è poi un altro fattore squisitamente italiano che spinge nella direzione di un peggioramento della situazione, ovvero la perdita di consensi del centro-destra al governo durante le ultime elezioni regionali. Ad un anno dalle elezioni politiche - sottolinea Guzzo – la coalizione al governo sfodererà tutte le armi a disposizione per riacquistare terreno. In questa direzione, risulta dunque sempre più probabile che il governo vari un piano più aggressivo di taglio del tasse, come già annunciato, con inevitabili ripercussioni negative sul fronte delle finanze pubbliche,

    Ma veniamo alle stime. Per Guzzo, senza mettere in conto manovre fiscali a sorpresa, ma solo considerando il tasso di crescita del Pil (+0,8%, 1,3 punti percentuali sotto le stime del governo) quest’anno l’economia italiana avrebbe bisogno di una manovra correttiva di 10 miliardi di euro per centrare i target di Maastricht.

    Peggio andranno le cose il prossimo anno. Sebbene la crescita del Pil dovrebbe mostrare maggiore vivacità (+1,9%), per compensare l’annunciato taglio delle tasse per 12 miliardi di euro e le una tantum in programma, per rientrare nei limiti del 3% il governo – conclude Guzzo – sono necessarie misure correttive per 25 miliardi di euro. In caso contrario, l’ipotesi di un rapporto deficit/Pil al 5% sarebbe quella più rosea.

  6. #6
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    Le dichiarazioni del Presidente Berlusconi dopo il voto fanno ritenere che il peggioramento sarà nel 2006 ben più consistente. Con tre aggravanti.
    La prima è che lo stato dei nostri conti pubblici è oggi molto peggiore che nel 2000. A bocce ferme, si prospetta per il 2006 un 4,6 per cento di disavanzo (secondo le previsioni della Commissione Europea). Se a questo aggiungiamo la prospettata terza tranche della riforma fiscale, pari a un punto di Pil, si arriva al 5,6 per cento. Basterebbe che Eurostat continuasse a non voler convalidare alcune partite sui conti pubblici del 2004 per trascinarci a un 6 per cento di disavanzo.
    Seconda aggravante il fatto che l’avanzo primario (quello al netto della spesa per interessi) in questo scenario è destinato per la prima volta a tornare in territorio negativo dopo il 1991.
    La terza aggravante è che il debito pubblico tornerebbe ad aumentare. In televisione il presidente del Consiglio ha parlato di 6 punti di Pil di privatizzazioni che riporterebbero il debito sotto il 100%. Ma ha dimenticato di precisare che le previsioni di crescita del debito nel 2006 incorporano già un 2 per cento di privatizzazioni all’anno, peraltro molto difficile da realizzare. Quindi ci vorrebbero ben 10 punti di PIL di privatizzazioni per centrare il suo obiettivo. Disavanzo primario e crescita del debito sono pessimi segnali per il mercato che potrebbe punirci facendo salire la spesa per interessi. Il differenziale nei tassi di interesse con i Bund si sta già ampliando.

    Tito Boeri su La voce.

  7. #7
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    In Origine Postato da capitanamerica7
    Per quest'anno la
    crescita italiana segnera un
    aumento dello 0,7-0,8% del Pil.
    Morgan Stanley ti da ragione

  8. #8
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    quali sono le soluzioni dell'Unione per risolvere queste questioni economiche?

  9. #9
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    In Origine Postato da socialista1892
    quali sono le soluzioni dell'Unione per risolvere queste questioni economiche?
    Credo che il programma sara' una fotocopia del 96 perche' oggi come allora ci troveremo di nuovo un deficit fuori controllo. PROBABILMENTE IL DOPPIO DI QUELLO CHE VI ABBIAMO LASCIATO. E solo dopo aver risanato il deficit sara' possibile concentrarsi sullo sviluppo. Quindi ci saranno forti manovre restrittive ad inizio legislatura e manovre espansive a fine legislatura.

    Non come i bananas che ogni anno fanno manovre di "rigore e sviluppo" e poi il deficit sale e l'economia scende...

    Capisco che per bananas e socialisti il deficit e' un problema secondario...

  10. #10
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    ma lo vorrei spiegato evitando dei copia incolla dagli illustri rappresentanti dell'unione presenti su questo forum perchè quello che ha fatto Berlusconi è sotto gli occhi di tutti, ma vorrei capire cosa voglia fare l'unione.
    grazie

 

 
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