Vinca
La Brigata Nera ``Mai Morti'' era accasermata a Carrara, capeggiata dal gen. Biagioni e dal col. Lodovici, federale della città. Erano equipaggiati per la guerra antipartigiana, con mitragliatrici pesanti e leggere. A volte facevano azioni di spionaggio in borghese, e riferivano al controspionaggio nazista (magg. Loos) come risulta dalla testimonianza del cap. Max Saalfrank, comandante della 5a compagnia dell'AA16, resa durante il processo Reder.
Il col. Lodovici partecipa il 23 agosto '44 al trattenimento degli ufficiali nazisti per l'inaugurazione del circolo ufficiali di Carrara, dove viene informato dell'imminente rastrellamento nella zona di Vinca. Secondo alcune testimonianze (Giulio Riedler, interprete), il magg. Reder chiese al Ludovici se fosse disposto a partecipare ad un'azione antipartigiana. Secondo il magg. Reder stesso, fu il Lodovici ad offrire la collaborazione della Brigata Nera (forse in un'occasione precedente). In ogni caso, il magg. Reder dispose che due plotoni di fascisti affiancassero la 4a e 5a compagnia della AA16, per guidarle e identificare i Partigiani e ``i loro complici''.
La mattina del 24 agosto, i fascisti aggregati alla 5a compagnia furono lasciati a Gragnola per preparare e sorvegliare il centro di raccolta per i prigionieri e rastrellare il paese. Un plotone di fascisti attacca Vinca a ovest, si stabilisce nel paese, e il giorno seguente partecipa al rastrellamento a sud del paese, quindi viene messo in riserva nel paese. Al termine dell'operazione, il 26 agosto, rientra a Carrara attraverso le montagne.
Parte della strage avviene nel paese, prima bersagliato dalle postazioni di mitragliatrici che lo circondano, e poi ``rastrellato'' dai nazifascisti accompagnati dal solito organetto. Altre squadre risalgono la valle alla caccia di chi cerca rifugio negli anfratti o nei casolari, e attaccano i paesi vicini: Viano, Vezzanello, Campiglione, Tenerano, Monzone, Equi. Una donna fu ritrovata decapitata, altre uccise insieme ai loro bambini in braccio.
Una donna incinta fu sventrata. L'autore di questa efferatezza fu un caporal maggiore della Brigata Nera che, rientrato alla tana, andò in osteria a Carrara, dove voleva addirittura brindare col padre ``per la donna che ho squartato a Vinca''. Il poveruomo gettò il bicchiere in faccia al figlio, dicendo ``Io non brindo con un assassino!''.
Una bambina venne lanciata in aria e cosí fucilata, per il divertimento dei nazifascisti. Furono alcuni militi fascisti ad accusare un loro camerata, anch'esso caporalmaggiore, di aver partecipato al gioco. Lo stesso si è macchiato di varie altre atrocità a Vinca e a Bergiola Foscalina.
Una superstite, Eva Borzani, vide dei fascisti affacciarsi alla grotta dove si nascondeva con altre persone e li udí parlare: ``Vittorio, porta le munizioni!''. Arrivate le munizioni, i fascisti spararono nel buio della grotta uccidendo tutti, salvo la Borzani che, ferita, rinvenne piú tardi in mezzo ai corpi dei suoi cari: i fascisti non avevano trascurato di portar via l'orologio di suo padre.
Il parroco di Vinca, don Luigi Janni, la mattina del 24 si trovava relativamente al sicuro sul Monte Sagro (che rispetto a Vinca si trova piú a sud, sul versante opposto della valle) dove si era incontrato con dei Partigiani. Visto quel che succedeva al paese, decise di ritornarvi, sebbene perfino alcuni tedeschi, in un barlume di umanità, lo sconsigliassero, avendolo incontrato sul sentiero. Altri militari, piú in basso, lo arrestarono, insieme al padre e ad altri due uomini. Li portarono al paese di Monzone, dove uno della Brigata Nera disse loro: ``Adesso siete liberi, potete andare a casa''. Furono uccisi a raffiche di mitra dopo pochi passi.
Il 25 agosto i nazifascisti tornarono a Vinca e si scagliarono sui sopravvissuti alla prima strage che cercavano i propri morti. Il corpo di una donna era stato portato dai figli in una capanna: dopo il ritorno dei nazifascisti quel povero corpo fu trovato infilzato su un palo piantato in terra.
Un testimone al processo di Perugia del 21 marzo 1950 (data della sentenza), che durante il massacro era nascosto in una grotta, sentí dei fascisti che chiamavano un camerata gridando ``Guarda in quel cespuglio, guarda in quell'altro''. Fra quei cespugli c'erano tre donne, che furono uccise dai fascisti. Altri testimoni sentirono i fascisti che s'incitavano l'un l'altro: ``Spara là, spara là!'', ``Ammazzateli tutti, piccoli e grandi'', ``Giovanni, sta' attento, ammazzali quanti ne vedi''. ``Giovanni, ce n'è un chioppo qui, mi occorre una mitragliatrice''. (Si tratta del serg. Giovanni Bragazzi). ``Carlo, c'è una donna che non vuol morire''. ``Tirale una bomba e non risparmiare nessuno''.
In località la Bronza si erano nascoste delle donne: ``Finalmente le abbiamo trovate, vieni qua, non le uccidete dentro i buchi, sennò possono restar vive o ferite, tiratele fuori e mitragliatele''. Un superstite, Edoardo Mattei, assisté impotente all'uccisione di sua moglie da parte di quattro fascisti, che poi trovarono il rifugio della suocera: ``Giovanni, che cosa facciamo a questa qui?'' ``Alzale la gonnella e sparale sul c...''.
In località Foce: ``Giovanni, si ammazza?''. La risposta fu un segnale col fischietto, che scatenò la una salva che uccise sette persone. E poi: ``Quelli che trovate fucilateli tutti''.
Non bisogna pensare che i fascisti fossero soltanto degli assassini. Erano anche ladri. Il paese venne saccheggiato, ed i fascisti riempirono camionette intere di roba, di cui in parte si disfecero gettandola nel fiume. Un milite, chiacchierando dal barbiere a Carrara, si vantò di aver preso 30.000 lire, una catena d'oro e un anello ad una donna che aveva ucciso a Vinca. Un suo camerata, che aveva rubato una fisarmonica oltre a riempire una valigia di oggetti di valore, gli raccomandò di non parlarne tanto in pubblico. Altri fascisti furono visti frugare i cadaveri e prendere i portafogli. Il caporal maggiore accusato di aver fatto il tiro al volo con una bambina, in seguito mostrò ad un camerata l'orologio tolto ad un pastore che aveva ucciso sulle pendici del Sagro. Un altro campione di ``Onore e Fedeltà'' fu accusato dai camerati di aver rubato 60.000 lire, mentre egli diceva di aver solo fatto un fagotto di lana, mutande, calze e flanelle, rimproverando gli altri di aver buttato nel fiume camionette intere di bottino. Un'altro ancora confidò ad un camerata di aver portato via 150.000 lire, che pensava di impiegare dopo la smobilitazione, ottenuta pochi giorni dopo.
A Vinca e nelle zone vicine morirono piú di 200 persone.