Da "La Provincia di Como" - 21 Aprile 2005
Vai all'articolo
IL CASO / Era entrato nella Quercia sette anni fa per portare i valori nel garofano nella coalizione di sinistra. Ora si unisce a Boselli
Parini lascia i DS e torna con i socialisti
Il segretario provinciale dei Democratici di Sinistra comaschi scrive a Fassino: «Contrasti non superabili con i dirigenti»
Pensava di portare l’anima socialista nei DS, sperava di fare far attecchire nella quercia «i valori di solidarietà, uguaglianza, laicità » del garofano e, soprattutto, sognava un partito moderno, al passo coi tempi, pronto a mettere gli amministratori davanti ai dirigenti. Dopo sette anni Andrea Parini si è arreso. Saluta i DS, per i quali era segretario provinciale, e entra nello SDI.
Perché se ne va, ma soprattutto come mai un socialista è entrato nei DS?
Ho deciso di aderire progetto di Massimo D’Alema che voleva costruire casa comune di tutta la sinistra italiana. L’ho fatto rivendicando sempre la storia e la cultura dei socialisti italiani, a cui appartengo.
E cioè?
Il mio scopo era di affermare i valori di solidarietà, uguaglianza, laicità, tolleranza propri del PSI. E nel contempo volevo restringere, in un legame unitario, cultura socialista con le diverse culture presenti nella sinistra italiana.
Che differenza c’è secondo lei tra i socialisti e i DS?
Una differenza di sensibilità per esempio. Per noi l’uguaglianza si porta avanti promuovendo pari opportunità, il che non esclude di riconoscere e premiare in merito dell’iniziativa privata. Il PSI ha anticipato molte battaglie laiche, mentre PCI ha privilegiato un rapporto con il mondo cattolico. In generale, direi che sovente i socialisti sono arrivati prima dei comunisti a posizioni che poi anche questi hanno assunto.
Ma adesso cosa è successo?
Ho verificato che, almeno nella realtà comasca, una parte importante del gruppo dirigente trova difficoltà nel confrontarsi con una cultura diversa dalla propria. Non mi riferisco ai compagni che operano nel territorio, con cui il rapporto è stato ottimo, mi riferisco ad alcuni dirigenti federali che hanno rifiutato ogni ipotesi di rinnovamento, soprattutto a livello di organizzazione.
Cosa voleva fare per rinnovare il partito?
Premetto che ero sostenitore dell’utilità e della funzione del partito. Credo però che i partiti debbano rinnovarsi. Volevo attrezzarlo perché fosse capace di integrarsi nella coalizione, con un dialogo diretto con elettori. Questo significa privilegiare funzioni nuove, per esempio quelle dei sindaci, dei consiglieri e comunali riducendo l’importanza di vecchie funzionari.
Insomma voleva tagliare i dirigenti e privilegiare gli amministratori?
Esatto. Volevo dare un peso nuovo e maggiore a sindaci e consiglieri, diminuendo importanza dei dirigenti e funzionari interni al partito. Su questo ho incontrato grandi resistenze di una parte del gruppo dirigente.
Da parte di chi?
Non faccio nomi.
Ma quali sono state le opposizioni?
Una volta la gente votava il partito al di là delle persone che lo rappresentavano. Quindi aveva senso che i dirigenti avessero un certo peso, ma ora che la gente vota le persone, allora mi sembra avesse più senso dare maggior rilievo a sindaci e consiglieri.
Come mai ha scelto di andare nello SDI e non nel Nuovo PSI?
Scelgo di tornare nello SDI, dove ho amici e compagni. Dopo lo scioglimento del PSI i socialisti hanno fatto scelte tra loro diverse. Io capisco i socialisti che, continuando il duello con gli ex comunisti, sono andati nel centrodestra ma credo che siano in errore e spero che cambino idea. Credo sia essenziale – nel momento in cui si profila la concreta possibilità, con la federazione dell’Ulivo e con l’Unione, di unire in un’ampia coalizione l’intero centrosinistra – il contributo di idee che la cultura socialista può dare e credo che lo SDI sia lo strumento migliore per offrire questo contributo.
Ha già parlato con Boselli?
Siamo amici di vecchia data, lo sento tutti i giorni.
Ci sono margini di ripensamento?
No.
ANNA SAVINI