I CAPITOLO

Le bombe del 12 dicembre





La morte di Armando Calzolari

L'uomo scompare la mattina di Natale 1969, a Roma. E' uscito come al solito alle otto con il suo cane, un setter inglese di nome Paulette, dicendo alla moglie che sarebbe tornato verso le dieci, per la messa. A mezzogiorno la donna comincia a preoccuparsi, si è accorta che il marito ha dimenticato a casa il portafoglio con i documenti. All'una scende in strada, vede che la "500" bianca non è al parcheggio e prega un vicino di accompagnarla al parco di Villa Doria Pamphili: ma i guardiani quella mattina non hanno visto l'uomo e il suo cane. Nessun altro nei dintorni li ha visti. La donna telefona agli ospedali. Avverte un amico, un monsignore del Vaticano, perchè si informi in questura. In serata denuncia la scomparsa ai carabinieri. Il giorno dopo i quotidiani romani danno la notizia in poche righe di cronaca.
Il cadavere dell'uomo viene scoperto più di un mese dopo, la mattina di mercoledì 28 gennaio, dall'operaio di un cantiere edile che lo scorge in fondo a un piccolo pozzo, affiorante nell'acqua insieme alla carogna di Paulette. Il pozzo è alla periferia di Roma, in località Bravetta, e i carabinieri non si sono spinti sin qui perché la moglie ha escluso che questa fosse una meta delle passeggiate con il cane, su strade fangose per la pioggia e troppo lontane da casa.
Il corpo è in stato di avanzata decomposizione ma l'autopsia esclude che siano presenti tracce di violenza. L'orologio da polso è fermo sulle 8,34. Chi conduce le indagini parla subito di disgrazia:forse l'uomo, per salvare il cane caduto nel pozzo, vi è caduto a sua volta e non è più stato capace di uscirne; ha chiamato ma nessuno, dato che il luogo è isolato - un terreno da costruzione, con alberi e canneti - ha sentito le sue invocazioni di aiuto.
L'uomo è Armando Calzolari detto Dino, nato a Genova 43 anni fa. Ex ufficiale di coperta della marina mercantile, poi commissario di bordo. Da otto anni non navigava più. Il suo lavoro dichiarato era di addetto alle pubbliche relazioni per una impresa di costruzioni di strade e ponti. In realtà procurava e in parte amministrava i fondi del Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese. Le numerose amicizie all'estero, specialmente negli Stati Uniti, la conoscenza di diverse lingue e la facilità con la quale stringeva rapporti, oltre alla sua provata fede di ex marò della Decima Mas, facevano di lui un personaggio prezioso per le attività del "principe nero".
L'ipotesi di un delitto, e per giunta di un delitto politico. Viene avanzata esplicitamente per la prima volta a soli nove giorni dalla scomparsa di Calzolari, il 2 gennaio 1970, con un articolo del quotidiano filofascista di Roma Il Tempo. L'articolo sottolinea che il lavoro per il Fronte Nazionale "aveva evidentemente portato (Calzolari) a conoscenza di alcune situazioni i cui particolari potrebbero interessare gruppi organizzati di avversari politici. Qualcuno, infatti, ha detto che negli ultimi tempi in cui lavorava per il Fronte il Calzolari aveva ricevuto delle minacce: per esempio,era stato visto rispondere al telefono ed impallidire".
Tuttavia Il Tempo non lancia accuse contro la sinistra: "gli avversari politici" di cui parla potrebbero benissimo essere identificati nella tormentata geografia delle organizzazioni di estrema destra che sono proliferate in Italia negli ultimi anni. Molto diverso, dodici giorni dopo, I'atteggiamento dell'organo ufficiale del MSI, Il Secolo d'Italia Il giornalista Sergio Tè insiste sull'ipotesi del delitto politico e parla esplicitamente di estrema sinistra. Ma è molto vago quando si tratta di definire l'attività della vittima: tra i molti a "pare" il Fronte Nazionale è scomparso, si parla solo di un indefinito "gruppo politico". I,'articolo di Sergio Tè, ex militante del gruppo fascista Avanguardia Nazionale, si chiede inoltre se la inchiesta senza risultati dipenda solo da una eccessiva lentezza nelle operazioni di ricerca "oppure da una troppo efficiente organizzazione interessata a " far sparire" certe persone dopo essersene servita per sottrarre loro importanti informazioni". Ma di quali informazioni poteva essere in possesso Armando Calzolari, tanto importanti da costargli la vita?
Che di delitto si tratti, è difficile dubitare. Il pozzo della Bravetta è nascosto agli sguardi da una scarpata sopraelevata e da un canneto, in mezzo a un ampio terreno recintato. reso fangoso dalle piogge: un posto tutt'altro che ideale per una passeggiata col cane, in una mattina di dicembre. D'altra parte è molto difficile cadervi dentro, per un uomo e tanto più per un cane da caccia. La buca, del diametro di circa m. 1.50, è ben visibile e protetta da una spalletta di mattoni alta 40 centimetri. Il punto più profondo misura un metro e 76 centimetri, cioè poco più della statura di Calzolari, e !'acqua stagnante non supera gli 80 centimetri. Inoltre le pareti offrono molti appigli. Improbabile morire d'inedia lì dentro, come afferma chi ha assistito all'autopsia, specie per un uomo come Armando Calzolari, un atleta robusto. campione di lotta giapponese ed esperto nuotatore subacqueo.
Tre giorni dopo la sua scomparsa, il 28 dicembre, mentre i cani poliziotto seguono inutili piste, la "500" bianca di Armando Calzolari viene improvvisamente ritrovata in un parcheggio a 200 metri dalla sua abitazione. La moglie e i vicini escludono di averla notata prima. Il giorno successivo la donna, Maria Piera Romano, riceve la visita di alcuni "amici del partito". Dice loro che vuole dichiarare a qualche settimanale di conoscere i rapitori e le loro intenzioni, ""per impaurirli e impedire che facciano del male a Armando". Gli amici, dei quali la donna non vuole fare i nomi, la sconsigliano dicendo che la sua iniziativa "potrebbe avere l'effetto contrario". Il 4 gennaio la signora Calzolari riceve un'altra visita: questa volta è il capitano dei carabinieri Castino il quale, nel corso di un lungo colloquio, cerca di convincerla a scartare l'ipotesi del delitto politico adombrata dal Tempo e la consiglia di aver fiducia nel ritorno del marito.
L'unica persona, a parte carabinieri e camerati, che sino a oggi è riuscita ad avvicinare Maria Piera Romano, racconta così l'incontro:
"La stanza di questo appartamento al quarto piano di via Baglioni, al Quartiere Gianicolense, è modesta e impersonale: una piccola libreria, una scrivania, una poltrona, un paio di tavolinetti e poche altre cose. Mi colpisce una serie di volumi con legature nuovissime delle quali non riesco a decifrare i titoli in carattere dorati,poi mi accorgo che i volumi sono tutti capovolti. Altra cosa che mi sembra strana, una serie di frasi di Kipling chiuse fra parentesi e tradotte in italiano su un foglio dattiloscritto. La signora mi dice che conobbe Calzolari dieci anni fa e che si sposarono quando lui era ancora commissario di bordo, la qual cosa contrasta con quanto afferma il portiere che sostiene che non sono legalmente marito e moglie. E' agli ultimi due anni di navigazione che risalgono tutte le "importanti amicizie" contratte dal Calzolari. Si sono trasferiti a Roma da Genova solo due anni fa e adesso l'attività principale del Calzolari consisterebbe in un lavoro di pubbliche relazioni presso una ditta che costruisce strade e ponti, della quale però la signora non vuole fare il nome. Questo lavoro lo interessava moltissimo perché lo portava a fare quella vita mondana che aveva sempre amato. La sua grande passione era la gente importante, con la quale amava stringere amicizia che poi coltivava anche a distanza di anni e di continenti. Amava tutti gli sport praticandone parecchi. in particolare la lotta giapponese nella quale era abilissimo. Il suo lavoro consisteva quasi essenzialmente nel coltivare e aumentare le relazioni e i contatti della "ditta" anche a livello ministeriale. Quasi tutte le occasioni per questi incontri erano offerte da pranzi sapientemente organizzati, quasi sempre in un ristorante assai noto (Ville Radieuse. via Aurelia 641). Intervenivano principalmente industriali, uomini politici e prelati. La signora ricorda di una volta in cui, lei presente, c'erano il carrozziere Zagato e il cardinale Tisserant.(1)
"Certo mio marito era un nazionalista", dice la signora Calzolari che preferisce usare questa parola per dire che C. era per un governo forte e che ammirava i colonnelli greci nonchè gli israeliani. Naturalmente non gli piacevano gli arabi e tantomeno i negri, esseri incapaci e inferiori. La grande ammirazione per Mussolini lo portava spesso a violente discussioni in luoghi pubblici, anche dal giornalaio se capitava. C. partecipava anche alle manifestazioni ma pare che non abbia mai picchiato nessuno; anzi una volta disse che stava per scattare contro la polizia ma pensando alle sue qualità di lottatore si era frenato in tempo. Non aveva mai fatto vita di sezione e non aveva la tessera del partito (il MSI). In quanto a lavoro politico, la signora non esclude che ne abbia svolto ma dice di non saperne nulla. Oltre ai rapporti con prelati del Vaticano, C. frequentava assiduamente la confraternita di San Battista dei Genovesi in via Anicia in Trastevere e la messa della domenica era solito ascoltarla in Sant'Andrea della Valle.
In merito alla scomparsa del C., l`opinione della signora è molto vaga. Non esclude che suo marito, quella mattina, sia stato avvicinato da persone che potrebbero averlo convinto con ricatti o promesse a seguirlo per partecipare a un lavoro connesso con qualcuna delle tante conoscenze che C. aveva all'estero e che potrebbe anche essere legato a fatti politici: un lavoro forse per il quale lui era stato individuato come l'uomo adatto.(2) E' escluso che sia stato portato via con la forza date le sue qualità atletiche e data anche la presenza del cane. Mi dice che in questi giorni cerca di controllarsi molto allo scopo di non cadere nella disperazione. E nel silenzio pensa di trovare la verità. A volte crede di esserci vicina: ci sono tre nomi, dice, sui quali mi sono fermata e uno in particolare. Si tratta di un industriale che non è a Roma, di cui non fa il nome, il quale avrebbe mandato a suo marito un regalo il cui valore sembra del tutto sproporzionato. trattandosi di una comune conoscenza limitata allo scambio di biglietti da visita. Le chiedo perché non sia andata a trovare questa persona e mi offro anche di farlo io per lei, se crede Ma non sembra propensa, dice che ci penserà e in caso mi telefonerà".
Dopo questo incontro. avvenuto verso la metà di gennaio, nessuno riesce più a entrare in contatto con la moglie di Calzolari. E alla fine di quel mese, trovato il cadavere nel pozzo della Bravetta e emessa la versione ufficiale di morte accidentale, la donna si dice soddisfatta di queste conclusioni dell'inchiesta e parte per Torino. Passano due mesi e di nuovo avvicinata, questa volta telefonicamente, dalla stessa persona, la vedova di Calzolari le confida di essere preoccupata perché la magistratura non ha ancora archiviato la pratica. il che "la danneggia economicamente". Fatto inspiegabile, visto che Armando Calzolari non risulta assicurato: a meno di pensare che qualcuno abbia promesso alla vedova di aiutarla economicamente, nel suo silenzioso dolore, solo quando, e a condizione che il caso fosse stato definitivamente archiviato.


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