da Rinascita del 24 aprile 2005
Delusi e Delusioni, le nostre
Su Rinascita di domenica 20 marzo, a firma Rutilio Sermonti appariva l’articolo “delusi e delusioni”. Lucida ed allo stesso tempo sintetica analisi della situazione politico-morale della nostra società italica e del suo lento ed inesorabile degrado. Sarcastica anche. Come perfetta. Normale amministrazione del resto, per un uomo che per tutti è un maestro di militanza, preparazione ed impegno.
In chiusura dell’articolo suddetto, cito testualmente: “Se ai battibecchi astratti non si sostituiscono i passi concreti, non ci si muove di pezzo! E sta per primi a noi, che non siamo delusi perché non siamo stati illusi, rimboccarsi le maniche”.
Maledettamente vero. Noi(mi ci metto in mezzo anch’io…), non ci siamo fatti mai illudere dalle sirene del sistema; legati all’albero maestro della nostra Idea si continua a navigare per mari difficili e dalle mille insidie.
In quanto alle delusioni, si ritiene occorra un supplemento di specificazioni. Le nostre delusioni non derivano dalla mancata realizzazione di quei sogni prodotti dagli illusionisti del sistema mediatico. I nostri sogni sono sempre stati altri; di ben altro tipo e illuminati dalle nostre coscienze, più che riflessi da un tubo catodico.
Per lo stesso motivo però, le nostre di delusioni sono ancora più brucianti. Chi sogna un telefonino nuovo, una similvelina per compagna o una fiammante vettura, in qualche modo riesce, a costo della propria libertà e dignità a trovar soddisfazione. I nostri sogni non hanno cosi facile realizzazione. Ne a costo della libertà, ne tanto meno rinunciando alla nostra dignità.
Crediamo da sempre in una società diversa. Onore, fedeltà, solidarietà, socialismo e armonia sono solo alcuni dei pilastri su cui vogliamo veder ergersi la nuova Patria. Nel quale veder forgiati i nuovi Italiani. Fratelli di sangue e suolo e non di carta d’identità e 740.
Crediamo; e sappiamo che il credere non basta, purtroppo.
Più è grande il nostro credo, tanto più grandi sono le delusioni. Delusione di non avere un’organizzazione nella quale riconoscersi; di vedere i vari tentativi di unificazione terminare nelle solite bolle di sapone; di porre fiducia in dirigenze che non la meritano. Di vedere soprattutto, ciò che per noi è l’essenziale, venir messo alla berlina agli occhi dell’opinione pubblica.
Qualche settimana addietro, si sono svolte le elezioni amministrative. L’esito lo si conosce e si è letto a tal proposito tutto e il contrario di tutto, prima e dopo.
Abbiamo letto di firme false, discussioni su chi era più fascista, su chi tradiva, su chi se ne andava. Non si è sentita però, una sola parola riguardante uno straccio di programma. Niente, il vuoto. Come quello che resta ora che è tutto finito e gli animi sono sbolliti e la debaclè è completa ed inesorabile. Ovviamente, e di conseguenza, non una sola voce fuori dal coro che faccia un minimo di autocritica.
Come prima tanti sono stati pronti a criticare alcune scelte quali quella del direttore di questo giornale e quella delle Osa, ora in pochi alzano una voce interrogativa sui perché e sul futuro. Voci concrete, non i soliti proclami che valgono meno della carta su cui vengono scritti.
Alla luce dei fatti e dei risultati, come non dar ragione oggi al Gaudenzi ed alla sua scelta. Il suo è stato e continuerà ad essere un arduo compito, forse impossibile, ma ha posto un obiettivo. Se un giorno riuscirà, anche in minima parte, a creare quella corrente socialista d’ispirazione nazionale all’interno di un relitto partitocratico quale il nuovo PSI, avrà ottenuto un risultato che i vari leaders dell’ “area” possono attualmente solo che sognare. Una casa, piccola e scomoda come posizione, ma nella quale accogliere quanti si potranno riconoscere nell’idea che l’ha costruita. Casa che invece da altre parti, qualcuno vuol trovare già bella che fatta, con tutti i confort del caso ed appartamenti ben definiti e nettamente divisi. In comune solo il portone d’ingresso. Praticamente un condominio. Ovviamente poi, ognuno con il proprio portiere a ritirare la posta, e litigate per chi pulisce le scale.
Qualcun altro le case al contrario le cerca abbandonate e fatiscenti. Le occupa, si rimbocca le maniche e le rimette a posto. Gran colpa; roba da “compagni”. Capita pure che intorno a quelle occupazioni si formi e cresca un movimento omogeneo, dinamico e determinato. Addirittura riesce ad esprimere anche un candidato che in una posizione forse più scomoda di quella del direttore Gaudenzi, ottiene alla conta un risultato abbastanza lusinghiero. Un risultato superiore, come preferenze, a quello ottenuto dagli occupanti del condominio suddetto. Un’audace vocina suggerisce che se magari quelle inutili preferenze fossero state convogliate verso quel candidato, ora magari nel Lazio, l’”area” poteva vantare un consigliere di minoranza. Arrivato alla meta sfruttando il veicolo del “nemico”, più lento e pure perdente.
Disquisizioni in ogni caso da fantapolitica. Quasi da follia; da dementi forse.
Non consola certo leggere poi, che qualcun altro, in tempi non sospetti, qualcosa del genere l’aveva già suggerita. Qualcuno che in quanto a finezza politica, determinazione, audacia e visione, avrebbe senz’altro molto da insegnare agli attuali politicanti.
“Non si vuole capire che il Fascismo cessa di essere tale, non appena si scelga una pregiudiziale. Il Fascismo pregiudiziaiolo diventa un Partito. I Fasci non sono, non vogliono, non possono essere, non possono diventare un partito. I Fasci sono l'organizzazione di tutti coloro che accettano date soluzioni di dati problemi attuali” (B. Mussolini, “Il Popolo d'Italia” del 3 Luglio 1919).
E ancora:
“Il Fascismo non è, non vuole essere, non sarà mai una ridicola, grottesca e sinistra congrega come sono i vecchi partiti e i frammenti dei vecchi partiti; il Fascismo è tale in quanto permette una pragmatica latitudine di atteggiamenti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente” (B. Mussolini, “Il Popolo d’Italia” del 29 Ottobre 1920).
Di “pragmatico” fino ad ora si è visto ben poco, mentre al contrario di “pregiudiziali” ce ne sono da vendere.
Delusioni insomma. Vere e purtroppo non ultime. Si pensava che il governo che ha scambiato il Tevere per il Potomac(o il Giordano se si preferisce), tenesse fino alla naturale scadenza della legislatura. Un anno per riprendere fiducia e reggere meglio l’urto delle prossime di delusioni. Al contrario, invece, tira aria d’elezioni anticipate. Viste le premesse si prevede un’altra vigorosa ventata di delusioni. Reggetevi forte.
olè