I "vinti dalla storia"
Un riconoscimento importante alla battaglia svolta dai repubblicani
Nel 1994, l'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando Cascio, esponente democristiano di lungo corso prima, leader della Rete poi, senza all'apparenza nessuna particolare ragione, ritenne di dover dire che il segretario del Pri, Giorgio La Malfa, a causa di problemi giudiziari, non si poteva candidare alle elezioni politiche. Una tale presa di posizione sarebbe bastata per chiudere immediatamente i rapporti con la sinistra da parte di un partito che, confermata la sua leadership in un Consiglio nazionale, vedeva un possibile alleato dettare le condizioni tecniche dell'alleanza stessa. Al contrario, un consistente numero di dirigenti repubblicani preferì ritenere finita la ragione storica del Partito repubblicano, piuttosto che interrompere i rapporti con la coalizione di cui Orlando Cascio era rappresentante: la macchina da guerra dell'onorevole Occhetto.
La crisi del Pri iniziò così, con un attacco violento e gratuito contro la sua legittima segreteria e la dirigenza si mostrò incapace di difendere l'autonomia del partito, fino al punto di dire: il Pri non ha più ragione di esistere. Ne avevano invece, di ragioni, la Rete, Alleanza Democratica, Rinnovamento Italiano e quant'altro non sia stato in grado di occupare uno spazio decoroso nella storia di quegli anni.
Eppure l'attacco di Orlando Cascio non rappresentava una voce di sen fuggita. Esso era espressione della voglia di normalizzare la sinistra italiana che aveva visto nell'intero secolo scorso il confronto fra due diverse famiglie: quella socialista, che poi si differenziò al suo interno dal 1921 nel Pci e nel Psi, e quella democratica, a cui apparteneva il Pri.
E la normalizzazione, attraverso lo strumento tecnico del sistema elettorale maggioritario, appariva particolarmente favorevole a chi contava su un forte sostegno di massa contro chi era stato una indipendente, resistente e dunque fastidiosa formazione di minoranza. I rapporti politici per tutto il secolo, fra socialisti e repubblicani prima, e nel dopoguerra fra socialisti, comunisti e repubblicani, non erano stati pacifici. Ma fino a quando l'Unione sovietica ed il modello che essa proponeva avevano una propria credibilità, i repubblicani si potevano anche sopportare, magari come diceva Togliatti, quali "vinti dalla storia". Più difficile sopportare i repubblicani, quando il modello socialista era entrato in crisi e l'Unione sovietica dissolta, e tutto il suo bagaglio ideale ed ideologico condizionato da un errore catastrofico non più occultabile da realizzazioni tragiche e previsioni sballate.
Perché, di fronte a questo terremoto, l'unica sinistra degna e credibile restava quella democratica che il Pri, con i suoi scarsi voti, aveva rappresentato più che degnamente, dalla fine dell'Ottocento in avanti. Ma evidentemente questo non era sopportabile per chi - persa la fede - aveva comunque strutture imponenti e conquistato spazi di potere a cui non si voleva per nessun costo, e a nessuna condizione, rinunciare.
In questa situazione, meglio puntare sulla scomparsa del Partito repubblicano: una giocata che vellicò molti. Basta vedere gli esponenti di questo partito sparpagliati nei Ds, nella Margherita, in Forza Italia, e financo in Alleanza nazionale.
Tanti più furono gli amici, anche molto cari, che ci lasciarono, tanto più forte la nostra voglia di resistere in una difesa che appariva impossibile. Non era solo la tenacia - che pure ha avuto una parte rilevante - a farci tirare avanti. Era la convinzione che quando si possiede un'eredità politica e morale di principale importanza per la storia nazionale, non la si distrugge a causa delle condizioni avverse. E se il Paese che il Pri ha inteso servire nella sua azione politica secolare (in clandestinità negli anni del fascismo o al governo nella Repubblica democratica) non esce dalla sua crisi, una forza come quella che noi abbiamo rappresentato, può rendersi utile e avere una nuova occasione.
Possiamo dire con una certa tranquillità, dopo il ritorno di Giorgio La Malfa al governo, che questo problema della sopravvivenza sia ormai alle spalle, perché è stato riconosciuto il valore della nostra lotta. Magari siamo ancora lontani dall'affermazione repubblicana e dei suoi principi fondanti, ma un passo determinante è stato compiuto. Andremo avanti, con buona pace dei tanti che ci davano, già nel 1994, per morti.
Roma, 26 aprile 2005