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Risultati da 1 a 7 di 7
  1. #1
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    Predefinito La metafisica del nazional-bolscevismo. A. Dughin

    da A. Dughin, "Cavalieri Templari del Proletariato", Mosca 1998
    traduzione italiana di Martino Conserva



    1. La definizione rinviata

    Il termine "nazional-bolscevismo" può indicare cose molto diverse fra loro. E' emerso pressoché simultaneamente in Russia e in Germania a significare l'intuizione, da parte di alcuni teorici politici, del carattere nazionale della Rivoluzione bolscevica del 1917, celato dalla fraseologia del marxismo internazionalista ortodosso. Nel contesto russo, "nazional-bolscevichi" fu la denominazione abituale di quei comunisti orientati alla conservazione dello Stato e - coscientemente o meno - continuatori della linea geopolitica della missione storica Grande-Russa. Ma nazional-bolscevichi russi si ritrovarono sia fra i Bianchi (Ustrjalov, smeno-vekhovtsij, Eurasisti di sinistra) sia fra i Rossi (Lenin, Stalin, Radek, Lezhnev, ecc.). (1) In Germania il fenomeno analogo si associò alle forme di nazionalismo di estrema sinistra degli anni '20 e '30, nelle quali aveva luogo una combinazione fra idee socialiste non ortodosse, idea nazionale e attitudine positiva nei confronti della Russia Sovietica. Fra i nazional-bolscevichi tedeschi, il più coerente e radicale fu senz'altro Ernst Niekisch; a questo movimento possono inoltre essere ricondotti alcuni rivoluzionari-conservatori come Ernst Juenger, Ernst von Salomon, August Winnig, Karl Petel, Harro Schulzen-Beysen, Hans Zehrer, i comunisti Laufenberg e Wolffheim, e persino alcuni esponenti dell'estrema ala sinistra del Nazional-socialismo, come Strasser e, per un certo periodo, Joseph Goebbels.

  2. #2
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    2. L'inestimabile contributo di Karl Popper

    Nell'arduo compito di definire l'essenza del "nazional-bolscevismo", è difficile immaginare qualcosa di migliore del riferimento alle ricerche sociologiche di Karl Popper, e specialmente al suo fondamentale lavoro - La Società Aperta e i suoi Nemici. In quest'opera ponderosa Popper propone un modello piuttosto convincente in base al quale tutti i tipi di società si ripartiscono a grandi linee in due categorie principali - le "Società aperte" e le "Società non aperte", ovvero le "Società dei Nemici della Società aperta". Secondo Popper, la "Società aperta" si basa sul ruolo centrale dell'individuo e sulle sue caratteristiche fondamentali: razionalità, discrezionalità, assenza di una teleologia globale nell'azione, ecc. Il senso della "Società aperta" consiste nel rigetto di tutte le forme di Assoluto non comparabili all'individualità e alla natura di questa. Una tale società è "aperta" proprio a causa del semplice fatto che la varietà possibile di combinazione degli atomi individuali è illimitata (nonché priva di senso e di scopo); teoricamente, una società di questo genere dovrebbe essere indirizzata al conseguimento di un equilibrio dinamico ideale. Lo stesso Popper si dichiara un convinto sostenitore della "società aperta".

    Il secondo tipo di società è definito da Popper come "ostile alla società aperta". Volendo prevenire le possibili obiezioni, egli non la chiama "società chiusa", ma usa frequentemente il termine "totalitaria". In ogni caso, secondo Popper, la semplice accettazione o rifiuto del concetto di "società aperta" costituisce un criterio di classificazione per qualsiasi dottrina politica, sociale o filosofica.

    Nemici della "Società Aperta" sono coloro che propugnano ogni genere di modello teoretico fondato sull'Assoluto, invece che sul ruolo centrale dell'individuo. L'Assoluto, quand'anche la sua istituzione avvenisse spontaneamente e per libera scelta, immediatamente invade la sfera individuale, trasforma radicalmente il suo processo evolutivo, viola coercitivamente l'integrità atomistica dell'individuo sottomettendolo a qualche altro impulso individuale esterno. L'individuo viene immediatamente limitato dall'Assoluto - pertanto, la società perde la sua qualità di "apertura" e la prospettiva di un libero sviluppo in tutte le direzioni. L'Assoluto detta fini e compiti, stabilisce dogmi e norme, plasma l'individuo come lo scultore plasma il suo materiale.

    Popper fa iniziare la genealogia dei nemici della "Società Aperta" con Platone, che considera il fondatore del totalitarismo in filosofia ed il padre dell' "oscurantismo". Poi, via via, fa seguire Schlegel, Schelling, Hegel, Marx, Spengler ed altri pensatori moderni, tutti accomunati, nella sua classificazione, da un indizio: l'introduzione di costrutti metafisici, etici, sociologici ed economici fondati su princìpi che negano la "società aperta" ed il ruolo centrale dell'individuo. E su questo punto Popper è assolutamente nel giusto.

    L'elemento più importante dell'analisi di Popper è il fatto che pensatori e politici sono catalogati come "nemici della società aperta" indipendentemente dalle loro convinzioni "di destra" o "di sinistra", "reazionarie" o "progressiste". Egli pone l'accento su un altro più sostanziale e più fondamentale criterio, che accoglie da entrambi i poli ed unifica ideologie e filosofie a prima vista eterogenee e contraddittorie. Marxisti, conservatori, fascisti, persino alcuni social-democratici - tutti questi possono essere identificati come "nemici della società aperta". Al tempo stesso, liberali come Voltaire o pessimisti reazionari come Schopenhauer possono scoprirsi uniti nell'insieme degli amici della società aperta.

    La formula di Popper è dunque questa: o la "società aperta" o "i suoi nemici".

  3. #3
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    3. La santa alleanza dell'oggettivo

    La definizione più felice e pregnante di nazional-bolscevismo sarà allora la seguente: "Il nazional-bolscevismo è la super-ideologia comune a tutti i nemici della società aperta". Non solo una fra le ideologie ostili a tale società - ma precisamente la sua antitesi consapevole, totale e naturale. Il nazional-bolscevismo è un tipo di ideologia che poggia sulla completa e radicale negazione dell'individuo e del suo ruolo centrale; e nella quale l'Assoluto - nel cui nome l'individuo è negato - assume il suo senso più ampio e generale. Oseremmo dire che il nazional-bolscevismo giustifica qualsiasi versione dell'Assoluto, qualsiasi rifiuto della "società aperta". Nel nazional-bolscevismo è insita la tendenza ad universalizzare l'Assoluto ad ogni costo, a promuovere un 'ideologia ed un programma politico tali da essere l'incarnazione di tutte le forme intellettuali di ostilità alla "società aperta", ricondotte ad un comune denominatore ed integrate in un blocco concettuale e politico indivisibile.

    Naturalmente, nel corso storico, le varie tendenze ostili alla società aperta furono anche ostili le une verso le altre. I comunisti hanno negato sdegnati la loro somiglianza ai fascisti, ed i conservatori si sono rifiutati di avere alcunché a che fare con ambedue le correnti citate. In pratica, nessuno fra i "nemici della società aperta" ha mai ammesso un rapporto con le altre ideologie analoghe, considerando anzi il paragone stesso come una critica denigratoria. Allo stesso tempo, le differenti versioni della medesima "società aperta" si sono sviluppate in stretta unione reciproca, dimostrando una chiara coscienza della loro parentela ideologica e filosofica. Il principio dell'individualismo ha saputo unire la monarchia protestante dell'Inghilterra al parlamentarismo democratico del Nordamerica, dove agli inizi il liberalismo si combinò graziosamente con il possesso di schiavi.

    Furono precisamente i nazional-bolscevichi i primi a tentare una coalizione delle varie ideologie ostili alla "società aperta"; essi rivelarono l'esistenza di quell'asse comune che - al pari dei loro avversari ideologici - riuniva attorno a sé tutte le possibili alternative all'individualismo e alla società su di esso fondata.

    I primi nazional-bolscevichi storici costruirono le loro teorie sulla base di questo impulso profondo e quasi del tutto irriflesso. Bersaglio della critica nazional-bolscevica fu l'individualismo, di "destra" come di "sinistra". A destra, esso si esprimeva nell'economia, nella "teoria del libero mercato"; a sinistra, nel liberalismo politico: la "società legalitaria", i "diritti umani", e via dicendo.

    In altre parole, al di là delle ideologie i nazional-bolscevichi seppero cogliere l'essenza della posizione metafisica loro e dei loro avversari.

    Nel linguaggio filosofico, "individualismo" si identifica praticamente con "soggettivismo". Se operiamo una lettura della strategia nazional-bolscevica a questo livello, possiamo affermare che il nazional-bolscevismo è nettamente contrario al "soggettivo" e nettamente favorevole all'"oggettivo". La questione non si pone nei termini: materialismo o idealismo? ma nei termini: idealismo oggettivo e materialismo oggettivo (da un lato della barricata!) o idealismo soggettivo e materialismo soggettivo (2) (dall'altro!)

    Così, la filosofia politica del nazional-bolscevismo sostiene la naturale unità delle ideologie fondate sull'affermazione della posizione centrale dell'oggettivo, al quale è conferito uno status identico a quello dell'Assoluto, indipendentemente da come sia interpretato questo carattere oggettivo. Potremmo dire che la massima metafisica suprema del nazional-bolscevismo è la formula induista Atman è Brahaman. Nell'induismo, Atman è il Sé umano supremo, trascendente, indifferente al sé individuale, ma al tempo stesso interno a quest'ultimo, come sua parte più intima e misteriosa, sfuggente ai condizionamenti dell'immanente. L'Atman è lo Spirito interiore, ma in senso oggettivo e sovraindividuale. Brahman è la realtà assoluta, che abbraccia l'individuo dall'esterno, il carattere oggettivo esteriore elevato alla sua fonte primaria suprema. L'identità di Atman e Brahman nell'unità trascendentale è il suggello della metafisica induista e, soprattutto, il punto di partenza della reallizzazione spirituale. Si tratta di un elemento comune a tutte le dottrine sacre, senza eccezione. In tutte si presenta la questione dello scopo fondamentale dell'esistenza umana, ossia del superamento di sé, dell'espansione oltre i limiti del piccolo sé individuale; la via che allontana da questo sé, interiore od esteriore, conduce al medesimo esito vittorioso. Da qui il paradosso della tradizione iniziatica, espresso nella famosa formula del Vangelo: "colui che perde la sua anima nel mio nome, costui avrà salva l'anima". Lo stesso significato è contenuto nella geniale affermazione di Nietzsche: "L'umano è ciò che deve essere superato". Il dualismo filosofico fra "soggettivo" e "oggettivo" ha influenzato lungo tutto il corso della storia la sfera più concreta delle ideologie, in seguito le specificità della politica e dell'ordinamento sociale. Le differenti versioni della filosofia "individualista" si sono progressivamente concentrate nel campo ideologico del liberalismo e della politica liberal-democratica. Si tratta appunto del macro-modello di "società aperta" di cui si è occupato Popper. La "società aperta" è il frutto ultimo e più maturo dell'individualismo fattosi ideologia e realizzatosi in una politica concreta. E' quindi doveroso sollevare il problema di un massimo comune modello ideologico per i fautori dell'approccio "oggettivo", di un programma socio-politico universale per i "nemici della società aperta". Il risultato che otterremo sarà appunto l'ideologia del nazional-bolscevismo.

    In parallelo alla radicale innovazione di questa discriminante filosofica, operata verticalmente rispetto agli schemi consueti (come idealismo-materialismo), i nazional-bolscevichi segnano una nuova linea di confine in politica. Destra e sinistra sono ora entrambre divise in due settori. L'estrema sinistra - comunisti, bolscevichi, "hegeliani di sinistra" - vengono a combinarsi nella sintesi nazional-bolscevica con estremisti nazionalisti, étatisti, sostenitori dell'idea del "Nuovo Medioevo" - in breve, con tutti gli "hegeliani di destra".(3)

    I nemici della società aperta fanno ritorno al loro terreno metafisico comune.

  4. #4
    Volksgemeinschaft
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    non ho mai capito che cosa questi odierni nazionalboscevichi rinfaccino al Nazionalsocialismo, tanto da doverne prendere le distanze per riesumare un movimento che negli anni 20/30 era solo intellettuale e che comunque confluì o in ogni caso le cui istanze furono riprese, dal Nazionalsocialismo.

  5. #5
    -Uruz-
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    In origine postato da Wandervogel
    non ho mai capito che cosa questi odierni nazionalboscevichi rinfaccino al Nazionalsocialismo, tanto da doverne prendere le distanze per riesumare un movimento che negli anni 20/30 era solo intellettuale e che comunque confluì o in ogni caso le cui istanze furono riprese, dal Nazionalsocialismo.
    Ne prendono le distanze unicamente per motivi legali e di immmagine.Non si possono certo dichiarare ufficialmente nazionalsocialisti...In più,essendo per lo più russi,ne fanno un discorso piuttosto nazionalista( dichiarandosi bolscevichi).Mettici poi che Dughin collabora con Putin e ne vede l'ultimo baluardo antiamericano,per la futura costruzione dell'Eurasia sull'asse Parigi-Berlino-Mosca.Si può essere d'accordo o meno ma di certo sono meglio di molti altri.

  6. #6
    Comandante
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    non ho mai capito che cosa questi odierni nazionalboscevichi rinfaccino al Nazionalsocialismo, tanto da doverne prendere le distanze per riesumare un movimento che negli anni 20/30 era solo intellettuale e che comunque confluì o in ogni caso le cui istanze furono riprese, dal Nazionalsocialismo
    Non è solo una questione d'immagine, come detto da "Uruz".
    Niekisch non era nazional-socialista, infatti partecipò alla resistenza anti-hitleriana. Strasser uscì dalla Nsdap e fondò la Lega Nazional Socialista. Cmq.. è inutile, da parte vostra, inquadrare il nazionalcomunismo entro il contesto russo e/o germanico. Nazionalcomunista era Nicola Bombacci, Ramiro Ledesma, Drieu La Rochelle, Jean Thiriart (Jeune Europe), Stanis Ruinas del Pensiero Nazionale, Ferenc Szàlasi delle Croci Frecciate Ungheresi.

    Saluti

  7. #7
    Comandante
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    4. La Metafisica del Bolscevismo (Marx, visto “da destra”)

    Chiariamo ora il modo di intendere le due componenti dell'espressione "nazional-bolscevismo" in un significato puramente metafisico.

    Come è noto, il termine "bolscevismo" ha fatto la sua comparsa nel corso del dibattito interno al POSDR (Partito Operaio Social-Democratico Russo) per definire la frazione che si schierò con Lenin. Ricordiamo che la politica di Lenin nell'ambito della socialdemocrazia russa consistette in un indirizzo di estrema radicalità, nel rifiuto dei compromessi, nell'accentuazione del carattere élitario del partito e nel blanquismo (teoria della "cospirazione rivoluzionaria"). In seguito, gli uomini che condussero a termine la Rivoluzione d'Ottobre e presero il potere in Russia furono detti "bolscevichi". Ma, nella fase post-rivoluzionaria, quasi da subito il termine perdette il suo significato circoscritto ed incominciò ad essere inteso come sinonimo di "maggioritario", di "politica pan-nazionale", di "integrazione nazionale" (il russo bolscevico può approssimativamente tradursi come "rappresentante della maggioranza"). Si giunse ad una fase in cui il "bolscevismo" fu percepito come una versione nazionale, puramente russa, del comunismo e del socialismo, in contrapposizione alle astrazioni dogmatiche dei Marxisti e, allo stesso tempo, della tattica conformista delle altre tendenze socialdemocratiche. Una simile interpretazione del "bolscevismo" fu in larga misura caratteristica della Russia, e fu quella che predominò quasi incontrastata in Occidente. La menzione del "bolscevismo" in relazione con il termine "nazional-bolscevismo" non si limita tuttavia a questo significato storico. Siamo in presenza di una determinata politica, comune a tutte le tendenze della sinistra radicale di natura socialista o comunista; possiamo definirla "radicale", "rivoluzionaria", "anti-liberale". Il riferimento è a quell'aspetto delle teorie di sinistra che Popper definisce come "ideologia totalitaria" o come teoria dei "nemici della Società Aperta". Dunque, non è possibile ridurre il "bolscevismo" all'influsso della mentalità russa sulla dottrina socialdemocratica. Si tratta di una determinata componente sempre presente in tutte le filosofie di sinistra, e che poté liberamente svilupparsi soltanto nelle condizioni della Russia.

    Negli ultimi tempi, una questione viene sollevata sempre più frequentemente dagli storici maggiormente obiettivi: l'ideologià fascista è realmente di destra? E il fatto stesso di esprimere questo dubbio punta naturalmente in direzione della possibile reinterpretazione del "fascismo" come fenomeno ben più complesso, e che presenta una quantità di tratti tipicamente "di sinistra". Per quanto ci è noto, la questione simmetrica - l'ideologià comunista è realmente di sinistra? - non è stata ancora sollevata. Ma la questione si fa sempre più urgente: è necessario porre quella domanda.

    E' difficile negare al comunismo tratti autenticamente "di sinistra" - quali l'appello alla razionalità, al progresso, all'umanismo, all'egualitarismo, ecc. Ma, al fianco di questi, esso presenta aspetti che escono, senza ombra di dubbio, da una cornice di "sinistra" e si associano alla sfera dell'irrazionale, della mitologia, dell'arcaicismo, dell'anti-umanismo e del totalitarismo. E' questo insieme di elementi di "destra" presenti nell'ideologia comunista, che dovrebbe essere definito "bolscevismo" nel senso più generale. Già nel marxismo stesso, due suoi "ingredienti" ideologici apparvero subito sospetti, dal punto di vista del pensiero progressista, autenticamente di "sinistra". Si tratta dell'eredità degli utopisti francesi e dell'hegelismo. Solo l'etica di Feuerbach contrasta con l'essenza "bolscevica" della costruzione ideologica di Marx, conferendo all'intero discorso una certa coloritura terminologica umanista e progressista.

    I socialisti utopisti, certamente inclusi da Marx nel novero dei suoi predecessori e maestri, sono gli esponenti di un particolare messianesimo mistico ed i precursori del "ritorno all'Età dell'Oro". Praticamente tutti furono membri di società esoteriche, fortemente connotate da un'atmosfera di misticismo radicaleggiante, escatologia e predizioni apocalittiche. Era un universo in cui si intersecavano motivi settari, occultistici e religiosi, il cui senso si riduceva allo schema seguente: "Il mondo moderno è irrimediabilmente malvagio, esso ha perduto la dimensione del sacro. Le istituzioni religiose si sono corrotte ed hanno perduto la benedizione di Dio [un tema comune fra le sette estremiste protestanti, gli Anabattisti e i Vecchi Credenti russi]. A governare il mondo sono il male, il materialismo, l'inganno, la menzogna, l'egoismo. Ma gli iniziati sanno di una prossima venuta della nuova età dell'oro, e la favoriscono con rituali enigmatici ed azioni occulte".

    I socialisti utopisti proiettarono questo modello, comune all'esoterismo messianico occidentale, sulla realtà sociale, e rivestirono di sembianze politiche e sociali il secolo aureo a venire. Certamente, vi era in esso un elemento di razionalizzazione del mito escatologico, ma allo stesso tempo il carattere sovrannaturale del Regno venturo, del Regnum, è evidente nei loro programmi sociali e nei loro manifesti, dove non è difficile incontrare descrizioni delle meraviglie della futura società comunista (navigazione sul dorso di delfini, manipolazione delle condizioni meteorologiche, comunanza delle mogli, voli umani, ecc.). E' assolutamente palese il carattere quasi Tradizionale di questo indirizzo politico: un misticismo escatologico così radicale, l'idea del ritorno alle Origini, giustificano pienamente la classificazione di questa componente non solo a "destra", ma alla "estrema destra".

    Veniamo ad Hegel e alla sua dialettica. E' ampiamente noto che le convinzioni politiche personali del filosofo furono estremamente reazionarie. Ma non è questo il punto. Se esaminiamo da vicino la dialettica di Hegel, il fondamento metodologico della sua filosofia (e fu proprio il metodo dialettico ciò che Marx prese a prestito in larghissima misura da Hegel), scopriamo una dottrina perfettamente tradizionalista, escatologica perfino, che fa uso di una terminologia specifica. Inoltre, tale metodologia riflette la struttura dell'approccio iniziatico, esoterico, ai problemi gnoseologici, ben distante dalla logica puramente profana di Descartes e Kant; costoro ebbero a fondamento il "senso comune", le specificazioni gnoseologiche di quella "coscienza della vita quotidiana" di cui - vale la pena di notarlo - tutti i liberali, e in particolare Karl Popper, sono apologeti.

    La filosofia della storia di Hegel è una versione del mito tradizionale, integrata da una teleologia puramente cristiana. L'Idea Assoluta, alienata da se stessa, diviene il mondo (ricordiamo la formula del Corano: "Allah era un tesoro nascosto che volle essere scoperto"). Incarnatasi nella storia, l'Idea Assoluta esercita un'influenza dall'esterno sugli uomini, come "astuzia della Ragione", predeterminano il carattere provvidenziale della trama degli eventi. Ma alla fine, mediante l'avvento del Figlio di Dio, la prospettiva apocalittica della realizzazione totale dell'Idea Assoluta si disvela al livello soggettivo, che, proprio per effetto di ciò, da "soggettivo" si fa "oggettivo". "L'Essere e l'Idea sono una cosa sola". Atman coincide con Brahaman. E questo avviene in un determinato Regno particolare, in un impero della Fine, che il nazionalista tedesco Hegel identificò con la Prussia. L'Idea Assoluta è la tesi; l'alienazione nella storia è l'antitesi; la sua realizzazione nel Regno escatologico è la sintesi. La gnoseologia hegeliana si fonda su questa visione ontologica. Distinta dalla razionalità comune - che poggia sulle leggi della logica formale, opera soltanto con affermazioni positive e si limita alle attuali relazioni di causa-effetto - la "nuova logica" di Hegel assume per oggetto quella speciale dimensione ontologica della cosa, integreta dal suo aspetto potenziale, inaccessibile alla "coscienza della vita quotidiana" ma attivamente impiegata dalle correnti mistiche di Paracelso, Jakob Boheme, gli Ermetisti e i Rosacrociani. Il fatto di un soggetto o affermazione (al quale si riduce la gnoseologia "quotidiana" di Kant) è per Hegel solo una delle tre Ipostasi. La Seconda Ipostasi è la "negazione" di quel fatto, intesa non come un puro nulla (secondo la visione della logica formale) ma come una particolare modalità di esistenza sovraintellettuale di una cosa o di un'affermazione. La Prima Ipostasi è la Ding fuer uns (la cosa per noi); la Seconda è la Ding an sich (la cosa in sé). Ma a differenza della prospettiva kantiana, la "cosa in sé" è interporetata non come qualcosa di trascendente e puramente apofatico, non come un non-essere gnoseologico, ma come un essere-in-altro-modo gnoseologico. Ed entrambe queste Ipostasti relative sfociano nella Terza, la sintesi, che abbraccia affermazione e negazione, tesi e antitesi. Così, considerando il processo di pensiero nella sua coerenza, la sintesi ha luogo dopo la "negazione", in quanto seconda negazione, ossia "negazione della negazione". Nella sintesi sono comprese sia l'affermazione sia la negazione. La cosa co-esiste con la sua propria morte, che secondo una particolare prospettiva ontologica e gnoseologica non è vista come vuoto, ma come altro-modo-di-essere della vita, come anima.

    Il pessimismo gnoseologico kantiano, radice della meta-ideologia liberale, è rovesciato, è svelato quale "irriflessione", e la Ding an sich (cosa in sé) diviene Ding fuer sich (cosa per sé). La ragione del mondo e il mondo stesso si combinano nella sintesi escatologica, dove esistenza e non-esistenza sono entrambe presenti, senza escludersi reciprocamente. Il Regno Terreno della Fine, retto dalla casta degli iniziati (la Prussia ideale) si integra con la Nuova Gerusalemme discesa in terra. Giunge la fine della storia e l'era dello Spirito Santo.

    Questo scenario messianico escatologico fu preso a prestito da Marx ed applicato ad una sfera differente, quella delle relazioni economiche. Una domanda interessante: perché fece questo? La "destra" è solita rispondere citando la sua "mancanza di idealismo", la sua "natura grossolana" (se non i suoi intenti sovversivi). Spiegazioni soprendentemente sciocche, che pure mantengono la loro popolarità nel corso di varie generazioni di reazionari. Molto più verosimilmente, Marx - che studiò a fondo l'economia politica inglese - fu colpito dalla somiglianza fra le teorie liberiste di Adam Smith, che vide la storia come un movimento progressivo verso la società del libero mercato e l'universalizzazione di un comune denominatore monetario materiale, e il concetto hegeliano che esprime l'antitesi storica, vale a dire, l'alienazione dell'Idea Assoluta nella storia. In modo geniale, Marx ha identificato la massima alienazione dell'Assoluto nel Capitale, la formazione sociale che ha attivamente sussunto l'Europa a lui contemporanea.

    Dall'analisi della struttura del capitalismo e del suo sviluppo storico Marx trasse la conoscenza della meccanica dell'alienazione, la formula alchemica delle sue regole di funzionamento. E questa comprensione meccanica - le "formule dell'antitesi" - fu solo la prima e necessaria condizione per la Grande Restaurazione ovvero l'Ultima Rivoluzione. Per Marx il Regno del comunismo a venire non era semplicemente il progresso, ma l'esito finale, il ribaltamento, la "rivoluzione" nel senso etimologico del termine. Non a caso, egli definisce lo stadio iniziale dell'umanità come "comunismo delle caverne". La tesi è il "comunismo delle caverne", l'antitesi è il Capitale, la sintesi è il comunismo mondiale. Comunismo è sinonimo di Fine della Storia, di era dello Spirito Santo. Il materialismo, la focalizzazione sulle relazioni economiche e industriali, tutto questo non testimonia dell'interesse di Marx per la prassi, ma della sua aspirazione alla trasformazione magica della realtà e del suo radicale rifiuto dei sogni compensatori di tutti quei sognatori irresponsabili che non fanno altro che aggravare l'elemento dell'alienazione con la loro inazione. Secondo una simile logica, gli alchimisti medievali potrebbero essere tacciati di "materialismo" e sete di guadagno - qualora non si tenga in considerazione il simbolismo profondamente spirituale ed iniziatico che si cela dietro i loro discorsi sulla distillazione delle urine, sulla fabbricazione dell'oro, sulla conversione dei minerali in metalli, e via dicendo.

    Queste tendende Gnostiche presenti in Marx e nei suoi predecessori furono raccolte dai bolscevichi russi, cresciuti in un ambiente nel quale le forze enigmatiche delle sette russe, il messianismo nazionale, le società segrete ed i tratti appassionati e romantici dei ribelli russi erano in fermento contro un regime monarchico alienato, secolarizzato e degradato. "Mosca - Terza Roma"; il popolo russo come portatore di Dio; la nazione dell'Uomo Integrale; la Russia destinata a salvare il mondo: di tutte queste idee era impregnata la vita russa, in sintonia con l'inclinazione a scorgere un soggetto esoterico nel marxismo. Ma, al di là delle formule strettamente spiritualistiche, il marxismo offriva una strategia economica, politica e sociale, chiara e concreta, comprensibile anche alla gente semplice ed atta a fornire una base a provvedimenti di natura sociale e politica.

    Fu questo "marxismo di destra" a trionfare in Russia, sotto il nome di "bolscevismo". Ma ciò non significa che si tratto di una questione unicamente russa: tendenze analoghe sono presenti nei partiti e nei movimenti comunisti di tutto il mondo - beninteso, quando questi non si siano degradati al livello delle socialdemocrazie parlamentari e resi conformi allo spirito liberale. Così, non sorprende affatto che rivoluzioni socialiste abbiano avuto luogo, oltre che in Russia, solo nell'Oriente: Cina, Corea, Vietnam, ecc. E' la conferma di come proprio i popoli e le nazioni più tradizionali, le meno progressiste e "moderne" (ossia meno "alienate allo Spirito"), quelle più "a destra", abbiano riconosciuto nel comunismo un'essenza mistica, spirituale, "bolscevica".

    Il nazional-bolscevismo prende il via proprio da questa tradizione bolscevica, dalla politica del "comunismo di destra" le cui origini risalgono alle antiche società iniziatiche e alle dottrine spirituali di età remote. L'aspetto economico del comunismo non viene quindi negato, ma considerato come un mezzo della pratica teurgica, magica, come un particolare strumento della trasformazione sociale. La sola cosa che qui va rigettata è quella componente storicamente inadeguata e caduca del discorso marxista, nella quale sono presenti i temi accidentali e obsoleti dell'umanismo e del progressismo.

    Il Marxismo dei nazional-bolscevichi equivale a Marx meno Feuerbach - ossia meno l'evoluzionismo e meno quell'umanismo inerziale che talora emerge.

 

 

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