Il salto mortale del rinnegato del comunismo e candidato della Margherita, dell'UDEUR e dei Repubblicani europei
Cacciari eletto sindaco di Venezia con i voti della Casa del fascio
Il neopodestà vuol "creare un equilibrio tra politiche di centrodestra e centrosinistra"
Per una differenza di soli 1.340 voti Massimo Cacciari, candidato di Margherita, UDEUR e Repubblicani europei, è stato eletto sindaco di Venezia al ballottaggio del 17 e 18 aprile, vincendo la sfida tutta interna al "centro-sinistra" con Felice Casson, sostenuto da DS, Verdi, Rifondazione, PdCI, SDI, PSDI, IDV.
Cacciari ha prevalso al fotofinish col 50,53% dei voti (contro il 49,47% ottenuto da Casson), riuscendo a rimontare i ben 14 punti percentuali in meno rispetto all'ex pm con cui era uscito dal voto al primo turno. E questo nonostante che Casson, che al ballottaggio si presentava forte del 37% dei voti realizzato al primo turno, avesse ottenuto altri 2.000 voti in più. Certamente a favore del suo avversario avrà pesato anche il voto della destra diessina della città lagunare, che non ha fatto mistero di aver trasmigrato nel campo dei sostenitori del filosofo borghese. Ma a fare la differenza decisiva sono stati gli almeno 27 mila voti del "centro-destra", escluso dalla competizione dopo il primo turno, che si sono riversati in massa sul candidato Cacciari determinandone la vittoria, sia pure al filo di lana, sull'odiato pm di Gladio e di altre inchieste "fastidiose" come quella sulle morti bianche al petrolchimico di Marghera.
E così il rinnegato del comunismo Cacciari diventa per la terza volta neopodestà di Venezia (le prime due nel '93 e nel '97), ma stavolta con i voti determinanti dei neofascisti. Circostanza che del resto Cacciari non solo non nega, ma che addirittura rivendica come un suo fiore all'occhiello, in quanto dimostrerebbe la "superiorità" e la maggiore "attrattività" del suo progetto rispetto a quello dello sconfitto: "Da qualche parte dovevano pur venire", ha dichiarato il vincitore parlando dei voti ricevuti dalla destra. "Se avessi fatto apparentamenti o qualche accordo segreto dopo il primo turno va bene, ma io al ballottaggio mi sono presentato col programma di prima, che evidentemente è appetibile anche per tendenze politiche diverse dalla mia. Se il centrodestra vorrà darmi una mano, sarò felice".
Cacciari ha ammesso tranquillamente che almeno un terzo dei suoi voti provengono "dai moderati del centrodestra come UDC e parte di FI", ma anche "tanti voti di AN". E non ha provato il minimo imbarazzo neanche ad essere abbracciato dal candidato di AN, Raffaele Speranzon, esultante perché "è la prima volta che a Venezia viene eletto un sindaco coi voti della destra": "Speranzon - ha spiegato Cacciari intervistato dal "Giornale" di Berlusconi (che ha fatto la campagna elettorale per lui al ballottaggio) - è un ragazzo simpaticissimo, che ha davanti a sé la possibilità di fare una bella carriera politica. E poi ci lega una stima reciproca. Del resto le chiedo: ma dove vai, oggi, se non hai un simile atteggiamento di apertura?".
Nella stessa intervista del 20 aprile al quotidiano neofascista, il rieletto neopodestà di Venezia ha spiegato anche quale sarà la sua politica verso gli schieramenti in Consiglio comunale: "Per fare bene sarà necessario operare con grande saggezza, cercando di riequilibrare le parti presenti in Consiglio". In che modo? "Da un lato risanando una ferita che di certo non si è aperta per colpa mia - dice Cacciari - e poi tenendo conto di quel voto trasversale che ho ricevuto. Quindi dovrò dare garanzie vere e reali, non sottobanco. la grande occasione per creare, senza alcun mega compromesso storico, un difficile equilibrio tra politiche di centrodestra e centrosinistra".
Un discorso che è tutto un programma! Questo rinnegato del comunismo, che da giovane faceva l'operaista, non disdegnando di trescare con Negri e gli ambienti filo terroristi dell'"autonomia operaia", che successivamente ha fatto la sua carriera politica nel PCI, come ingraiano prima e occhettiano poi, adeguandosi ai tempi di oggi come un camaleonte ha trovato finalmente la sua vera vocazione di borghese, che è quella di soddisfare la propria ambizione di potere affermandosi come candidato ideale del "centro". Un candidato, cioè, "libero" dai condizionamenti di partito e di schieramento, che basa il suo potere sul suo "carisma" personale ed è in grado di pescare consensi a sinistra e a destra, fascisti compresi, a seconda dei propri obiettivi e interessi del momento. Una tendenza, a ben vedere, oggi di moda tra i neopodestà e i governatori della "sinistra" del regime neofascista, come dimostrano i vari Veltroni, Bassolino, Domenici, Martini, Errani, e chi più ne ha più ne metta.
Anche il modo come si è arrivati alla sua candidatura la dice lunga sul tipo di operazione nettamente elettoralistica e di potere che l'ha determinata. Essa è frutto di una ferocissima faida interna al "centro-sinistra", in particolare tra i due partiti che in questo momento se ne contendono l'egemonia, DS e Margherita. In ballo, con il comune di Venezia, vi sono grossissimi interessi economici e politici, legati a giganteschi progetti come il Mose, il passante ferroviario e il più recente progetto di metropolitana sublagunare da 340 milioni di euro. Dopo un lungo braccio di ferro tra il partito della Quercia e la Margherita di Rutelli, in cui sono stati presentati e bruciati uno dietro l'altro diversi candidati dei due partiti, alla fine i DS, spalleggiati da Rifondazione, PdCI, Verdi, SDI e Di Pietro hanno imposto il pm Casson come candidato. E la Margherita, insieme a UDEUR e Repubblicani europei, ha risposto con Cacciari.
Al primo turno Casson, che era appoggiato anche dalla giunta uscente di "centro-sinistra" del prodiano Paolo Costa, si era imposto con quasi il doppio di preferenze su Cacciari, cosa che ha convinto la destra a far convergere i suoi voti sul filosofo al ballottaggio per impedire l'altrimenti certa elezione del pm al governo della città. Con l'elezione di Cacciari la Margherita ottiene, col 13% dei voti, una maggioranza di 26 consiglieri, mentre i DS, primo partito della città col 21% dei voti, ne ottengono solo 6. Ciononostante Prodi, che subito dopo la sua elezione si è congratulato per telefono con Cacciari, spinge affinché a Venezia si riformi una maggioranza di "centro-sinistra": "Abbiamo invitato a fare a Venezia una giunta di centrosinistra unitaria. C'è una spinta unanime in questa direzione", ha assicurato il leader dell'Unione, esprimendo più un suo auspicio che una situazione al momento reale.
Non si capisce infatti come sia possibile mettere in piedi una giunta di "centro-sinistra" che dovrebbe essere formata dai partiti sconfitti alle elezioni, in condizioni minoritarie, e capeggiata da un neopodestà eletto coi voti della destra neofascista; che certamente non si contenterà di aver eliminato la "minaccia" Casson, ma pretenderà di condizionare la politica della nuova giunta Cacciari. Ma all'opportunismo e al trasformismo dei partiti della "sinistra" borghese non c'è limite. Probabilmente assisteremo anche a questo "miracolo", dato che i partiti che hanno puntato su Casson rischiano altrimenti di restare con un pugno di mosche e fuori dai giochi politici che contano. Infatti Cacciari, che sa di avere il coltello dalla parte del manico, li aspetta al varco e rilancia la palla agli sconfitti, dicendo che spetta a loro decidere se accettare il suo programma e la sua guida, oppure rimanere fuori: "Se condividono il mio modo di intendere queste cose, faremo un governo di centrosinistra. Altrimenti io farò un governo di centrosinistra anche da solo, perché io sono di centrosinistra", ha detto con strafottenza il rieletto neopodestà veneziano rivolgendosi soprattutto ai DS "sperando che si decidano"; ma anche a Verdi e PRC, verso i quali il neopodestà ha detto di non nutrire alcun pregiudizio, e di essere anzi "disponibile a valutare con loro i punti programmatici".
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