"Portella della Ginestra. La strage che ha cambiato la storia d'Italia"


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Portella:tutta la verità In un libro, la partecipazione documentata nella strage di X Mas e servizi segreti americani. A colloquio con gli autori E' uscito da pochi giorni ed è già alla seconda ristampa. Un meritato successo per il libro "Portella della Ginestra. La strage che ha cambiato la storia d'Italia" firmato dai due studiosi Angelo La Bella e Rosa Mecarolo (Teti ed., pp. 298, euro 18.00). I loro nomi forse li avete in testa, perché di loro abbiamo già parlato sulle pagine del nostro giornale e perché risultano sui titoli di testa del film "Segreti di Stato" di Paolo Benvenuti, di cui sono stati consulenti storici. A dirla tutta, è proprio dai materiali del loro libro, frutto di dieci anni di ricerche, che buona parte del film di Benvenuti ha trovato sostanza. Vi potrete infatti trovare le pagine più scottanti degli atti giudiziari di Viterbo, quel lungo processo svoltosi in due tappe (dal 12 giugno al 18 luglio 1950 la prima, dal 9 aprile 1951 al 3 maggio '52, la seconda) che vide protagonista il luogotenente di Salvatore Giuliano, Gaspare Pisciotta e le sue confessioni, messe poi in soffitta con il veleno. Diecimila pagine di processo e soprattutto di inchieste in fase istruttoria, quelle che ebbero luogo a Palermo, ricche di referti medici in cui si parla di "schegge di granata" (non in possesso del clan di Giuliano) nei corpi di morti e feriti e di diverse postazioni di tiro, oltre quella dei banditi. Documenti in cui risultano incontrovertibili i ruoli centrali sia di elementi della ex X Mas, sia dei servizi segreti americani, come ci spiega lo stesso Antonio La Bella. Con l'uscita del vostro libro, possiamo dire una parola definitiva su chi partecipò a quella strage e chi ne furono i mandanti?
I documenti parlano chiaro. C'è una lettera di James Angleton, capo dell'allora Oss (successiva Cia, ndr), in cui questi chiede esplicitamente al comando americano centrale in Italia, che detiene diversi fascisti della X Mas catturati dopo la liberazione, di poter usufruire di un certo numero di questi uomini per poterli addestrare e utilizzzare in Sicilia. Ci sono i documenti che dimostrano come Angleton in persona si recò a nord per sottrarre Junio Valerio Borghese dalla giustizia dei partigiani e caricarlo sulla sua jeep, vestito da ufficiale americano, per condurlo sano e salvo a Roma.
A Roma, sotto la protezione del Vaticano? Sul coinvolgimento del Vaticano negli eventi di Portella non ci sono documenti ufficiali. Ma le nostre deduzioni si basano sul riscontro di tanti fatti dimostrati. Diciamo che è lecito supporre l'interessamento di Montini nella vicenda Borghese, sia come uomo da utilizzare per contrastare il "pericolo comunista", sia perché discendente di un casato che ha avuto un posto eminente nella storia della Chiesa.
Fine quindi delle teorie di storici e politici che sostengono, ancora oggi, che Portella fu strage voluta dai latifondisti agrari, in combutta con la mafia... Evidentemente queste persone non hanno mai letto tutti gli atti del processo di Viterbo. Del resto si tratta di 14 faldoni giudiziari, qualcosa come 10 mila pagine, a cui noi abbiamo dedicato dieci anni di studio.
Portella e il ruolo di Giuliano sono stati al centro, negli ultimi mesi, di nuove importanti attenzioni, grazie al film di Benvenuti. Sposate tutte le tesi di quel lavoro?
Non esattamente. Con Paolo non siamo d'accordo su due punti fondamentali. Il primo è la presunta partecipazione di Girolamo Li Causi a quel comizio nella piana di Portella. Non è vero. E non solo lo ha smentito Li Causi stesso, ma anche la decisione della Cgil che per quel 1° maggio sul palco aveva voluto non un politico ma un sindacalista. A Portella era stato quindi inviato Francesco Renda, che però giunse a Portella troppo tardi, a strage già avvenuta, perché gli si era rotto il mezzo di locomozione lungo la strada. Il secondo punto su cui dissentiamo riguarda il ruolo e le decisioni di Togliatti. Il film suggerisce l'idea che Togliatti lesse la strage come un segnale preciso al Pci a tirarsi indietro, in Sicilia e nel resto d'Italia, una chiara minaccia a non varcare i confini tracciati a Yalta. Non è così. E lo posso dire non solo come studioso, ma anche come segretario (allora) di una sezione del Pci di Roma (la sezione Monti. La segretaria femminile era la mamma di D'Alema). Bene, non fu il Pci a tirarsi indietro, nelle elezioni del 1948, ma fu la destra a cacciarci via dal governo. Noi quelle elezioni le volevamo vincere e lottammo per governare! E' vero però che, subito dopo il 18 aprile, ci fu un rapporto di Togliatti in cui il segretario dichiarò: "E' andata meglio così, meglio aver perso. Gli americani non ci avrebbero mai permesso di governare".
Ma perché tu e Rosa vi siete così accaniti su questo processo? Eppure non siete giornalisti, anche se nella prefazione al libro, Serventi Longhi vi indica come esempio da seguire di giornalismo d'inchiesta... Dopo la mia attività di parlamentare (3 legislature, tra il 1964 e il '76, nelle file del Pci, ndr) scrissi un libro sul brigante maremmano Tiburzi. Fu l'inizio della passione per la ricerca negli archivi dell'allora Corte d'Assise di Viterbo, dove si erano svolti diversi processi celebri. Il caso di Portella della Ginestra, poi, ci aveva visti, sia me che Rosa, partecipi in prima persona nei comitati di assistenza alle vittime e ai sopravvissuti della strage. Uomini e donne poverissimi, che riuscirono a testimoniare al processo non certo perché assistiti dalle istituzioni, ma per la solidarietà e l'assistenza materiale fornitagli dal Pci e dalla Camera del lavoro, che misero a disposizione di quella gente alloggi e cibo durante i lunghi mesi del processo. Da allora, la nostra voglia di rendere giustizia a quei disgraziati e di cercare la verità su quell'evento non ci ha più lasciati.

Roberta Ronconi