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  1. #1
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Unhappy Anche Il Portogallo....

    SI APRE ALL'ABORTO..............


    A settembre nuovo disegno di legge per la depenalizzazione dell’aborto in Portogallo

    Fino alla 16° settimana nel caso di pericolo per il feto o di rischio fisico o psichico per la madre

    LISBONA, giovedì, 5 maggio 2005 (ZENIT.org).- Il Primo Ministro portoghese, José Sócrates, ha affermato di “comprendere” la decisione del Presidente della Repubblica, Jorge Sampaio, di non convocare un referendum sull’aborto, annunciando però che a settembre il suo partito presenterà un nuovo disegno di legge sulla depenalizzazione di questa pratica medica.

    Come si apprende dalla rivista della diocesi di Madrid “Análisis Digital”, il 20 aprile scorso il Parlamento portoghese ha approvato l’ipotesi di sottoporre a consultazione popolare il disegno di legge presentato dal Partito Socialista (PS) sulla depenalizzazione dell’aborto.

    La proposta dei socialisti contempla la depenalizzazione fino alla decima settimana, su richiesta della donna, e fino alla sedicesima nel caso in cui ci sia un pericolo per il feto o un rischio fisico o psichico per la madre.

    Viene proposta, inoltre, la pena del carcere fino a due anni per chi faccia pubblicità illegale di un prodotto o di un servizio che inciti ad abortire, così come si difende lo sviluppo di una rete pubblica di pianificazione familiare con un centro in ogni distretto.

    La data del referendum per l’approvazione del disegno di legge doveva essere stabilita dal Presidente Sampaio, il quale ha però reso noto lunedì all’Assemblea della Repubblica di non volerlo convocare perché “non sono assicurate le condizioni minime per una partecipazione significativa”.

    Il Primo Ministro, José Sócrates, ha definito “comprensibile” la preoccupazione di Sampaio sulla mancanza di partecipazione, visto che, per via dei tempi di convocazione e le condizioni previste dalla Costituzione, il referendum dovrebbe essere realizzato in una domenica di luglio, lo stesso periodo della consultazione realizzata nel 1999, alla quale ha partecipato meno del 50% degli aventi diritto.

    Sócrates ha tuttavia annunciato che a settembre il suo partito presenterà al Parlamento un nuovo disegno di legge sull’aborto, che dovrebbe avvicinare la legislazione portoghese in termini di interruzione volontaria della gravidanza a quella europea.

    Attualmente in Portogallo l’aborto è permesso in caso di rischio di vita o salute mentale per la donna fino alla dodicesima settimana e fino alla ventiquattresima in caso di violenza o malformazione del feto.

    Sono però perseguite le donne che si siano sottoposte ad aborto volontario e i familiari che ne siano a conoscenza e non lo abbiano denunciato. Nonostante si siano già svolti vari giudizi, finora nessuna donna è stata condannata.

    Il Capo del Governo portoghese ha rifiutato l’ipotesi della depenalizzazione dell’aborto mediante un decreto-legge, che non verrebbe sottoposto a consultazione popolare.

    “Penso che il modo migliore di alterare la legge sia il referendum”, ha affermato.

    Anche se non ha ancora specificato le date in cui poter realizzare il referendum sul secondo disegno di legge che il PS presenterà a settembre, Sócrates ha detto di essere certo che “in quell’occasione non ci saranno obiezioni relativamente alla partecipazione”.
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  2. #2
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    Originally posted by antonio
    perche' non c'era prima?
    Irlanda, Polonia e Portoglallo sono gli unici 3 stti in Europa a non legalizzare l'aborto.

    Resistono alcuni stati dell'America Latina, dove l'aborto clandestino è diventata una piaga che miete migliaia di morti l'anno.

    So che in Argentina forse lo legalizzano.

  3. #3
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    Il bello è che per aguas quando è clandestino è piaga,
    quando è legale va bene.


  4. #4
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    Originally posted by Thomas Aquinas
    Il bello è che per aguas quando è clandestino è piaga,
    quando è legale va bene.

    Qundo è legale gli aborti diminuiscono (vedi i dati dell'Italia).

    E soprattutto NON CI SONO DONNE MORTE PER GLI ABORTI.

    hnaturalmente se si potesse usare il Norlevo e la RU486 e se fosse fatta una reale campagna di educazione sessuale e per la contraccezione ci sarebbero moltisime meno gravidanze indesiderate. E conseguentemente meno aborti.

  5. #5
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    Quando è legale non diminuiscono, anzi aumentano, visto che bisogna aggiungere quelli clandestini.
    Le donne non muiono, certo a te interessano solo le donne, i poveri presenti nel grembo materno non sono uomini o donne?
    Le pillole abortive per le persone ragionevoli non risolvono il problema aborto.

  6. #6
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    Originally posted by Thomas Aquinas
    Quando è legale non diminuiscono, anzi aumentano, visto che bisogna aggiungere quelli clandestini.
    Le donne non muiono, certo a te interessano solo le donne, i poveri presenti nel grembo materno non sono uomini o donne?
    Le pillole abortive per le persone ragionevoli non risolvono il problema aborto.
    No, è falso.

    In Italia prima del 1978 gli aborti clandestini erano di più di quelli che sono stati gli aborti legali e clandestini dopo la legge di depenalizzazione.

    Le statistiche sono state fatte sulla base dei ricoveri di donne per emorragie uterine.

  7. #7
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    Originally posted by antonio
    come se poi, legale o meno, cambiasse la sostanza morale del discorso...
    come se la moralita' fosse da ridurre alla contabilita' dei morti con l'aborto legale piuttosto che illegale...

    ...aiuto..che superficialita'....

    legalizziamo anche le sparatorie..cosi' le gang e i mafiosi o i camorristi..eviterebbero , magari, di sporcare i marciapiedi di sangue e ci sarebbe un po' di risparmio sulla nettezza urbana...
    Ecco, questa è una risposta banale e superficiale.

    L'aborto è sempre da evitare e non è certa una scelta che una donna fa come bere un bicchiere d'acqua.

    Se il maggior interesse è quello di LIMITARE GLI ABORTI (giacché non si possono evitare) la legalizzazione SI E' DIMOSTRATA il mezzo migliore per ridurli.

    Se invece in nome di un principio vorresti l'impossibile sei sulla buona strada per l'inferno, perché non solo non riuscirai mai a debellare l'aborto, ma neanche a ridurlo proibendolo.

    Di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno.

  8. #8
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    Originally posted by aguas
    Le statistiche sono state fatte sulla base dei ricoveri di donne per emorragie uterine.
    Cavolo, davvero attendibili

  9. #9
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    Originally posted by aguas
    Ecco, questa è una risposta banale e superficiale.

    L'aborto è sempre da evitare e non è certa una scelta che una donna fa come bere un bicchiere d'acqua.

    Se il maggior interesse è quello di LIMITARE GLI ABORTI (giacché non si possono evitare) la legalizzazione SI E' DIMOSTRATA il mezzo migliore per ridurli.

    Se invece in nome di un principio vorresti l'impossibile sei sulla buona strada per l'inferno, perché non solo non riuscirai mai a debellare l'aborto, ma neanche a ridurlo proibendolo.

    Di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno.
    Sei monotono, noioso e irritante.

  10. #10
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    Originally posted by aguas
    Qundo è legale gli aborti diminuiscono (vedi i dati dell'Italia).

    E soprattutto NON CI SONO DONNE MORTE PER GLI ABORTI.

    hnaturalmente se si potesse usare il Norlevo e la RU486 e se fosse fatta una reale campagna di educazione sessuale e per la contraccezione ci sarebbero moltisime meno gravidanze indesiderate. E conseguentemente meno aborti.
    L'unico dato giusto che hai dato è quello delle donne che non muoiono più a causa dell'aborto.il resto che hai detto è una stro..............ata........... e scusa sai....quando ce vo ce vo...

    Poi se è per questo anche la mortalità infantile nel nostro opulento Occidente si è praticamente azzerata perciò il merito non è certo della Legge sull'aborto che le donne non muoiono più perchè amico bello........LA CLANDESTINITA' PER ABORTO E' IN AUMENTO........svejate.........DA NOI è AUMENTATA ANCHE A CAUSA DELLE RAGAZZE DELL'EST CHE PROFESSANDO L'ANTICO MESTIERE E NON ESSENDO IN REGOLA DA NOI ABORTISCONO CLANDESTINAMENTE I DATI SONO IN AUMENTO.........perciò non è la Legge che salva queste donne MA LE TECNICHE ABORTIVE CHE SONO MIGLIORATE.......

    DATI ISTAT (vai al sito "pagine statistiche ISTAT").......CARA VALE....UN TANTINO PIU' SOBRI DEL TUA STATISTICA ANTICATTOLICA,anche se l'ISTAT che segue NON tiene assolutamente conto dei dati statistici che ha sia il Movimento per la Vita sia l'Associazione per il Metodo Naturale che è fortemente penalizzato da questa fonte che è comunque della fine degli anni 90.......


    Nel 1998 sono state effettuate 138.354 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) da donne residenti in Italia, pari a 9,3 interruzioni per 1.000 donne in età feconda. Il trend temporale evidenzia la netta riduzione di IVG verificatasi a partire dal 1980, anno in cui il numero delle interruzioni volontarie praticate è stato pari a 209.144 (15,3 interruzioni per 1.000 donne in età feconda= la statistica di Vale diceva: 11,4 aborti ogni mille donne ). Il picco massimo è stato registrato negli anni 1982 e 1983 con un numero di interventi superiore a 230.000 ogni anno e un tasso di abortività pari rispettivamente a 16,7 e a 16,4. Dal quel momento in poi il numero di interruzioni e il tasso di abortività si sono progressivamente ridotti, fatta eccezione per il 1996 e il 1997, anni in cui il numero di IVG e il tasso di abortività hanno ripreso ad aumentare leggermente (in particolare nel 1997 si sono registrati 140.166 casi, pari a 9,5 IVG per 1.000 donne). Tuttavia, nel 1998 il numero di IVG è tornato a scendere (138.354 casi). Dunque, si può ragionevolmente ritenere che l'ammontare di IVG si sia ormai stabilizzato intorno ai 138.000-140.000 interventi l'anno.(cioè.....MUOIONO OGNI ANNO SOLO IN iTALIA 140.000 BAMBINI)

    Fig. 1 - Interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne residenti in Italia, per ripartizione geografica. Anni 1980-1998



    La forte riduzione dell'abortività si è accompagnata a una consistente diminuzione della fecondità. Dal 1980 è continuata, infatti, la progressiva diminuzione del numero medio di figli per donna (tasso di fecondità totale), già iniziata negli anni '70, che ha portato l'Italia al di sotto della soglia di ricambio della popolazione fino a toccare attualmente i livelli più bassi del mondo (1,19 figli per donna nel 1997). La riduzione dell'abortività è stata però più consistente: nel periodo 1980-1997, il numero medio di figli per donna si è ridotto del 29%; il numero medio di interruzioni per donna (tasso di abortività totale) del 40,7%.

    Tab. 1 - Alcuni indicatori sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anni 1980-1998

    ANNI
    Totale IVG
    (valori assoluti)
    IVG per 1000 donne residenti in età feconda
    N° medio di IVG per donna
    N° medio di figli per donna

    1980
    213.310
    15,3
    0,54
    1,68

    1981
    218.818
    15,8
    0,56
    1,60

    1982
    231.008
    16,7
    0,59
    1,60

    1983
    231.061
    16,4
    0,58
    1,54

    1984
    228.377
    16,2
    0,57
    1,48

    1985
    211.227
    14,8
    0,52
    1,45

    1986
    197.165
    13,8
    0,48
    1,37

    1987
    190.371
    13,2
    0,46
    1,35

    1988
    178.425
    12,4
    0,43
    1,38

    1989
    171.351
    11,9
    0,41
    1,35

    1990
    166.046
    11,5
    0,39
    1,36

    1991
    159.399
    11,0
    0,38
    1,33

    1992
    152.424
    10,5
    0,36
    1,33

    1993
    148.033
    10,1
    0,34
    1,26

    1994
    138.952
    9,4
    0,32
    1,21

    1995
    137.036
    9,3
    0,31
    1,18

    1996
    138.925
    9,4
    0,32
    1,18

    1997
    140.166
    9,5
    0,32*
    1,19*

    1998
    138.354
    9,3
    Non disponibile
    Non disponibile


    La concomitante riduzione di fecondità e abortività volontaria consente di ipotizzare che un maggiore - o più efficace - ricorso a metodi di pianificazione familiare nel corso del tempo sia uno dei fattori determinanti del fenomeno.
    Una conferma in questo senso viene anche dai risultati dell'indagine sulla fecondità in Italia nel 1995, dai quali si evince che, sebbene i livelli di uso della contraccezione non siano molto diversi da quelli emersi nella precedente indagine del 1979, le modalità dell'uso sono cambiate. Il confronto è possibile fra il metodo contraccettivo prevalentemente utilizzato dalle donne coniugate del 1979 e quello utilizzato dalle donne in coppia (coniugate o meno) del 1995: dai risultati delle due interviste si rileva un notevole aumento di utilizzo di metodi a copertura continua, quali pillola o spirale. La prima passa da percentuali di utilizzo dell'ordine del 14% nel 1979 al 21% nel 1995, la seconda dal 3% nel 1979 al 7% nel 1995. Il coito interrotto crolla, invece, dal 51% del 1979 al 17% del 1995, così come l'uso di metodi naturali dal 14% al 5%. L'uso del preservativo rimane pressoché costante (dal 17% al 14%).

    Comportamenti fortemente differenziati sul territorio
    L'analisi del fenomeno a livello territoriale evidenzia dei comportamenti ancora fortemente differenziati, sebbene le differenze tendano ad assottigliarsi nel tempo (figura 1). Negli anni immediatamente successivi al 1978, le differenze fra i livelli di abortività delle ripartizioni sono piuttosto marcate: i livelli più bassi si ritrovano al Mezzogiorno e i più elevati al Centro e al Nord-ovest. Si noti come il Mezzogiorno parta da livelli decisamente inferiori alle altre ripartizioni e poi diventi la seconda area con i tassi più alti. La spiegazione di quest'andamento va probabilmente ricercata in una fuoriuscita graduale dalla clandestinità, cosicché la riduzione d'abortività del Mezzogiorno, che appare inferiore rispetto al resto dell'Italia, può essere in parte compensata da un progressivo spostamento dell'abortività clandestina verso quella legale. Considerate le caratteristiche economiche e sociali di quest'area, è difficile considerare realistici i bassi livelli di abortività registrati al Mezzogiorno negli anni '80, mentre è molto più plausibile che esso rappresenti una ripartizione a più alta abortività.

    A che età le donne abortiscono di più
    Analizzando il fenomeno secondo l'età della donna (figura 2) emerge il netto distacco fra le età centrali della vita feconda e quelle estreme, così come ci si poteva logicamente aspettare. Le riduzioni sono state consistenti per tutte le classi d'età fino al 1994, mentre negli anni più recenti si assiste ad una lieve ripresa del fenomeno per le età più giovani.


    Nel complesso, le riduzioni maggiori sono da attribuire alle età comprese fra i 25 e i 29 anni, ovvero quelle maggiormente feconde, e alle età fra i 30 e i 34 anni. Si può ritenere che su tali riduzioni abbia influito anche lo spostamento in avanti dell'età media al matrimonio, passata dai 24 anni nel 1980 ai 28 degli anni più recenti. Questo avanzamento ha comportato almeno due conseguenze: in primo luogo, un ritardo della convivenza (in Italia, infatti, le convivenze coniugali sono ancora rare), con una conseguente riduzione del "rischio" di concepimento; una contrazione del tempo che una coppia è disponibile ad attendere prima di avere il primo figlio.
    Unica eccezione alla diffusa tendenza alla riduzione nel ricorso all'aborto volontario è dato dagli aumenti che si osservano negli anni più recenti per le donne giovanissime, in età compresa fra i 15 e i 19 anni, e giovani, fra i 20 e i 24 anni. Le prime sono passate da un tasso di abortività del 4,5 per 1.000 dei primi anni '90 al 6,6 per 1.000 del 1998. Per le donne dai 20 ai 24 anni l'aumento è molto contenuto: passa dal 12,2 per 1.000 del 1994 al 13 per 1.000 del 1998. Un'attenzione maggiore va dunque dedicata alle giovanissime, e, in particolare, alle minorenni. I tassi di abortività delle minorenni in Italia sono stati mediamente del 4 per 1.000 fino al 1984, poi sono scesi fino a giungere il livello del 2,8 per 1.000 nel 1988; vi è stata poi una lieve risalita dal 1992 (3,1 per 1.000). Il tasso è ulteriormente salito a 3,9 per 1.000 nel 1997 e 4,1 per 1.000 nel 1998.

    Nubili e coniugate: comportamenti diversi nel tempo
    Il fenomeno dell'interruzione volontaria della gravidanza in Italia si presenta particolarmente eterogeneo qualora lo si analizzi per stato civile.
    L'essere coniugata, nubile, separata, divorziata o vedova modifica l'esposizione al rischio di un concepimento per diversi motivi, primo fra tutti la differente frequenza di rapporti sessuali. Lo stato civile inoltre identifica dei diversi contesti familiari, che creano le condizioni più o meno favorevoli al proseguimento della gravidanza, nel caso in cui questa non fosse stata pianificata.


    Fig. 3 - Interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne residenti in Italia, per stato civile e ripartizione geografica. Anno 1998



    Nel corso degli anni '80 le donne coniugate hanno ridotto del 47% il ricorso all'IVG; si tratta in assoluto della riduzione maggiore, sebbene il trend continui anche negli anni '90.
    Per quanto riguarda le nubili, notevoli riduzioni si registrano nel corso degli anni '80, soprattutto per le età comprese fra i 20 e i 35 anni; l'entità complessiva è comunque ridotta rispetto alle coniugate, anche perché le nubili erano caratterizzate da livelli di abortività decisamente inferiori.
    Con il 1998 i tassi di abortività delle nubili superano quelli delle coniugate.
    Si può quindi affermare che il calo dell'abortività sia dovuto principalmente alle donne con una vita di coppia stabile, che, evidentemente, nel corso del tempo sono state in grado di pianificare sempre meglio il loro comportamento riproduttivo. Si può ricordare al riguardo che in Italia le fasce a maggior rischio erano proprio le donne coniugate con figli, che utilizzavano l'IVG come metodo per mantenere il numero realizzato di figli. Al tempo stesso è venuta emergendo una nuova categoria a rischio, rappresentata dalle donne giovani e giovanissime, per le quali sembra prevalere l'estemporaneità dell'evento e l'inesperienza. In sostanza, attualmente in Italia esistono due modelli prevalenti di abortività: un primo associato alla volontà di limitare la dimensione del nucleo familiare e che caratterizza dunque le donne con figli, ed un secondo invece più estemporaneo e attribuibile a donne senza figli (e dunque presumibilmente giovani). Una differente evoluzione del fenomeno dell'abortività volontaria e diverse propensioni di fecondità hanno portato, negli anni più recenti, ad osservare comportamenti nettamente diversi nel territorio italiano secondo lo stato civile. Mentre al Centro-nord si riscontrano ormai dei livelli di abortività fra le nubili superiori rispetto alle coniugate, al Mezzogiorno i livelli delle coniugate si mantengono più elevati.

    Una nuova emergenza: l'abortività volontaria tra le straniere
    A seguito dell'aumento dell'immigrazione in Italia verificatosi negli ultimi anni, è importante valutare anche il fenomeno dell'IVG effettuate da donne straniere, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.
    Le donne nate all'estero (può anche trattarsi di cittadine italiane) che hanno effettuato IVG in Italia sono aumentate nel corso degli anni dal 1980 al 1998: il numero di casi è passato da 4.510 a 20.480 e in termini relativi la proporzione sul totale delle donne che ha effettuato IVG in Italia è cresciuta da poco più del 2% al 15%. L'incredibile aumento delle IVG effettuate da donne straniere è sicuramente dovuto all'aumento della presenza straniera in Italia: i permessi di soggiorno, ad esempio, sono passati da 648.935 al 1° gennaio 1992 a 1.090.820 al 1° gennaio 1999. L'entità del fenomeno è ora molto rilevante e assume un ruolo determinante nell'analisi dell'abortività volontaria nel suo complesso.

    Tab. 2 - Interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne residenti in Italia, per cittadinanza e classe di età. Anno 1998

    Classe di età

    (in anni)
    Cittadinanza

    Italiana
    Straniera

    18-24
    11,5
    55,0

    25-29
    12,0
    44,0

    30-34
    12,2
    31,4

    35-39
    11,1
    23,6

    40-44
    5,3
    10,0

    45-49
    0,5
    0,7

    18-49
    9,1
    32,5


    Il tasso di abortività riferito alle sole cittadine straniere (e dunque non a tutte le donne nate all'estero, ma solo a coloro che hanno mantenuto la cittadinanza straniera) residenti in Italia, riferito all'anno 1998, è pari a 32,5 per 1.000. Se si pongono a confronto i tassi di abortività volontaria di donne italiane e straniere, emerge in primo luogo il netto distacco fra i livelli di abortività delle donne italiane, rispetto ai più alti livelli delle donne straniere (quasi quattro volte più elevati). Anche la distribuzione per età fra i due contingenti di donne è nettamente diversa: per le italiane i livelli maggiori si registrano nella fascia fra i 25 e i 34 anni, sebbene negli ultimi anni si stia assistendo ad uno spostamento verso le età più giovani. Per le donne straniere è invece evidentissimo un trend fortemente decrescente passando dalle età più giovani a quelle più avanzate.
    Questi dati rivelano dunque una maggiore propensione delle donne straniere a fare ricorso all'interruzione di gravidanza. Si tratta di un fenomeno del quale è necessario tenere conto nell'improntare opportune politiche di supporto e informazione.

    Una stima degli 'aborti clandestini'
    Con la legge 194 del maggio del 1978 recante "Norme per la tutela della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza", è stata regolamentata l'interruzione volontaria di gravidanza in Italia. In virtù della normativa vigente, oggi qualsiasi donna che "accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie di malformazioni del concepito" può richiedere l'IVG entro i primi 90 giorni dal concepimento. Dopo tale periodo l'IVG è ancora praticabile nel caso in cui la prosecuzione della gravidanza comporti un serio pericolo per la salute della donna.
    Prima dell'introduzione della legge 194, dunque, le IVG erano dichiarate come 'morti fetali', se effettuate in strutture ospedaliere, o non erano dichiarate affatto quando effettuate in abitazioni private. Erano questi i casi di 'aborto clandestino', fenomeno che, sebbene sia ancora presente, si può ritenere in forte diminuzione. Vari studiosi hanno tentato di stimarne l'entità prima del 1978 attraverso indagini locali e/o modelli matematici, ma i risultati ottenuti sono fortemente eterogenei: si passa da meno di 200mila aborti clandestini, a valori vicini ai 600mila. Nonostante l'approvazione della legge 194, si ritiene che una certa quota di aborti volontari venga ancora praticata nella clandestinità.

    AMEN!!




    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

 

 
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