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  1. #1
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    Predefinito "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"
    di Gian Marco Chiocci

    Signor Gianni Ienna, lei è stato un noto costruttore palermitano e ha subito una condanna come associato mafioso. Per la giustizia lei era al soldo della mafia. E secondo alcune accuse, attraverso i boss Graviano, in contatto con Berlusconi.
    «Falsità, tutte dimostrate documentalmente al processo. Avrebbero voluto che tirassi in ballo Berlusconi, che mai avevo visto e conosciuto in vita mia. Se vuole vi spiego come nasce il maldestro tentativo di trascinare il premier in fatti di mafia».

    Prego.
    «Capisco solo oggi il perché tutte le mie sventure giudiziarie iniziarono nel 1994, anno di nascita di Forza Italia. Fino ad allora ero stato uno stimato imprenditore, conosciuto da tutti, avendo costruito più di 7.000 appartamenti a Palermo ceduti a giudici, esponenti delle forze dell’ordine, politici di destra e di sinistra. Addirittura il giudice Guarnotta, membro del primo pool antimafia spingeva perché acquistassi il Palermo calcio e lo riportassi ai fasti del passato. Durante la bufera delle prime indagini finanziarie su larga scala ero stato interrogato dal giudice Falcone il quale mi aveva rassicurato sulla mia estraneità alle dinamiche mafiose, e difatti alcun provvedimento di alcuna natura era stato mai preso contro di me».

    E a Berlusconi come ci arriviamo?
    «Il 1994, anno dell’apertura dell’hotel San Paolo Palace, avevo dato in concessione al tributarista Mario Buonadonna, la sala conferenze della struttura per una manifestazione connessa alla creazione di un club di Forza Italia, partito che stava per nascere in quei giorni. Per me era tutto all’insegna della legalità, vi era la presenza di molti giudici, tra i quali mi ricordo in particolare Alfonso Giordano, che aveva presieduto il primo maxi-processo. Gli diedi le sale a titolo gratuito e loro pagarono il rinfresco».

    Non si è mai speso per Forza Italia?
    «Mai interessato di politica, com’è stato dimostrato al processo. Quel maledetto circolo fu per me l’inizio della fine. Iniziarono i sequestri dei beni, fui sbattuto in carcere, ma la mia unica colpa era quella di pagare il pizzo ai boss, compreso ai Graviano di cui sarei stato alleato e tramite per Berlusconi».

    Il pentito Giuffrè dice, appunto, che lei era il punto di contatto fra il premier e i boss Graviano.
    «Io non ho mai conosciuto Giuffrè, sarei pronto a un confronto con lui, pure subito, non ho mai conosciuto l’onorevole Berlusconi. Minchiate».

    E i Graviano?
    «Escludo assolutamente che facessero riferimento a Forza Italia. Perché proprio in quel periodo mi fecero chiamare, per ordinarmi di sostenere un partito politico, ma non era quello che era dentro il mio albergo, è facile intuire che mi avrebbero detto di procedere con Forza Italia, se fosse stato quello, dato che loro sapevano che il circolo era stato fondato dentro l’albergo. Invece mi dissero di aspettare perché c’era un altro partito da sostenere poi, fui arrestato e non si disse più niente. L’ho detto in ogni sede, ma i magistrati volevano sempre sapere altro».

    Cioè?
    «Volevano che confessassi questo legame con Berlusconi, mai io non avevo nulla da confessare. A chiederlo con insistenza c’erano due pm, un uomo e una donna, interessatissimi a quel club di Forza Italia, pm che oggi vedo impegnatissimi in indagini sui politici. Nel 1996 stremato da due anni di carcerazione preventiva, mi fecero capire che se avessi parlato, sarei uscito dal carcere e mi avrebbero restituito il patrimonio. Le domande si fecero sempre più pressanti. Io non ce la facevo più, non ero un criminale, ero in carcere da due anni, sull’orlo di un esaurimento nervoso, e su suggerimento dell’avvocato di allora, feci delle dichiarazioni autoaccusatorie. Ma riguardanti solo me. Non me la sentivo assolutamente di dire falsità su Forza Italia o su Berlusconi, perché non avevo idea neanche di cosa i pm volessero sapere».
    "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi" - Interni - ilGiornale.it del 27-11-2009

  2. #2
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    e quindi?

  3. #3
    La polizzzzia del webbbbe
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    Cioè dobbiamo dare retta ad un giornalista del "Giornale" di Berlusconi che intervista uno IMPUTATO per mafia e che giustamente tira acqua al suo mulino?
    Ciò sto tizio a praticamente "dimenticato" di dire veramente di cosa è accusato e di entrare nel merito delle indagini e dei vari dibattimenti. Ha solamente fatto una SUA PERSONALISSIMA valutazione (peraltro di una banalità assurda) che è stato INVISCHIATO e INDAGATO per mafia "solo" per aver dato una stanza di un suo albergo per fare una riunione di Forza Italia in nascita? Ma per favore.....

  4. #4
    Unrepentant Fenian
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    vergognoso
    vuoi una Italia migliore? una Italia dove la violenza fisica o verbale non ha posto? Allora iscriviti al PdL di PIR!

  5. #5
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    Citazione Originariamente Scritto da Seyen Visualizza Messaggio
    Cioè dobbiamo dare retta ad un giornalista del "Giornale" di Berlusconi che intervista uno IMPUTATO per mafia e che giustamente tira acqua al suo mulino?
    Ciò sto tizio a praticamente "dimenticato" di dire veramente di cosa è accusato e di entrare nel merito delle indagini e dei vari dibattimenti. Ha solamente fatto una SUA PERSONALISSIMA valutazione (peraltro di una banalità assurda) che è stato INVISCHIATO e INDAGATO per mafia "solo" per aver dato una stanza di un suo albergo per fare una riunione di Forza Italia in nascita? Ma per favore.....
    no, dobbiamo credere a qualche pentito che ha taciuto per oltre 15 anni... :giagia:

  6. #6
    Praticamente innocuo
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    Citazione Originariamente Scritto da LiberoCittadino Visualizza Messaggio
    e quindi?
    E quindi niente, tutto regolare, la magistratura politicizzata in Italia funziona così. Naturalmente bisogna vedere se nel caso specifico è vero o inventato
    Citazione Originariamente Scritto da Seyen Visualizza Messaggio
    Cioè dobbiamo dare retta ad un giornalista del "Giornale" di Berlusconi che intervista uno IMPUTATO per mafia e che giustamente tira acqua al suo mulino?
    Ciò sto tizio a praticamente "dimenticato" di dire veramente di cosa è accusato e di entrare nel merito delle indagini e dei vari dibattimenti. Ha solamente fatto una SUA PERSONALISSIMA valutazione (peraltro di una banalità assurda) che è stato INVISCHIATO e INDAGATO per mafia "solo" per aver dato una stanza di un suo albergo per fare una riunione di Forza Italia in nascita? Ma per favore.....
    Se uno racconta le cose come stanno (e bisogna vedere se è questo il caso) la banalità non c'entra.
    Ultima modifica di Marximiliano; 27-11-09 alle 13:15
    Far ragionare un idiota non é impossibile, é inutile

  7. #7
    Si legge NUAR!!
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    prendono per oro colato le dichiarazioni di un imputato per mafia, pazzesco
    l'italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno.

    jesus died for somebody's sins but not mine

  8. #8
    NON INVECISTA
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    Predefinito Rif: "Quei magistrattitle=Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    Citazione Originariamente Scritto da Noir Visualizza Messaggio
    prendono per oro colato le dichiarazioni di un imputato per mafia, pazzesco
    hanno votato al senato un condannato per mafia, che pretendi?

    il futuro non è più quello di una volta

  9. #9
    email non funzionante
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    Citazione Originariamente Scritto da Noir Visualizza Messaggio
    prendono per oro colato le dichiarazioni di un imputato per mafia, pazzesco
    ... mentre prendere per oro colato le dichiarazioni di un mafioso cocainomane che dice di ricordarsi di cose che ha sentito dire più di quindici anni fa , questo va bene.


    siete al delirio.

  10. #10
    Si legge NUAR!!
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    Predefinito Rif: "Quei magistrati volevano il nome di Berlusconi"

    loro hanno questi eroi

    4. Il costruttore Giovanni Ienna

    Il caso più recente riguarda il costruttore Giovanni Ienna ed è stato possibile ricostruire attività e legami attraverso le dichiarazioni di collaboratori di giustizia (Gaspare Mutolo, Giuseppe Msrchese, Salvatore Cancemi e altri).
    Ienna negli anni '60 svolgeva l'attività di carpentiere presso un'impresa edile, la GIVA costruzioni, e percepiva uno stipendio mensile di lire settantamila. Nel 1966 ha iniziato, assieme ad altri, un'autonoma attività di costruttore edile:

    "Nell'ambito di tale attività i soggetti in questione hanno costruito, come si deduce dalle trascrizioni effettuate presso la conservatoria dei registri immobiliari, numerosi edifici la cui realizzazione ha ragionevolmente richiesto l'impiego di ingenti somme di denaro; il tutto partendo da posizioni finanziarie estremamente modeste e non facendo ricorso al sistema bancario, non essendo i predetti soggetti in grado di offrire garanzie sufficienti ad ottenere credito" (Tribunale Palermo, 1995, p. 37).

    Successivamente Ienna ha continuato la sua attività diventando titolare di un gruppo di cinque società, con un cospicuo patrimonio immobiliare, e divenendo così un o degli imprenditori più in vista di Palermo. Il salto di qualità avviene tra la fine degli anni '70 e gli inizi degli anni '80: in quel periodo avviene il passaggio dall'impresa individuale e dalla società di fatto a un soggetto imprenditoriale complesso cui fanno capo diverse società di capitale.
    Si pone il problema della provenienza dei capitali impiegati e le dichiarazioni dei mafiosi collaboratori di giustizia chiariscono che l'imprenditore, pur non essendo formalmente affiliato a Cosa nostra, di fatto "appartiene" all'organizzazione criminale, avendo un rapporto continuativo con capimafia notori, come i Savoca e i Graviano, incontrastati domini territoriali; reimpiega nell'attività imprenditoriale capitali accumulati dalle famiglie mafiose ma, in osservanza delle regole di Cosa nostra, deve pagare il pizzo ai suddetti capimafia. La circostanza è stata richiamata dalla difesa per sostenere che il costruttore sarebbe stato non socio d'affari ma vittima dei mafiosi, ma la tesi difensiva non ha convinto i magistrati di Palermo, che invece hanno ritenuto l'imprenditore appartenente a Cosa nostra. A loro giudizio, se un soggetto utilizza dei proventi di attività illecita in maniera sistematica e continuativa "può senz'altro considerarsi affiliato all'organizzazione in quanto la sua condotta si inserisce nella struttura del sodalizio ed interagisce con le condotte di altra natura al fine di perseguire i tipici fini illeciti dell'associazione mafiosa " (ivi, p. 18).
    Che gran parte del capitale impiegato derivi da fonti illecite si evince dal fatto che Ienna nel periodo 1962-1968 non ha fatto ricorso al credito bancario e nel periodo 1968-1972 ha ottenuto mutui per poco più di un miliardo di lire, mentre ha svolto attività per importi superiori, dell'ordine di svariati miliardi. Anche successivamente, i crediti ottenuti da varie banche (Sicilcassa, Banco di Sicilia, Banca del Sud) sono inferiori ai capitali impiegati.
    La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo nel 1995 ha ordinato la confisca dei beni, tra cui un grande albergo. Si pongono ora i soliti problemi dell'uso dei beni confiscati, per di più complicati dalla richiesta degli istituti di credito di ottenere la tutela giuridica dei loro diritti.
    aggiungi titolo pagina
    l'italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno.

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