LA POLEMICA
Arrivato per ritirare un premio, era stato invitato a collaborare dall´assessore alla cultura Letizia Ortica
Treviso off limits per Paolini il sindaco-sceriffo non lo vuole
Sull´eventualità del suo ritorno si divide la città della Lega
"Per quel che mi riguarda può tornare in mutande in Piazza dei Signori"
Quando Gentilini smantellò le panchine nei giardinetti l´attore lo prese in giro
"Se non chiede scusa per quello che ha detto e fatto, Paolini Treviso se la scorda"
DAL NOSTRO INVIATO
ENRICO BONERANDI
TREVISO - A Treviso - che è la sua città - Marco Paolini non può recitare. Dove la Lega ha la maggioranza assoluta e può fare e disfare quel che vuole, l´attore e regista autore di Vajont è meglio che non metta piede. «A meno che prima si cosparga il capo di cenere e chieda scusa», puntualizza il sindaco-sceriffo Giancarlo Gentilini (in realtà è solo vicesindaco, ma comanda lui).
Il povero Paolini infatti è macchiato da un «peccato originale». Alcuni anni fa, sette per la precisione, il sindaco di allora - era sempre Gentilini - nominato commissario straordinario per il teatro Comunale, decise, a fronte di una voragine di debiti e di un´invasione di tarli, di chiudere il teatro. La città ribollì di sdegno e gli orchestrali, rimasti senza un posto di lavoro, pensarono - pare su consiglio proditorio di Paolini - di manifestare a metà pomeriggio di un sabato di struscio, e in pieno centro, in mutande. Boxer per i maschietti, pantacollant per le femmine. Uno scandalo che fece tremare i muri per settimane. Dire che il sindaco se la legò al dito è il più classico eufemismo. Ma non è finita qui.
Un´altra pensata di Gentilini - e cioè la decisione di smantellare le panchine nei giardinetti perché i bighelloni immigrati mangiapaneaufo non potessero stendersi a sprecare il tempo - fu presa di mira da Marco Paolini, che in occasione di uno spettacolo fece calare una panchina illegale dall´alto fino a pochi millimetri dalla terra proibita. Basta: «Mai più qui a Treviso!». È passato il tempo, Gentilini continua a comandare in città come e più di prima, la carriera di Paolini ha preso il volo. Ma il «peccato originale» è rimasto impresso, indelebile, sul suo nome.
Una settimana fa l´associazione Tarvisium Pro Loco decide di consegnare all´attore il premio San Liberale 2005. Pubblico selezionato a Palazzo Bomber, platea gremita da intellettuali ed esponenti dell´opposizione. Non solo: tra il pubblico c´è pure l´assessore alla Cultura in Comune, Letizia Ortica, unica esponente di Forza Italia nel monocolore leghista con potere pari ai fondi di cui può disporre: quasi zero. Paolini ringrazia, parla di poesia, appare un po´ dispiaciuto di non far spettacolo nella sua città. Improvvisamente l´Ortica si alza e lo apostrofa: «Buonasera. Sono l´assessore alla cultura. Vorrebbe collaborare? Se però non costa troppo, eh».
Il giorno dopo la Tribuna, il quotidiano locale fieramente anti-Gentilini, ci fa il titolone e il vicesindaco quasi esce di senno dalla rabbia. Minaccia di licenziamento l´improvvida Ortica e rinnega qualsiasi collaborazionismo col nemico. «Quella non aveva nessun mandato e qui comando io. Se non chiede scusa per quello che ha detto e fatto gli anni scorsi, Paolini Treviso se la scorda». Con accenti qua e là più misurati, la Lega trevigiana si schiera col suo sceriffo. Forza Italia è in imbarazzo. L´Ortica abbozza. Dice: «Pensavo che fosse passata abbastanza acqua sotto i ponti e che certe posizioni estreme si potessero limare. Era un´occasione per ritessere i contatti con un personaggio importante per Treviso. Gentilini è una gran brava persona, c´è pure un negretto nel suo palazzo che lo chiama nonno, ma ha un caratteraccio».
Il vicesindaco ha anche il gusto della battuta pesante: «Mica butto il mio lavoro di questi anni all´ortica... Ah ah. Da Treviso ho gettato via tutta la spazzatura». Spazzatura Marco Paolini? «No, volevo dire che ho ripulito la città della sporcizia e lui è stato solo capace di criticare, senza poi darmi atto del buono». Lei l´ha definito «un comunista». «Una volta qui erano tutti comunisti. Anche brava gente, con in testa un´idea sbagliata». Ha mai visto uno spettacolo di Marco Paolini? «Vajont non era male». E allora perché negargli il palcoscenico della città? «Prima chieda scusa e poi posso anche berci insieme un´ombra di vino».
Sulla Tribuna il poeta Andrea Zanzotto, il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella, il musicista Mario Brunello, Dario Fo e tanti altri intellettuali hanno bollato Gentilini come «intollerante» e la contesa sta diventando un affare nazionale. Un forum aperto sul giornale è inondato di e-mail di ogni tipo, pro e contro. E Paolini? Per ora tace e probabilmente se la ride per l´ultimo tiro che, indirettamente, ha tirato allo "sceriffo".