"17 gennaio 2005 - PSEUDO-RIVELAZIONI SU UNA "GLADIO MILITARE"
"L'Unione sarda"
Il grande segreto del codice Cosmos: assassinare tutti i big della sinistra
Le esplosive rivelazioni di un ex appartentente a "Gladio militare"
Enrico Berlinguer tra le vittime designate (e tenute sotto sorveglianza)
Un colpo di pistola dietro l'orecchio. Così avrebbe dovuto morire Enrico Berlinguer, segretario del più importante Partito comunista dell'Europa occidentale. Obiettivo sensibile e sorvegliato speciale dei servizi segreti Usa-Nato, sino a tre quattro anni prima che un ictus se lo portasse via qualche giorno dopo un comizio elettorale a Padova nel 1984. C'era anche lui nel lungo elenco della nomenclatura di sinistra, 186 nomi da spegnere, da eliminare perché troppo pericolosi per gli interessi degli Stati Uniti nel mondo. Tra questi, Armando Cossutta, Luciano Lama, Lucio Magri, Mario Capanna e Rossana Rossanda. Erano gli anni bui, molto bui, della Guerra Fredda. Quando Usa e Urss giocavano sullo scacchiere mediterraneo sistemando le loro pedine un po' dovunque e controllandosi a vicenda. In questo scenario da spy story (e non è sicuramente una novità), l'Italia ha avuto un ruolo di grande importanza. E non solo per la sua particolare posizione geografica. Ha fornito uomini e strategie, ma anche aree della penisola, tuttora a uso e consumo degli alleati americani. Sino a non molto tempo fa, queste zone (che non troverete in nessuna mappa ufficiale) venivano utilizzate anche dalla cosiddetta "Gladio Militare", niente a che vedere con quella civile, la famosa "Stay Behind", composta dai famosi 622 patrioti, più che altro dei crocerossini male in arnese e del tutto incapaci di far fronte a un'eventuale avanzata dell'armata sovietica. La "Gladio Militare codice Cosmos" era davvero tutt'altra cosa. "Eravamo dei soppressori speciali, quanto meno studiavamo per esserlo", precisa Fantasmino, nome di battaglia di uno dei 3250 gladiatori assoldati direttamente dalla Nato tramite l'Esercito. "Operavamo nella massima segretezza, studiando metodi e sistemi di guerra convenzionale e non convenzionale". Nessuno, tranne i vertici europei della Nato, era a conoscenza dell'organizzazione. Che pure esisteva, eccome se esisteva: 18 centri d'ascolto in tutta l'Italia, operazioni Sigint ed Echelon con Nsa, Nro e Cia. Con lo scopo di fare da supporto agli Alleati in caso di invasione da parte di truppe del Patto di Varsavia. "Il punto debole della Nato era l'Italia meridionale", racconta Fantasmino "in particolare la Calabria. Era qui che si temeva potessero sbarcare le colonne corazzate dell'esercito sovietico con 36 mila uomini al seguito, 300 carri armati, 480 mezzi per il trasporto di truppe motorizzate, artiglieria, 12 elicotteri e poca logistica per alimentarsi. Avrebbero fatto razzia durante il tragitto verso Napoli e Taranto. Lo scopo dei sovietici, dalle nostre informative, era quello di creare una spina nel fianco Nato, dividere le forze e impegnare i caccia delle portaerei americane di stanza nel Mediterraneo". Perché questa ipotesi? "Semplice, era il territorio con il più basso indice di popolazione e più facilmente raggiungibile partendo da paesi amici come Libia ed Egitto. Per cui, dopo l'eventuale contrasto militare, che secondo stime Nato sarebbe durato non più di 25 giorni, avremmo dovuto impiegare anche armi tattiche nucleari da 2, 5 e 10 kiloton per un totale di 500 kiloton, passando a uno stato di Defcon 1. Non potendo sfollare la popolazione civile, nonostante alcune misure preventive, dovevamo causare il minor danno possibile. Che potevano essere, per capirci, centomila morti". E lei lo chiama minor danno possibile? "Sì, sarebbe servito per intimorire i sovietici. La Calabria e il nord est della penisola sarebbero diventate il teatro per la cosiddetta guerra Nbc (acronimo che sta per nucleare, biologico e chimico, ndr). L'impiego di armi atomiche sarebbe poi avvenuto in Germania. Dovevamo far capire che se eravamo capaci di tanto nel nostro territorio chissà cosa avremmo fatto in casa loro. È chiamata guerra psicologica". Per fortuna, non c'è stata alcuna invasione. "Certo, è stato meglio così. Ma noi si era pronti a tutto. Ad avvelenare l'acqua, i cibi, a fare ogni cosa per disturbare e ritardare l'avanzata nemica. A Napoli e a Taranto non sarebbero mai arrivati. Il nostro compito era di debilitarli e sfiancarli con azioni di guerriglia, noi eravamo la migliore e unica forza speciale per la guerra non convenzionale". Quali erano invece gli altri compiti. "Diciamo che tutto ciò che noi facevamo aveva un solo obiettivo: combattere il Patto di Varsavia, il comunismo e i comunisti, naturalmente in caso di conflitto. Ci avevano addestrato e specializzato per intervenire su questo terreno. Abbiamo partecipato (faceva parte del progetto) all'eliminazione di decine di infiltrati di Kgb, Gru e Stasi (i servizi segreti militari dell'Urss e della Germania Est). Avevamo anche funzioni di lavanderia, termine che nel nostro gergo significava uccidere chi aveva posizioni di contrasto e dissenso nei confronti della Nato". Quindi il Pci e il suo vertice. "In caso di attacco sovietico, l'intera nomenclatura di sinistra, con in testa Berlinguer e Lama dovevano saltare. Un lungo elenco di personalità da spegnere era nelle mani delle Blue Light, un nucleo di 150 militari statunitensi, super addestrati e assolutamente privi di qualsiasi scrupolo". Si spieghi. "Vede, questi signori studiavano e si preparavano con noi, nelle basi logistiche di Miano, vicino Napoli, e Verona. Da loro avevamo appreso le tecniche per sopprimere, infiltrare e quant'altro. Erano, come dire, dei dormienti. Seguivano passo per passo i vertici comunisti, stando bene attenti a restare lontani dalle forze dell'ordine. Il loro fine era la destabilizzazione del Paese per ricondurlo a posizioni più filoamericane magari spostando l'elettorato con una serie di operazioni sporche da addebitare alle Brigate rosse. In realtà, si muovevano parallelamente alle Br ma erano molto più letali". Un esempio. "Il caso Moro, giusto per citarne uno. Nessuno di noi ha mai creduto alle Brigate Rosse. Non erano all'altezza di mettere in atto un'operazione militare di tale livello. Più verosimile che alcuni snipers Blue Light (cecchini, ndr) abbiano ucciso gli autisti e i carabinieri seduti di fianco nelle due auto sparando con armi ad altissima precisione da almeno tre quattrocento metri di distanza. Erano capaci, come noi d'altronde, di colpire il bersaglio anche a ottocento metri. Quindi, hanno lasciato il campo al commando brigatista. Vorrei porre un quesito: perché non è mai stata resa nota la perizia balistica sulle armi usate in via Fani? Chi avrebbe dovuto dirlo non lo ha mai detto". Secondo lei? "Era meglio che non si sapesse. Le Blue Light dovevano continuare ad agire nell'ombra e l'Italia non poteva mettere in discussione nulla con la Nato. Far credere che le Brigate rosse avessero progettato, organizzato e messo in atto il sequestro e l'omicidio del leader politico, era più semplice e conveniente. Per tutti".

Retroscena, accordi e obiettivi dell'incontro tra un cronista e l'agente segreto nella redazione del nostro giornale a Olbia La storia d'Italia nelle pagine del diario di Fantasmino
Fantasmino si presenta nella redazione di Olbia una mattina di novembre verso mezzogiorno. E' un ex magro, cinquantenne (grosso modo), ben vestito ma senza esagerare. L'aria da agente segreto non ce l'ha nemmeno se lo dichiara il notaio. Proprio questa è la sua forza. Insospettabile. Questo signore, aplomb da parastatale in pensione, annoiato quanto basta per scappare dalla televisione, si presenta negli uffici de L'Unione Sarda con un quadernetto elegante, scrittura fitta fitta e vagamente femminile, ordinata, le i con i puntini ben centrati, le o con col ricciolino in alto. Si presenta (per modo di dire) con questo documento: che cortesemente consegna e con altrettanta cortesia aspetta un'opinione. Intanto fa sapere che non intende cedere gratis il memoriale. Però si vede che é più arrabbiato che interessato, che i soldi non sono affatto il suo obiettivo principale. Offre referenze: è disposto a lasciare in prestito il quadernetto e aspettare che il giornale faccia tutte le verifiche del caso. Quella che sta presentando é una piccola storia dell'Italia contemporanea, diversa da quelle che siamo abituati a leggere. Anziché alzare il prezzo presentandosi come un sicario dello Stato, preferisce raccontare una vita trentennale da travet dello spionaggio. Una sorta di postelegrafonico con l'hobby dei fatti altrui. E mica fatti da niente: parla di omicidi politici, di bombe e di attentati come Cassano discetterebbe (sia pure con qualche difficoltà) di sport. Non recita la parte sfuggente di chi sa e non può dire di più, del poveretto schiantato da segreti terribili. Dicesse che vende aspirapolveri, non si farebbe fatica a credergli. Sa bene che il cosiddetto fattore umano (per dirla con un suo collega famoso, Graham Greene) é determinante per sembrare credibile. Lui, invece, niente. Affida la sua credibilità e le sue credenziali a documenti che intende mostrare solo e soltanto se la trattativa (pecuniarmente parlando) va avanti. Nel frattempo prosegue a parlare della vita da spione, dei pericoli corsi dalla democrazia italiana, degli assassini americani (Blue light) che circolavano liberamente in Italia, del pericolo rosso che turbava i suoi giorni e i suoi sogni. Man mano che spiega si fa prendere dalla foga e rivela perché vuol svuotare il sacco con un giornale: ce l'ha, a morte, con chi ha infangato Gladio, con l'ex deputato Falco Accame e con tutte "le ignobili bugie raccontate in questi anni". Al dunque, fine delle trattativa: Fantasmino cede gratuitamente "in nome della verità" il suo quadernetto, pretende tuttavia il controllo preventivo del testo da pubblicare. In cambio rivela la sua vera identità. Abbiamo verificato, non ha raccontato bugie, è stato davvero un servitore (segreto) dello Stato per lunghissimi anni. Ascoltarlo, senza pretendere di fare storiografia, è decisamente istruttivo. E inquietante. Anche se quella che svela non dovesse essere tutta la verità, nient'altro che la verità.

La guerra sporca dei Corpi speciali L'addestramento, gli allarmi notturni e le simulazioni
Qualcuno, sbagliando, l'ha definita una configurazione diversa dalla "Gladio civile" ma con strutture abbastanza simili. In realtà la Gladio militare non aveva niente a che vedere con "Stay behind". Innanzitutto per la selezione degli uomini, di solito giovani in forza all'Esercito (sia di leva che in carriera) e non civili con uno spiccato senso della patria e, nella quasi totalità, incapaci solo di maneggiare un'arma. I gladiatori militari erano davvero speciali. Venivano addestrati da istruttori dei migliori reparti dell'Esercito americano che li sottoponevano a veri e propri corsi di sopravvivenza prima ancora di passare alle tecniche e alle strategie di guerra e guerriglia, comprese quelle sporche. All'inizio, durante la fase della selezione, c'erano insegnanti che parlavano alle reclute di Nato e Patto di Varsavia. Raccontavano dei 26 mila carri armati schierati contro l'Europa che ne disponeva di appena 5200. "Si lavorava 17 ore al giorno per più di sette mesi. Ci svuotavano", ricorda Fantasmino. Ciò che contava era l'aspetto psicologico, quello fisico veniva assicurato con continue corse e camminate, abbondanti colazioni e percorsi di guerra. E poi, nel centro di Miano, vicino Napoli, esercitazioni di tiro al poligono, lezioni su come fabbricare molotov o altri ordigni esplosivi. Da non tralasciare i filmati sugli esperimenti nucleari a Los Alamos negli Stati Uniti e i loro effetti sugli animali. "C'era sempre qualcuno che vomitava, che non riusciva a reggere. Ogni tanto mi chiedo dove abbia trovato la forza di resistere". A letto si andava alle 22. Ma il riposo durava poco. Quasi tutte le notti si simulavano allarmi, quindi di nuovo in piedi a indossare la mimetica, prendere le armi e saltare su qualche camion per raggiungere l'obiettivo. Molti non finivano il corso. "Nei primi due-tre mesi crollava il 60 per cento del gruppo. Gli anziani ? dice Fantasmino ? si tenevano in piedi con amfetamine e calmanti". Non esistevano domeniche né feste comandate che a Miano, anzi, servivano per discutere di strategie. E amplificare, se possibile, il sentimento anti-comunista. "Non era odio il nostro, ma loro erano contro la Nato e contro l'Occidente e noi, semplicemente, non potevamo permetterlo. Così ci era stato detto e per questo eravamo pronti a tutto". E in tutti i sensi. Nello studio delle risposte a un'eventuale invasione rossa, erano state approntate tre fasi. La prima prevedeva una guerra convenzionale per 25-28 giorni su tre fronti, Calabria e confini di Austria e Iugoslavia (quelli su sui si ipotizzava un attacco). Con la seconda ci sarebbe stato spazio per l'uso di armi tattiche e nucleari grazie alle quali Gladio militare avrebbe dovuto prendere il controllo dell'intera Calabria. La fase finale riguardava invece l'utilizzo di ordigni atomici in Germania, Grecia, Turchia e uno negli Urali per bloccare le telecomunicazioni. Tutto questo senza che i vertici militari e politici nazionali ne sapessero nulla. Per anni. Solo la Nato, a Bruxelles, sapeva tutto. Per il resto, i gladiatori dovevano scomparire, vivere nell'anonimato più assoluto. Fantasmini.

Strategie
Per ragioni di strategia, la Gladio militare non ha tenuto in alcuna considerazione la Sardegna. Nonostante la presenza della base americana di Santo Stefano (La Maddalena), la base interforze di Quirra e l'aeroporto di Decimomannu, non è mai stata ritenuta importante sul fronte della difesa da un eventuale attacco sovietico. Non era, insomma, un obiettivo."
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"l'ex agente segreto "Mi occupavo di pianificare"
"Non ho mai ammazzato nessuno. Il mio lavoro consisteva nel pianificare le operazioni, da un punto di vista pratico ero abbastanza mediocre. Ma ero bravo a studiare strategie". Comprese le evacuazioni dai territori coinvolti in una guerra tattico-nucleare. Fantasmino, istruttore della Gladio militare, è un uomo deluso. "Per anni, io e gli altri eravamo convinti di rendere un grande servizio al Paese. Di tanto in tanto, lo ammetto, ero assalito dai dubbi. Soprattutto quando assistevo a quelle proiezioni sugli esperimenti atomici a Los Alamos. Ma dove son finito? Me lo ripetevo spesso senza darmi una risposta convincente per farmi smettere. Poi, a metà degli anni Settanta, sono riuscito a staccarmi. Nel senso che non avevo più obblighi di presentarmi nei centri di Miano e Verona. Però venivo chiamato spesso perché ero a conoscenza di troppe cose ed ero in grado di studiare piani per le nostre attività che si svolgevano prevalentemente all'estero. Il fatto è che quando stai in un certo ambiente non può mollare tutto e cambiare vita". Adesso Fantasmino un cambio di rotta l'ha fatto. Ha rotto il patto del silenzio, il giuramento di tutti i gladiatori. E ha deciso di parlare, di raccontare gli scenari studiati per contrastare un'invasione dell'armata rossa in terra italiana e per eliminare quanti non vedevano di buon occhio l'espandersi dell'impero americano. I comunisti innanzitutto."
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- Interrogativi senza risposta
"Cos'è la Gladio delle Centurie?"
Da alcuni anni l'ex parlamentare Falco Accame chiede chiarimenti
Dell'esistenza di una "Gladio Militare", definita la "Gladio delle Centurie", che operava all'estero con compiti interventistici (addestramento forze guerrigliere di liberazione) simili a quelli della Cia, ha parlato spesso Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa. "Mentre la Gladio civile (quella dei cosiddetti 622)", sostiene Accame, "è venuta alla luce dopo 50 anni e ora viene riabilitata, nulla è emerso circa la "Gladio Militare"". Accame, già parlamentare socialista ed espert o di questioni militari , nonch é studioso della vicenda Moro e presidente di un'associazione che tutela i familiari delle vittime militari cadute in servizio, ha scritto nei giorni scorsi al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e al presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti Enzo Bianco , per la vicenda del preallarme, 14 giorni prima di via Fani, che riguardò la " Gladio Militare " che venne attivata per arrivare alla "liberazione di Moro" che ancora doveva essere rapito. Un preallarme attivato attraverso un giro internazionale di "gladiatori", alcuni dei quali fecero poi una misteriosa fine.
Accame solleva la questione a partire dalle rivelazioni di due "gladiatori militari", Antonino Arconte e Pierfrancesco Can ceddu, detto "Franz" . Della struttura militare legata alla Gladio, ha parlato anche, confermandone l'esistenza, l'ammiraglio Fulvio Martini, per lunghi anni direttore del Sismi. Accame sollecita Bianco a indagare sulla esistenza di "un apparato segreto (forse ancora in atto) che ha operato all'estero anche armato (sul modello Cia) ma non conosciuto dai capi dello Stato italiano che per la Costituzione sono a capo delle forze armate del nostro Paese".
Nella lettera inviata a Ciampi e per conoscenza ai familiari delle vittime di via Fani e al ministro della Giustizia, Accame segnala che i due gladiatori affermano di appartenere a una struttura diversa da quella conosciuta perch é resa nota in parlamento e composta da 622 civili: una Gladio che poteva contare anche su agenti armati operanti all'estero , anche per l'addestramento di formazioni di guerriglieri, e che ad esempio hanno partecipato al defenestramento del presidente Burghiba in Tunisia .

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(Dichiarazioni di Cossiga)

-era stata pianificata l'invasione d'Italia attraverso due direttrici: con forze d'attacco tedesco-orientali e cecoslovacche attraverso l'Austria si pensava d'invadere l'Italia dal Nord-Est ed avendo come forze d'attacco quelle ungheresi e bulgare, attraverso la Jugoslavia e la soglia di Gorizia, da Nord Sud Est.
-i sovietici ritenevano di poter occupare in un primo balzo l'Italia fino all'antica linea gotica in soli quindici giorni per poter consolidare anche un caposaldo politico.
-prevedevano poi un dilagare nell'Italia centrale e meridionale e prospettavano un'invasione, con aereo-sbarchi, di Sardegna e Sicilia.
-i piani strategici militari e politici dell'Alleanza Atlantica davano per scontato che nei territori occupati dal Patto di Varsavia venissero insediati governi collaborazionisti", conclude Guzzanti.