Caro Otto, brevemente:Originally posted by Otto Rahn
Non so quale sia questa tradizione filosofica occidentale a cui fai appello o meglio credo di saperlo ma non è assolutamente univoca tant'è che a forza di travasi e adattamenti molto del sapere si è annacquato e perso per strada.
Per quanto riguarda quell'"ogni uomo" mi vien voglia di citare Silvano Lorenzoni che in apertura del sul libello La deformazione della natura ci fa notare che:
La trappola dell'umanità universale fu una di quelle in cui cadde anche Immanuel Kant. Nello sviluppare la sua teoria morale dell'"imperativo categorico" (che sta alla radice di ogni posteriore razionalismo etico), egli postulava una - del tutto ipotetica - legge astratta della ragione pratica, di validità universale e rivelantesi alla coscienza umana in quanto tale. Sta di fatto, invece, che quella coscienza umana di cui Kant parlava non era se non la coscienza generale dei civilissimi abitanti di Konigbserg: la sola umanità che egli conoscesse di prima mano. Questa identificazione riesce tanto più sorprendente in quanto Kant, quando insegnava geografia all'università, aveva ricevuto dalle sue letture informazioni dettagliate sui Negri d'Africa, riguardo ai quali aveva potuto trarre, data la sua acutissima intelligenza, conclusioni affatto pertinenti. Tuttavia, già pochi anni dopo la pubblicazione della Kritik der praktischen Vernunft ci fu chi seppe dimostrare come il cosiddetto imperativo categorico non potesse essere valido nè per gli angeli nè per gli extraterresti....
Questo è il punto buon Senatore. Lo scopo degli insegnamenti esoterici ai quali mi rifaccio è l'immortalizzazione dell'Anima che da peritura qual 'è, dev'essere ricongiunta con lo Spirito. Rendere cosciente di sè la monade attraverso le nozze chimiche, lo sposalizio del sole e della luna.
E questo è un lavoro che dev'essere affrontato in questa vita perchè solo su questo piano è possibile ottenerlo.
Diceva Meyrink: Chi non impara a vedere qui, di là non l'impara di certo.
Ma tu da buon cristiano sei attendista
-non ho parlato di umanità, ma di "ogni uomo", cioè ogni individuo. Riferirsi all'uomo è fondamentale, è la base di ogni via spirituale. Se ascrivessi un discorso sull'anima razionale ai cavalli sarei preso, giustamente, per uno che vaneggia. Tutt'al più sono disposto a concedere che alcuni si comportano quasi non avessero un'anima; inoltre è un dato di fatto l'ineguaglianza delle condizioni, ma non arriverei a dire che la diversità è addirittura tale da segnare un solco tra uomini animati e inanimati.
Tornando al primo punto, l'umanità è un concetto astratto adatto ad un contesto razionalistico. Chi parla dell'umanità come un tutto inscindibile in realtà ipotizza, al limite, un'anima dell'umanità o, per usare un termine più corrente, uno spirito dell'umanità, quasi personificando una collettività priva peraltro di una propria realtà. l'idea, per dire così, di Uomo, è altro e non può essere incarnata da una collettività sibbene da singoli individui, in potenza da tutti gli individui della specie umana.
In ogni caso, bastino questi pochi cenni, anche perchè non trovo giusto almanaccare sulle condizioni esistenziali dei vari appartenenti al genere umano. Diciamo solo che nella mia visione cosmologica non c'è posto per uomini che nascono al solo fine di condurre un'esistenza puramente vegetativa per essere alla fine, riassorbiti nella indistinta matrice da cui provengono. Tale, infatti, e non altra sarebbe la storia di ipotetici uomini "inanimati". Che poi, per tacere di altro, accogliere l'elitarismo gnostico e la teoria della diversità delle nature umane, avrebbe come conseguenza l'implicita legittimazione di ogni bassura e trivialità del mondo.
-sul secondo punto, non vorrei sembrare troppo freddo verso la tua battuta, ma il mio non è proprio attendismo, ma solo la presa d'atto di una cosa molto probabile: e cioè che questo mondo non è il solo stato di esistenza che ci riguardi, nè è il primo o il più elevato. L'essere cristiano alla fine c'entra poco, e per dirla tutta potrei trovare poco rispettoso questo essere apostrofato come un "buon cristiano attendista", quasi che solo l'inferiorità naturale della mia condizione mi rendesse in qualche modo non del tutto biasimevole.
Oltretutto mi sono espresso un pò male perchè non volevo dire che l'anima persiste quantomeno fino a un pò dopo la morte del corpo, ma proprio che è immortale; il che non è attendistico e tutto sommato nemmeno molto cristiano cattolico. Piuttosto è l'unica risposta logicamente possibile al quesito: come si concilia una morte definitiva con la necessità di un ristabilimento finale di tutte le cose, a meno di considerare questa morte come il passaggio ad uno stato superiore? La morte eterna, topos del più lugubre immaginario cattolico (e dei Vangeli) è appunto qualcosa da non prendere troppo sotto gamba.