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    Predefinito 4 tesi per il rilancio della Sinistra - appello di alcuni iscritti FDS

    Per un’Europa fondata sul lavoro
    QUATTRO TESI PER RILANCIARE LA SINISTRA IN ITALIA


    L’EUROPA

    L’affermazione dei socialisti e di Hollande in Francia, pur non sottovalutando le contraddizioni e i limiti che caratterizzano la sinistra francese, ha riaperto la possibilità di battersi con qualche speranza per una diversa fisionomia istituzionale e sociale dell’Europa. Questo obiettivo, difficile ma oggi meno irrealistico, resta il nodo essenziale per affrontare le grandi questioni della crisi economica e finanziaria dei Paesi dell’Unione. Occorre un cambio di priorità nella linea di politica economica che caratterizza oggi L’Europa. Le politiche restrittive di austerità tese all’abbattimento dei deficit pubblici sembrano non avere alcuna efficacia e stanno trascinando il continente in una gravissima spirale recessiva. Purtroppo le prime mosse del governo con presidenza Hollande lo vedono costretto ad accettare le limitazioni di bilancio e politiche sostanzialmente di austerità. Senza impazienze qualunquistiche dobbiamo vederne le ragioni che ostacolano il cambio di linea politica.

    In ogni modo le diverse componenti della sinistra socialista e socialdemocratica europea hanno spedito, con il cosiddetto “Manifesto di Parigi”, un segnale incoraggiante. Il manifesto è una piattaforma che ha l’obiettivo di contenere lo strapotere dei mercati finanziari, di rimodulare i piani di risanamento finanziario per renderli compatibili con il rafforzamento delle tutele sociali, di adottare misure (tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, project bond etc.) per liberare risorse da investire in direzione dell’ambiente, del lavoro, dell’istruzione e della innovazione.

    Alla moneta unica deve seguire necessariamente una vera e propria integrazione politica e istituzionale. È una necessità dei singoli Paesi, che da soli non possono fronteggiare i grandi problemi che un mondo e una economia globali oggi pongono a tutti, ed è una necessità dell’Europa stessa che, di fronte all’emergere di nuovi protagonisti sulla scena del mondo, ha bisogno di questa unità per non perdere ulteriormente ruolo e stare con un peso significativo nella competizione.
    Le resistenze a questo processo sono venute da diverse direzioni. Nell’ultimo decennio soprattutto da quella destra conservatrice che ha governato nei principali Paesi dell’Unione. E poi dalla Germania. Ciò ha reso difficile unificare le politiche di sviluppo, ha segnato nella direzione del rigore la linea prevalente, ha reso più difficile la situazione dei Paesi più deboli, come la Grecia o la Spagna, delineando una sorta di Europa duale dove il Nord laborioso si contrappone ad un Sud povero e sprecone.
    La vittoria di Hollande ha messo in campo una possibilità. Analoghi risultati alle prossime imminenti elezioni in Italia e poi in Germania potrebbero consentire di aprire sul serio un’altra strada.

    LA CONDIZIONE DEL PAESE E LA PROSSIMA SCADENZA ELETTORALE

    Si addensano sull’Italia venti minacciosi. Il clima si è fatto difficile. Alle difficoltà sociali accentuate dalla crisi si aggiungono i veleni che vivono in questo momento nelle arterie del Paese. Cambiamenti dell’economia e rivoluzione della comunicazione stanno producendo in tutto il globo fenomeni inediti che la politica fa fatica a governare. Da noi questo clima si presenta nelle forme più sguaiate e dirompenti. La fragilità storica della democrazia italiana, la tendenza del Paese ad essere sedotto da plebiscitarismi e leaderismi ne fanno un punto particolarmente sensibile della crisi di legittimazione della politica che, in forme diverse, si manifesta in tutto il Mondo.
    Il rischio ormai fortissimo è che anche il prossimo confronto elettorale non avvenga sui temi essenziali che riguardano la società e le persone. Insomma tra liberismo e solidarismo e sulle diverse ricette che essi propongono all’Italia. C’è dentro l’immaginario del Paese un grande e inquietante riflesso di rabbia e di egoismi che si esprime in una critica nei confronti ormai non più solo delle rappresentanze politiche ma direttamente contro le forme istituzionali della democrazia rappresentativa. Vi sono, come è ovvio, mescolati a questa rabbia, anche grandi sofferenze sociali legittime, accentuate peraltro dalle misure antipopolari di un governo “tecnico” spesso però quasi evocato dagli stessi cittadini come un antidoto alla crisi della politica. Anche per questo piuttosto che illusorie e vaghe rincorse neopopuliste occorre reimpostare un serio impegno in positivo centrato sulle grandi questioni sociali e del lavoro: legge sulla rappresentanza, politiche industriali, nuove forme di programmazione pubblica, piattaforme per una più equa redistribuzione del reddito e per rimettere in moto processi di mobilità sociale, i grandi temi delle aree produttive settentrionali e della condizione del Mezzogiorno. Questioni che vanno articolate e concretamente sviluppate non in forme sterilmente propagandiste ma in una più stretta relazione con la Fiom e con la Cgil, grandi organizzazioni sindacali di massa dove la sensibilità su questi temi è molto sviluppata.

    In questo quadro restano alcuni punti se non chiari almeno meno opachi.

    A) Il centro destra berlusconiano di questi anni sembra abbastanza indebolito e, allo stato, non in grado di giocare un ruolo forte, anche se il clima di populismo imperante certamente eccita un leader come Berlusconi e i suoi media che infatti sembrano, a giorni alterni, tentati di giocarsi questa carta.

    B) Il partito democratico pur avendo sostenuto il governo Monti sembra in questi mesi riuscire, anche se con sempre maggiore fatica, a presentarsi al Paese come una forza capace di prospettare una qualche alternativa, tanto al centro-destra che alle varie a trasversali forme di imperante populismo. L’idea di una svolta - per quanto prudente - rispetto al sostegno a Monti sembra reggere e l’alleanza con Vendola, per quanto contrastata a destra e a manca, e strumentalmente osteggiata da Casini, rafforza l’idea di un Pd (in questo senso va anche la “Carta di intenti” di Bersani) che, pur dovendo fare i conti con un quadro europeo difficile (e anche per questo da cambiare), si dispone ad andare al governo del Paese con l’intenzione di una svolta e senza l’inconsistenza di coesione che ebbero i due diversi governi Prodi. La strategia della maggioranza del Pd sembra chiara, per quanto messa duramente in discussione dai veltroniani, da settori ex democristiani e da figure come Renzi che, collegandosi a questo clima trasversale, innerva sul proprio impianto sostanzialmente liberista e filo Monti, tutta una serie di argomenti (peraltro reali) che puntano a intercettare le tendenze più antipolitiche degli elettori almeno sulle primarie. L’obiettivo di Bersani sembra essere quello di andare in direzione di una alternativa fondata sul Pd, su una sinistra non segnata da tratti antipolitici che spera Vendola possa rappresentare, senza che questa “fotografia” sia chiusa ad altri soggetti ed esperienze e, nel solco della più classica tradizione togliattiana e berlingueriana, parlare a quella parte del mondo cattolico e di centro che può rivolgersi a sinistra. La semplificazione politicista di questo disegno (quella di una alleanza con Casini e l’Udc) non è pertanto all’ordine del giorno e il solo avanzare tale ipotesi crea grandi problemi a Bersani e Vendola. Una diversa capacità di porre invece la questione politica di un rapporto con il centro (si pensi a quel popolo che si è riconosciuto in questi giorni nella straordinaria figura del cardinal Martini), potrebbe avere un esito diverso.

    C) La galassia di Grillo. È chiaro che è su Grillo e il suo movimento Cinque stelle che si gioca l’altro corno della difficoltà per il centro-sinistra a guadagnare il risultato. Nascono ormai da lì gli impulsi essenziali che stanno facendo egemonia su tanti. A partire dalla radicalizzazione di Di Pietro. Nessuno nega che su alcuni temi si toccano sensibilità presenti anche a sinistra, anche se su molti altri temi le proposte, quando si intravedono, hanno uno schietto sapore di destra. Ma l’asse di fondo di quella galassia concorre ad una prospettiva davvero preoccupante per l’Italia: la fine della democrazia rappresentativa, così come l’abbiamo conosciuta dal dopoguerra ad oggi in favore di una forma non meglio precisata in cui però appare delinearsi una liquidazione dei caratteri costitutivi della Repubblica. È un gravissimo errore sottovalutare questo pericolo e ha poco senso stare a contrapporsi troppo frontalmente, con il solo risultato di rendere ancora più diffuso il gusto che c’è nelle viscere dell’Italia di liberarsi di tutta la politica tout court, senza fare alcuna distinzione tra destra e sinistra; come del tutto fuorviante appare il comportamento opposto. Schierarsi di fatto al traino di queste istanze con l’obiettivo di lucrare qualche decimale elettorale è pericoloso. Sembra essere questa la scelta di Di Pietro, in passato qualcuno tentò di provarci anche dall’interno del Pd. Ed è questa, purtroppo, anche la scelta di una parte del Prc. Occorre sottrarsi a questa prospettiva, oltre che inefficace a guadagnare risultati (ormai chi sta su quest’onda vota Grillo o al massimo Di Pietro ) è anche pericolosa per la democrazia e del tutto in contrasto coi caratteri essenziali della cultura politica della sinistra e dei comunisti italiani.

    D) Le condizioni del Paese impongono alla Fds delle scelte chiare, non più rinviabili. In primo luogo una politica che avvii e costruisca un processo unitario a sinistra con Idv e Sel e che stabilisca una solida e proficua interlocuzione con la Cgil. Ma soprattutto una Fds che apra senza remore e timidezze un confronto programmatico con il Pd. Se il quadro è quello qui delineato è chiaro che non potrà vivere delle caratteristiche del recente passato. Intanto perché quel tipo di confronto determinò per tutti risultati negativi, ma soprattutto perché il compito di un’area comunista in questa fase, per quanto possa essere piccola, è ben di più che la semplice insistenza pur giusta sui obiettivi identitari e di bandiera, ma quello di mostrare come dalle culture politiche più ricche di storia e spessore, come quella comunista, quella socialista e del cattolicesimo democratico possano venire contributi essenziali in passaggi delicati, come quello che vivono oggi l’Italia e l’Europa.

    LA SCELTA DELLE PRIMARIE

    Il nostro auspicio sarebbe che non vi fossero elezioni primarie per definire il candidato a premier del centro sinistra. Non solo le primarie non appaiono convincenti laddove si tratta semmai di dare nuovamente valore alla dimensione collettiva. <<Per noi il leader – ha scritto Tronti - è il corpo del partito, una comunità di uomini e di donne che sulla base di un programma per il presente e un progetto per il futuro, chiede un consenso di popolo per governare e per cambiare>> . Oggi le primarie hanno peraltro perso anche quel valore di istanza di partecipazione che avevano avuto per una prima fase. L’irrompere delle tendenze ad una “ democrazia diretta”, al superamento di ogni corpo sociale intermedio, l’identificarsi tra queste istanze e figure individuali cui si delega alla fine ogni cosa, rendono le stesse primarie in fondo uno strumento poco efficace anche per produrre una mobilitazione.

    Tuttavia se alle primarie si dovesse davvero arrivare ci sembra naturale che la FdS, dopo aver aperto un confronto serio sul programma, sostenga in quel pronunciamento popolare la candidatura di Nichi Vendola. Il modo più opportuno per segnare anche programmaticamente il rapporto nostro con il centro-sinistra e anche la scelta più saggia in direzione di quella unità a sinistra spesso declamata ma poco effettivamente praticata.

    RILANCIARE LA FDS COME SOGGETTO UNITARIO E PLURALE

    La Fds versa in un grave crisi. Nata per affrontare unitariamente l’impegnativa scadenza elettorale delle politiche rischia, pian piano che tale scadenza si avvicina, di implodere. Noi consideriamo tale ipotesi un drammatico passo indietro rispetto all’obiettivo strategico di costruire un nuovo soggetto unitario e plurale della sinistra anticapitalistica italiana.

    Il rilancio della Fds e la sua costruzione e radicamento nei territori non può prescindere dai nodi essenziali che sottoponiamo alla Fds, cui abbiamo indirizzato a luglio una lettera aperta e oggi questo documento. Il rilancio e il rafforzamento politico ed elettorale della Fds può avvenire solo con la pratica effettiva di una politica unitaria a sinistra, di un confronto politico ed elettorale con il Pd e un rapporto costruttivo con la Cgil, in quanto solo tale politica risponde alle esigenze del Paese, alla difesa delle sue istituzioni democratiche, agli interessi di grandi masse popolari, di lavoratori, disoccupati, donne, giovani e pensionati, alla possibilità di far argine alle politiche neoliberiste e alla deriva populista.

    L’obiettivo strategico è la costruzione, attraverso un processo costituente dal basso, di un nuovo soggetto unitario della sinistra anticapitalistica italiana capace di raccogliere la sfida della globalizzazione e di riproporre in Italia e in Europa una visione socialista per il XXI secolo. Abbiamo considerato la nascita della Fds una prima tappa di questo processo Del resto proprio questo indirizzo strategico era al centro dell’impianto congressuale costitutivo della Fds.

    È questo respiro strategico che intendiamo recuperare con la nostra autonoma iniziativa.

    Nel frattempo un lavoro di costruzione della Fds con un Coordinamento nazionale che non sia la semplice proiezione delle segreterie dei partiti, la costituzione di Coordinamenti regionali e federali e soprattutto la nascita di “Case della sinistra” nei territori e nei luoghi di lavoro che nello svolgere un tesseramento autonomo dai partiti raccolgano l’insieme del patrimonio di tesserati, di militanza e di energie dei soggetti politici che compongono attualmente la Fds.

    In questo lavoro riteniamo proficuo il confronto con i compagni e le compagne del movimento per il Partito del Lavoro, che nell’ultimo Consiglio nazionale della Fds hanno presentato un documento che fornisce spunti condivisibili, sia sull’assetto della Federazione che sulla sua linea politica. Così come ci sembra necessario continuare a discutere con i gruppi dirigenti del Prc e del Pdci nella convinzione che vi siano ampi margini per dare alla Federazione tutta una fisionomia politica unitaria da subito più efficace.

    Per queste ragioni, per proseguire con maggiore incisività la nostra azione politica abbiamo nella riunione dell’11 settembre di Roma dei firmatari della lettera di luglio al Consiglio nazionale della Fds, aperta al contributo di altre compagne e compagni, maturato la scelta di avviare un lavoro politico-culturale indirizzato a promuovere, nelle forme oggi possibili, la riorganizzazione unitaria di tutti i soggetti che hanno nel mondo del lavoro il principale riferimento. Un prima importante scadenza in tal senso è l’appuntamento pubblico che abbiamo stabilito per il 6 di ottobre a Napoli.

    Roma, 14 settembre 2012

    Primi firmatari iscritti e simpatizzanti della Fds:

    Nicola Atalmi, Mimmo Borriello, Maurizio Brotini, Paola Budassi, Leonardo Caponi, Guido Carpi, Umberto Carpi, Bruno Ceccarelli, Marco Craighero, Oreste Della Posta, Domenico D’Onchia, Giovannino Deriu, Maurizio Foffo, Severino Galante, Claudio Giorgi, Antonello Licheri, Antonino Martino, Massimiliano Meloni, Alessandro Monti, Maria Grazia Montoro, Vito Nocera, Marco Noccioli, Alain Peretto, Roberto Passini, Maddalena Salerno, Pino Santarelli, Vittorio Sartogo, Giuseppe Stocchino, Roberto Romeo, Alessandro Tedde, Sandro Valentini, Angelo Zola.
    VOTA NO AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE
    UN NO COSTITUENTE PER LA DEMOCRAZIA CONTRO L'AUSTERITA'
    http://www.sinistraitaliana.si/ - http://www.noidiciamono.it/

  2. #2
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    Predefinito Re: 4 tesi per il rilancio della Sinistra - appello di alcuni iscritti FDS

    Curioso, Valentini al congresso del PRC aveva ritirato gli emendamenti perchè i fatti avevano superato le proposte...

 

 

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