Con solo tre mesi e qualcosa di ritardo, un miniracconto di viaggio di un Atlanta-Milano-Torino-Roma-Atlanta, con un po’ di diapositive. Ho comprato un film scanner – Minolta Dimage IV, un affare su amazon.com per $230 e spedizione gratis – e quindi sto scannerizzando un bel po’ di foto e scrivendo man mano che digitalizzo.
Volo di andata il 23 gennaio, solito Delta 74 con il classico 767, che ormai comincia a vedere in lontananza l’MD80 nell’importante gara per il titolo di aereo che ho preso più spesso. Non in quella degli aerei che mi piacciono, dove l’80 domina.
L’economica è piena, letteralmente zeppa, di italiani. Non ci vuole un genio per sapere che in un aeroporto da 80 milioni di passeggeri/anno, porta principale della zona in maggior crescita degli Stati Uniti nonché primo al mondo per traffico pax, un volo Alitalia giornaliero da Malpensa ci starebbe tutto. Ma AZ non ha le macchine per farlo, quindi possiamo rigirarcela come vogliamo e sempre a New York, Tokyo e briciole ci tocca andare. Verrà la riscossa, forse, intanto spariamoci la Delta e soprattutto spariamoci la ressa dei connazionali all’imbarco che non perdono tempo a farsi riconoscere agitando Gazzette e cellulari e saltando in piedi tutti insieme al primo annuncio d’imbarco, facendo il solito casino da andare a nascondersi. Però siamo vestiti meglio, non c’è che dire.
Poco da notare sul volo: otto ore e mezza per aria di cui due ore di sonno, 45 minuti di cibo per cani, il resto scrivere, leggere, qualche foto e contorsioni nel tentativo di andare al cesso provocando il minor numero possibile di vittime innocenti. Si capisce che non ero seduto in business?
L’economy ha comunque il notevole vantaggio di essere dietro all’ala, che per le foto è una buona cosa. Questa è fatta poco dopo che siamo arrivati a quota di crociera, guardando il tramonto; la prua è a nordest, il sole quindi ci tramonta circa dietro la spalla sinistra. Il finestrino dell’Air Monnezza non solo vibrava ma era pure lercio, quindi le foto sono quello che sono (Fuji Sensia 100, pellicola che uso al posto della Provia 100F quando mi prende di risparmiare). Sotto le nubi, a occhio e croce, qualche parte della South Carolina.
Sempre lungo la costa atlantica, pieghiamo verso il mare un po’ sotto New York, poi buio totale. In avvicinamento a Malpensa veniamo dritti da nord e dobbiamo fare una virata di 180° a destra per allinearci con la 35R. Eccola:
In finale, con il finestrino che dà il meglio di sé
Parcheggiamo tra uno splendido 321 Aeroflot (VP-BWO) e I-DISD, ammiraglia della flotta di casa. Unico neo della nuova livrea Aeroflot, che vedo qui per la prima volta : il nome di battesimo dell’aereo è scritto in un carattere brutto e impersonale che non c’entra niente col resto. BWO si meriterebbe almeno che gli scrivessero il nome per intero invece che un triste “P. CHAIKOVSKY” in stampatello. Stampatello che è una piccola bruttura anche della livrea Alitalia – a parte gli Airbus 319, che hanno i nomi delle isole in corsivo, e i 145. Boh, non credo che in AZ se la menino con le questioni tipografiche visto il ben altro genere di gatte da pelare che si ritrovano. Però queste cose di stile alla fine un po’ contano.
Aspetto la valigia 25 minuti che è peggio di altri posti ma meglio di altre volte a Malpensa, e via. Tra le altre cose vado a Torino, e qui ci sta una menzione per gli organizzatori olimpici che stanno facendo un ottimo lavoro, che sono venuto a vedere e raccontare per conto di un giornale specializzato,
Around the Rings. Qui conosco Giovanni / Barnawa, illustre forumista del luogo, mentre sono sequestrato a scrivere nella sala stampa del Palavela, da dove praticamente non sono uscito per un weekend. Lui è lì perché al Toroc ci lavora, così come molti altri ragazzi dall’aria efficiente, che parlano bene inglese e altre lingue, giapponese compreso. Bravi, bel lavoro. Meno bello il baretto dove si cacciano 15 euro per dei piattini (di plastica) prefatti di bresaola che prima di stare una giornata all’aria era buona, ma per fortuna c’è la nota spese, compagna preferita del giornalista in viaggio.
Menzione anche alle FS che per la somma abbastanza ridicola di 20 euro (in prima) mi hanno portato da Torino a Milano in ETR500, con carrello cibi, biglietto emesso su Internet, controllore cortese e competente e annunci di bordo anche in un inglese più che decente. Ma era un po’ che non prendevo un treno in Italia e forse mi sono perso qualche anno di miglioramenti. Cellulari fastidiosi, ma questo è un problema internazionale, che dopo lunga analisi ho deciso può essere risolto solo con la giustizia sommaria: se uno ti ha scocciato, lo ammazzi. Qualunque giudice ti concederà abbastanza attenuanti per uscire dopo una decina di anni, durante i quali se non altro non sentirai un solo telefonino.
Dopo Torino mi faccio un LIN-FCO con Air One, tra l’altro con una figura da pirla spettacolare quando mi sono presentato al check in all’ora giusta, però del giorno prima. La tipa (russa, una meraviglia) mi fa: Nesun problyema, lei non è primo uoggi che si presyenta il giuorno sbaliato. Ah, dico io, bene, mi fa piacere sapere che ci sono altri idioti al mondo, ma non è che c’è posto oggi sul mio volo di domani? Sì, c’era, ma solo a tariffa più alta. Dunque pago i miei 20 euro in più, che mi razionalizzo come tassa sulla distrazione, e neanche salata. Tipa di Air One: efficiente, veloce, non si scompone, risolve il problema sorridendo e saluta in tono professionale ma nient’affatto freddo. Un modello di servizio al cliente. Anche a bordo, come sempre, sono sorridenti e apparentemente felici di lavorare lì. Diciamo genere Lufthansa ma senza quel vago sapore metallico che LH mi ha lasciato spesso.
A Roma non riesco mai a evitare di fare il turista, nonostante ci abbia vissuto per degli anni. Mi viene da ridere quando mi ritrovo a 100 metri da casa (ex) mia con la guida, la macchina fotografica e il naso all’aria. Niente foto di monumenti che hanno visto tutti, piuttosto arance a piazza di Santa Maria in Trastevere:
Il ritorno da FCO è con un altro volo dove ho ramazzato parecchie miglia, Delta 71, che una volta facevano con l’MD11 e adesso col 767, che tristezza.
Visti a FCO: più Alitalia di quel che mi sarei aspettato. A un certo punto dalla 25 sono partiti in fila un bel po’ tra Airbus, M80, Embraer (il 170 l’avevo già visto in giro vestito del blu scuro di USAirways, bello, ma nei colori AZ non ancora) e ATR. Tutta la flotta narrowbody della compagnia. Mentre sono seduto al gate C27 mi passa davanti di nuovo I-DISD, ormai una vecchia conoscenza, che ho incrociato anche a JFK con Sarre, dove gli ho fatto la foto del mio avatar.
Dal gate, aspettando, mi godo un piccolo North Africa Show sulla 16R: uno dietro l’altro atterrano un 736 e un 320 Tunisair e poi un 300-600 della Libyan Arab, con la sua bella striscia d’oro che splende al sole. Non vedevo un loro aereo da chissà quanti anni. Nient’altro di notevole a parte un 737 bielorusso, il 340 Cathay che fa pushback, e il primo 320 di Lauda Air.
Imbarco senza casini e imbottigliamenti, anche perché i pax stavolta sono tutti americani e quando la tipa dice imbarco zona uno, zona uno è. Arrivato ad Atlanta e richiesto di spiegare questo fenomeno, tento la seguente teoria: gli italiani sono convinti geneticamente che il loro vicino intenda fregarli. Perciò se essi rispettano le regole si esporranno a essere gabbati da coloro che invece non le rispettano (e che certamente sono numerosi.) Di qui la tendenza ad aggirare le leggi – persino quelle tecnicamente inaggirabili in base alle quali un posto è assegnato a tutti – e a non riconoscere alcun concetto di bene pubblico ma a muoversi per bande legate da vincoli di famiglia, professione o tifo. Gli anglosassoni invece non vengono educati da piccoli alla divisione del mondo in furbi e ciula, e quindi non sentono l’impulso di zompare alla porta per impedire che il loro posto venga occupato da qualcun altro. E’ vero che li educano alla divisione del mondo in winners and losers e che questo produce altrettanti guasti, ma almeno non produce macelli all’imbarco degli aerei.
Tornando a terra (ma non per molto): rullaggio lungo e infatti decolliamo dalla 25, non dalla 16R, cosa che non mi ricordo di aver mai fatto su un intercontinentale da FCO. Non siamo pieni, decolliamo in poco spazio e siamo in aria alle 10.50.
Saliamo molto in fretta e impiegheremo poco più di un quarto d’ora per arrivare alla quota di crociera assegnata, 31.000 piedi, che poi diventano 33.000 quando cominciamo la traversata atlantica.
Solita viratona a destra e appena entriamo in un po’ di nubi, ecco un fantastico spettro di Brocken, effetto della diffrazione dei raggi solari prodotta dalle particelle d’acqua che compongono la nebbietta (ingegneri del forum, please correct me se è inesatto).
(continua)