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    Predefinito Mazzini e la Repubblica


    MAZZINI e la REPUBBLICA
    da la Gazzetta dell'Emilia - 1943 XXII - I della Repubblica.
    Modena - Anno LXXXV

    La salvezza d'Italia fu per Giuseppe Mazzini racchiusa in questa formula: "Solo i giovani faranno l'Italia nuova!".
    E ad un secolo di distanza la formula appare ancora esatta. E' chiaro che ancora oggi la salvezza della Patria non può venire dalle generazioni già vecchie preoccupate dei loro interessi materiali, abbruttite dal servaggio e sfiduciate per le sventure nazionali.
    Solo i giovani potranno fare l'Italia nuova, l'Italia Repubblicana. Essi coi loro entusiasmi generosi, con la loro audace inesperienza, con la loro fede innovatrice sapranno ancora una volta dare quel volto puro e sincero, quel pensiero e quella azione necessaria, affinchè la Patria viva di nuova vita, affinchè il nuovo Stato Sociale Repubblicano sia veramente degno del suo grande passato e si proietti ancora una volta in un fulgido avvenire, nell'idea del grande binomio "Dio e Popolo".
    "Dio, perchè l'origine dei nostri "doveri" sta in Dio, perchè Esso esiste come noi esistiamo, perchè Esso vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell'umanità, nell'universo che ci circonda....".
    Popolo come idea strettamente collegata al "dovere" di attuare sulla terra il regno di Dio; popolo come pure espressione di vita intesa quale missione, missione determinata per ciascun uomo dalle condizioni morali e politiche nelle quali viene a trovarsi: i dolori, i lutti, le croci, di cui è inevitabilmente seminata la strada che il dovere ci addita; popolo infine laborioso, ordinato e fedele, all'insegne immortali di Roma, lontano quindi dal falso dottrinalismo sociale di Carlo Marx e da ogni chimera demagogica, che trasforma ciascun individuo in un essere privo d'avvenire, perchè semper alla ricerca di un super bene irraggiungibile.
    Giuseppe Mazzini è l'alfiere di un'Italia libera e indipendente, di un'Italia creata da Dio nel confine delle due più sublimi cose. Ch'Ei ponesse in Europa: "Le Alpi e il Mare" e nel cuore di ogni italiano immemore occorrerebbe ancora oggi scolpire, dopo tanti anni di lotte, gli elevati accenti d'amore ch'Egli tradusse ai suoi figli.

    "Sia tre volte maledetto da voi e da quanti verranno dopo di voi, qualunque presumesse di segnarle confini diversi".
    "Dalla cerchia immensa delle Alpi, simile alla colonna di vertebre, che costituisce l'unità della forma umana, scende una catena mirabileche si stende dove il mare la bagna e più oltre nella Sicilia, quel mare, che i padri chiamarano "Mare Nostro". E come gemme cadute dal suo diadema stanno disseminate intorno ad essa in quel mare, Corsica, Sardegna, Sicilia ed altre minore isole, dove natura di suolo e ossatura di monti e lingua e palpito d'animo parlan d'Italia".
    "Pe entro a quei confini le genti passeggiarono l'una dopo l'altra conquistatrici e persecutrici feroci; e non valsero a spegnere quel nome santo a Italia nè l'intima energia della razza che prima la popolò; il lamento (?) italico, più potente di tutti logorò religioni, favelle, tendenze dei conquistarori e sovrappose ad esse l'impronta della vita italiana".


    Giuseppe Mazzini, rivive tra noi oggi in una luce più che mai splendente. Egli non solo aprì ai giovani d'allora un meraviglioso ideale patriottico e umanitario, ma li educò all'azione pratica insegnando ad essi la santità del "dovere", la necessità del sacrificio, la bellezza del martirio. Il giornaletto "La Giovane Italia" che gli iniziati diffondevano a rischio della propria vita, portava le idee maestre del Grande Apostolo, che non erano accessibili alle folle ignoranti, ma che erano dirette a pochi uomini: i capi del movimento che dovevano tradurle in altrettante azioni.
    Perciò fratelli, italiani, fascisti di ieri e repubblicani di oggi, ricordiamo i veri confini della Patria! Onoriamo chi veramente amandola, tanto soffrì per Essa nel passato e non dimentichiamo anche chi le ridonò così recentemente i suoi confini maggiori e lo splendore del rinnovato Impero.
    Rendiamoci ancora oggi degni del nome Italia, noi che abbiamo una tradizione di gloria che tutto il mondo ci invidia e soprattutto non perdiamoci per sempre nell'assurda, odiosa e vile attesa di essere liberati da un nemico invasore!!
    Anche a proposito di questo siano di monito le parole dell'Apostolo, che si dichiarava nauseato "dall'udir riptere da gente che non ha fatto mai cosa alcuna per noi: noi vi daremo la libertà".

    "Ma combattete come italiani, così che il sangue che verserete frutti onore ed amore non a voi solamente, ma alla vostra patria. E italiano sia il pensiero continuo dell'anime vostre, italiani siano gli atti della vostra vita: italiani i segni sotto i quali vi ordinate a lavorare per l'umanità. Avrete più caldo l'affetto dei vostri fratelli e più sincera, credetelo a noi, la stima degli stranieri".

    Siamo oggi un popolo di 45 milioni di uomini e nessuno, non un sol uomo, rimanga nell'obbrobrio dell'idea di calpestare ancora il patrio suolo dallo straniero.
    Sorgiamo a difendere la nostra Terra oggi libera dall'assolutismo monarchico e ricreiamo quello Stato Unitario che Giuseppe Mazzini con indomità fermezza vagheggiò nel suo grande amore per la Patria: Una Italia Repubblicana degna d'un popolo civile e libero, nel pensiero di Dio
    Questo fu l'unico nutrimento perenne del suo immortale spirito mistico.

    Corrado Rampini

  2. #2
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  3. #3
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    Predefinito Re: Mazzini e la Repubblica

    In origine postato da Meridius

    MAZZINI e la REPUBBLICA
    da la Gazzetta dell'Emilia - 1943 XXII - I della Repubblica.
    Modena - Anno LXXXV

    La salvezza d'Italia fu per Giuseppe Mazzini racchiusa in questa formula: "Solo i giovani faranno l'Italia nuova!".
    E ad un secolo di distanza la formula appare ancora esatta. E' chiaro che ancora oggi la salvezza della Patria non può venire dalle generazioni già vecchie preoccupate dei loro interessi materiali, abbruttite dal servaggio e sfiduciate per le sventure nazionali.
    Solo i giovani potranno fare l'Italia nuova, l'Italia Repubblicana. Essi coi loro entusiasmi generosi, con la loro audace inesperienza, con la loro fede innovatrice sapranno ancora una volta dare quel volto puro e sincero, quel pensiero e quella azione necessaria, affinchè la Patria viva di nuova vita, affinchè il nuovo Stato Sociale Repubblicano sia veramente degno del suo grande passato e si proietti ancora una volta in un fulgido avvenire, nell'idea del grande binomio "Dio e Popolo".
    "Dio, perchè l'origine dei nostri "doveri" sta in Dio, perchè Esso esiste come noi esistiamo, perchè Esso vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell'umanità, nell'universo che ci circonda....".
    Popolo come idea strettamente collegata al "dovere" di attuare sulla terra il regno di Dio; popolo come pure espressione di vita intesa quale missione, missione determinata per ciascun uomo dalle condizioni morali e politiche nelle quali viene a trovarsi: i dolori, i lutti, le croci, di cui è inevitabilmente seminata la strada che il dovere ci addita; popolo infine laborioso, ordinato e fedele, all'insegne immortali di Roma, lontano quindi dal falso dottrinalismo sociale di Carlo Marx e da ogni chimera demagogica, che trasforma ciascun individuo in un essere privo d'avvenire, perchè semper alla ricerca di un super bene irraggiungibile.
    Giuseppe Mazzini è l'alfiere di un'Italia libera e indipendente, di un'Italia creata da Dio nel confine delle due più sublimi cose. Ch'Ei ponesse in Europa: "Le Alpi e il Mare" e nel cuore di ogni italiano immemore occorrerebbe ancora oggi scolpire, dopo tanti anni di lotte, gli elevati accenti d'amore ch'Egli tradusse ai suoi figli.

    "Sia tre volte maledetto da voi e da quanti verranno dopo di voi, qualunque presumesse di segnarle confini diversi".
    "Dalla cerchia immensa delle Alpi, simile alla colonna di vertebre, che costituisce l'unità della forma umana, scende una catena mirabileche si stende dove il mare la bagna e più oltre nella Sicilia, quel mare, che i padri chiamarano "Mare Nostro". E come gemme cadute dal suo diadema stanno disseminate intorno ad essa in quel mare, Corsica, Sardegna, Sicilia ed altre minore isole, dove natura di suolo e ossatura di monti e lingua e palpito d'animo parlan d'Italia".
    "Pe entro a quei confini le genti passeggiarono l'una dopo l'altra conquistatrici e persecutrici feroci; e non valsero a spegnere quel nome santo a Italia nè l'intima energia della razza che prima la popolò; il lamento (?) italico, più potente di tutti logorò religioni, favelle, tendenze dei conquistarori e sovrappose ad esse l'impronta della vita italiana".


    Giuseppe Mazzini, rivive tra noi oggi in una luce più che mai splendente. Egli non solo aprì ai giovani d'allora un meraviglioso ideale patriottico e umanitario, ma li educò all'azione pratica insegnando ad essi la santità del "dovere", la necessità del sacrificio, la bellezza del martirio. Il giornaletto "La Giovane Italia" che gli iniziati diffondevano a rischio della propria vita, portava le idee maestre del Grande Apostolo, che non erano accessibili alle folle ignoranti, ma che erano dirette a pochi uomini: i capi del movimento che dovevano tradurle in altrettante azioni.
    Perciò fratelli, italiani, fascisti di ieri e repubblicani di oggi, ricordiamo i veri confini della Patria! Onoriamo chi veramente amandola, tanto soffrì per Essa nel passato e non dimentichiamo anche chi le ridonò così recentemente i suoi confini maggiori e lo splendore del rinnovato Impero.
    Rendiamoci ancora oggi degni del nome Italia, noi che abbiamo una tradizione di gloria che tutto il mondo ci invidia e soprattutto non perdiamoci per sempre nell'assurda, odiosa e vile attesa di essere liberati da un nemico invasore!!
    Anche a proposito di questo siano di monito le parole dell'Apostolo, che si dichiarava nauseato "dall'udir riptere da gente che non ha fatto mai cosa alcuna per noi: noi vi daremo la libertà".

    "Ma combattete come italiani, così che il sangue che verserete frutti onore ed amore non a voi solamente, ma alla vostra patria. E italiano sia il pensiero continuo dell'anime vostre, italiani siano gli atti della vostra vita: italiani i segni sotto i quali vi ordinate a lavorare per l'umanità. Avrete più caldo l'affetto dei vostri fratelli e più sincera, credetelo a noi, la stima degli stranieri".

    Siamo oggi un popolo di 45 milioni di uomini e nessuno, non un sol uomo, rimanga nell'obbrobrio dell'idea di calpestare ancora il patrio suolo dallo straniero.
    Sorgiamo a difendere la nostra Terra oggi libera dall'assolutismo monarchico e ricreiamo quello Stato Unitario che Giuseppe Mazzini con indomità fermezza vagheggiò nel suo grande amore per la Patria: Una Italia Repubblicana degna d'un popolo civile e libero, nel pensiero di Dio
    Questo fu l'unico nutrimento perenne del suo immortale spirito mistico.

    Corrado Rampini
    Quel manifesto che io ricordo benissimo e' il piu' rappresentativo del vero spirito che animo' la Repubblica Sociale Italiana !

  5. #5
    Dalla parte del torto!
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    Predefinito Re: Re: Mazzini e la Repubblica

    In origine postato da Ferruccio
    Quel manifesto che io ricordo benissimo e' il piu' rappresentativo del vero spirito che animo' la Repubblica Sociale Italiana !
    Non dirlo a milite che gli vengono crisi esistenziali
    Sinistra Nazionale!

  6. #6
    forti e degni!
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    W LA GIOVINE ITALIA!


    www.giovineitalia.org

  7. #7
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    [SIZE=4]ROMA REPUBBLICA VENITE !

  8. #8
    Il domani appartiene A NOI...!
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    Predefinito Re: Mazzini e la Repubblica

    In origine postato da Meridius

    MAZZINI e la REPUBBLICA
    da la Gazzetta dell'Emilia - 1943 XXII - I della Repubblica.
    Modena - Anno LXXXV

    ....................

    .................. SPLENDIDO................!!!

    (ecco perchè se fossi vissuto alla metà dell'ottocento sarei stato mazziniano (sinistra patriottica) e MAI seguace di Cavour (destra storica)............. ..............!

  9. #9
    Orazio Coclite
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    LEX ET VIS



    [*Carta intestata della Repubblica Romana, 1849]

  10. #10
    Totila
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    FESTA DI COMPLEANNO PER IL GRANDE ORIENTE D’ITALIA
    Tra luci e ombre i duecento anni della Massoneria
    22/11/2004
    Gustavo Raffi Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, annuncia un ambizioso programma di manifestazioni, essendo il 2005 il duecentesimo anniversario della fondazione della Massoneria italiana e della nascita del grande iniziato Giuseppe Mazzini Il 20 Settembre è forse la data storica più importante per l'Italia. Con la Breccia di Porta Pia Roma divenne capitale e si avverò così il sogno di due grandi massoni: Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi.

    La Massoneria, erede storica del Risorgimento, continua la sua lotta per la centralità dell'uomo, per la libertà, per la scienza e per la ragione contro ogni dogma e ogni superstizione. Il XX Settembre è per la Massoneria Italiana una data storica. Una data da ricordare e da festeggiare, perché il 20 settembre del 1870 dalla Breccia di Porta Pia i Bersaglieri sono entrati in Roma e il sogno di Giuseppe Mazzini e di Giuseppe Garibaldi di vedere la città capitale d'Italia si è finalmente avverato. Da allora - con la parentesi degli anni della dittatura fascista - la Massoneria italiana celebra la data depositando una corona d'alloro alla Breccia e ai monumenti dei due grandi italiani. Anche quest'anno la Massoneria non è mancata all'appuntamento e il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, l'avvocato Gustavo Raffi ha solennemente ricordato l'anniversario che sarà un altro anno celebrato con grande solennità in quanto ricorrono i duecento anni della nascita della massoneria italiana e della nascita di Giuseppe Mazzini. A Villa Medici, sede storica della Massoneria Italiana, il Gran Maestro Raffi alla presenza di quasi duemila “fratelli” e di moltissimi ospiti ha presentato il programma per il prossimo anno per degnamente festeggiare gli anniversari perché, e giustamente, la Massoneria si sente l'erede storico del Risorgimento e da sempre sta lottando per una civiltà con la centralità dell'uomo e sempre dalla parte della libertà, della scienza e della ragione, contro ogni dogma ed ogni superstizione. Nella allocuzione pronunciata il Gran Maestro ha detto: Stiamo viaggiando verso il 2005, un anno che per noi Liberi Muratori, rappresenta una ricorrenza importantissima, perché nel 2005 saranno trascorsi 200 anni dalla fondazione del Grande Oriente d'Italia, senza voler computare i momenti prodromici del settecento, soprattutto a Napoli e Firenze, quando nelle Logge nasceva e si sviluppava l’Illuminismo, che significò l'apertura al mondo moderno, la rottura con un'epoca buia dominata dagli assolutismi e dalle tirannidi. Ma non ci limiteremo a celebrare, o meglio, ad autocelebrarci. Faremo anche questo, ma in una prospettiva seria, attraverso convegni che affronteranno tutti i duecento anni di storia della nostra Istituzione, iniziando da Napoli per passare a Milano, che nel 1805 fu la culla della Massoneria giacobina e napoleonica, per approdare poi a Torino ove nel 1859 ebbe inizio il processo di rifondazione della Massoneria Italiana contemporanea. All'epoca il Grande Oriente Italiano era l'espressione dell'ala moderata dei Liberi Muratori a cui si contrappose il Supremo Consiglio del Grande Oriente d'Italia di Palermo che rappresentava l’idealità dei democratici, vale a dire dei garibaldini, dei repubblicani, di quelli che avvertivano più di altri la questione sociale ed in particolare quella meridionale. Affronteremo in tutte le sedi gli aspetti ideali per far comprendere e ricordare a noi stessi che quello che abbiamo conquistato, lo abbiamo ottenuto perché abbiamo un patrimonio di idee e soprattutto un grande vessillo di libertà da agitare al sole. Spiegheremo anche e ovunque ai cittadini che cos’è l’esoterismo, perché è giunta l'ora di chiarire che tale disciplina nulla ha a che vedere con l’occultismo, con la magia e con le fattucchiere. E arriveremo a Roma capitale. Nell’Italia unita i massoni incisero profondamente sulla trasformazione sociale, con una grande battaglia per le scuole, per l'educazione, per l'emancipazione delle masse. Nathan, il più grande sindaco di Roma, ebbe una battuta felice all’epoca, “quando vedremo sorgere una Chiesa noi costruiremo una scuola”, per far capire che la formazione del cittadino compete allo Stato, mentre la religione attiene alla sfera privata di un individuo e non può mai essere uno strumento di indottrinamento e di imposizione ad altri - anche attraverso uno strumento legislativo - di un credo non condiviso. La Massoneria fu espressione, quindi, di quella pedagogia civile che educa ad esercitare la capacità critica e autocritica del singolo individuo, trasformandolo da suddito in cittadino, che stimola il senso di appartenenza alla comunità e cementa l'identità nazionale e al contempo promuove le trasformazioni sociali. Infrangeremo anche i tabù, perché in Italia la storia si ferma sempre alla prima guerra mondiale ed affronteremo argomenti quali i rapporti tra la Massoneria ed il fascismo, per far comprendere il ruolo della nostra Obbedienza a difesa della libertà durante il regime e, soprattutto, ciò che hanno fatto i massoni del G.O.I. durante l'esilio. Poi la Repubblica, perché l'opinione pubblica deve sapere che il padre della Costituzione, Meuccio Ruini, era un massone: ma se non glielo spieghiamo noi, chi lo deve spiegare? Ma come è stato possibile, per oltre cinquant’anni, pretendere che gli altri ci dovessero capire, senza far nulla per farci capire? Parleremo della massoneria che ha saputo riallacciare i fili della propria storia, che è tornata ad occuparsi dell’Uomo in tutte le sue componenti, non soltanto dell’elevazione spirituale ma anche dell'aspetto solidale verso chi non ha, chi è emarginato, battendoci nuovamente per una scuola che sia scuola, che sia strumento di formazione e non di indottrinamento: e parlo della scuola d’obbligo, della scuola pubblica. Oggi stiamo pagando le conseguenze di scelte sbagliate che noi profeticamente avevamo denunciato. Avevamo, in epoca non sospetta, ammonito: se si costituiranno i ghetti, le isole, se si affermerà il principio della separazione tra cattolici, ebrei, musulmani, ogni confessione avrà il diritto di realizzare la propria scuola e regnerà l'incomunicabilità e con essa l'unico sbocco sarà il razzismo e la xenofobia. Ci siamo, purtroppo, arrivati! Adesso si cercano i palliativi, si va ad ipotizzare di costituire, nell’ambito della stessa scuola pubblica, di classi per soli musulmani e classi per quelli che non lo sono. Ma ciò significa non aver compreso cosa significhi creare un tessuto sociale. In alternativa si parla di quote: “in quella classe ci può essere sola una determinata percentuale di studenti islamici e domani la regola potrebbe valere per gli ebrei...”. Ma scherziamo? Vediamo cosa hanno fatto altri, ad esempio trovando spunto dal dibattito sul divieto del velo in Francia al quale si è accennato stamattina, anche se il problema è più complesso ed è stato oggetto di profondi studi. Si può discutere finché si vuole, ma si rinviene un punto fermo, nel rapporto sulla laicità voluto dal Governo francese: lo Stato deve essere neutrale, rispetto alle religioni, deve assicurare la libertà di coscienza e l’ordine pubblico, a significare che va represso l’apartheid non solo quando viene consumato dalla maggioranza della comunità etnico-confessionale maggioritaria ma, anche quando viene posto in essere da quella minoritaria, che si autoesclude, che diventa autoreferenziale, che si isola per impedire l'incontro e la contaminazione con l’alterità. Dobbiamo, invece, stimolare il dialogo perché solo attraverso il dialogo è possibile pensare ad una vita migliore. E allora nelle scuole non si potranno concepire classi separate in funzione del credo religioso degli alunni, non si potranno realizzare classi separate tra maschi e femmine, palestre separate tra maschi e femmine, in quanto i principi di convivenza vanno salvaguardati, per favorire un'integrazione che non significa cancellazione di identità, ma rendere compatibili realtà religiose e culturali diverse. E noi, italiani in particolare, noi latini, nella notte dei tempi abbiamo dimostrato che questo era possibile. A Roma c'era un tempio, e c'è ancora oggi, a testimoniare questa grandezza nei secoli: il Pantheon, dove ognuno poteva andare a pregare il suo dio, senza bruciare quelli che avevano un dio diverso. Ora bisogna attivarsi per trovare questo spunto, perché abbiamo perso troppo tempo, e dobbiamo tornare a vivificare quei valori della laicità che sono stati rimossi dalle coscienze, per risvegliarci dal lungo sonno della ragione. Occorre ricollegarsi, infatti, alla visione laica dello stato, della cultura, per esaltare le diversità, come momento di ricchezza, in vista di un dialogo che significa rispetto dell'altro, che non postula predomini, che significa affermare le regole della convivenza, individuando i terreni sui quali si può operare insieme. E muoversi in quest'ottica vuol dire sgomberare il terreno dai pregiudizi. Così pure la scienza è un altro dei temi fondamentali, perché la ricerca scientifica deve essere libera. Si può affermare un’etica della responsabilità e non del diritto, nel senso che la conquista scientifica e i suoi risultati non vanno imposti, né negati, che la legislazione deve essere una legislazione “leggera”, che rispetti le diversità e non imponga l’osservanza di precetti di natura religiosa a chi non li condivide: e, soprattutto, non neghi la speranza a chi è condannato a malattie oggi inguaribili. Quindi, etica della responsabilità. Nel nostro Paese si discute animatamente sulla legge sulla fecondazione assistita, sulla ricerca sugli embrioni, sulla clonazione terapeutica. I problemi che si agitano sono tanti, ma non si può in nome di un dogma bruciare le aspettative di una qualità della vita, quando ciò si può realizzare. Oggi ci sono norme che non solo frustrano l'aspirazione ad avere figli, ma addirittura, vietando la diagnosi del preimpianto dell'embrione, quella di avere figli sani a genitori affetti da malattie genetiche. Ma ciò che è aberrante, è che successivamente, nessuna norma vieta l'amniocentesi per accertare se un feto sia sano o meno, quando c'è una legge che consente di interrompere la gravidanza: talché ciò è vietato per l'embrione viene consentito per il feto. Allora l'impostazione giusta è di evitare drammi e consentire ai coniugi affetti da gravissime malattie ereditarie, quali, ad esempio, la talassemia, di avere figli privi di quella malattia, quando questo è possibile. Il problema potrà porsi tutt'al più in futuro, di fronte ad altre conquiste scientifiche, ma siamo convinti che l’umanità abbia un alto senso di responsabilità. Ci chiediamo quale credibilità e appoggio meritino coloro che, facendo riferimento agli embrioni sovranumerari oggi congelati, li vogliono condannare a morte. Ma se in un ordinamento in cui si consentiti espianti e trapianti, a parte il discorso sul fatto che l'embrione sia vita o no, possiamo affermare semplicemente: se l'embrione è una vita, non la si può bruciare inutilmente, sterilmente; abbia almeno un senso la sua fine, salvi altre vite, elimini le malattie. Muoviamoci in questo senso, diamo speranza e, in ogni caso, discutiamo sui grandi temi, ma davvero! Perché non è proclamando un si o un non che si risolve il problema. Esistono delle implicazioni etiche? Ragioniamone, giacché solo dall'approfondimento e dal dibattito si individuano i punti fermi. Di certo, affermare il primato della dottrina sulla scienza non ha mai portato conquiste all'umanità, anche se dopo secoli qualcuno chiede perdono. Viviamo in una società complessa, difficile, ma continuiamo a coltivare il pessimismo della ragione, che è una strana categoria dell'ottimismo, perché alla fine non esiste una rigida linea di demarcazione tra le due posizioni. Con tutte le difficoltà continuiamo a pensare che l'umanità abbia gli strumenti per costruirsi un domani migliore. E continuiamo a pensarlo, nonostante tutto. Stamane era con noi il massimo esponente delle Comunità islamiche in Italia a discutere serenamente su "L'Europa che non c'è", con relatori che esprimevano posizioni diverse dalla sua. Ha formulato significative affermazioni a favore del dialogo. Riteniamo che sia bene tessere questi rapporti, per separare le frange estreme del mondo islamico dalla maggioranza, che è laica. Nel nostro paese solo il 15 per cento dei musulmani frequenta la moschea, forse anche con percentuali inferiori. Dobbiamo sforzarci di avere un colloquio con quella parte che può recepire un messaggio informato ai principi della tolleranza, perché con le guerre di religione non si è mai risolto nulla; questa è una partita che va giocata e noi dobbiamo e vogliamo giocarla. L'abbiamo fatto in epoche lontane: quando nacque la massoneria moderna l'Inghilterra era insanguinata dalle guerre di religione tra cattolici e protestanti. I Massoni dell'una e dell'altra fede si trovarono intorno ad un tavolo di un'osteria, o di una birreria. Non è importante il luogo, è importante il tavolo e che si ragioni, magari brandendo un calice, in luogo delle armi. L'esortazione è che si esca dalle ragioni del mero profitto, che si cominci a pensare ad una Europa che sia l'Europa dei popoli, che si esprima attraverso proprie istituzioni, che abbia una identità, non una Europa che somigli ad una società per azioni in cui ci sono gli azionisti di riferimento, si fanno le cordate e addirittura, si va alla conquista dei risultati per il proprio paese ai danni degli altri stati membri: questa non è l'Europa, questa non è la via della civiltà. È chiaro che bisogna rinunciare ai privilegi, ma questo è un discorso che porta lontano, porta alla riforma dell'Onu, che non è e non può essere quella di allargare il numero di quelli che contano e si siedono, dei poltronieri, dei poltronifici... L'Onu, o meglio la Società delle Nazioni che fu l'anticamera dell'Onu, fu concepita dai Massoni. E nonostante tutto resta una grande utopia e tale disegno va perseguito. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione di stallo, perché abbiamo la Carta dei principi, che nella loro enunciazione sono del tutto condivisibili e non usurati dal tempo, ma manca una organizzazione dotata di veri poteri per attuarli. Vengono ammessi all'Onu Paesi che violano costantemente quei principi e questo non può essere tollerato. Però non esistono alternative alla realizzazione di un organismo sopranazionale che possa agire, che possa intervenire: non solo in Iraq, perché ci sono tante guerre nel mondo, anche dove non c'è il petrolio... Di certo non può essere solo un luogo dove i rappresentanti dei governi si incontrano per formulare risoluzioni: occorre pensare e disegnare nuovi organismi che garantiscano l'attuazione di quei principi. Diversamente qualunque grande potenza, in nome di quei principi che non sono assicurati dall’Onu potrà pretendere di agire in proprio per realizzarli. Dunque c'è tanto da edificare, e noi che abbiamo costruito per duecento anni, ci sforzeremo e continueremo a farlo anche per il futuro.






 

 
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