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    Thumbs up La Lega: è nero, se ne vada dal consiglio di Trento

    TRENTO - La sua elezione, dopo il voto di domenica scorsa, era stata salutata come un segnale di integrazione. Mamadou Seck, senegalese, in Italia dal 1989, è stato il primo cittadino di colore a conquistare il diritto di sedersi tra i banchi del consiglio comunale di Trento. Ma il successo dall’operaio quarantaseienne, schierato nella lista di Rifondazione comunista, ha scatenato la protesta della Lega Nord. «Nulla di personale contro Seck. Ma la sua elezione è un segnale preoccupante. Di questo passo l’identità trentina verrà messa sempre di più a rischio», ha tuonato Sergio Divina, candidato sindaco del Carroccio. Ancora più duro il segretario cittadino: «Far sedere un immigrato di colore in consiglio è una cosa gravissima, scandalosa» è sbottato Vittorio Bridi. Che è andato oltre: «Avverto fin da ora che non ho la minima intenzione di sedermi in aula vicino a quest’immigrato. Piuttosto, me ne starò in piedi per cinque anni». E a calcare ulteriormente la mano ci ha pensato anche l’ex senatore Enzo Erminio Boso: «Non si può ammettere nelle istituzioni qualcuno di estraneo alla propria cultura, tradizione, colore della pelle. Noi della Lega abbiamo sempre detto: volendo, possiamo aiutare il mondo intero. Ma lo dobbiamo fare a casa loro. A questi immigrati si concedono tutti i diritti senza richiedere loro alcun dovere». Parole dure, che a Trento hanno suscitato reazioni indignate. «Mamadou ha ottenuto la cittadinanza nel 1994 e da quel momento è diventato italiano a tutti gli effetti. Con uguali doveri e diritti. Compreso quello di venire eletto in consiglio comunale» è stato il primo commento del neo-riconfermato sindaco Alberto Pacher. «Si tratta - ha detto ancora Pacher - di accuse senza fondamento: essendo in possesso di regolare cittadinanza, Mamadou ha gli stessi diritti di chiunque altro di sedere in consiglio». E l’operaio senegalese: «Il loro è un atteggiamento limitativo, discriminatorio e razzista, ma che non scalfirà minimamente la mia voglia di fare politica» ha sottolineato Seck. Che ha aggiunto: «Non vogliono sedersi vicino a me? Pazienza. Al mio posto in aula non rinuncio, visto che me lo sono guadagnato democraticamente grazie ai voti che ho ricevuto dai trentini».
    Ma a criticare il Carroccio sono state tutte le forze politiche. «Queste della Lega - ha detto Marco Dallafior, capolista della compagine di sinistra "Trento democratica" - sono polemiche contrarie alle regole della democrazia. Da parte mia, al primo consiglio darò un caloroso benvenuto a Seck». Così Luigino Maule della Margherita: «Macché rischio per l’identità trentina. L’elezione di Mamadou non rappresenta alcun problema». Chiaro anche Ettore Zampiccoli (Forza Italia): «Vicino a Mamadou mi siederò io. La sua elezione rappresenta l’esito di una regolare consultazione e va dunque rispettata». E una sponda al senegalese è arrivata persino da Emilio Giuliana, neo-consigliere di An e sostenuto anche da Fiamma tricolore: «Come sono stato eletto io, così è avvenuto anche per lui. Quindi è giusto che possa sedere in aula».


    Marika Giovannini Corriere della Sera 14/05/05
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    «Nulla di personale contro Seck. Ma la sua elezione è un segnale preoccupante. Di questo passo l’identità trentina verrà messa sempre di più a rischio», ha tuonato Sergio Divina, candidato sindaco del Carroccio. Ancora più duro il segretario cittadino: «Far sedere un immigrato di colore in consiglio è una cosa gravissima, scandalosa» è sbottato Vittorio Bridi. Che è andato oltre: «Avverto fin da ora che non ho la minima intenzione di sedermi in aula vicino a quest’immigrato. Piuttosto, me ne starò in piedi per cinque anni». E a calcare ulteriormente la mano ci ha pensato anche l’ex senatore Enzo Erminio Boso: «Non si può ammettere nelle istituzioni qualcuno di estraneo alla propria cultura, tradizione, colore della pelle. Noi della Lega abbiamo sempre detto: volendo, possiamo aiutare il mondo intero. Ma lo dobbiamo fare a casa loro. A questi immigrati si concedono tutti i diritti senza richiedere loro alcun dovere».
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    è stato il primo commento del neo-riconfermato sindaco Alberto Pacher
    ...DEL NEOCONS,non neoriconfermato.

  4. #4
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    Arrow DELLA SERIE : NON SOLO CON GLI ISLAMICI E' DIFFICILE INTEGRARSI

    PROCESSO ALLE PORTE PER I BOSS DELLA MALA INDO-PAKISTANA
    Mafia indiana tra Brescia e Cremona


    ROBERTO FIORENTINI
    --------------------------------------------------------------------------------
    «Imponenti rimesse finanziarie su conti accesi presso istituti di credito degli Stati Uniti d'America e in Hong Kon». «Disponibilità di avviate attività commerciali e autovetture Mercedes». «Domestici per il lavaggio delle autovetture o per le pulizie di casa, mai pagati. Disponibilità di manodopera gratuita da impegnare nelle pizzerie e nei call center». È quanto scrive il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Cremona, Marco Cucchetto, nell’ordinanza di custodia cautelare datata 30 giugno 2004, che ha portato in carcere sette persone tra italiani, pakistani e indiani e tra questi i due fratelli Duhra. Jaswinder e Rupinder.
    Un documento che ora solo si è potuto leggere nella sua integrità. Un testo che dipinge, attraverso le note informative della Guardia di Finanza di Cremona, i colori tetri di un organizzazione indo pakistana che, secondo lo stesso giudice è nata e cresciuta tra le province di Brescia e Cremona. Un territorio questo dove la presenza di indiani e di pakistani si è fatta sempre più intensa. Dove il loro utilizzo nell'ambito della zootecnica e dell'agricoltura tocca oramai livelli altissimi. E' così le diverse indagini giudiziarie compiute in questi anni, portano a galla una situazione pesante. Assieme a coloro che lavorano onestamente nelle stalle, sta crescendo una malapianta che ha assunto secondo i magistrati, il livello della piovra mafiosa. Da anni sono in corso indagini che svelano, di volta in volta, gli aspetti più terribili. Molte volte dietro a semplici risse tra ubriachi, sono emersi veri e propri regolamenti di conti per denari non versati, per situazioni non regolarizzate; per altri precedenti di sangue. Un sottobosco di malavita che sta emergendo in tutta la sua gravità . Tante dunque le inchieste. Alcune ancora aperte, altre allo stato iniziale. E' una scia a volta fatta di denaro, ma che si trascina anche sangue e in qualche caso anche morti.
    Rimane ancora un mistero la scomparsa di un Shik avvenuta nel fiume Oglio, proprio al confine delle province di Brescia e Cremona e trovato cadavere dopo molto mesi. Resta u giallo la sparizione di un libro sacro conteso tra due comunità avvenuta sempre al confine delle due province. Poi lo scoppio di un'ennesima rissa a Vescovato nel cremonese. E' il 22 marzo del 2004. Quando i carabinieri arrivano si trovano davanti a nove persone ferite: uno di loro versa in condizioni disperate. A terra coltelli e bastoni. Neppure i magistrati, riescono a dare una spiegazione di quanto è accaduto. Tra i protagonisti proprio i due fratelli Dhura: di cui uno è latitante in Canada. Due mesi dopo i giudici diranno chi sono. Hanno dimostrato di aver costruito una vera e propria piovra dedita alla fabbricazione di permessi soggiorno. Si scopre che hanno appoggi anche con le associazioni criminali che operano tra la Calabria e la Campania.
    Denaro, tanto denaro, in cambio di false assunzioni nei cantieri di imprese edili. "In un sol colpo al prezzo che veniva stabilito - appunta il magistrato - si ottenevano anche decine di regolarizzazioni. Ogni richiedete poteva sborsare tra 7000 e gli 8000 euro per dare avvio alla pratica". Un'organizzazione di ferro. "Agevole - scrive ancora il magistrato - scolpire nei profili dei fratelli Duhra la caratura di veri boss, in grado di esaudire le richieste di chiunque si fosse rivolto a loro con sufficienti disponibilità finanziarie". Una piovra che ha improvvisamente varcato le soglie della Lombardia, operando nel traffico dei falsi permessi di soggiorno. Un'organizzazione, sempre secondo i magistrati, conosciuta in tutto il paese.
    "c'erano quei "Suka" e "Pinda" di Cremona ai quali bastava rivolgersi con adeguate risorse finanziarie per ottenere un permesso di soggiorno anche in mancanza delle condizioni e dei presupposti di legge. "E a fiancheggiare i due indiani anche il pakistano Mohamemad Aslam. In pochi anni diventa titolare del "Callnet Station" in via Piazza Marconi e di altri due punti telefonici.
    "Le strutture organizzative associative - scrivono anche i giudici - erano costituite dalle attività commerciali gestite da loro pizzerie e call center m ma anche per le loro abitazioni in Vescovato presso le quali venivano sovente convogliate le richieste di permessi di soggiorno provenienti dai connazionali". Ma c'era anche l'utilizzo di insospettabili. Un operaio indiano, assunto in un caseificio, era riuscito nel solo 2001 a movimentare all'estero, attraverso 64 operazioni, una cifra pari a un miliardo e 720 milioni delle vecchie lire. Nel solo anno Duemila attraverso 10 operazioni bancarie sarebbero spariti dall'Italia, oltre 260 milioni sempre delle vecchie lire. Un'organizzazione che avrebbe fatto entrare in Italia centinaia di pakistani e indiani. I processi sono alle porte, ma il fenomeno non sembra debellato.


    [Data pubblicazione: 15/05/2005]






  5. #5
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    E bravi i leghisti, ogni tanto dicono pure qualcosa di interessante e controcorrente. Finalmente.

  6. #6
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    Predefinito AL FASUMA DA SEMPER


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