È finita così: in nome del buonismo la Cassazione fa una bella gaffe: se così viene chiamato un extracomunitario di cui si ignora il nome l'appellativo «marocchino» è reato.
Siamo al colmo... non c'è più fine alla stupidità antirazzista!!!
ROMA – «L'appellativo “marocchino” ha valenza lesiva» e razzista, specie quando ci si rivolge così a un extracomunitario del quale si conosce bene il nome. Per questo la Cassazione ha confermato la condanna «per ingiuria» nei confronti di Saverio S., operaio di una ditta piemontese che aveva – in segno di spregio – chiamato «marocchino» un compagno di lavoro, Abderrahim T., nativo del Maghreb. Contro la condanna inflittagli – in primo grado dal Tribunale di Asti, e in secondo grado dalla Corte di Appello di Torino – Saverio ha fatto ricorso alla Suprema Corte sostenendo che «l'appellativo “marocchino” non ha valenza offensiva poiché designa semplicemente la provenienza etnica». Ma gli «ermellini» della Quinta sezione penale, con la sentenza 19738, gli hanno risposto che non si può «dubitare dell'idoneità lesiva dell'appellativo “marocchino” rivolto con attitudine di spregio ad Abderrahim, ignorandone deliberatamente il nome di battesimo e il patronimico». Aggiunge Piazza Cavour che «il rispetto dell'altrui persona esige che a essa ci si rivolta appropriatamente, mediante l'uso del nome o del cognome: cosa che era di certo possibile, nel caso in questione, dato che la parte lesa era inserita nella realtà operativa della ditta». Invano, inoltre, Saverio ha tentato di difendersi affermando che lui, Abderrahim, lo chiamava sempre così: «ehi tu, marocchino». In questo modo non ha fatto altro che peggiorare la sua situazione. Perché, secondo la Cassazione, «sostantivare l'aggettivo che riflette la provenienza etnica di una persona e apostrofare quest'ultima in tal modo, con evidente scherno e dileggio, costituisce ingiuria, che si connota, per giunta, di chiaro intento di discriminazione razziale, rendendo così più riprovevole la condotta offensiva». Ora la «pena della reclusione» – inflitta a Saverio per ingiuria e anche per il reato di lesioni perché aveva strattonato per un braccio Abderrahim – dovrà essere «rideterminata» dalla Corte di Appello di Torino per un motivo tecnico, legato all'ampliamento dei reati attribuiti alla cognizione dei giudici di pace. Con questa decisione la Cassazione toglie ogni dubbio, diffuso anche tra i magistrati, sull'offensività dell'epiteto «marocchino»: anche il Sostituto procuratore generale della Suprema Corte, Gianfranco Viglietta, aveva chiesto l'assoluzione di Saverio dal reato di ingiuria ritenendo che «il fatto non sussiste». Il suo parere non è stato accolto.
Gennaro Santini
Gazzetta del Sud - sabato 21 maggio 2005