Riporto:
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Il 14 Maggio, un colono ebreo, insieme a 2 soldati israeliani, hanno
aggredito e minacciato di morte un agricoltore palestinese, Khaled
Mohammed Abu Kaalaf, 34 anni, del villaggio di ŒAssira, sud di Nablus
(ovviamente, è soltanto un esempio di ciò che accade ogni giorno).
Questa la testimonianza rilasciata da Khaled al Palestinian Centre for
Human Rights:
"Circa alle 15.30 di Sabato 14 Maggio, stavo lavorando con un trattore
il tratto di terra appartenente a Qassem Ahmed, al limitare del
villaggio di ŒAssira, a sud di Nablus. Mi trovavo insieme ai proprietari
della terra e del trattore, e ad un uomo anziano, Ahmed Sharif Saleh.
Indossavo un soprabito di tela, per proteggermi dalla polvere.
Ho visto arrivare una jeep bianca proveniente dalla colonia ebraica di
"yitzar". La jeep si è fermata ad una ventina di metri da noi.
E' sceso un colono che impugnava un M-16, insieme a 2 soldati
israeliani.
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(commento mio: me coioni...)
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Uno dei soldati mi ha ordinato di scendere dal trattore e di
avvicinarmi. Ci siamo avvicinati tutti e 4, ma hanno trattenuto soltanto
me e il proprietario della terra.
Hanno controllato i nostri documenti, poi mi hanno ordinato di togliere
il soprabito. L'ho fatto.
Mi hanno ordinato di togliere tutti i vestiti. L'ho fatto.
Quando mi è stato imposto di togliere anche le mutande, mi sono
rifiutato.
Quindi, mi hanno ordinato di alzare le mani, sono stato spintonato con
il fucile e sono caduto a terra, ma sono riuscito a rialzarmi, sempre
tenendo le mani in alto.
Dopo un po', mi hanno permesso di abbassare le mani e di rimettere i
pantaloni, ma mi è stato ordinato di mettermi a terra, con il volto
contro il suolo. I 2 soldati si sono allontanati, e il colono ha
cominciato a girarmi intorno con la jeep.
Intanto il tempo passava; circa alle 18 i soldati mi hanno ordinato, in
ebraico, di salire sulla jeep del colono, per restituirmi i documenti ed
andarmene.
Dopo soli 3 passi, mi è stato intimato di tornare indietro. Il colono
ha preso un laccio di plastica e mi ha ammanettato.
Poi, mi hanno buttato sulla jeep. Uno dei soldati sedeva dietro di me e
mi puntava il fucile alla nuca.
Sono stato portato all'interno della colonia ebraica, vicino ad una
fossa profonda circa mezzo metro.
Il colono mi ha spinto dentro la fossa e mi ha ordinato di sdraiarmi,
poi ha iniziato a riempire la fossa con la terra, urlando "Devi
morire!".
Avevo paura, piangevo. Ho provato ad uscire dal fosso, nonostante fossi
ammanettato, ma il colono mi spingeva giù con forza, ferendomi alla
testa e al volto, usando la pala e prendendomi a calci in faccia.
I sodati ridevano.
Circa alle 20, i soldati israeliani mi hanno ordinato di spogliarmi. Io
ero terrorizzato, e l'ho fatto. Si sono portati via i miei vestiti,
lasciandomi con la sola biancheria intima indosso.
Mi hanno ordinato di non tornare mai più a lavorare la terra, perché
zona militare chiusa.
Il colono rideva, e continuava a spintonarmi con il fucile, facendomi
cadere per 3 volte.
Finalmente, mi hanno lasciato andare."
Queste cose, che i giornali non scrivono mai, per paura di essere
considerati antisemiti, accadono ogni giorno.
Khaled è stato fortunato, è riuscito a raccontarlo.
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