Corriere 24-5-2005
Castelli licenzia il capo degli ispettori Schiavon silurato: aveva firmato il manifesto sulla bancarotta . Al suo posto Miller
MILANO - Silurato il capo degli ispettori del dicastero della Giustizia. Il ministro Roberto Castelli ha imposto una brusca svolta alla carriera di Giovanni Schiavon , il magistrato veneto che fino alla scorsa settimana era il capo degli «007» di via Arenula .
Secondo le prime indiscrezioni , la rimozione sarebbe stata comunicata venerdì scorso , senza alcun preavviso, con modalità irrituali e sbrigative : una telefonata di pochi minuti, in cui Castelli si sarebbe limitato a informare Schiavon che aveva perso il posto.
Pochi minuti dopo , lo stesso ministro , con una seconda e altrettanto inattesa chiamata da Roma, avrebbe designato il successore : si tratterebbe di Arcibaldo Miller , l’ex pm di Napoli che faceva già parte dello staff degli ispettori.
In questa veste, tra l’altro , Miller ha condotto l’indagine ministeriale nata da una denuncia dell’onorevole Cesare Previti contro i pm milanesi, Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, che proprio ieri lo hanno visto condannare in appello per aver corrotto i giudici romani del processo Imi-Sir.
Il ministro Castelli, secondo diverse fonti milanesi, avrebbe motivato la rimozione di Schiavon , nel breve colloquio telefonico con il magistrato, sostenendo che il governo Berlusconi si sarebbe sentito tradito da una firma che aveva contribuito a bloccare un discusso disegno di legge.
Anche il capo degli ispettori, infatti, aveva aderito all’appello di 150 giuristi contro il progetto di riduzione delle pene per il reato di bancarotta fraudolenta .
Il documento, pubblicato con un’inserzione sul Corriere il 3 maggio scorso, denunciava il rischio che lo sconto previsto anticipasse troppo la prescrizione e garantisse così «l’impunità» anche «per fatti di bancarotta di estrema gravità», come nei casi Cirio e Parmalat . Il disegno di legge era stato inserito, con un blitz a sorpresa in commissione giustizia , nel testo originario del «maxi-emendamento sulla competitività» , su cui il governo aveva posto la fiducia.
All’indomani dell’appello dei giuristi, firmato anche da decine di magistrati e avvocati di ogni tendenza , il ministro Castelli era stato tra i primi a prendere le distanze e ad annunciare il dietrofront: «Il governo s’impegna a ripristinare pene severe e adeguate per il reato di bancarotta» .
Nonostante queste dichiarazioni , proprio il no alla riforma dei reati di bancarotta sarebbe l’unico casus belli citato ora dal ministro per motivare a Schiavon «il venir meno del rapporto di fiducia» da parte del governo
(omissis)