Per il bene dell'Africa
Incontro con Florence Oloo, Vice Rettore della Strathmore University, Nairobi, Kenya.








22 aprile 2009
1) Strathmore oggi è tra le università più qualificate in Kenya, in un continente dove il 60% della popolazione è più giovane di 21 anni. Qual è, dunque, il ruolo che l'istruzione può svolgere nel processo di sviluppo dell’Africa?

In Africa i giovani sono molto desiderosi di ricevere una istruzione adeguata. I genitori farebbero qualsiasi cosa per mandare i figli all'università. Spesso accade che per pagare gli studi vendano le loro vacche o la loro terra, perché sanno che una buona istruzione aiuta a trovare un lavoro migliore. E un buon lavoro significa sempre una buona posizione economica, la possibilità di uscire dalla loro difficile condizione di partenza. Quindi l'educazione è fondamentale, anzi, a parer mio, è l'unico modo per far crescere l’Africa. Se gli aiuti che riceviamo puntassero sul rafforzamento dell’educazione, si farebbe davvero il bene dell’Africa.

2) Strathmore è un centro di eccellenza ma allo stesso tempo è anche molto impegnata in programmi di sviluppo rivolti alle fasce più marginalizzate del Paese. Qual è la ragione di questo impegno?

Uno dei principi più importanti che san Josemaría ha trasmesso a quanti fondarono Strathmore è che ogni istituto con finalità didattiche deve avere tra le proprie priorità quella di servire il proprio paese, la società a cui appartiene, facendo attenzione a quelli che sono i bisogni specifici. Ecco perché Strathmore è sempre attenta al proprio ambiente, per capire qual è il modo più appropriato di rispondere ai bisogni particolari che di volta in volta emergono. Oggi in Kenya ci sono ancora tante sacche di emarginazione ed è per questo motivo che realizziamo progetti che mirano a rafforzare l’educazione dei giovani più in difficoltà, che puntano a sostenere piccole attività imprenditoriali attraverso una formazione ad hoc, così da dare a ciascuno una possibilità di riscatto, di migliorare la propria condizione di partenza.

3) So che non è per nulla semplice…ma se dovessi chiedere quali sono i “problemi più grandi” dell’Africa, cosa risponderebbe?

Sicuramente la corruzione, nel settore pubblico come in quello privato. Come possiamo sconfiggere il fenomeno? Non con le proteste in piazza o con le rivoluzioni, ma con l’educazione. Educando i nostri studenti al bene comune. Se i nostri giovani crescono con la convinzione che grazie alle proprie posizioni professionali hanno i mezzi per aiutare gli altri, per “servire”, allora non c’è più spazio per la corruzione. E’ un piano non certamente di breve periodo, ma l’educazione stessa è un piano a lungo termine.

4) Secondo Lei quali sono i punti di forza su cui gli africani possono investire per crescere e affrontare le grandi sfide?

I punti di forza sono i nostri valori. Il valore per la vita, per la persona. In Africa il valore di una persona non si misura sulla base di quanto possiede ma su quello che è come persona. I nostri valori, che spesso sono minacciati dalle influenze esterne, sono la nostra grande forza e ciò che dobbiamo difendere. Non voglio apparire romantica, non dico che siamo tutti virtuosi, ma la vita in Africa è considerata nella sua essenzialità.

5) Cosa pensa della polemica sollevata dai media occidentali in occasione del messaggio pastorale del Santo Padre dall’Africa?

Mi sono infuriata. Chiaramente è stata una polemica strumentale, nessuno ha voluto soffermarsi sulla sostanza del messaggio: il rispetto per la vita, per le istituzioni, per la dignità umana. Il messaggio del Papa è stato per noi un messaggio di speranza ed è proprio di questo che noi abbiamo ora bisogno.

6) A seguito delle stesse polemiche, molti hanno sottolineato l’ ignoranza diffusa che caratterizza la copertura che i media fanno dell’Africa. Come si combatte il fenomeno? Come si può ottenere una più approfondita conoscenza dei luoghi di cui si parla?

L’unico modo è venire in Africa. E’ compiere una esperienza personale, guardare con i propri occhi. In fondo non costa poi molto trascorrere una settimana a Nairobi o in un’altra città africana!Solo facendo esperienza in prima persona si possono cogliere aspetti più reali, meno stereotipati. Non si può pretendere di raccontare un continente così complesso senza averci mai messo piede. Ma, purtroppo è quello che più spesso succede.

7) Il 2015 segna la data ultima per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e le prospettive di successo non sono incoraggianti….secondo Lei come dovrebbe la comunità globale impegnarsi per raggiungere effettivamente quegli obiettivi?

Sostenendo le nostre idee. Aiutandoci a mettere in pratica le nostre soluzioni ai vari problemi. Siamo noi a sapere quali sono i nostri problemi e sappiamo anche come risolverli. Non abbiamo bisogno di ricevere soluzioni, ma solo supporto. Riguardo gli Obiettivi del Millennio posso dire che dal punto di vista dell’educazione abbiamo raggiunto un importante risultato, garantendo l’educazione primaria gratuita per tutti. Nel 2015 la prima generazione, frutto di questo traguardo, sarà pronta per l’università. Questa è per noi una sfida significativa.

8) Tornando a Strathmore…quali sono, secondo Lei, i risultati più rilevanti che l’università ha raggiunto dopo tanti anni?

Nel corso degli anni siamo riusciti a formare professionisti di ampie vedute, che hanno potuto sperimentare il valore della cittadinanza e del bene comune. Strathmore è stato il primo college interraziale in un’epoca in cui la promozione dell’unità tra i vari gruppi etnici era una grande novità. L’anno scorso abbiamo avuto una guerra civile e siamo stati l’unica università a rimanere aperta per permettere ai nostri studenti di continuare a studiare, ma, soprattutto, di poter avere un luogo in cui discutere, confrontarsi, riflettere sugli aspetti positivi dell’unità malgrado le tensioni. E’ stata una esperienza positiva per tutti.