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Discussione: Un regime umbro?

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    Predefinito Un regime umbro?

    di PIERANGELO MAURIZIO

    da Perugia
    Se nella rossa Toscana una famiglia su tre vive con il soldi transitanti in gran parte dalla Regione, nella rossa Umbria ci campa una famiglia su due. Quattro Asl, due aziende ospedaliere, più nove comunità montane, due Province, due università... Su 825mila abitanti, 50mila sono dipendenti pubblici, pari al 6,1 per cento dell'intera popolazione, la percentuale più alta d'Italia. Ma è una cifra falsa. Dai 50mila sono stati scorporati per esempio i lavoratori delle ex municipalizzate, diventate Spa private ma con capitali pubblici. La cifra vera oscilla tra i 90mila e i 100mila. Ci sono 300mila pensionati e negli ultimi quattro anni la terra di San Francesco ha fatto il miracolo: boom delle pensioni di invalidità (più 47 per cento), appena superata dalla Campania (47,3 per cento).

    Dice Ernesto Galli della Loggia: «In Umbria c'è un regime. Il sistema politico è connotato dalla mancanza fisiologica di un ricambio. Il controllo massiccio delle risorse da parte della classe politica - spiega - ha fatto sì che voti per la sinistra anche il dieci per cento di un elettorato tendenzialmente “strategico” e di tipo moderato. .. Il regime è così in grado di autoalimentarsi all'infinito creando via via un controllo capillare del voto fondato sullo scambio». Ancora meglio definisce la situazione una battuta che circola da queste parti: «Una volta un umbro su due votava comunista. Adesso un comunista umbro su due vota in un consiglio di amministrazione».

    Carlo Ripa di Meana, che nella passata legislatura era stato eletto nel centrosinistra in Regione, a un certo punto con la supervisione di Claudio Abiuso ha provato a contare enti e carrozzoni: titolo del dossier «Il sottogoverno in Umbria». È saltato fuori che, sanità a parte, la Regione sforna nomine in 298 enti, tra associazioni, comitati, osservatori, consorzi e cooperative. Racconta: «Più volte ho ricevuto dal gruppo dei Ds all'ultimo momento, in aula, i nomi da votare scritti su un biglietto. Persone che non conoscevo e di cui non ero in grado di valutare le capacità. E così, con l'eccezione di due persone invece a me note, ho sempre votato scheda bianca». In questi anni l'opposizione in Umbria l'hanno fatta lui, il giornalista del Messaggero Sandro Petrollini con i suoi libri («Rossi per sempre» e «DettoSfatto»), e Il Giornale dell'Umbria, rara voce controcorrente.

    Al centro di questo sistema e delle critiche è, inevitabilmente, lei: Maria Rita Lorenzetti, 53 anni, la governatora ds. Pugno di ferro, considerata da tutti una donna di potere capace e abile, da «Mozzarella» come la chiamavano al liceo a «Madame preferenze»: a giugno l'hanno rieletta per il secondo mandato con il 63 per cento dei voti. Ha un curriculum di tutto rispetto: sindaco di Foligno, quattro mandati da parlamentare durante i quali ha anche ricoperto la carica, decisiva, di presidente della Commissione lavori pubblici. È una dalemiana di ferro. Quando nei paraggi c'è D'Alema ama ripetere la raccomandazione che le fa la madre: «Tu oggi devi fare una cosa sola: salutarmi Massimo... ».
    Quanto a risultati plebiscitari non è da meno il sindaco di Perugia, Renato Locchi, dso. Anche lui rieletto con il 63,4 per cento. Da sempre qui l'asse preferenziale, come in tutte le regioni rosse, è con i costruttori. E quando un Comitato cittadino protesta, gli viene attribuita questa risposta: «Conosco un solo Comitato, quello elettorale e per fortuna si riunisce una volta ogni 5 anni».

    Ma c'è spazio anche per i volti nuovi. Maria Prodi, ad esempio, la nipote di Romano. Lo scorso anno per farle posto nella giunta regionale come assessora al Turismo non si è esitato un attimo a sacrificare l'ex sindaco di Perugia, il professor Gianfranco Maddoli, a seguito di una faida interna alla Margherita. Dopo le ultime Regionali, Maria Prodi - anche questa volta senza passare per le urne e senza essersi candidata - è stata richiamata in giunta anche se per un incarico più defilato: Istruzione e formazione professionale.
    Ma si diceva delle nomine. Siamo nel regno dell'indeterminato. Per quanto riguarda i compensi si va dagli 11mila euro al mese per i direttori delle Asl, ai gettoni di presenza che oscillano dai 15 ai 206 euro, agli incarichi gratuiti per cui sono previsti i rimborsi spesi. Per i 154 enti sui 298 schedati da Ripa di Meana che si sono degnati di fornire qualche dato è stata accertata una spesa annua per gli emolumenti di 2,2 milioni di euro: cifra che si presume raddoppi (considerando che la metà non ha risposto). La stima totale, se si aggiungono rimborsi, gettoni e «missioni», arriva a 8,6 milioni l'anno.
    Il punto tuttavia non sono tanto gli sprechi. Il punto è capire se molti di questi enti, comitati, commissioni in realtà sono l'interfaccia tra il potere politico e la distribuzione dei finanziamenti a pioggia.

  2. #2
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