La fogna dei bananas in marcia che sta inquinando il lago dell'Ulivo

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http://www.democrazialegalita.it/marco27aprile04.htm

L’ultimo tabù

di Marco Ottanelli



(se non hai un punto di forza originale, confonditi con l’ambiente; prima legge del trasformismo)



Affidare la stesura del programma a Giuliano Amato , il vice del Grande Bettino, l’ultimo Presidente del Consiglio del CAF, e anche l’ultimo Presidente del Consiglio dell’Ulivo, l’omega e l’omega di due parabole cadenti, l’uomo del vertice del Poker D’Assi (chi non ricorda, chieda: saremo felici di fornire dettegli), affidare ad Amato , dicevamo, il compito più delicato e più importante che un partito, una lista, un cartello elettorale possa fare, è indice di almeno un paio di innegabili elementi: il primo, che, dopo dodici anni di contorcimenti, le capacità innovative della sinistra riformista (ex riformatrice, ex progressista) sono praticamente uguali a zero; il secondo, che è allo SDI (circa l’1% alle ultime politiche), in definitiva, che viene demandato tale compito. Sarà un caso, ma non è né ad un esponente dei DS (16,6%), né a uno della Margherita (14,5%), che si chiede lo sforzo e si concede l’onore. Nonostante tutte le possibili pressioni ed influenze che Amato possa aver subito, ciò che risulta è che il Nuovo Programma del Nuovo Partito della Nuova sinistra italiana è il programma dello SDI. Non che ci sia qualcosa di male, a parte i numeri, ma, per sapere di cosa stiamo parlando, in rigoroso stile del nostro giornale on line, buttiamo sul piatto un po’ di documentazione, così, per sapere lo SDI cosa è :

2 Maggio 2003 Dichiarazione di Enrico Boselli sulla legge ammazzaprocessi: “Qualcosa si può fare se si riprende un dialogo, se anche l'Ulivo si rende conto della situazione difficile. Io penso che si possa introdurre nel nostro paese quella legge, che è già in vigore in altri paesi europei (questo è un falso clamoroso, ndr), e che prevede per le più alte autorità istituzionali, per il capo del governo, la sospensione di tutti i processi per tutta la durata del loro mandato. I processi vengono dunque sospesi per poi riprendere a mandato scaduto. E' il cosiddetto Lodo Maccanico”.

7 Novembre 2003. Dichiarazione di Del Turco sulla vicenda Andreotti: “Grazie al giustizialismo e al suo legame con la politica, i post comunisti, mentre in tutto il mondo il comunismo crollava, sono andati al governo portando un leader a Palazzo Chigi”

1 Agosto 2002, dichiarazione di Ugo Intini sul disegno di legge Cirami: “Quando vedo dei magistrati che insieme a Di Pietro polemizzano contro un partito (Forza Italia, ndr), penso che siano magistrati politicizzati e che ci sia un legittimo sospetto sulla loro neutralità.”



(se non hai molte idee, nè precise, confondi quelle poche che possiedi; seconda legge del trasformismo)



il programma, dunque, è steso (ci si permetta un velato doppio senso). Ma cosa vuole, infine, il Triciclo? Leggendo il programma di Amato , reperibile sul sito www.unitinellulivo.it , si ha l’impressione che sia buono per tutte le stagioni. Infatti, si mescolano con eleganza parole come welfare, nelle sue varie accezioni, compresa quella di “welfare al di sopra della rete di protezione di ultima istanza” (…mah?) e liberalizzazioni di beni e servizi “da completare”; si mescolano tristi storie del Bambino Antonio che piange per i litigi sulle foglie d’Ulivo (che fa, dott. Giuliano, allude?) e le prospettive di un servizio misto pubblico-privato per il lavoro; programmi di futuribili telelavori per anziani e programmi di inserimenti delle forme incentivate di riforme integrative, che confluiranno in un vero mercato dei fondi pensione. Insomma, come in ogni programma, c’è del buono, dell’illusorio, del confuso e del vago. Ma, almeno, quanto fin qua elaborato è riuscito a far chiarezza, ad unire la lista unitaria? Parrebbe di no: «Questo programma non va bene», avverte, magari un po’ in ritardo, Pietro Folena. «Si parla di concorrenza e mercato, si dice che il Welfare è inadeguato, si assume come modello quello degli Stati uniti e si usano molte parole d´ordine della destra - attacca Laura Pennacchi -. Non si capisce se chiediamo i voti o ci limitiamo a un´analisi peraltro sbilanciata». Saltano agli occhi, poi, le omissioni. Senza volerle elencare tutte, le si possono riassumere in un unico grande capitolo mancante: quello relativo alla questione morale. Non una parola su mafie, corruzione, malaffare, responsabilità e doveri appunto morali degli uomini pubblici; solo un vago, vaghissimo accenno alla necessità di ridurre i tempi dei processi in Italia. Ovviamente, senza dare una benché minima ricetta per lo scopo.



(se non puoi battere il tuo avversario, assomigliagli il più possibile: terza legge del trasformismo)



“Chiunque ci vedesse insieme potrebbe giurare che siamo gemelli. Gemelli… Più che gemelli, uguali. Come Uguali ? Semplicemente uguali.” (da: L’uomo duplicato, Josè Saramago 2002)

Affidiamoci agli uomini, allora. Chi si candida per il Triciclo? Facce nuove, volti nuovi, idee nuove? Macchè: riciclatissimi all’arrembaggio.

La “brigata Tangentopoli”, come l’ha chiamata Elio Veltri, scatta in pool position.

Cominciamo, in rigoroso ordine alfabetico, ancorché parziale, da Salvo Andò, siciliano, ministro della Difesa e responsabile per i servizi segreti di Craxi, che è tornato alla politica dopo aver incassato una doppia prescrizione, una per tangenti “classiche” (per le quali era stato condannato sia in primo che in secondo grado), una per finanziamento illecito di partito: una robetta da 5/8 anni di reclusione; Carmelo Conte, ex ministro socialista per le aree urbane ed altro, e inquisito, nel 1997, per concorso esterno in associazione camorristica. Prescritto nel 2002, ha evitato la sorte del fratello Angelo, che langue in prigione con le stesse accuse e con sentenza definitiva. I loro nomi furono fatti da diversi pentiti nell’ambito, fra le altre cose, delle indagini sulla ricostruzione post-terremoto in Campania; Luigi Cocilovo, l’uomo dalla valigetta d’oro, attuale deputato europeo, le cui vicende come uomo politico, anche recenti, hanno aperto un vero e proprio caso che abbiamo ampiamente trattato, e al quale volentieri vi rimandiamo . Non di meno sarà l’Udeur di Mastella, al quale nessun avvocato della Lista Unitaria si è sognato di levare il marchio ulivista, che ha deciso, dopo indugi e ritrosie, di candidare a Strasburgo Paolo Cirino Pomicino, condannato “solo” una volta su trenta processi per varie ruberie: un signore. Ma poiché non di sole sentenze vive il Partito Riformista, né il cronista, ci piace inoltre, ma diremmo: assai di più, rimarcare, sottolineare, evidenziar con tratto rosso gli acquisti, recenti, più o meno, e le proposte che il Triciclo offre agli elettori, affinché certifichino la trasmutazione di una sinistra che fu, in un qualcosa che a Forza Italia tende ad assomigliare, ad apparire gemello. Più che gemello, semplicemente uguale.

Parliamo, nello specifico, di Vittorio Dotti, addirittura vicepresidente dei Repubblicani Europei (l’ormai famoso “campanello del Triciclo”), che ha al suo attivo nientemeno che la carica di Fondatore di Forza Italia, di Avvocato della Fininvest, di Avvocato di Berlusconi e di Uomo di Mondo. Un curriculum che alla sinistra riformista non può far che bene. La sua storia, è conosciuta: di casa ad Arcore e a Cologno Monzese, diventa capogruppo alla Camera dei deputati azzurri. A confronto del “falco” Previti, appare – volendo- come una “colomba”, e, durante il Silvio I, svolazza tra le stanze istituzionali e le solite scartoffie delle aziende di famiglia (non sue, non sua). Poi, lo psicodramma: la di lui fidanzata, termine di altri tempi, compie un atto all’epoca attualissimo, e vuota il sacco. Stefania Ariosto diventa così la teste principale, o forse la più famigliare, a carico appunto di Previti e di Berlusconi stesso, dei quali racconta fatti e malefatte, talvolta impastate con le proprie. Il gruppo non perdona, e Dotti viene allontanato, con disdegno, da Arcore, Cologno e poi Montecitorio. Magari si pensa che, coinvolto negli affetti, Dotti partecipi alla vicenda e – perché no – alle testimonianze dell’Ariosto, ma, a quanto pare, non andò esattamente così. Riteniamo necessario riportare il commento della stessa signora Stefania riguardo il suo ex e la sua candidatura (perché, tramite i Repubblicani, egli è ovviamente candidato per la Lista Prodi): “Oggi nel cuore di molti uomini alberga la dismisura, lo squilibrio, il desiderio di avere di più, e tutto ciò li induce a scambiare per legge universale la propria volontà di potere. Un potere illusorio e tuttavia iscritto nella loro carne.” Se lo dice lei… e “lei” dice assai di più. Vi preghiamo: leggete il pezzo completo qui, e poi tornate al nostro articolo; non abbiamo ancora finito.

Dobbiamo infatti scendere in Sicilia, dove, guarda caso, è proprio Cocilovo ad aver condotto una serie di operazioni di cooptazione che a noi, che non siamo sufficientemente sottili e smaliziati da considerala una fruttuosa “campagna acquisti”, appaiono piuttosto come clamorosi esempi di cinismo politico e di mancanza di ideali, di ogni ideale. Luigi Cocilovo, designato alle passate amministrative come candidato presidente alla provincia di Palermo da una assemblea di pseudo-primarie, che lo preferì, non si sa bene come, a Fiandaca, proposto dalla “società civile” (e questo ci insegna come in Italia ce ne sia, di strada da fare, in tema di primarie…), stavolta è stato designato dai big della Margherita e dallo stesso Padre Prodi come heads hunter, e qualche testa l’ha in effetti acchiappata. La testa più grossa è quella di Ferdinando Latteri, rettore dell’università di Catania il quale, appunto gonfio di ideali, ha mollato Forza Italia per saltare sul carro della Margherita. ''Non sono un potente ma un uomo delle istituzioni. Non guardo mai indietro ma sempre avanti”, ha orgogliosamente dichiarato Latteri in occasione della sua investitura margheritesca. Ed è vero: Latteri avanti ci ha sempre guardato, e ci ha visto benissimo. Prima deputato DC (fin dal 1987), poi organico e macchina-tira-preferenze per Forza Italia, ha pensato bene di ascoltare le profferte di Prodi e Fassino in persona per dire addio ai suoi amici azzurri e farsi promettere una bella candidatura alle europee. Certo, per maggior chiarezza ha aspettato il 23 aprile 2004, ma era necessario che Latteri mobilitasse un po’ dei suoi uomini. Con lui si sono spostati, armi, bagagli e preferenze, almeno altri tre forzisti di punta, ovvero Ottavio Garofalo e Franco Catania (deputati regionali), e Filadelfo Basile (Senatore della Repubblica, per ora approdato pudicamente al gruppo misto). Non che la vicenda possa sorprendere più di tanto: Franco Catania, viene da Bronte, dove l’inciucio si respirava da tempo: ecco cosa racconta, infatti, il locale sindaco Turi Leanza, ex deputato regionale, craxiano di ferro, quando gli si chiede come abbia fatto a tornare in politica (era stato, parrà strano, travolto dalle indagini su Tangentopoli): "E' stato il centro sinistra a cercarmi. Non tutto: la parte più intransigente ha deciso di appoggiare un altro candidato. Questo comunque dimostra il livello di stima che molte persone oneste dell'Ulivo nutrono nei miei confronti, da Angelo Capodicasa ad Anna Finocchiaro, da Pippo Pignataro agli stessi Claudio Fava e Leoluca Orlando… Certo, devo ringraziare il centro destra… il deputato forzista Franco Catania al ballottaggio ha fatto convergere i voti su di me in cambio di due assessori che fanno parte della giunta". E ancora: “Craxi è stato un ottimo presidente del Consiglio. Il suo errore è stato quello di circondarsi di certi personaggi che hanno distrutto il partito. Uno di questi è l'ex ministro della Difesa, Salvo Andò, al quale mi sono sempre contrapposto per il bene del partito”.

Ma il tempo è galantuomo, ed adesso, per prodiano miracolo, Catania, Latteri, Leanza, Andò, Fava, Finocchiaro e Orlando son tutti uniti nella stessa compagine, senza rancori, immemori del passato, scevri dalle polemiche che li hanno indotti, fino a pochi mesi fa, a chiedere ai cittadini di esprimersi a favore dell’uno e contro l’altro. Adesso, unitariamente, uniti; chi con un ruolo, chi con un altro, ma appassionatamente riformisti. Per l’Ulivo, per Prodi.

(quando tutto muta, non rimanere uguale: ti noterebbero troppo; quarta legge del trasformismo)

Ancora non erano asciutte le agenzie sulle candidature Cocilovo-Latteri, che dalla Sicilia, terra, a quanto pare, tanto inquieta quanto vulcanica, arriva una ulteriore notizia: vista affondare la barca forzista isolana, anche D’Antoni molla Berlusconi, e si getta nelle braccia del Listone. Anzi, si fa notare, il nobile gesto è accompagnato da una generosità unidirezionale: l’ex sindacalista non vuole nulla per sé, neppure una candidaturina piccola piccola – per adesso- ma chiede solo l’onore di poter accostare il simbolo del suo raggruppamento (Democrazia Europea) agli altri quattro (i Ds, la Margherita, lo ed i Repubblicani della Sbarbati e di Dotti). Il fatto che fino ad oggi, 27 aprile, egli sia stato vicesegretario dell’UDC non crea alcun imbarazzo nè incertezza, come non la crea il fatto che abbia avuto come maggior esponente di gruppo il senatore Giulio Andreotti, che conserva ancora tutti i telegrammi di felicitazioni che il centrosinistra gli inviò alla notizia della sua prescrizione, dato che aveva avuto- dice la sentenza- rapporti con la Mafia solo fino agli anni ’80. Ma quello era il secolo passato, per cui, chi se ne interessa più. A chi importa. A chi pesa. Quale significato ha mai, o elettore. Tu che hai votato sempre a sinistra, o che hai scelto l’Ulivo per contrapporti allo strapotere berlusconiano; tu che hai creduto alle parole d’ordine di onestà, chiarezza, pulizia; tu che hai partecipato a manifestazioni, girotondi, fiaccolate, per la difesa della costituzione, contro la Cirami, contro la guerra in Irak, tu che ritieni ancora, in cuor tuo, che i valori abbiano un senso in politica, tu, elettore, oggi sarai portato per la mano in cabina a dare il tuo consenso, e se possibile la tua preferenza, proprio a coloro che hai cercato, manifestando, fiaccolando, credendo nei valori, di fermare durante questa lunga lunga lunga legislatura post-bicamerale. Non disperarti, però: adesso il mondo è più semplice. Non importa cosa voterai, loro vinceranno lo stesso. Quinta legge del trasformismo.