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    Essere suora di clausura

    segnalo questa intervista apparsa sul settimanale online www.dilloadalice.it
    Voi sulla clausura cosa ne pensate?
    Io penso sia una delle forme più altre di dedizione agli altri e a Dio.


    “Essere suora di clausura”

    http://www.dilloadalice.it/articolo....a2clausura.xml

    Alice intervista Suor Anna, suora di clausura carmelitana: “Siamo materialmente separate dal mondo, ma in solidarietà con esso. La nostra vita di preghiera è al servizio di tutti. Come trascorriamo la nostra giornata in convento”.

    Suor Anna, quando nasce il vostro Ordine?
    L'Ordine dei "Fratelli della Beata Vergine Maria del monte Carmelo" è un Ordine mendicante che nasce in Terra Santa, sul Monte Carmelo, al tempo dei crociati, nei primi anni del 1200. La regola carmelitana fu redatta a seguito della richiesta degli stessi eremiti che vivevano sul monte e fu approvata dalla Santa Sede nel 1226. Le caratteristiche del nostro Ordine sono l'osservanza della solitudine, la meditazione, la comunione dei beni, la povertà, la preghiera, la correzione fraterna.

    Quando ha scelto di diventare suora di clausura?
    Oggi ho 34 anni. A 22 ho deciso di rispondere alla chiamata del Signore. Ma come dice Giovanni, “non siamo stati noi a scegliere Cristo, ma è Lui che ci ha amati per primo e ci ha scelti". Fino ad allora avevo sempre creduto che avrei trasmesso amore attraverso il sacramento del matrimonio.

    Cosa vuol dire essere monaca di clausura?
    Quando ho deciso di entrare nel convento questa domanda, ovviamente, me a sono posta più volte. Quando si compiono passi di questo significato si sa ciò che si lascia, ma nessuno esattamente conoscere quello che sarà una volta entrata. Con questo non voglio dire che sia stata una scelta alla cieca, anzi, ma che le cose si conoscono fino in fondo solo vivendole. Adesso posso affermare che essere monaca di clausura vuol dire essere una fiaccola che brilla, un segno evidente della grandezza di Dio, la testimonianza del suo Regno. La nostra è una vita di preghiera, più sulla linea dell'"essere" che del "fare".

    Perché la scelta della clausura piuttosto che dell'impegno tra la gente o missionario?
    Certamente la clausura implica una separazione materiale con il mondo. Ciò non vuole dire che non siamo solidali con esso, che non condividiamo le sue speranze e dolori, che non prestiamo un servizio agli altri perché ritirate su un eremo. In realtà serviamo tutti gli uomini e partecipiamo alla costruzione del Regno dei cieli con la nostra vita contemplativa nell'ardore della preghiera. Per noi la preghiera è una forma di servizio fraterno che offriamo universalmente a tutto il mondo. La nostra scelta di stare nel convento è una scelta d'amore, non l'egoismo, che ci trasmette la forza e il coraggio di donare la nostra esistenza agli altri, a tutti, senza distinzione alcuna. La nostra condizione ci impedisce di vedere i "frutti" della nostra preghiera, ma sappiamo che Cristo si serve di noi nel modo migliore, e questa consapevolezza ci basta.


    Voi altre persone comunque le incontrate altre persone?

    Certamente. Sono tanti i singoli, gruppi e associazioni che si rivolgono a noi per trascorrere giorni di ritiro, di meditazione, di preghiera. Devo dire ci chiedono ospitalità tanti giovani. Oltre a ciò scriviamo lettere, leggiamo libri e giornali.

    E la televisione?
    Anche quella.

    Com'è la vostra “giornata tipo”?
    La nostra, come dicevo, è una giornata di preghiera, personale (in cella) e comunitaria. Ci svegliamo piuttosto presto, intorno alle 5 per la preghiera delle Lodi, a cui segue circa un'ora di meditazione. Alle 8 celebriamo la Santa Messa che è per noi il momento centrale della giornata, vincolo di unità, di amore, di comunione in Cristo Eucaristia. Verso le 8.30 scendiamo in refettorio per la colazione. Fino alle 9.30 si riordinano i vari "angoli" del monastero e la propria stanza da letto che noi chiamiamo "cella". Seguono altri momenti di preghiera fino al pranzo della 12. Di solito mentre mangiamo rimaniamo in silenzio in ascolto di una monaca che a rotazione legge un testo di carattere spirituale.

    Quali?
    Un articolo di giornale a carattere religioso, la biografia di un santo, un'omelia del Papa o di altri.

    Dopo il pranzo?
    Ci troviamo in una sala comune per vivere un momento di “ricreazione” durante il quale parliamo tra di noi e spesso ci dedichiamo al cucito o al ricamo. Chi vuole può leggere la propria corrispondenza, informarsi su ciò che accade nel mondo... a alle nostre famiglie.

    Poi?
    Durante la giornata ci sono altri quattro momenti di preghiera tra cui la recita del rosario e alle 18 il Vespro intervallati da momenti di lavoro manuale. Verso le 22 ci ritiriamo nelle celle. Chi vuole può leggere, scrivere, aggiornarsi e, naturalmente, pregare. Il giorno si chiude nella pace della notte, che pure appartiene a Dio. La domenica e nei giorni di festa gli orari della preghiera corale e personale rimangono invariati, ma cresce l'aspetto meditativo.

    Il silenzio appare come il collante delle vostre vite.
    Come dice la “Regola carmelitana”, il silenzio può essere inteso come un dono o una penitenza. E' un dono quando è lo spazio per incontrare Dio, per comunicare con Lui e in Lui. La contemplazione non è altro che l'incontro di due silenzi: quello di Dio e quello dell'uomo.

    Ci sono, però, anche occasioni nelle quali il silenzio può essere vissuto come una penitenza. E' difficile rimanere zitti quando non si è capiti, quando si è stati offesi, quando l'altro vuole avere sempre ragione, quando notiamo comportamenti sbagliati, quando soffriamo, quando l'altro ci giudica in modo sbagliato. Quando si riesce a vincere il bisogno di parlare e si sa tacere, il silenzio diventa una "penitenza" che ci insegna a dominare le nostre passioni e a ritrovare l'equilibrio interiore. Con molta facilità si sbaglia quando si parla, e si diventa vittima delle proprie parole. Il pericolo del silenzio è l'isolamento. Chi tace, non si confronta con gli altri, rimane fermo sulle proprie idee, non si apre all'altro. Chi tace, non dona se stesso e, pertanto, diventa più povero.

    Come vi sostenete?
    Lavoriamo circa quattro ore al giorno: non solo nei servizi della casa, ma nei lavori previsti per il sostentamento della Comunità (realizzazione di corone del Rosario, traduzioni, lavori di filatelia, pittura, icone, cucito, ricamo, uncinetto).
    Non disponiamo di entrate fisse e confidiamo nelle mani della Provvidenza, che si manifesta della generosità di tanti fratelli e sorelle che hanno a cuore la vita del Carmelo.


    Alex Castelli

  2. #2
    Iscrittoa***dal14/12/2004
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    Sai che

  3. #3
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    Sono più vicine al mondo degli uomini di tanti che degli altri se ne sbattono.

  4. #4
    SubZero
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    In origine postato da Anubi
    Sembra un'intervista alla sorella di Montini... O di Milite...


  5. #5
    ardimentoso
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    una foto?

  6. #6
    TORINO E' GRANATA
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    BOUGIA NEN autentico, cioè come per l'Esercito Piemontese, io NON ARRETRO MAI !!
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    In origine postato da Lupo Nero
    dove sono queste due qua?

    sento di colpo il bisogno di confessarmi...
    peccato che loro non CONFESSANO.......

  7. #7
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    Predefinito Il tema è serio

    In origine postato da Lupo Nero
    dove sono queste due qua?

    sento di colpo il bisogno di confessarmi...
    Vi inviterei a scendere nel merito e non a fare facili battute.
    Ciao

  8. #8
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    In origine postato da Farfarello



    omammmamia che ridere oh ho oh...

 

 

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