Dici:
la Chiesa NON ha mai vietato alle donne di CANTARE INNI AL SIGNORE......un esempio per tutti è la storia di SANTA CECILIA......la quale suonava e cantava lodando Dio....”
E questo non è vero, o meglio, la Chiesa non ha mai consentito alle donne né di parlare né di cantare in chiesa; divieto ribadito ancora nel 1903 da Pio X col Motu Proprio de musica sacra "Tra le sollecitudini":
V. - Cantori.
13. Dal medesimo principio segue che i cantori hanno in chiesa vero officio liturgico e che però le donne, essendo incapaci di tale officio, non possono essere ammesse a far parte del Coro o della cappella musicale. Se dunque si vogliono adoperare le voci acute dei soprani e contralti, queste dovranno essere sostenute dai fanciulli, secondo l’uso antichissimo della Chiesa.
Non che alle donne fosse proibito cantare: non potevano farlo in chiesa. Non solo; dal 1588 grazie a Sisto V, le donne non potevano nemmeno esibirsi nei teatri.
L’esclusione delle donne dal canto liturgico favorì l’ingresso sulla scena canora degli eunuchi e della barbara usanza della castrazione. Nelle insegne dei barbitonsori si leggeva spesso: “Quà se castrano li putti a bono prezzo” e il “castrato” divenne una figura tipica nel mondo musicale del sei-settecento e su fino ai primi del novecento.
Nelle cappelle ecclesiastiche, comprese quelle papali, i castrati erano ricercatissimi e molto apprezzati per il timbro particolare di cui erano dotati. Checchè ne dica Rino Camilleri (a cui spesso difetta l’obiettività), i papi tennero un comportamento deprecabilmente contraddittorio: da un lato deprecavano la castrazione, dall’altro non mancavano di deliziarsi le orecchie con il canto di questi “particolari cantori”.
Nella “Storia dell’evirazione”, del 1936, Peter Browe – gesuita e storico della Chiesa – scrisse:
"I papi sono stati i primi che alla fine del XVI secolo hanno introdotto o tollerato nelle loro cappelle i castrati, quando erano ancora sconosciuti nei teatri e nelle chiese italiane. Dopo aver proibito alle cantanti e alle attrici di calcare le scene, dovevano avere completamente perduto il senso della realtà per non rendersi conto che sarebbero stati i castrati ad assumere i loro ruoli. Difendere i papi è dunque impossibile".
E infatti, anche sulle scene profane comparvero, con gran successo, gli "evirati cantori" foscoliani che Parini illustrò con amara ironia:
Aborro in su la scena
Un canoro elefante,
Che si strascina a pena
Su le adipose piante,
E manda per gran foce
Di bocca un fil di voce.
Non si tratta di “vecchie e morbose storie medievali” ma di una barbarie che è durata qualche secolo (e ben dopo il “buio” medioevo).
Una domanda per capire: le notizie “cinesi” e il concetto di “eunuco per il Regno”, che ci azzeccano con i “canori elefanti”?
ps: l’esempio di Santa Cecilia non mi sembra particolarmente felice perché, a quanto pare, Cecilia non suonava e non cantava (o meglio, cantava “nel suo cuore”, cioè senza emettere suoni); inoltre la sua figura non è storicamente accertata;