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Discussione: Sull'entità sionista

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    Gli Stati Uniti d'Israele

    Ideologia portante degli Stati Uniti d'America, non tanto dal periodo della rivoluzione del 1776-1783, ma soprattutto dalla fase dell'espansione nel West ai danni degli indigeni pellirosse, è stato il così definito "americanismo". Con questo termine s'intende una concezione "eccezionalistica" del ruolo della nazione statunitense, considerata come un secondo Israele, destinata ad imporre la propria "way of life" al resto del mondo. Si tratta di una concezione diffusa soprattutto negli ambienti del partito repubblicano e nel profondo Sud del Paese, con un indice di gradimento particolarmente alto in Texas e negli ambienti cosiddetti wasp (white anglosaxon protestant), considerati spesso gli eletti all'interno di una nazione privilegiata a propria volta. Caratteristica dominante dell'americanismo è l'ingerenza negli altri Stati, inizialmente nelle vicine nazioni latinoamericane (considerate il "cortile di casa" degli Stati Uniti ed una sorta di "repubbliche delle banane"), e sempre più spesso anche negli Stati più lontani. I motivi addotti a tale interventismo sono l'instaurazione della democrazia e delle libertà, ma chiaramente le cause reali sono tutt'altro che queste e tutt'altro che nobili, dato che gli interventi americani si verificano in regioni ricche di risorse naturali da controllare: direttamente tramite interventi militari, agli inizi, poi tramite governi collaborazionisti (il caso più recente ed uno dei più tragici di questa strategia imperialistica è stato l'aggressione all'Irak). Una riprova che gli USA non abbiano quali priorità le libertà civili viene dal sostegno a numerosissime dittature, tra cui numerosi governi della penisola arabica, in primis all'Arabia Saudita, molto repressiva all'interno e con un governo asservito agli americani all'esterno (nonostante tutti questi governi a parole supportino la causa palestinese). Naturalmente nel popolo saudita e così negli altri popoli della penisola arabica ci sono molte persone splendide, umane, ed i sentimenti più profondi di quei popoli sono antisionisti ed antiimperialisti. Tuttavia, i loro governi sono inclini alla vicinanza agli americani, è innegabile.... Eppure, tornando alla politica in America, storicamente l'"Old Rigt" statunitense fu isolazionista, seppure all'interno del Paese fosse diffusa la segregazione razziale (soprattutto verso i pellirosse, isolati nelle riserve, e verso i neri, emarginati nei ghetti). La svolta avvenne con Woodrow Wilson, ispiratore della Società delle Nazioni dopo la Prima Guerra Mondiale, che sotto il velo dell'idealismo umanitario nascondeva mire imperialistiche sul mondo. Purtroppo, l'americanismo si consolidò anche a causa di una distorsione religiosa: in contraddizione con l'egualitarismo antidiscriminatorio cristiano, molti americani, di solito di radici protestanti, pur nominalmente cristiani, si rifecero più all'Antico che al Nuovo Testamento. Di qui la concezione, in fondo anche anticristiana, del popolo americano detentore di un destino eccezionale, al di sopra ed al di là delle altre nazioni. Ecco un altro motivo dell'altrimenti solo parzialmente spiegabile profonda influenza della lobby ebraica, la cui principale organizzazione è la potentissima "Anti Defamation League" e uno dei cui principali esponenti è il rabbino Marvin Hier, tra i principali elementi di pressione che portarono all'estradizione di Priebke dall'Argentina in Italia: estradizione illegale. Quest'egemonia non si comprende soltanto con i pur numerosi posti d'élite occupati dagli ebrei ivi (pur sempre 6 milioni su 200 milioni d'abitanti: nella Russia zarista, che un tempo era il Paese col maggior numero di ebrei, essi rimasero invece decisamente in disparte). L'acritico sostegno alle criminali politiche sioniste da parte americana non è quindi soltanto colpa delle potenti organizzazioni ebraiche e della passività e disinformazione dei più, ma è un problema molto più grave e profondo. Il triste elenco dei politici americani succubi di questa concezione è lunga: si va dal vicepresidente Dick Cheney a Donald Rumsfeld a Paul Woolfowitz, passando per M. Leeden, esponente di spicco del filosionista "American Enterprise Institute" allo stesso George W. Bush, arbitrariamente definitosi "cristiano rinato", cioè moralmente rinnovatosi nello scontro contro un nemico al quale egli attribuisce spesso tratti di tipo metafisico. "Nello scontro tra il bene e il male Dio non è neutrale" dichiarò infatti Bush al Congresso il 20 settembre 2001, nella sua esaltata retorica... e la divinità cui fa riferimento realmente è quella degli ebrei più che qualunque altra. A riprova di questa concezione diffusa, si può ricordare, facendo un passo indietro, la circostanza che i responsabili inglesi (sodali degli americani in tale concezione politico-religiosa) dell'immane ed orrifica strage di Amburgo (circa 50.000 civili tedeschi uccisi, senza che vi fossero ivi obbiettivi militari di rilievo) denominarono quell'atto "Operazione Gomorra". Queste tesi non paiano eccessive: sono del resto documentate in modo magistrale proprio da uno studioso originario del mondo anglosassone, John Kleeves, tra le cui opere più interessanti ricordiamo "Sacrifici umani" proprio a proposito dei bombardamenti terroristici (pubblicato da "Il cerchio" di Rimini nel 1993) ed "Un Paese pericoloso" (edito dalla società editrice Barbarossa, e dal sottotitolo "Storia non romanzata degli Stati Uniti d'America"). Inoltre, il religiosissimo Harry Truman ordinò l'attacco atomico contro Hiroshima e Nagasaki, finora ineguagliato crimine nucleare: per risparmiare vite di militari, si permise così un olocausto di civili di inusitate proporzioni.... Un'altra eredità di matrice ebraica (veterotestamentaria e talmudica) che è stata adottata da una parte rilevante della società america è il puritanesimo in campo morale. Questo puritanesimo il più delle volte è semplicemente di facciata (sia la società statunitense sia quella ebrea israeliana sono in realtà tra le più disinvolte nell'ambito del costume). Rimane però la circostanza che certe norme tradizionali facenti parte della religione ebraica, che prevedono l'uccisione per persone delle quali venissero provate infrazioni di carattere sessuale (ad esempio c'è la lapidazione per chi non è vergine per il matrimonio e per le persone adultere: in alcuni testi solo per le donne, in altri per uomini e donne; anche omosessualità, incesto e prostituzione vengono considerati meritevoli della pena di morte), pur non essendo divenute parte di alcun gruppo cristiano (e pur non essendo attualmente applicate), in qualche modo influenzano indirettamente certi ambienti americanisti filosionisti e di origine calvinista (secondo l'eresia calvinista, vi è anche una predestinata preferenza divina che si manifesta con il successo nel mondo). Di qui, da tale purianesimo, il dato che il metodo preferito per "impallinare" presidenti ed aspiranti tali siano gli scandali di natura sessuale. Tuttavia, il colmo di "stranezza" è stato raggiunto da questi ambienti cristiano-sionisti (si tratta quasi di un ossimoro, dato che sarebbe molto più proprio definire un non ebreo seguace del sionismo tutt'al più filosionista, dato il carattere nazionalista ebraico di questa ideologia) con le recenti dichiarazioni del predicatore americano Jerry Falwel, a proposito dell'attività della Bible Belt a favore dei "christian zionists". Secondo quanto riportato dal giornale francese "Le Figaro" il 10 aprile 2003, Falwel considera la creazione d'Israele il più bel giorno dopo la venutà di Gesù. Preso dalla propria lettura letterale della Bibbia (senza alcuna interpretazione allegorica e non alla luce dei Vangeli), Falwel proclama il proprio incondizionato sostegno allo Stato ebraico, in modo che la riunificazione nella terra per loro promessa porti anche "il completo sterminio degli ebrei nel tempio ricostituito" per volontà divina, quale segno della felice fine dei tempi. In pratica, per Falwel ed i suoi seguaci la venuta d'Israele è un segno della fine del mondo: un modo per accellerare la fine del mondo è aiutare il consolidamento dello Stato ebraico: la fine del mondo sarà suggellata (ed è visione comune all'escatologia cristiana ed islamica) dalla fine nel tempio. Verrebbe da chiedersi cosa ne pensino gli ebrei stessi di tali provvisori sodali.... Ci sono prospettive di reale opposizione all'interno degli stessi USA a questo incondizionato filosionismo? In realtà molto poche. Tra i pochi gruppi che si battono contro l'ideologia della guerra preventiva e per ben altra pace rispetto a quella falsa incensata dai potenti (al cui proposito si potrebbe ricordare lo storico latino Tacito, e la sua famosa frase: "Fecero un deserto e lo chiamarono pace"), possiamo ricordare pochi bianchi (tra questi il regista del documentario "Farenheit 11 settembre" Michael Moore, realizzato con immagine vere, appunto) ed un numero in percentuale più alto di esponenti delle minoranze, ad esempio le "Pantere Nere" (afroamericani) e soprattutto la "Nation of Islam" di Luis Farrakhan, gruppo nero-americano islamico. Infine, per ricordare quanto sia falso il postulato che gli USA siano portatori disinteressati di civiltà nel mondo, ricordiamo le efficaci e belle parole della scrittrice indiana Arundhati Roy, che rivolgendosi al giornale britannico "The Guardian" nell'aprile 2003, dichiarò: " Caduto il regime di Saddam Hussein, è probabile che qualcuno danzi nelle strade di Bassora. Ma se casca il regime di Bush, si danzerebbe in tutte le vie del mondo".
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  2. #12
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    IL TALMUD SMASCHERATO

    Gli insegnamenti segreti dei rabbini sui Cristiani

    Di:

    Rev. I.B. Pranaitis

    Prete Cattolico; Maestro di Teologia e Professore di Lingua Ebraica presso l'Accademia Ecclesiastica Imperiale della Chiesa Cattolica Romana in San Pietroburgo Vecchio.

    (Traduzione dal testo latino dell'autore)

    ****

    San Pietroburgo

    Ufficio stampa dell'Accademia Imperiale delle Scienze - 1892.

    IMPRIMATUR

    San Pietroburgo,

    13 Aprile 1892

    Kozlowsky

    Arcivescovo Metropolita di Moghileff

    L.S.

    No.794

    C. Propolanis, S.Th.C.

    Segretario

    Tutti i Diritti Riservati

    Stampato presso l'Accademia Imperiale delle Scienze.

    (Vas.Ostr.,9 Line, No.12)

    ****

    Copyright 1964

    Dr. Edward R. Fields

    Birmingham, Alabama

    ****

    Excellentissimo ac Reverendissimo

    DOMINO DOMINO

    FRANCISCO ALBINO

    SYMON

    EPISCOPO ZENOPOLITANO

    SUFFRAGANEO ARCHIDIOECESEOS MOHILOVIENSIS

    SUAE SANCTITATIS PRAELATO DOMESTIOCO

    S. THOLOGIAE DOCTORI

    Rectori Academiae Caesareae Romano-Catholicae Ecclesiasticae Petropolitanae

    ORDINUM EQUITI

    PROFESSORI CLARISSIMO

    MODERATORI SUO OPTIMO

    Dicat Dedu Aeque

    Auctor

    __________________________________________________ ________



    IMPRIMATUR

    Petropoli, Die 13 Aprilis 1892 a.

    Archiepiscopus Metropolita Mohiloviensis KOZLOWSKI.



    L.S.

    f.m. Secretarii in Spiritualibus

    C. Propolanis S.Th.C.



    Tous droits réservés.

    No794

    ........?



    DEDICA DELL'AUTORE



    VOSTRA ECCELLENZA:



    Per ricambiare in qualche modo la Vs. grandissima gentilezza verso di me, che ho potuto sperimentare così spesso e in tante maniere, mi sono impegnato a dedicarVi questo piccolo libro. E' di piccole dimensioni ma è stato compilato con gran cura e fatica, e mi sostiene la speranza che Voi non lo sdegnerete; esso infatti è il primo frutto delle fatiche di uno che Voi, una volta, Vi siete così gentilmente compiaciuto di chiamare il primo frutto delle Vostre fatiche come Rettore di questa Accademia. Io prego perciò Vostra Eccellenza di benedire questo lavoro che ho recentemente portato a termine, in maniera che possa adempiere lo scopo per cui è stato scritto. Benedite anche me affichè io possa presto compiere lavori più importanti per la gloria di Dio e per l'onore e per il progresso della nostra Alma Mater, su cui regnate da otto anni, e di cui siete il più grande ornamento.

    Possano queste pagine rappresentare per Vostra Eccellenza la dimostrazione del mio perpetuo e sincero affetto e gratitudine.

    Il devoto discepolo di Vostra Eccellenza,

    IUSTINUS BONAVENTURA PRANAITIS



    ANTIFONA



    "Che si aprano le nostre scritture a tutti. Che tutti vedano come sia il nostro codice morale! Non dobbiamo aver paura di questa prova, infatti abbiamo un cuore puro e uno spirito pulito. Che le nazioni esaminino le dimore dei figli di Israele, e che da loro stessi si convincano di come realmente siamo! Esse allora certamente esclameranno con Baalam, quando partì per maledire Israele: 'Come son belli i tuoi padiglioni o Israele: come son belle le tue tende!'



    "Nel suo atteggiamento verso i non ebrei, la religione ebraica è la più tollerante di tutte le religioni del mondo... I precetti degli antichi rabbini, sebbene ostili ai gentili, non possono in nessuna maniera essere applicati ai cristiani."



    "Tutta una serie di opinioni può essere citata dagli scritti delle più alte autorità rabbiniche per dimostrare che questi maestri inculcavano nel loro popolo un grande amore e rispetto per i cristiani in maniera che essi considerassero i cristiani, che credono nel vero Dio, come fratelli, e pregassereo per loro."



    "Noi dichiariamo che il Talmud non contiene niente di ostile contro i cristiani."





    PROLOGO



    Molte persone interessate nella questione ebraica sono solite chiedere se ci sia o no qualcosa nel Talmud che non sia bello e sublime e completamente estraneo a qualsiasi espressione che possa sembrare odio verso i cristiani. La confusione di opinioni a questo riguardo è talmente grande che, a sentire coloro che trattano l'argomento con tanta apparente saggezza, si penserebbe che stessero parlando di una razza antica e lontana dai nostri tempi, e non del popolo di Israele che vive in mezzo a noi secondo un codice morale immutabile che continua anche oggi a regolare la loro vita religiosa e sociale.

    Stando così le cose, ho intrapreso il compito di dimostrare ciò che veramente insegna il Talmud a proposito dei cristiani, per potere in tal modo soddisfare i desideri di coloro che vogliono conoscere questa dottrina da fonti originali.

    A questo scopo, ho tradotto i più noti libri talmudici che fanno riferimento ai cristiani e ho disposto queste fonti in ordine tale da dare una chiara idea dell'immagine del cristiano che il Talmud presenta agli ebrei.

    Al fine di non essere accusato di avere usato un testo alterato del Talmud o di non averlo interpretato correttamente, come in genere accade a coloro che hanno tentato di rivelare gli insegnamenti giudaici segreti, ho disposto il testo ebraico a fianco di quello latino.

    Ho diviso il testo in due sezioni: la prima tratta degli insegnamenti del Talmud sui cristiani, la seconda, delle regole che gli ebrei hanno l'obbligo di seguire quando vivono fra i cristiani.

    Faccio precedere queste due parti da una breve capitolo di discussione sul Talmud stesso.





    IL TALMUD



    IL TALMUD deriva il suo nome dalla parola LAMUD - insegnato, e significa L'Insegnamento. Per metonimia, si vuol significare il libro che contiene l'Insegnamento, il quale insegnamento si chiama Talmud, cioè il libro dottrinale che da solo espone e spiega completamente tutta la conoscenza e l'insegnamento del popolo ebreo.

    Per quanto riguarda l'origine del Talmud, i rabbini ritengono che il suo primo autore sia Mosè. Essi sostengono che, oltre alla legge scritta - trasmessa da Dio a Mosè sul Monte Sinai sulle tavole di sasso e denominata Torah Scheibiktab - Mosè abbia anche ricevuto la sua interpretazione, o legge orale, chiamata Torah Shebeal Peh. Secondo loro, questo è il motivo per cui Mosè rimase per tanto tempo sul monte. Infatti, essi sostengono, un giorno solo sarebbe stato sufficiente per ricevere da Dio la legge scritta.

    Si dice che Mosè abbia trasmesso questa legge orale a Giosuè; Giosuè a sua volta ai settanta Anziani; questi Anziani ai Profeti, e i Profeti alla Grande Sinagoga. Si sostiene che essa fu più tardi trasmessa a certi rabbini, uno dopo l'altro, finchè non divenne impossibile ritenerla oralmente.

    Qualunque cosa possa dirsi sulla storia dei rabbini, è cosa sufficientemente nota fra noi che, prima della nascita di Cristo, in Palestina esistevano scuole nelle quali si insegnavano i sacri testi. Per poterli ricordare, i commentari dei Dottori della legge venivano scritti su carte ed elenchi che, riuniti insieme, formarono gli inizi del Talmud giudaico.

    Nel secondo secolo dopo Cristo, il rabbino Jehuda - che, a causa della sua santità di vita, era chiamato Il Santo e Il Principe - si rese conto che la cultura degli ebrei andava scemando, che la loro legge orale si stava perdendo, e che il popolo ebreo si stava disperdendo, e fu il primo a prendere in considerazione i possibili modi di ridar vita e preservare la legge orale. Egli raccolse tutti gli elenchi e le carte (che la contenevano) ricavandone un libro che fu chiamato Sepher Mischnaioth, oppure Mischnah - un Deuterosis o legge secondaria. Lo divise in sei parti, ciascuna delle quali venne divisa in molti capitoli che vedremo più avanti.

    La Mischnah è il fondamento e la parte principale di tutto il Talmud. Questo libro fu accettato da tutti gli ebrei e fu riconosciuto come codice autentico della loro legge. Veniva spiegato nelle loro Accademie di Babilonia - a Sura, Pumbaditha e Nehardea - e nelle loro Accademie di Palestina - a Tiberiade, Iamnia e Lydda.

    Con l'andar del tempo le interpretazioni aumentarono e le dispute e le decisioni dei dottori della legge riguardanti la Mischnah furono scritte. e questi scritti costituirono un'altra parte del Talmud chiamata Gemarah.

    Nel Talmud queste due parti sono disposte in maniera tale per cui la Mischnah serve per prima come una specie di testo della legge e la Gemarah serve poi da analisi delle varie opinioni per giungere alle decisioni definitive.

    Non tutti i precetti della Mischnah, comunque, venivano discussi nelle scuole ebree. Non si commentavano quelli che non potevano essere applicati a causa della distruzione del Tempio, e quelli che potevano essere osservati solo nella Terra Santa. La loro spiegazione veniva rimandata alla venuta di Elia e del Messia. Per questo motivo, nel Gemarah, alcune parti del Mischnah mancano.

    Per quanto riguarda l'interpretazione della Mischnah del rabbino Jehuda, ciascuna delle scuole di Palestina e di Bab ilonia seguì il suo metodo particolare, e in questo modo si venne a creare una duplice Gemarah - la versione di Gerusalemme e quella di Babilonia. L'autore della versione di Gerusalemme fu il rabbino Jochanan, che fu capo della sinagoga di Gerusalemme per ottant'anni. Nell'anno 230 A.D., egli portò a termine trentanove capitoli di commenari sulla Mischnah.

    La Gemarah babilonese, comunque, non fu compilata da una sola persona e nemmeno in una volta sola. Il rabbino Aschi la cominciò nel 327 A.D. e vi lavorò per sessant'anni. Continuò il rabbino Maremar nell'anno 427 A.D., e l'opera fu portata a termine dal rabbino Abina nell'anno 500 A.D. circa. La Gemarah babilonese è composta da trentacinque capitoli di interpretazioni.

    Questa duplice Gemarah, assieme con la Mischnah, dà vita ad un duplice Talmud: la versione di Gerusalemme che a causa della sua brevità e difficoltà di comprensione non è molto usata; e la versione babilonese che è sempre stata tenuta in altissima considerazione dagli ebrei di tutti i tempi.

    La Gemarah è seguita da aggiunte chiamate Tosephoth. Fu così che il rabbino Chaia inizialmente chiamò le sue opinioni sulla Mischnaioth. Egli e il rabbino Uschaia furono i primi a spiegare questo libro pubblicamente nelle scuole. I commentari sulla furono redatti dai dottori fuori dell'ambito delle scuole, erano chiamati Baraietoth, o opinioni estranee.

    A questi Commentari si aggiunsero poi altre decisioni chiamate Piske Tosephoth, brevi tesi e semplici principi.

    Per quasi cinquecento anni dopo il completamento del Talmud babilonese, lo studio della letteratura fu gravemente ostacolato, in parte a causa di calamità pubbliche e in parte a causa di dissensi fra gli studiosi. Ma nell'undicesimo secolo, altri scrissero ulteriori aggiunte al Talmud. Fra queste, le principali sono quelle del Tosephoth del rabbino Ascher.

    Oltre a queste, comparvero il Perusch del rabbino Moische ben Maimon, per brevità chiamato Rambam dagli ebrei, dai cristiani Maimonide, e dal rabbino Schelomo, Iarchi o Raschi.

    Così che la Mischnah, la Gemarah, il Tosephoth, le note marginali di rabbino Ascher, il Piske Tosephoth e il Perusch Hamischnaioth di Maimonide, tutti insieme, costituiscono un ampio lavoro chiamato Il Talmud.



    ******



    Le principali parti del Talmud, che abbiamo menzionato sopra, sono sei:

    I. ZERAIM: riguardante i semi. Tratta di semi, frutti, erbe, alberi; dell'uso pubblico e domestico di questi frutti, di semi diversi, ecc.

    II. MOED: riguardante le feste. Tratta del tempo in cui il sabato e altre feste devono avere inizio, fine ed essere celebrate.

    III. NASCHIM: riguardante le donne. Tratta del matrimono e del ripudio delle mogli, dei doveri, dei rapporti, delle malattie, ecc.

    IV. NEZIKIN: riguardante i danni. Tratta dei danni sofferti da uomini ed animali, delle penalità e dei risarcimenti.

    V. KODASCHIM: riguardo la santità. Tratta dei sacrifici e di vari riti sacri.

    VI. TOHOROTH: riguardante le purificazioni. tratta della contaminazione e della purificazione delle stoviglie, biancheria e altre cose.

    Ciascuna di queste sei parti, che gli ebrei chiamano Schishah Sedarim - sei ordini o ordinanze - è divisa in libri o fascicoli, chiamati Massiktoth, e i libri in capitoli, o Perakim.



    *****

    I. ZERAIM. Contiene undici libri o Masechtoth.

    1. BERAKHOTH -Benedizioni e preghiere. Tratta delle regole liturgiche.

    2. PEAH - Angolo di un campo. Tratta degli angoli del campo e della spigolatura... le olive e l'uva da lasciare ai poveri.

    3. DEMAI - Cose dubbie. Se si debbano o no pagare le decime su tali cose.

    4. KILAIM - Miscele. Tratta delle varie miscele di semi.

    5. SCHEBIITH - il Settimo. Tratta dell'anno sabbatico.

    6. TERUMOTH - Offerte e Oblazioni. Le offerte "Heave" per i preti.

    7. MAASEROTH - le Decime, da versare ai Leviti

    8. MAASER SCHENI - la Seconda Decima

    9. CHALLAH - la Pasta, la parte di essa da darsi ai Preti.

    10.ORLAH - L'Incirconciso. Tratta dei frutti di un albero durante i sui primi tre anni di vita.

    11.BIKKURIM - I Primi Frutti da portare al Tempio.

    II. MOED. Contiene dodici Libri o Masechtoth.

    1. SCHABBATH - Il sabato. tratta dei tipi di lavoro proibiti in questo giorno.

    2. ERUBHIN - Combinazioni. Contiene i precetti sul cibo per il sabato, ecc.

    3. PESACHIM - Pasqua. Tratta delle leggi relative alla Festa della Pasqua ebraica e dell'agnello pasquale.

    4. SCHEKALIM - Siclo. Tratta delle dimensioni e peso del siclo.

    5. IOMA - il Giorno della Riconciliazione. Tratta delle prescrizioni per quel giorno.

    6. SUKKAH - il Tabernacolo. Tratta delle leggi riguardanti la festa dei Tabernacoli.

    7. BETSAH - l'Uovo del Giorno di Festa. Tratta del tipo di lavoro proibito e permesso nei giorni di festa.

    8. ROSCH HASCHANAH - Anno Nuovo. Tratta della Festa dell'Anno Nuovo.

    9. TAANITH - Digiuni. Tratta dei digiuni pubblici.

    10.MEGILLAH - il Rotolo. Tratta della lettura del Libro di Ester. Contiene la descrizione della Festa di Purim.

    11.MOED KATON - Festa Minore. Tratta delle leggi relative ai giorni che dividono il primo dall'ultimo giorno di Pesach e Succoth.

    12.CHAGIGAH - Paragone dei riti delle tre feste di Pesach, Sukkoth e dei Tabernacoli.

    III. NASCHIM. Contiene sette Libri o Masechtoth.

    1. JEBBAMOTH - Cognate. Tratta del matrimonio del Levirato.

    2. KETHUBOTH - Contratti di Matrimonio. Tratta della dote e degli accordi matrimoniali.

    3. KIDDUSCHIN - Fidanzamenti.

    4. GITTIN - libretto sui Divorzi.

    5. NEDARIM - Voti. Tratta dei voti e del loro annullamento.

    6. NAZIR - il Nazireo. Tratta delle leggi riguardanti i Nazirei e coloro che si separano dal mondo e si consacrano a Dio.

    7. SOTAH - la Donna sospettata di adulterio.

    IV. NEZIKIN. Contiene dieci Libri o Masechtoth.

    1. BABA KAMA - Prima porta. Tratta dei Danni e Torti e del loro risarcimento.

    2. BABA METSIA - Porta di mezzo. Tratta delle leggi riguardanti gli oggetti trovati, concernenti la fiducia, riguardanti l'acquisto e la vendita, il prestito, il noleggio e l'affitto.

    3. BABA BATHRA - L'Ultima porta. Tratta delle leggi riguardanti la proprietà immobiliare e il commercio, per lo più sulle basi della legge tradizionale. Concerne anche la successione ereditaria.

    4. SANHEDRIN - Tribunali. Tratta dei tribunali e dei loro atti, e della pena per i delitti capitali.

    5. MAKKOTH - Frustate. Le 40 frustate (meno una) inflitte ai criminali.

    6. SCHEBUOTH - Giuramenti. Tratta dei diversi tipi di giuramento.

    7. EDAIOTH - Testimonianze. Contiene una serie di leggi tradizionali e decisioni raccolte dalle testimonianze di distinti maestri.

    8. HORAIOTH - Decisioni. Tratta delle sentenze dei giudici e delle pene dei trasgressori.

    9. ABHODAH ZARAH - Idolatria.

    10.ABHOTH - Padri. Tratta delle leggi dei padri. Si chiama anche PIRKE ABHOTH.

    V. KODASCHIM. Contiene undici Libri o Masechtoth.

    1. ZEBBACHIM - Sacrifici. Tratta dei sacrifici di animali e delle modalità di offrirli.

    2. CHULIN - Cose Profane. Tratta della maniera tradizionale di uccidere gli animali per usi comuni.

    3. MENACHOTH - Offerte di carne. Tratta delle offerte di carne e bevande.

    4. BEKHOROTH - il Primogenito. Tratta delle leggi riguardanti i primogeniti di uomini ed animali.

    5. ERAKHIN - Valutazioni. Tratta del modo nel quale le persone consacrate al Signore con un voto vengono legalmente valutate per il loro riscatto.

    6. TEMURAH - Scambio. Tratta delle leggi riguardanti lo scambio di cose consacrate.

    7. MEILAH - Violazione, Sacrilegio. Tratta dei peccati riguardanti la violazione o la profanzione di cose sacre.

    8. KERITHUTH - Scomunica. Tratta dei peccati soggeti alla pena di scomunica, e della loro espiazione per mezzo di sacrifici.

    9. TAMID - Il Sacrificio Giornaliero. Descrive le funzioni del Tempio per le offerte giornaliere del mattino e della sera.

    10.MIDDOTH - Misure. Descrive le misure e la descrizione (sic) del Tempio.

    11.KINNIM - I Nidi degli Uccelli. Tratta dei sacrifici di volatili, delle offerte dei poveri, ecc.

    VI. THOHOROTH. Contiene dodici Libri o Masechtoth.

    1. KELIM - Stoviglie. Tratta delle condizioni nelle quali gli utensili domestici, gli indumenti, ecc. ricevono la purificazione rituale.

    2. OHOLOTH - Tende. Tratta delle tende e delle case, e della loro contaminazione e purificazione.

    3. NEGAIM - Malattie epidemiche. Tratta delle leggi relative alla Lebbra.

    4. PARAH - la Giovenca. Tratta delle leggi concernenti la giovenca rossa e dell'uso delle sue ceneri per la purificazione di quanto è contaminato.

    5. TOHOROTH - Purificazioni. Tratta dei gradi minori di contaminazione che durano solo fino al tramonto.

    6. MIKVAHTH - Pozzi. Tratta delle condizioni nelle quali i pozzi e i serbatoi possono essere usati per le purificazioni rituali.

    7. NIDDAH - Mestruazioni. Tratta della contaminazione giuridica derivante da certe condizioni delle donne.

    8. MAKSCHIRIN - Preparazioni. Tratta dei liquidi che preparano e dispongono i semi e i frutti a ricevere la contaminazione rituale.

    9. ZABHIM - Riguardante la polluzione notturna e della gonorrea. Tratta della contaminazione derivante da tali secrezioni.

    10.TEBHUL IOM - Lavaggi giornalieri.

    11.IADIM - Mani. Tratta della contaminazione rituale delle mani secondo la legge tradizionale, e della loro purificazione.

    12.OKETSIN - Piccioli della Frutta. Tratta dei piccioli e dei gusci della frutta in quanto portatori di contaminazione rituale.

    Il Talmud completo si compone di 63 libri divisi in 524 capitoli.



    Oltre a questi ci sono altri quattro brevi fascicoli che non sono stati inclusi nel Talmud regolare. Essi sono stati aggiunti da scrittori ed autori successivi.



    Questi quattro fascicoli sono:



    MASSEKHETH SOPHERIM - il Trattatello degli Scribi. Tratta del modo di scrivere i libri della legge. Contiene 21 capitoli.

    EBHEL RABBETI - Un grosso trattato sul Lutto. Contiene 14 capitoli.

    KALLAH - la Sposa. Sull'acquisizione della sposa, sui suoi ornamenti e altre cose che la riguardano. Ha un solo capitolo.

    MASSEKHETH DEREKH ERETS - la Condotta di Vita. Diviso in RABBAH - parti principali, e ZUTA - parti secondarie. Contiene 16 capitoli. Alla fine è aggiunto un capitolo speciale - PEREK SCHALOM - sulla Pace.

    *****

    Essendo il Talmud un lavoro tanto disordinato e voluminoso, si presentò la necessità di un compendio che ne facilitasse lo studio. A questo scopo, nel 1032, il rabbino Isaac ben Jacob Alphassi pubblicò un Talmud Abbreviato, che egli chiamò Halakhoth - Costituzioni. Tutte le discussioni protratte vi furono omesse e invece quelle parti che concernevano le cose pratiche della vita vi furono conservate. Dato però che questo lavoro non aveva un ordine, non fu considerato di gran valore.

    Il primo a produrre un lavoro ben ordinato sulla Legge Ebraica fu Maimonide, chiamato l'"Aquila della Sinagoga." Nel 1180, egli produsse il suo celebre Mischnah Torah - Ripetizione della Legge, chamato anche Iad Chazakah - la Mano Forte. Esso contiene quattro parti o volumi e 14 libri che comprendono tutto il Talmud. In questo lavoro, Maimonide incluse anche molte discussioni filosofiche e tentò di stabilire molte leggi sue proprie. A causa di questo fatto, egli fu scomunicato dalla sua gente e condannato a morte. Fuggì in Egitto dove morì nel 1205.

    Nonostante ciò, il valore del suo lavoro crebbe col tempo, e per un certo periodo, una versione espurgata fu tenuta in altissima considerazione dagli ebrei. Un difetto di questo lavoro è che continene molte leggi che hanno perso qualsiasi valore dopo la distruzione del Tempio.

    Nel 1340, in stretto accordo con le idee dei rabbini, Jacob ben Ascher pubblicò un'edizione del lavoro di Maimonide, espurgata da tutte le sue innovazioni filosofiche e delle vecchie, inutili leggi. Essa fu chiamata Arbaa Turim - I Quattro Ordini, che sono:



    I. ORACH CHAIIM: I semi della Vita, e tratta della vita quotidiana in casa e alla Sinagoga.

    II. IORE DEA: che impartisce insegnamenti sui cibi, le purificazioni ed altre leggi religiose.

    III. CHOSCHEN HAMMISCHPAT - giudizi privati sulle leggi civili e penali.

    IV. EBHEN HAEZER: La Roccia dell'Aiuto, che tratta delle leggi del matrimonio.

    Dato che Alphasi, Maimonide e Jacob ben Ascher non concordavano su molti punti - il che fece sorgere diverse interpretazioni della stessa legge - c'era un grande bisogno di un libro che contenesse brevi e concise soluzioni alle controversie e che potesse rappresentare per il popolo ebreo un libro di legge degno di questo nome.

    Joseph Karo, un rabbino di Palestina (nato nel 1488 e morto nel 1577), soddisfò tale necessità con il suo celebre commentario all'Arbaa Turim, che egli chiamò Schulchan Arukh - la Tavola Preparata. Dato che, comunque, le useanze degli ebrei orientali differivano molto da quelle degli ebrei occidentali, anche lo Schulchan Arukh, di Joseph Karo non fu sufficiente per tutti gli ebrei che si trovavano nelle diverse parti del mondo. Fu per questo motivo che il rabbino Mosche Isserles scrisse un commentario sullo Schulchan Arukh, intitolato Darkhe Mosche, La Via di Mosè, che ricevette la stessa accoglienza in Occidente che aveva avuto il lavoro di Joseph Karo in Oriente.

    Al momento, lo Schulchan Arukh è considerato il Codice Legale obbligatorio degli ebrei, ed essi ne fanno principale uso nei loro studi. Molti conmmentari sono stati scritti su ciascuna parte di questo libro.

    Un importante punto da notare è che questo lavoro è sempre stato considerato santo dagli ebrei. Essi l'hanno sempre considerato, e ancora lo considerano, più importante delle Sacre Scritture. Il Talmud stesso dimostra chiaramente questo fatto:

    Nel trattatello Babha Metsia, fol 33a, leggiamo:

    "Coloro che si dedicano alla lettura della Bibbia esercitano una certa virtù, ma non moltissima; coloro che studiano la Mischnah esercitano una virtù per cui riceveranno un premio; coloro, comunque, che si impegnano nello studio dalla Gemarah esercitano la più alta virtù."

    Similmente, nel trattatello Sopherim XV,7, fol.13b:

    "La Sacra Scrittura è come l'acqua, la Mischnah il vino, e la Gemarah vino aromatico."

    La seguente è un'opinione nota e se ne trovano alte lodi negli scritti dei rabbini:

    "Figlio mio, ascolta le parole degli scribi piuttosto che le parole della legge."

    Il motivo di ciò si trova nel trattatello Sanhedrin X,3, f.88b:

    "Colui che trasgredisce le parole degli scribi pecca più gravemente che chi trasgredisce le parole della legge."

    Anche in presenza di divergenze di opinioni fra la Legge e i dottori, entrambi devono essere presi come parole del Dio Signore.

    Nel trattatello Erubhin f.13b, dove si riferisce di una divergenza di opinioni fra le due scuole di Hillel e Schamai, si concude che:

    "Le parole di entrambi sono parole del Dio vivente."

    Nel libro Mizbeach, cap. V, troviamo la seguente opinione:

    "Non c'è niente che sia superiore al Santo Talmud."

    I sostenitori contemporanei del Talmud ne parlano quasi nella stessa maniera.

    Ciò che i cristiani pensavano del Talmud è ampiamente dimostrato dai molti editti e decreti emessi a questo proposito, con i quali i supremi governanti della Chiesa e dello Stato lo hanno proscritto molte volte e hanno condannato alle fiamme questo sacro Codice Legale Secondario degli ebrei.

    Nel 553, l'Imperatore Giustiniano proibì la diffusione dei libri del Talmud su tutto il territorio dell'Impero Romano. Nel XIII secolo "i Papi Gregorio IX e Innocente IV condannarono i libri del Talmud in quanto contenenti ogni tipo di abiezioni e bestemmie contro la verità cristiana, e ordinarono che fossero bruciati perchè diffondevano molte orribili eresie."

    Più tardi, essi furono condannati da molti altri Pontefici Romani - Giulio III, Paolo IV, Pio IV, Pio V, Gregorio XIII, Clemente VIII, Alessandro VII, Benedetto XIV e altri che pubblicarono nuove edizioni dell'Indice dei Libri Proibiti secondo gli ordini dei Padri del Concilio di Trento, e anche nei nostri stessi giorni.

    ((Per quanto riguarda l'atteggiamento della Chiesa Cattolica verso gli ebrei, si veda l'Appendice alla fine di questo libro: "Come i Papi Hanno Trattato gli Ebrei."))

    All'inizio del XVI secolo, quando la pace della Chiesa era disturbata da nuove religioni, gli ebrei cominciarono a distribuire il Talmud apertamente, assistiti dall'arte della stampa allora appena inventata. La prima edizione stampata di tutto il Talmud, contenente tutte le sue bestemmie contro la religione cristiana, fu pubblicata a Venezia nell'anno 1520. E quasi tutti i libri ebrei pubblicati in quel secolo che era loro favorevole sono completi e genuini.

    Verso la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII, quando molti uomini famosi si impegnarono in un diligente studio del Talmud, gli ebrei, temendo per se stessi, cominciarono ad omettere parti del Talmud che erano apertamente ostili ai cristiani. Fu in tal modo che il Talmud pubblicato a Basilea nel 1578 fu mutilato in molti punti.

    Ad un sinodo in Polonia, nell'anno 1631, i rabbini della Germania ed altri paesi dichiararono che non si doveva stampare niente che potesse infastidire i cristiani e causare la persecuzione di Israele. Per questo motivo, nei libri ebraici pubblicati dal secolo seguente in poi, ci sono indizi di molte cose mancanti cui i rabbini suppliscono con spiegazioni ritenute a memoria, in quanto essi possiedono i libri integrali che i cristiani vedono raramente.

    Comunque, i libri ebraici furono pubblicati più tardi con pochissime mutilazioni in Olanda - dove gli ebrei espulsi dalla Spagna venivano cordialmente ricevuti. Il Talmud pubblicato in questo paese nel 1644-1648 è quasi uguale all'edizione veneziana.

    L'ultimo strattagemma inventato per ingannare i censori è stato di inserire la parola haiah (era) nel testo genuino, come per indicare che la questione di cui si tratta si riferisce ad un tempo passato. Ma così facendo essi "puliscono solo l'esterno della tazza". Infatti, in molti punti lasciano trapelare ciò che intendono, per es. con le parole gam attah, "perfino ora," vale a dire "questa legge deve essere obbedita"; e aphilu bazzeman hazzeh, "fino ad oggi," vale a dire "questa legge è ancora valida," e simili.



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    Dobbiamo aggiungere alcune considerazioni sull'altro notissimo libro degli ebrei, che si chiama ZOHAR.

    Secondo alcuni rabbini, Mosè, dopo essere stato istruito sull'interpretazione della legge sul Monte Sinai, non trasmise quest'informazione a Giosuè nè questi agli anziani, ma ad Aronne, Aronne ad Eleazzaro, e così via fino a che l'insegnamento orale non fu messo in forma di libro con il nome di ZOHAR, dal nome ZEHAR, che significa emanare splendore. Esso è infatti un'illustrazione dei libri di Mosè, un commentario del Pentateuco.

    Si dice che l'autore sia stato R. Schimeon ben Jochai, un discepolo di R. Akibha che, cinquant'anni dopo la distruzione del Tempio, morì da martire nell'anno 120 A.D. circa nella guerra che Adriano condusse contro gli ebrei. Dato che, comunque, in questo libro appaiono nomi di uomini vissuti diversi secoli dopo l'anno indicato, e dato che nè Rambam (R. Mosche ben Nachman, nè R. Ascher, che morì nell'anno 1248 A.D. circa, ne hanno fatto menzione, è più probabile che siano più vicini alla verità coloro che dicono che il libro di Zohar vide la luce per la prima volta intorno al XIII secolo. Ciò è considerato probabile specialmetne a causa del fatto che circa in questo periodo fu prodotto un libro simile per stile e argomento al modo di scrivere caldeo.

    Si compone di tre volumi formato in ottavo grande.



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    Ci sono molti altri lavori pubblicati da maestri ebrei, che vengono usati nello studio della legge giudaica, e che sono tenuti in alta considerazione dato che spiegano molti passaggi oscuri del Talmud. In questo libro ne sono citati alcuni, e precisamente i seguenti:

    BIAR - Dicharazione, delucidazione, Commentario su un altro Commentario. Queste dichiarazioni differiscono fra di loro.

    HALAKHOTH - di solito scritto HILKHOTH - Decisioni o Dissertazioni. Libri separati delle Sacre Scritture e del Talmud di diversi rabbini: Maimonide, Beshai, Edels, Mosè di Kotzen, Kimchi e altri. Nella maggior parte dei casi, danno delle citazioni di Maimonide dallo HILKHOTH AKUM. Queste contengono dissertazioni sulle stelle e pianeti e sulle condizioni delle nazioni. Ce n'è un altro - HILKHOTH MAAKHALOTH ASAVOROTH - dissertazioni sugli alimenti proibiti.

    IUCHASIN o SEPHER IUCHASIN - dissertazioni sulla discendenza. Tratta della storia sacra e giudaica dall'inizio del mondo fino al 1500. Fu stampato a Cracovia nel 1580.

    JALKUT - una raccolta di commenti tratti da vari libri antichi. Si suppone abbia un significato non letterale ma allegorico. Autore: il rabbino Shimeon di Francoforte.

    KED HAKKEMACH - Barile di farina. Contiene un elenco alfabetico dei luoghi delle comunità teologiche. Autore: il rabbino Bechai di Lublino.

    MAGEN ABRAHAM - Scudo di Abramo. Autore: Perizola.

    MIZBEACH HAZZAHABH - l'Altare d'Oro. Libro cabalistico. Autore: R. Schelomon ben Rabbi Mordechai. Stampato a Basilea nel 1602.

    MACHZOR - un Ciclo. Libro di Preghiere usato nelle feste grandi.

    MENORATH HAMMAOR - Candela di luce. Libro talmudico. Contiene l'Aggadoth e il Medraschim, cioè, i commentari storici e allegorici su tutto il Talmud. Autore: rabbino Isaac Abhuhabh. Stampato nel 1544.

    MAIENE HAIESCHUAH - Fontane del Salvatore. Uno squisito commentario su Daniele del rabbino Isaac Abarbanel. Vi si trovano numerose dispute contro i cristiani. Stampato nel 1551.

    MIKRA GEDOLAH - la Grande Convocazione. Una bibbia ebraica con note di R. Salomon Iarchi e R. Ezra.

    MASCHMIA IESCHUAH - Il Predicatore della Salvezza. Spiegazioni su tutti i Profeti. Riguarda la redenzione futura. Autore: R. Abarbanel.

    NIZZACHON - Vittoria. Attacchi contro i crisitani e i quattro Vangeli. Autore: rabbino Lipman. Stampato nel 1559.

    SEPHER IKKARIM - Libro sui fondamentali o articoli di fede. Contiene un durissimo attacco contro la fede cristiana.

    EN ISRAEL - L'Occhio d'Israele. Un libro celebre. Ha una seconda parte - BETH JAKOBH - la Casa di Giacobbe. Contiene dei deliziosi racconti talmudici. Stampato a Venezia nel 1547.

    SCHAARE ORAH - le Porte di Luce. Un celeberrimo libro cabalistico. Autore: Ben Joseph Gekatilia.

    SCHEPHAA TAL - Abbondanza di Rugiada. Libro cabalistico. Una chiave per il libro di Zohar ed altri libri del genere. Autore: rabbino Schephtel Horwitz di Praga.

    TOLDOTH IESCHU - le Generazioni di Gesù. Un opuscolo pieno di bestemmie e maledizioni. Contiene la storia di Cristo. Pieno di espressioni false e tendenziose.



    Per la stesura del presente libretto, ho usato le seguenti fonti:



    Il TALMUD. Edizione di Amsterdam, 1644-48, in 14 volumi.

    SCHULCHAN ARUKH, del rabbino Joseph Karo. Edizione di Venezia, 1594. Senza note.

    IORE DEA. Diverse citazioni. Edizione di Cracovia.

    ZOHAR. Edizione di Amsterdam, 1805. 3 volumi.

    MIKRA GEDOLAH. Edizione di Amsterdam, 1792, 12 volumi, edizione di Basilea, 1620, 2 volumi, edizione di Venezia.

    HILKHOTH AKUM di R. Maimonide, edizione di Vossius, 1675.



    Come lavori ausiliari ho usato:



    JOANNES BUXDORFIUS. a. Lexicon Chaldaicum, Talmudicum et Rabbinicum, Basilea 1640. b. De Abreviaturis Hebraicis; Operis Talmudis Recensio; Bibliotheca Rabbinica, Basilea 1712. c. Synagoga Judaica, Basilea, 1712.

    GEORGII ELIEZ. EDZARDI. Tractatus talmudici "AVODA SARA." Amburgo, 1705.

    JACOBI ECKER: "Der Judenspiegel im Lichte der Wahrheit," (Lo Specchio Giudaico alla Luce della Verità). Paderborn, 1884.

    AUGUST ROHLING: Die Polemik und das Manschenopfer des Rabbinismus. (Le Polemiche e il Sacrificio Umano del Rabbinismo). Paderborn, 1883.



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    Ho usato solamente lavori che gli stessi ebrei tengono in altissima considerazione e ai quali essi fanno riferimento nelle loro dispute con i cristiani citando imparzialmente le opinioni di questi eruditi uomini. La loro grande diligenza nel citare dai testi di libri che ho potuto esaminare, è stata per me una prova che io ho usato la stessa diligenza perfino citando da fonti meno note alle quali essi possono accedere con molta più facilità.









































    PARTE I



    L'INSEGNAMENTO DEL TALMUD SUI CRISTIANI



    Vedremo in primo luogo ciò che il Talmud insegna

    su Gesù Cristo, il fondatore del Cristianesimo;

    e in secondo luogo, sui suoi seguaci, i Cristiani.





    CAPITOLO I.



    GESU' CRISTO NEL TALMUD



    Molti passi dei libri talmudici trattano della nascita, vita e morte di Gesù Cristo e dei suoi insegnamenti. Non sempre Gesù viene nominato con il suo nome, ma in diversi modi come "Quell'Uomo," "Una Certa Persona," "Il Figlio del Carpentiere," "Colui che Fu Appeso", ecc.





    Articolo I. - SUI NOMI DI GESU' CRISTO



    1. Il vero nome di Gesù Cristo in ebraico è Jeschua Hanotsri - Gesù il Nazzareno. Viene chiamato Nostri dalla città di Nazareth nella quale egli crebbe. Così, nel Talmud, anche i cristiani Articolo I. - sono chiamati Nostrim- Nazzareni.

    Siccome la parola Jeschua significa "Salvatore," il nome Gesù si trova raramente nei libri ebraici. E' quasi sempre abbreviato in Jeschu, che viene maliziosamente inteso come composto delle iniziali delle tre parole Immach SCHemo Vezikro - "Possano il suo nome e la sua memoria essere cancellati."



    2. Nel Talmud, Cristo viene chiamato Otho Isch- "Quell'Uomo," cioè colui che tutti conoscono. Nel Trattatello Abhodah Zarah, 6a. leggiamo:

    "Viene chiamato cristiano colui che segue i falsi insegnamenti di quell'uomo, che aveva loro insegnato a celebrare la festa il primo giorno del Sabato, cioè, di rendere il culto a Dio il primo giorno dopo il Sabato."

    3) Altrove, egli viene semplicemente chiamato Peloni - "Una Certa Persona." Nel Chagigah. 4b, leggiamo:

    "Maria .... la madre di una certa persone, di cui si parla nello Schabbath ..." (104b).

    Che questa Maria non sia altro che la madre di Gesù, vedremo più avanti.



    4. Per spregio, Gesù viene anche chiamato Naggar bar naggar - 'il falegname figlio di un falegname'; e anche Ben charsch etaim - 'il figlio di uno che lavora il legno.'



    5. Viene anche chiamato Talui - 'quello che fu appeso.' Il rabbino Samuel, il figlio di Meir, nell' Hilch. Akum di Maimonide, si riferisce al fatto che era proibito partecipare alle feste cristiane di Natale e Pasqua perchè celebrate a causa di colui che fu appeso. E anche il rabbino Aben Ezra, in un commentario sul Genes. (XXVII, 39) lo chiama Talui la cui immagine l'imperatore Costantino aveva riprodotto sul suo stendardo. "...nei giorni di Costantino, che operò un cambiamento nella religione e mise la figura di colui che fu appeso sul suo stendardo."





    Articolo II. - LA VITA DI CRISTO



    IL TALMUD insegna che Gesù Cristo era illegittimo e che fu concepito durante il periodo mesturale; che aveva l'anima di Esaù; che era un pazzo, uno stregone, un seduttore; che egli fu crocefisso, sepolto all'inferno e innalzato come un idolo dai suoi seguaci.



    1. ILLEGITTIMO E CONCEPITO DURANTE IL PERIODO MESTRUALE

    Quanto segue viene narrato nel Trattatello Kallah, 1b (18b):

    "Una volta, quando gli Anziani erano seduti alla Porta, passarono due giovani, uno dei quali aveva il capo coperto mentre l'altro l'aveva scoperto. Il rabbino Eliezer disse che quello con il capo scoperto era illegittimo, un mamzer. Il rabbino Jehoschua disse che era stato concepito durante il periodo mestruale, ben niddah. Il rabbino Akibah, comunque, disse che che era entrambe le cose. A questo punto gli altri chiesero al rabbino Akibah perchè egli osasse contraddire i suoi colleghi. Egli rispose che poteva fornire le prove di ciò che affermava. Perciò, egli andò dalla madre del ragazzo che vide seduta al mercato a vendere verdure e le disse: 'Figlia mia, se risponderai sinceramente a quello che sto per chiederti, ti prometto che sarai salva nella vita che verrà' Essa gli chiese di giurare di mantenere la promessa, e il rabbino Akibah glielo giurò - ma solo con le sue labbra, perchè nel suo cuore egli invalidò il suo giuramento. Poi disse: 'Dimmi, che razza di figlio è questo tuo ragazzo?' Al che essa rispose: 'Il giorno che mi sposai avevo le mestruazioni, e a causa di ciò, mio marito mi lasciò. Ma uno spirito malvagio venne e giacque con me e da quel rapporto mi nacque questo figlio.' Fu così dimostrato che questo ragazzo non solo era illegittimo ma anche concepito dalla madre durante il periodo mestruale. E quando coloro che avevano posto la domanda ebbero sentito, dichiararono: 'Davvero grande è stato il rabbino Akibah quando ha corretto i suoi Anziani'! Ed essi esclamarono: 'Benedetto il Signore Dio di Israele che ha rivelato il suo segreto al rabbino Akibah figlio di Giuseppe'"!

    Che per gli ebrei questa storia si riferisca a Gesù e a sua madre, Maria, è chiaramente dimostrato dal loro libro Toldath Jeschu -'Le Generazioni di Gesù' - dove quasi le stesse parole vengono usate per narrare la nascita del nostro Salvatore.



    Un'altra storia del genere è narrata in Sanhedrin, 67a:

    "Di tutti coloro che sono colpevoli di morte secondo la Legge, egli solo viene preso con uno strattagemma. In che modo? Accendono una candela in una stanza interna e mettono dei testimoni in una stanza accanto da dove, senza essere visti, possono vederlo e udirlo. Poi quello che egli aveva cercato di sedurre gli dice 'Per favore, ripeti qui privatamente quello che mi hai detto prima.' Se il seduttore ripete quello che aveva detto, l'altro gli chiede 'Ma come possiamo lasciare il nostro Dio che è nei cieli e servire degli idoli?' Se il seduttore si pente, allora tutto è a posto. Ma se egli dice 'E' nostro dovere e diritto di farlo,' allora i testimoni che l'hanno sentito dalla stanza accanto lo portano davanti al giudice e lo uccidono con la lapidazione. Questo è ciò che fecero al figlio di Stada a Lud, ed essi lo appesero alla viglia della pasqua. Perchè questo figlio di Stada era il figlio di Pandira. Infatti il rabbino Chasda ci dice che Pandira era il marito di Stada, sua madre, ed egli visse durante la vita di Paphus, il figlio di Jehuda. Ma sua madre era stada, Maria di Magdala (una parrucchiera per signore) che, come dice il Pumbadita, aveva lasciato il marito."

    Il significato di ciò è che questa Maria era chiamata Stada, cioè prostituta, perchè, secondo l'insegnamento del Pumbadita, avava lasciato il marito e commesso adulterio. Questo appare anche nel Talmud di Gerusalemme e in Maimonide.

    Che qui si intenda Maria, la madre di Gesù, si può verificare nel trattatello Chagigah, 4b:

    "Quando il rabbino Bibhai fu visitato dall'Angelo della Morte (il demonio), quest'ultimo disse al suo assistente: 'Vai e portami Maria la parrucchiera' (cioè, uccidila). Egli andò e portò Maria, la parrucchiera per bambini - al posto dell'altra Maria."

    Una nota a margine spiega questo passo come segue:

    "Questa storia di Maria, parrucchiera per signore, si riferisce al periodo del Secondo Tempio. Essa era la madre di Peloni, 'quell'uomo,' come viene chiamato nel trattatello Schabbath," (fol.104b).

    Ne llo Schabbath, il passo indicato dice:

    "Il rabbino Eliezer disse agli Anziani: 'Non è vero che il figlio di Stada esercitava la magia egizia incidendosela nella carne?' Essi risposero: "Era un pazzo, e noi non prestiamo attenzione a quello che fanno i pazzi. Il figlio di Stada, il figlio di Pandira, ecc.'" come sopra nel Sanhendrin, 67a.

    Il libro Beth Jacobh, fol 127, così spiega la magia del figlio di Stada:

    "I Magi, prima di lasciare l'Egitto, prestarono particolare attenzione a che la loro magia non fosse messa per iscritto per evitare che altri la imparassero. Ma egli haveva escogitato un nuovo modo di scriverla nella pelle, o di fare dei tagli nella pelle inserendovela. Quando le ferite si rimarginavano, non era possibile vederne il significato."

    Buxtorf dice:

    "Non ci possono essere molti dubbi su chi fosse tale Ben Stada, o chi gli ebrei intendevano che fosse. Sebbene i rabbini, nelle loro aggiunte al Talmud, cerchino di nascondere la loro malizia e dicano che non è Gesù Cristo, il loro inganno è chiaramente evidente, e molte cose dimostrano che essi scrissero e intesero tutte queste cose su di lui. In primo luogo, lo chiamano anche il figlio di Pandira. Gesù il Nazzareno è in tal modo chiamato in altri passi del Talmud dove si fa espressa menzione di Gesù il figlio di Pandira. Anche San Giovanni Damasceno, nella sua Genealogia di Cristo, fa cenno di Panthera e del Figlio di Panthera.

    "In secondo luogo, si dice che questa Stada sia Maria, e questa Maria la madre di Peloni 'quella tale persona' per cui si intende indubbiamente Gesù. In tal modo infatti erano usi celare il suo nome perchè avevano paura di pronunciarlo. Se avessimo copie dei manoscritti originali, questi lo potrebbero certamente dimostrare. E anche questo era il nome della madre di Gesù il Nazareno.

    "In terzo luogo, egli è chiamato il Seduttore del Popolo. I Vangeli testimoniano il fatto che Gesù fosse così chiamato dagli ebrei, e i loro scritti sono tuttora prova che ancora lo chiamano con questo nome.

    In quarto luogo, egli è chiamato 'quello che fu appeso,' che si riferisce chiaramente alla crocefissione di Cristo, specialmente dato che viene aggiunto un riferimento al tempo 'alla vigilia della pasqua (ebraica) che coincide con il giorno della crocefissione di Gesù. Nel Sanhedrin (43a) si trova quanto segue:

    'Alla vigilia della pasqua (ebraica) appesero Gesù'

    "In quinto luogo, riguardo a quanto dice il Talmud di Gerusalemme sui due discepoli degli anziani che furono inviati come testimponi per spiarlo, e che furono poi chiamati a testimoniare contro di lui: Ciò si riferisce ai due 'falsi testimoni' di cui l'Evangelista Matteo e Luca parlano.

    "In sesto luogo, a proposito di quello che dicono sul figlio di Stada, cioè che esercitava le arti magiche egizie incidendosele nella pelle: la stessa accusa è fatta contro Cristo nell'ostile libro Toldoth Jeschu.

    "Infine, il periodo storico corrisponde. Infatti si dice che questo figlio di Stada viveva nei giorni di Paphus, il figlio di Jehuda, che era contemporaneo del rabbino Akibah. Akibah, comunque, visse al tempo dell'Ascensione di Cristo, e per qualche tempo in seguito. Si dice che anche Maria sia vissuta nel periodo del Secondo Tempio. Tutto ciò dimostra chiaramente che essi segretamente e in modo blasfemo, con l'indicazione di figlio di Stada, intendevano Gesù Cristo, il figlio di Maria.

    "Altre circostanze possono sembrare contradditorie a questo proposito. Ma ciò non è una novità per le scritture ebraiche e viene fatto di proposito in maniera che i cristiani non possano facilmente individuare l'inganno."

    2. Inoltre, "Nei libri segreti, che non si lasciano facilmente cadere nelle mani dei cristiani, essi dicono che in Cristo entrò l'anima di Esau, e che egli fu perciò perverso e che fu Esaù stesso."



    3. Da alcuni viene chiamato PAZZO e FOLLE.

    Nello Schabbath, 104b:

    "Essi, (gli anziani) dissero a lui (Eliezer). 'Era un folle, e nessuno presta attenzione ai folli.'"

    4. STREGONE E MAGO

    Nell'infame libro Toldoth Jeschu, si bestemmia contro il nostro Salvatore come segue:

    "E Gesù disse: Non è vero che Isaia e Davide, miei antenati, profetarono su di me? Il Signore mi ha detto, tu sei mi o figlio, oggi ti ho concepito, ecc. In maniera simile, in un altro punto: Il Signore ha detto al mio Signore, siedi alla mia destra. Ora io ascendo al Padre mio che è in cielo e siederò alla sua destra, come potrete vedere con i vostri occhi. Ma tu, Giuda, non arriverai mai a quell'altezza. Allora Gesù pronunciò l'alto nome di Dio (IHVH) e continuò a farlo fino a che venne un vento che lo portò in alto fra la terra e il cielo. Anche Giuda pronunciò il nome di Dio e in simil modo fu preso dal vento. In questa maniera entrambi fluttuarono nell'aria fra lo stupore degli astanti. Poi Giuda, pronunciando di nuovo il Nome Divino, prese Gesù e lo spinse in basso verso la terra. Ma Gesù cercò di fare lo stesso a Giuda e così lottarono l'uno contro l'altro. E quando Giuda vide che non poteva averla vinta sulle arti di Gesù, gli urinò addosso, ed entrambi, divenuti immondi caddero a terra; e nemmeno poterono di nuovo usare il nome Divino fino a che non si furono lavati."

    Non so se coloro che credono a tali diaboliche bugie meritino più odio o pietà.

    In un altro punto dello stesso libro si dice che nella casa del Santuario c'era una pietra che il Patriarca Giacobbe unse con olio. Su questa pietra erano incise le lettere tetragrammatiche del Nome (IHVH), e se alcuno avesse potuto impararle avrebbe potuto distruggere il mondo. Essi perciò decretarono che nessuno avrebbe dovuto impararle, e misero due cani su due colonne di ferro di fronte al Santuario in maniera che, se alcuno avesse imparato quelle lettere, i cani avrebbero abbaiato mentre usciva e gliele avrebbero fatto dimenticare per la paura. Si racconta poi: "Gesù venne ed entrò, imaparò le lettere e le scrisse sulla pergamena. Poi fece un taglio nella carne della coscia e ve le inserì, e dopo aver pronunciato il nome, la ferita si rimarginò."



    5. IDOLATRO



    Nel trattatello Sanhedrin (103a) le parole del Salmo XCI, 10: 'Nessun flagello verrà mai vicino alla tua casa,' sono spiegate come segue:

    "Che tu non possa mai avere un figlio o un discepolo che sali il suo cibo tanto da distruggersi il gusto in pubblico, come Gesù il Nazzareno."

    Salare troppo il proprio cibo, o distruggere il proprio gusto, viene detto proverbialmente di chi corrompe la sua moralità o si disonora, o che cade in eresia ed idolatria e le predica apertamente ad altri.



    6. SEDUTTORE



    Nello stesso libro Sanhedrin (107b) si legge:

    "Mar disse: Gesù sedusse, corruppe e distrusse Israele."



    7. CROCEFISSO



    Infine, per punizione dei suoi crimini ed della sua empietà, egli soffrì una morte ignominiosa appeso ad una croce alla vigilia della pasqua (ebraica) (come abbiamo già visto).



    8. SEPPELLITO ALL'INFERNO



    Il libro Zohar, III, (282), dice che Gesù morì come un animale e fu seppellito in quel "mucchio di immondizie ... dove gettano le carcasse dei cani e degli asini, e dove i figli di Esaù (i cristiani) e di Ismaele (i turchi). inclusi Gesù e Maometto, non-circoncisi e immondi come carcasse di cani, sono seppelliti."



    9. DOPO LA MORTE, ADORATO COME UN DIO DAI SUOI SEGUACI.



    George El. Edzard, Nel suo libro Avoda Sara, cita le seguenti parole del commentatore dello Hilkoth Akum (V,3) di Maimonide:

    "In molti passi del Talmud si fa menzione di Gesù Nazzareno e dei suoi discepoli, e del fatto che i Gentili credono che non ci sia altro dio fuori di lui. Nel libro Chizzuk Emunah, parte I, cap. 36, leggiamo: 'I Cristiani ne fanno una questione (Zachary XII, 10) e dicono: Ecco come il Profeta ha testimoniato che nei tempi futuri gli ebrei avrebbero pianto e mandato lamenti per aver crocefisso ed ucciso il Messia che era stato loro inviato; e per dimostrare che egli intendeva Gesù il Nazzareno, che possedeva sia la natura divina che quella umana, essi citano le parole: E guardarono colui che avevano trafitto e piansero su di lui come una madre sul suo primogenito.'"

    Nel suo libro Hilkoth Melakhim (IX,4), Maimonide tenta di dimostrare quanto i cristiani sbaglino nell'adorare Gesù:

    "Se tutte le cose che egli fece fossero prosperate, se avesse ricostruito il Santuario al suo posto, e se avesse raccolto insieme le tribù disperse di Israele, allora egli sarebbe certamente il Messia.... Ma se non l'ha ancora fatto e se fu ucciso, allora è chiaro che non era il Messia che la Legge ci dice di attendere. Egli era simile a tutti i buoni ed onesti legislatori della Casa di Davide che morirono, e che il Santo e Benedetto Signore innalzò per nessun altro motivo che di dimostrare a molti, come è detto (in Dan. XI,35): Ed alcuni di coloro che capiscono cadranno, per provare a purgarli e renderli bianchi, fino alla fine dei tempi, perchè il tempo prestabilito non è ancora. Daniele profetò anche su Gesù il Nazzareno che credeva fosse il Cristo, e che fu messo a morte per giudizio del Senato: (Dan. V.14): .... e i ladri del tuo popolo si innalzeranno per stabilire la visione; ma essi non riusciranno. Potrebbe essere più chiaro? Infatti tutti i Profeti hanno detto che Cristo avrebbe liberato Israele, gli avrebbe procurato la salvezza, avrebbe riunito i suoi popoli dispersi e confermato la loro legge. Ma egli fu la causa della distruzione di Israele e fece disperdere ed umiliare coloro che restarono, così che la Legge venne cambiata e la maggior parte del mondo fu sedotta ed adorò un altro dio. Veramente nessuno può capire i disegni del creatore, e nemmeno egli opera come noi operiamo. Infatti tutto quello che è stato costruito da Gesù il Nazzareno e dai Turchi venuti dopo di lui, tende solo a preparare la strada per la venuta di Cristo il Re, e a preparare tutto il mondo per il servizio del Signore, come è detto: Allora Io darò una bocca pulita a tutte le genti che tutti possano chiamare il nome del Signore, ed inchinarsi in unisono davanti a lui. In che maniera si sta compiendo ciò? Tutto il mondo è già pieno delle lodi di Cristo, della Legge e dei Comandamenti, e le sue lodi si sono sparse fino a terre lontane e a genti con il cuore e corpo non circoncisi. Queste discutono fra di loro la Legge che fu distrutta - alcuni dicono che i comandamenti erano veri una volta, ma che sono cessati di esistere; altri che a proposito c'è un gran mistero, che il Messia-Re è venuto e che la loro dottrina l'ha rivelato. Ma quando il Cristo verrà veramente e avrà succeso, e sarà elevato ed esaltato, allora tutto cambierà e queste cose saranno dimostrate false e vane."

    10. IDOLO

    Nel Trattatello Abhodah Zarah, (21a Toseph) leggiamo:

    "E' importante indagare sul motivo per cui gli uomini oggi vendono e affittano le loro case ai gentili. Alcuni dicono che ciò è legale perchè è detto nel Tosephta: Nessuno affitterà la sua casa ad un gentile nè qui (nella terra d'Israele) nè in altro luogo perchè si sa che egli vi introdurrà un idolo. E' comunque permesso affittare loro stalle, fienili e alloggi, anche se si sa che vi introdurranno degli idoli. Il motivo è che si può fare una distinzione fra un posto nel quale verrà portato un idolo per lasciarvelo in maniera permanene ed un posto dove non sarà lasciato permanentemente. In quest'ultimo caso, è permesso. E, dato che i gentili fra cui noi ora viviamo non portano il loro idolo nelle loro case per lasciarvelo permanentemente, ma solo provvisoriamente - quando qualcuno è morto in casa o quando qualcuno sta morendo, e non vi celebrano nessun rito religioso - è permesso di vendere e affittare loro case."

    Il Rabbino Ascher, nel suo Commentario sull' Abhodah Zarah (83d) si esprime non meno chiaramente su questo argomento:

    "Oggi è permesso affittare case ai gentili perchè essi vi introducono il loro idolo solo temporaneamente, quando qualcuno è ammalato." E nello stesso punto, egli dice 'Oggi essi seguono la pratica di incensare il loro idolo.'"

    Tutto ciò e molto più dimostra aldilà di ogni dubbio che, quando i rabbini parlavano degli idoli dei gentili fra cui essi vivevano in quel tempo quando non venivano adorati gli idoli, essi chiaramente intendevano l'"idolo" cristiano, cioè l'immagine di Cristo sul crocefisso e la Santa Comunione.



    NOTA SULLA CROCE



    Nelle scritture ebraiche, non c'è una parola esattamente corrispondente alla croce cristiana. La croce T sulla quale i condannnati a morte venivano crocefissi, veniva chiamata Tau dai Fenici e dagli ebrei, e questo nome e segno furono poi introdotti nell'alfabeto ebraico, greco e romano. La croce venerata dai cristiani, comunque, viene chiamata con i seguenti nomi:

    1. Tsurath Haattalui -l'immagine di colui che fu appeso.

    2. Elil - vanità, idolo.

    3. Tselem - immagine. Da qui i crociati nei libri ebraici sono chiamati Tsalmerim (ein Tselmer)

    4. Scheti Veerebh - trama e ordito; preso dall'arte tessile.

    5. Kokhabh - stella; a causa dei quattro raggi che ne emanano.

    6. Pesila - scultura, idolo scolpito.

    Ma dovunque sia menzionata è sempre con il senso di un idolo o qualcosa di spregevole, come appare dalle seguenti citazioni:



    Nell'Orach Chaiim, 113,8:

    "Se un ebreo dovesse, quando prega, incontrare un cristiano (Akum) che porta una stella (un crocefisso) in mano, anche se fosse arrivato ad un punto della preghiera in cui è necessario inchinarsi per adorare dio nel suo cuore, egli non dovrà farlo, affinchè non si debba pensare che egli si inchina di frone ad un'immagine."

    Nello Iore Dea, 150,2:

    "Anche se un ebreo dovesse infilarsi una scheggia nel piede davanti ad un idolo, o se gli dovesse cadere del denaro davanti ad esso, egli non dovrà abbassarsi per togliersi la scheggia o raccogliere il denaro affinchè non sembri che egli adori l'idolo. Ma egli dovrà o sedersi o voltare la schiena o il fianco all'idolo e poi togliersi la scheggia."

    Ma quando non è possibile ad un ebreo girarsi in questa maniera, egli è tenuto ad osservare la seguente regola (in Iore Dea,3, Hagah):

    Non è permesso inchinarsi o togliersi il cappello davanti a principi o preti che portano un croce sul loro abito come sogliono fare. Si dovrà fare attenzione, comunque, a non essere notati. Per esempio, è permesso gettare delle monete per terra e chinarsi per prenderle prima che essi passino. In questa maniera è permesso inchinarsi o togliersi il cappello di fronte ad essi."

    Si fa anche distinzione fra una croce che è venerata ed una croce che è portata attorno al collo come ricordo o come ornamento. La prima deve essere considerata un idolo, ma non necessariamente la seconda. Nello Iore dea, 1, Hagah, si legge:

    "L'immagine di una croce, davanti alla quale si inchinano, deve essere considerata un idolo, e non deve essere usata fino a che non sia distrutta. Comunque, una "trama e ordito", se portato intorno al collo come ricordo, non deve essere considerato un idolo e può essere usato."

    Il segno della croce fatto con la mano, con il quale i cristiani usano benedirsi, si chiama in ebraico "muovere le dita qui e qui" (hinc et hinc).













    Articolo III - Gli Insegnamenti di Cristo





    Il Seduttore e un Idolatra non possono insegnare altro che falsità ed eresie il che era irrazionale e impossibile da osservare.



    1. FALSITA'

    Si dice nell'Abhodah Zarah (6a):

    "Un nazzareno è quella persona che segue i falsi insegnamenti di quell'uomo che insegnò loro a rendere culto nel primo giorno del sabato."

    2. ERESIA

    Nello stesso libro, Abhodah Zarah (Cap. I, 17a Toseph) si fa menzione dell'eresia di Giacomo. Un po' più avanti (27b) si apprende che questo Giacomo non era altro che il discepolo di Gesù:

    "...Giacomo Sekhanites, uno dei discepoli di Gesù, di cui abbiamo parlato nel capitolo 1."

    Ma Giacomo non ha insegnato la sua dottrina, ma quella di Gesù.



    3. IMPOSSIBILE DA OSSERVARE

    Su questo punto, l'autore di Nizzachon si esprime come segue:

    "Una legge scritta dei cristiani è: Se un ebreo ti colpisce ad una guancia, offrigli anche l'altra e non restituire in nessun modo il colpo. E il cap. VI, v. 27 dice: Amate i vostri nemici; fate del bene a coloro che vi odiano. Benedite coloro che vi maledicono e pregate per i vostri calunniatori. Se uno ti percuote su una guancia, e tu porgigli anche l'altra; e se uno ti toglie il mantello, e tu non impedirgli di prenterti anche la tunica, ecc. Lo stesso si trova in Matteo cap.V. v.39. Ma io non ho mai visto nessun cristiano obbedire a questa legge, e nemmeno Gesù stesso si è mai comportato come ha insegnato agli altri. In Giovanni cap. XVIII, v. 22, troviamo che quando qualcuno lo percosse su una guancia, egli non offrì anhce l'altra guancia, ma si arrabbiò a causa di questa percossa e chiese: "Perchè mi percuoti?" Similmente, negli Atti degli Apostoli, cap XXIII, v.3, leggiamo: che quando il Sommo Sacerdote ordinò a coloro che gli stavano intorno di percuoterlo sulla bocca, Paolo non offrì l'altra guancia; egli lo maledisse dicendo 'Iddio percoterà te, muraglia imbiancata! ecc.' Ciò è contrario al loro credo e distrugge il fondamento su cui poggia la loro religione, perchè essi sostengono che la legge di Gesù è facile da osservare. Se Paolo stesso, che può essere chiamato il Dispensiere di Gesù, poteva non osservare il precetto di Gesù, chi fra gli altri che credono in lui può dimostrarmi di poterlo fare?"

    L'autore, che aveva il Vangelo e gli Atti degli Apostoli sotto mano non poteva comunque non aver capito in che modo Cristo avesse comandato ai suoi seguaci di offrire l'altra guancia a coloro che li avrebbero percossi, dato che, in un altro punto, egli comanda ai suoi seguaci di tagliarsi una mano o un braccio, e di strapparsi un occhio se queste parti del corpo avessero dato scandalo. Nessuno che abbia la minima conoscenza delle Sacre Scritture, ha mai pensato che questi comandi debbano essere presi alla lettera. Solo la profonda maliza ed ignoranza dei tempi in cui viveva Gesù può spiegare perchè gli ebrei, ancora oggi, usano questi passi per svilire gli insegnamenti di Gesù Cristo.





    CAPITOLO II





    I CRISTIANI



    Tre cose doranno essere esaminate in questo capitolo:

    1. I nomi che il Talmud usa per i cristiani.

    2. In che maniera il Talmud dipinge i cristiani

    3. Che cosa dice il Talmud del culto religioso dei cristiani.





    Articolo I. - I Nomi dati ai Cristiani nel Talmud



    Come nelle nostre lingue i cristiani derivano il loro nome da Cristo, così nella lingua del Talmud i cristiani sono chiamati Nostrim, da Gesù Nazzareno. Ma i cristiani sono anche chiamati con i nomi usati nel Talmud per indicare tutti i non ebrei: Abhodah Zarah, Adum, Obhde Elilim, Minim, Nokhrim, Edom, Amme Haarets, Goim, Apikorosim, Kuthrim.



    1. Abhodah Zarah - Culto strano, idolatria. Il Trattatello talmudico sull'idolatria è intitolato come segue: Obhde Abhodah Zarah - Adoratori di idoli. Che Abhodah Zarah veramente significhi culto degli idoli appare chiaro dal Talmud stesso: 'Venga Nimrod a testimoniare che Abramo non era un servo di Abhidah Zarah.' Ma nei giorni di Abramo non esisteva nessun culto strano, nè dei turchi nè dei nazzareni, ma solo il culto del vero Dio e l'idolatria. Nello Schabbath (ibid. 82a), si legge:

    "Il rabbino Akibah dice: Come sappiamo che Abhodah Zarah, come una donna immonda, contamina coloro che l'accettano? Perchè Isaia dice: Tu dovrai eliminarli come un panno da mestruazioni; e dirai ad esso, Vattene via,"

    Nella prima parte di questo versetto si fa menzione degli idoli d'oro e d'argento.

    Anche il dotto Maimonide dimostra chiaramente che gli ebrei considerano i cristiani Abhodah Zarah. Nel Perusch (78c) si legge:

    "E si sappia che i cristiani che seguono Gesù, sebbene i loro insegnamenti siano diversi, sono tutti adoratori di idoli (Abhodah Zarah)."

    2. Akhum - Questa parola è costituita dalle lettere iniziali delle parole Obhde Kokhabkim U Mazzaloth - adoratori di stelle e pianeti. Fu così che gli ebrei da principio descrissero i gentili che erano privi della conoscenza del vero Dio. Ora, comunque, la parola Akum nei libri degli ebrei, specialmente nello Schulkhan Arukh, si applica ai cristiani. Ciò è evidente in numerosi passi:

    Nell'Orach Chaiim (113,8) coloro che usano una croce sono chiamati Akum. Nello Iore Dea (148,5,12) coloro che celebrano le feste di Natale e del Nuovo Anno, otto giorni dopo, sono chiamati adoratori delle stelle e dei pianeti:

    "Così che se, anche in questi tempi, un regalo è inviato all'Akum l'ottavo giorno dopo Natale, che essi chiamano il Nuovo Anno," ecc.

    3. Obhde Elilim - Servi di idoli. Questo nome ha lo stesso significato di Akum. I non ebrei vengono spesso indicati con questo nome. Nell'Orach Chaiim, per esempio (212,,5), si legge:

    "Non si dovrà pronunciare benedizione su incenso che appartenga ai servi di idoli."

    Ma in quel tempo, quando lo Schulkhan Arukh fu scritto, non c'erano 'servi di idoli' fra coloro che vivevano con gli ebrei. Così per esempio, l'autore del Commentario sullo Schulkhan Arukh (intitolato Magen Abraham), il rabbino Calissensis, che morì in Polonia nel 1775, dice alla nota 8, sul No. 244 dell'Orach Chaiim (dove si permette di finire un lavoro di sabato con l'aiuto di un Akum): "Qui nella nostra città sorge la questione sul prezzo da pagarsi a coloro che adorano le stelle e i pianeti per spazzare la pubblica via quando lavorano di sabato."



    4. Minim - Eretici. Nel Talmud, coloro che possiedono libri chiamati Vangeli sono eretici. Così in Schabbath(116a) si legge:

    "Il rabbino Meir chiama i libri dei Minim Aven Gilaion (volumi iniqui) perchè li chiamano Vangeli."

    5. Edom - Edomiti. Il rabbino Aben Ezra, quando parla dell'Imperatore Costantino che cambiò religione e mise sul suo stendardo l'immagine di colui che fu appeso, aggiunge:

    "Roma perciò si chiama il Regno degli Edomiti."



    E il rabbino Bechai, nel suo Kad Hakkemach (fol. 20a, su Isaiah, cap. LXVI,17) scrive:

    "Sono chiamati Edomiti coloro che muovono le loro dita 'qui e qui'" (coloro che fanno il segno della croce).

    Nello stesso modo il rabbino Bechai, commentando le parole di Isaia (loc. cit.), "coloro che mangiano la carne di maiale" aggiunge: "Questi sono gli edomiti." Il rabbino Kimchi, comunque, li chiama "cristiani." E il rabbino Abarbinel, nel suo lavoro Maschima Ieschua (36d) dice: "I nazzareni sono romani, i figli di Edom."



    6. Goi - Razza o popolo. Per indicare un uomo, gli ebrei dicono anche Goi - un gentile; per indicare una donna gentile, Goiah. A volte, ma molto raramente, gli israeliti vengono chiamati con questo nome. Per lo più, esso è applicato ai non ebrei, o idolatri. Nei libri ebraichi che trattano dell'idolatria, gli adoratori degli idoli sono spesso chiamati con questo solo nome Goi. Per questo motivo, in edizioni più recenti del Talmud, l'uso della parola Goi viene evitato di propostio e altre parole vengono usate al suo posto per i non ebrei.

    E' un fatto noto che nella lingua ebraica, gli ebrei chiamano i cristiani fra cui abitano, Goim. E gli ebrei stessi non lo nevano. A volte, nelle loro riviste popolati, essi dicono che questa parola non significa niente di male o di nocivo. Ma il contrario può essere verificato nei loro libri scritti in ebraico. Per esempio, nel Choshen Hammischpat (34,22), il nome Goi si usa in senso diffamatorio:

    "I traditori gli epicurei e gli apostati sono peggiori dei Goim."

    7. Nokhrim - Stranieri, forestieri. Questo nome viene usato per tutti coloro che non sono ebrei, e perciò anche per i cristiani.



    8. Amme Haarets - Gente della terra, idioti. Alcuni dicono che, con questo nome, non si indicano persone di altre razze, ma solo persone incolte e rozze. Esistono comunque dei passi che non lasciano nessun dubbio sulla questione. Nella Sacra Scrittura, Libro di Esra, cap. X, 2, si legge: Noi abbimo peccato contro il nostro Dio, ed abbiamo preso mogli straniere (nokhrioth) del popolo della terra. Che le parole popolo della terra denotino gli idolatri risulta chiaro in Zohar,I,25a: "Il popolo della terra - Obhde Abhodah Zarah, idolatri."



    9. Basar Vedam - Carne e sangue; uomini carnali destinati alla perdizione e che non possono entrare in comunione con Dio. Che i cristiani siano carne e sangue, lo dimostra il libro di preghiere:

    "Chiunque incontri un saggio e colto cristiano può dire: Sia tu benedetto o Signore, Re dell'Universo, che hai dispensato un po' della tua saggezza alla Carne e Sangue," ecc.

    Nello stesso modo, in un'altra preghiera, nella quale gli ebrei chiedono a Dio di ripristinare il regno di Davide e di inviare Elia e il Messia, ecc., essi gli chiedono di togliere da loro la povertà in maniera di non aver bisogno di accettare dei regali dalla "carne e sangue," nè di commerciare con loro, e nemmeno di cercare di ottenere uno stipendio da loro.



    10. Apikorosim - Epicuirei. Sono chiamati con questo nome tutti coloro che non osservano i precetti di Dio, come pure tutti coloro che, anche se ebrei, esprimono giudizi privati in materia di fede. Quanto più tratterano in questa maniera un cristiano!



    11. Kuthim - Samaritani. Ma dato che non ci sono più dei samaritani, e dato che, nei libri ebraici recenti, si parla molto spesso di samaritani, può esserci alcun dubbio sul fatto che con questa parola si intendano i cristiani?

    Inoltre, in questa faccenda di attribuire un nome a coloro che non sono ebrei, si deve notare in particolare che negli scritti ebraici questi nomi vengono usati indiscriminatamente e indifferentemente con lo stesso significato. Per esempio, nel trattatello Abhodah Zarah (25b) viene usata la parola Goi, ma nello Schulchan Arukh (Iore Dea 153,2) viene usato il termine Akum. Kerithuth (6b) usa Goim; Jebhammoth (61a) usa Akum, Abhodah Zarah (2a) usa Obhde Elilim: Toseph usa Goim e Obhde Ab, Choshen Hammischpat (edizione veneziana) usa Kuthi; (Slav, ed.) Akum. E si potrebbero citare molti altri esempi.

    Nel suo libro sull'Idolatria, Maimonide chiama indiscriminatamente idolatri tutti costoro: i Goim, gli Akum, gli Obhde Kokhabhim, gli Obhde Elilim, ecc.







    Articolo II - Ciò che il Talmud Insegna Sui Cristiani





    Nel capitolo precedente abbiamo visto che cosa gli ebrei pensino del Fondatore della religione cristiana, e quanto essi abborriscano il suo nome. Stando così le cose, non ci si può aspettare che possano nutrire un'opinione migliore su coloro che seguono Gesù Nazzareno. Infatti, non si può immaginare nulla di più abominevole di ciò che hanno da dire sui cristiani. Dicono che sono idolatri, il peggior tipo di persone, molto peggiori dei turchi, assassini, fornicatori, animali impuri, simili a immondizia, indegni di essere chiamati uomini, bestie in forma umana, degni del nome di bestie, mucche, asini, maiali, cani, peggio dei cani; che si propagano nella maniera delle bestie, che sono di origine diabolica, che le lor anime vengono dal diavolo e che dopo la morte ritornano al diavolo nell'inferno; e che perfino il corpo di un cristiano morto non è meglio di quello di un animale.



    1. IDOLATRI

    Dato che i cristiani seguono gli insegnamenti di quell'uomo, che gli ebrei considerano Seduttore e Idolatra, e dato che essi lo adorano come Dio, ne consegue chiaramente che essi meritano il nome di idolatri, non diversamente di coloro fra i quali gli ebrei erano vissuti prima della nascita di Cristo, e che, secondo il loro insegnamento, dovevano essere sterminati in tutte le maniere possibili.

    Ciò è meglio dimostrato dai nomi usati per i cristiani e dalle inequivocabili parole di Maimonide che dimostrano che tutti coloro che portano il nome di cristiani sono idolatri. E chiunque esamini i libri ebraici che trattano degli "Adoratori delle Stelle e dei Pianeti" degli "Epicurei," dei "Samaritani," ecc., non può che concludere che questi idolatri altro non sono che i cristiani. I turchi sono sempre chiamati "Ismaeliti," mai idolatri.



    2. I CRISTIANI SONO PEGGIO DEI TURCHI

    Maimonide nel suo Hilkhoth Maakhaloth (cap. IX) dice:

    "Non è permesso bere il vino di uno straniero che si converte, cioè di una persona che accetti i sette precetti di Noè, ma è permesso trarne qualche beneficio. E' permesso lasciarlo solo con del vino, ma non metterglielo di fronte. Lo stesso è permesso nel caso di tutti i gentili che non sono idolatri, come i turchi ((Ismaeliti)). All'ebreo, comunque, non è permesso bere il loro vino (((degli idolatri - ndt))), anche se ciò può essere usato a suo vantaggio. Tutti i rabbini più conosciuti sono d'accordo su questo punto. Ma dato che i cristiani sono idolatri, non è permesso nemmeno usare il loro vino a proprio vantaggio."

    3. ASSASSINI

    Nell' Abhodah Zarah (22a) si dice:

    L'ebreo non deve associarsi con i gentili in quanto questi indulgono nello spargimento di sangue."

    In modo simile, nello Iore Dea:

    "L'Israelita non si deve associate con gli Akum ((cristiani)) perchè indulgono nello spargimento di sangue."

    Nell' Abhodah Zarah (25b) si dice:

    "I rabbini hanno insegnato: Se un Goi si affianca ad un israelita lungo la strada, egli ((l'ebreo)) deve camminare alla sua destra. Il rabbino Ismaele, il figlio del rabbino Jochanan, il nipote di Beruka, dice: Se il Goi porta una spada, l'ebreo deve camminare alla sua destra. Se il Goi porta un bastone, l'ebreo dovrà camminare alla sua sinistra. (((la traduzione è letterale, ma si può avere un significato logico solo se al posto delle parole 'alla sua destra' e 'alla sua sinistra' si usano rispettivamente 'alla sua sinistra' e 'alla sua destra' - ndt))) Se sta salendo un pendio o scendendo in ripida discesa, l'ebreo non deve camminare davanti con il Goi dietro, ma l'ebreo deve camminare dietro e il Goi davanti, nè si deve abbassare di fronte a lui per tema che il Goi gli possa spaccare il cranio. E se il gentile dovesse chiedere all'ebreo fino a dove deve andare, egli dovrà far finta di andare molto lontano, come disse Giacobbe, nostro padre, all'empio Esaù: Fino a che non arrivo dal mio Signore a Seir (Gen. XXXIII, 14-17), ma (((qui ci sarebbe da precisare il soggetto del verbo che segue e che dovrebbe essere la sacra scrittura - ndt))) aggiunge: Giacobbe è partito (meglio, andò) per Sukoth."

    Nell' Orach Chaiim (20,2) si dice:

    "Non vendere il tuo soprabito (Talith) con le frange ad un Akum, affinchè egli non si unisca ad un ebreo per la via e lo uccida. E' anche proibito fare a cambio del soprabito con un gentile, o venderglielo, eccetto che per breve tempo quando non ci sia niente da temere da lui."

    4. FORNICATORI

    Nell' Abhodah Zarah (15b) si dice:

    "Gli animali di sesso maschile non dovranno essere lasciati nelle stalle dei gentili con i loro uomini, nè gli animali di sesso femminile con le loro donne; tanto meno dovranno gli animali di sesso femminile essere lasciati con i loro uomini, e di sesso maschile con le loro donne. Nemmeno le pecore dovranno essere lasciate in custodia ai loro pastori; nè si dovrà avere con loro (((con i gentili - ndt))) alcun rapporto sessuale; nè i bambini dovranno essere loro affidati per imparare un mestiere o a leggere."

    Un po' più avanti, nello stesso trattatello (22a), si spiega il motivo per cui gli animali non devono essere lasciati nelle stalle dei gentili, e perchè agli ebrei non è permesso di avere rapporti sessuali con loro (((i gentili - ndt))):

    "Non si deve permettere che gli animali si avvicinino ai Goim, perchè si sospetta che (((questi ultimi - ndt))) abbiano rapporti sessuali con loro. Nè le donne dovranno coabitare con i Goim in quanto sono esageratamente sessuali."

    A pag. 22b dello stesso libro si spiega il motivo per cui gli animali, specialmetne se di sesso femminile, devono essere tenuti lontani dalle loro donne (((dalle donne ebraiche - ndt))).

    "...perchè quando gli uomini gentili vengono alle case dei loro vicini per commettere adulterio con le loro mogli e non le trovano a casa, essi fornicano con le pecore nelle stalle. E a volte, anche quando le mogli dei loro vicini sono a casa, essi preferiscono fornicare con gli animali; essi infatti amano le pecore degli israeleiti più delle loro proprie donne."

    E' per lo stesso motivo che non si devono affidare degli animali alle cure dei pastori dei Goim, nè i bambini ai loro maestri.



    5. IMMONDI

    Il Talmud fornisce due motivi per cui i Goim sono immondi: perchè essi mangiano cose immonde, e perchè non sono stati purificati (dal peccato originale) sul Monte Sinai. Nello Schabbath (145b), si dice:

    "Perchè i Goim sono immondi? Perchè essi mangiano cose abominevoli e animali che strisciano sul ventre."

    In maniera simile, in Abhodah Zarah 22b:

    "Perchè sono immondi i Goim? Perchè essi non erano presenti sul monte Sinai. Infatti, quando il serpente entrò in Eva, egli le infuse l'immondizia. Ma gli ebrei furono purificati da ciò sul Monte Sinai; i Goim, comunque, che non erano sul Monte Sinai, non furono purificati."

    6. PARAGONATI AD ESCREMENTI

    "Quando dieci persone pregano insieme in un posto e dicono Kaddisch, oppure Kedoschah, tuutti, anche se non sono del luogo, possono rispondere Amen. Ci sono alcuni, comunque, che dicono che non deve essere presente nessun escremento o Akum."

    Nello Iore Dea, (198 48) Hagah, si dice:

    Quando le donne ebree escono dal bagno, devono cercare di incontrare un amico per primo, e non una persona immonda o un cristiano. Se per caso lo incontrano, infatti, se vogliono mantenersi pulite, dovranno tornare a fare il bagno."

    Vale la pena di notare che il seguente elenco di cose immonde viene presentato nel Biur Hetib, un commentario sullo Schulchan Arukh:

    "Le donne dovranno lavarsi di nuovo se vedono unca cosa immonda, come un cane, un asino, o Gente della Terra; un cristiano (Akum) un cammello, un maiale, un cavallo ed un lebbroso."

    7. NON SIMILI AGLI UOMINI, MA ALLE BESTIE

    Nel Kerithuth (6b p. 78) si dice:

    "L'insegnamento dei rabbini è il seguente: Colui che versa olio su di un Goi, e su corpi morti viene liberato dalla punizione. Questo è vero per un animale perchè non è un uomo. Ma come si può dire che versando olio su di un Goi si sia liberati dalla punizione, dato che un Goi è anche un uomo? Ma questo non è vero: sta infatti scritto: Tu sei il mio gregge, il gregge del mio pascolo sono gli uomini (Ezechiele, XXXIV, 31). Voi perciò siete chiamati uomini. ma i Goim non sono chiamati uomini."

    Nel trattatello Makkoth (7b) si dice che una persona sia colpevole di assassinio "eccetto quando, intendendo uccidere un animale, egli uccide per sbaglio un uomo, o, intendendo uccidere un Goi, egli uccide un israelita."

    Nell' Orach Chaiim (225,10) si dice:

    "Colui che vede delle belle creature, anche se si tratta di un Akum o di un animale, egli dovrà dire 'Benedetto sia tu Signore Nostro Dio, Re dell'Universo, che han messo tali cose sulla terra!'"

    8. SONO DIVERSI DAGLI ANIMALI SOLO PER LA FORMA

    Nel Midrasch Talpioth (fol. 225d) si dice:

    "Dio li creò in forma d'uomini per la gloria di Israele. Ma gli Akum furono creati per il solo scopo di servirli ((gli ebrei)) giorno e notte. Nè essi potranno mai essere sollevati da tale servizio. E' conveniente che il figlio di un re ((un israelita)) sia servito da animali nella loro forma naturale e da animali sotto forma di esseri umani."

    Possiamo citare a questo punto anche quanto è detto nell' Orach Chaiim, 57,6a:

    "Se si deve avere compassione dei maiali quando soffrono a causa di una malattia, in quanto i loro intestini sono simili ai nostri, quanto più si dovrà avere compassione per gli Akum afflitti nello stesso modo."

    9. ANIMALI

    Nello Zohar, II, (64b) si dice:

    "... la gente che adora gli idoli e che viene chiamata mucca e asino, dato che sta scritto: Io ho una mucca e un asino...."

    Il rabbino Bechai, nel suo libro Kad Hakkemach, cap. I, che inizia con la parola Geulah - redenzione - riferendosi al Salmo 80, v. 13: Il cinghiale che si trova fuori dal bosco, lo sciupa davvero, dice:

    "La lettera ain cade ((è sospesa/appesa)) nello stesso modo in cui questi adoratori sono seguaci di colui che fu appeso/sospeso." (((a proposito della lettera ain, vedere più avanti, al punto 12 - ndt)))

    Buxtorf Lex.) dice:

    "Per maiale selvatico l'autore intende qui i cristiani che mangiano maiale e che, come i maiali, hanno distrutto la vigna d'Israele, la Città di Gerusalemme, e che credono nel Cristo 'appeso'. La lettera ain viene fatta cadere in questa parola perchè anche essi, come adoratori di Cristo che fu appeso, vengono fatti cadere."

    Il rabbino Edels, commentando il Kethuboth (110b) dice:

    "Il salmista paragona gli Akum alle bestie immonde dei boschi."

    10. PEGGIO DEGLI ANIMALI

    Il rabbino Schelomo Iarchi (Raschi), famoso commentatore giudeo, spiegando la legge di Mosè (Deuter. XIV, 21) che proibisce di mangiar la carne di animali feriti, che deve invece essere data agli 'stranieri entro le tue porte,' o che, secondo Exodus (XXII,30), deve essere gettata ai cani, ha quanto segue da dire:

    "... infatti egli è simile a un cane. Dobbiamo prendere la parola 'cane' che appare qui letteralmente? Certamente no. Infatti il testo, parlando di corpi morti, dice, 'Oppure tu potrai venderlo ad uno straniero. A maggior ragione, ciò si applica alla carne di animali feriti, per cui è permesso accettare il pagamento. Perchè allora la Scrittura dice che può essere gettata ai 'cani'? Per insegnare che il cane deve essere rispettato più del Nokri."

    11. SI PROPAGANO COME BESTIE



    Nel Sanhedrin (74b) Tosephoth, si dice:

    "Il rapporto sessuale di un Goi è come quello di una bestia."

    E nel Kethuboth (3b) si dice:

    "Il seme di un Goi vale quanto quello di una bestia."

    Da cui si deve desumere che il matrimonio cristiano non è un vero matrimonio.

    Nel Kidduschim (68a), si dice:

    "...Come lo sappiamo? Il rabbino Huna dice: "Si può leggere: Rimani qui con l'asino, cioè con gente simile all'asino. Da cui si vede che essi sono incapaci di contrarre matrimonio."

    Ed in Eben Haezer (44,8):

    "Se un ebreo/a contrae matrimonio con un Akum (un cristiano/a), o con il suo servo/a, il matrimonio è nullo. Infatti essi sono incapaci di contrarre matrimonio. Similmente, se un Akum od un servo/a contrae matrimonio con un ebreo/a, il matrimonio è nullo."

    Nello Zohar (II,64b) si dice:

    "Il rabbino Abba dice: Se avessero rapporti sessuali solo gli idolatri, il mondo non continuerebbe ad esistere. Perciò ci si insegna che un ebreo non deve cedere a quegli infami ladri. Infatti, se si propagassero in numero maggiore, sarebbe impossibile per noi continuare ad esistere a causa loro. Infatti essi danno vita a cuccioli nello stesso modo dei cani."

    12. FIGLI DEL DIAVOLO

    Nello Zohar (I,28b) leggiamo:

    "Ora il serpente era più astuto di qualsiasi bestia del campo, ecc. (Genes. III,1) 'Più astuto' cioè per quanto riguarda il male; 'che tutte le bestie' cioè gli idolatri della terra. Infatti essi sono figli dell'antico serpente che sedusse Eva."

    Il migliore argomento usato dagli ebrei per dimostrare che i cristiani appartengono alla razza del diavolo è il fatto che non sono circoncisi. Il prepuzio dei non ebrei impedisce loro di essere chiamati figli dell'Altissimo Iddio. Infatti con la circoncisione, il nome di Dio - Schaddai - si completa nella carne dell'ebreo circonciso. La forma della lettera Isch è nelle sue narici, la lettera Dalethnel suo braccio (flesso), e ain appare nell'organo sessuale attraverso la circoncisione. Nei gentili non circoncisi, e perciò nei cristiani, ci sono solo le due lettere, Isch e Daleth, che formano la parola Sched che significa diavolo. Essi perciò sono figli dello Sched, che significa diavolo.



    13. L'ANIMA DEI CRISTIANI E' MALIGNA E IMMONDA

    L'insegnamento degli ebrei è che Dio ha creato due nature, una buona e l'altra malvagia, oppure una natura con due lati, uno puro e uno immondo. Si dice che l'anima dei cristiani sia venuta dal lato immondo, chiamato Keliphah - scorza o crosta rognosa.

    In Zohar (I, 131a) si dice:

    "Gli idolatri, comunque, insozzano il mondo da quando esistono in quanto la loro anima è uscita dal lato immondo."

    Ed in Emek Hammelech(23d) si dice:

    "L'anima degl empi viene da Keliphah, che è morte e ombra di morte."

    Zohar (I,46b,47a) procede a dimostrare che questo lato immondo è il lato sinistro, da cui è venuta l'anima dei cristiani:

    "Ed egli creò tutte le cose viventi cioè gli israeliti, in quanto sono figli dell'Altissimo, e la loro anima viene da Lui. Ma da dove viene l'anima dei gentili idolatri? Il rabbino Eliezer dice: dal lato sinistro, che rende le loro anime immonde. Essi sono perciò immondi e contaminano tutti coloro che entrano in contatto con loro."

    14. DOPO LA MORTE VANNO ALL'INFERNO

    Gli anziani insegnano che Abramo siede all'ingresso della Gehenna e impedisce a tutte le persone non circoncise di entrarvi; ma che tutti gli incirconcisi vanno all'inferno.

    Nel Rosch Haschanach (17a) si dice:

    "Gli eretici e gli Epicurei e i Traditori vanno all'inferno."

    15. IL DESTINO DEI CRISTIANI MORTI

    Dopo la morte, i corpi dei cristiani vengono chiamati con l'odioso nome di Pegarim, che è la parola usata nella Sacra Scrittura per i corpi morti dei dannati e degli animali, ma mai per il corpo degli uomini pii che viene chiamato Metim. Perciò, lo Schulchan Arukh ordina di parlare dei cristiani morti nella stessa maniera degli animali morti.

    Nello Iore Dea (377,1) si dice:

    "Non si devono fare le condoglianze a nessuno a causa della morte dei suoi servi o serve. Tutto quello che si può dire è 'Possa Dio ridarti quello che hai perso, come si dice a qualcuno che ha perso una mucca o un asino."

    Nè serve evitare i cristiani per sette giorni dopo che hanno sotterrato qualcuno, come stabilisce la legge di Mosè, dato che essi non sono uomini; infatti, il sotterrare gli animali non è causa di contaminazione.

    Nello Iebhammoth (61a) si dice:

    "I Nokrin non si contaminano con i funerali. Infatti sta scritto: Voi siete le mie pecore, le pecore del mio pascolo; voi siete uomini. Voi siete perciò chiamati uomini, non i Nokrim."











    Articolo III - Sul Culto e i Riti Cristiani



    Dato che i cristiani sono considerati idolatri dagli ebrei, tutte le loro forme di culto appartengano all'idolatria. I preti sono chiamati preti di Baal; i loro templi sono chiamati chiese di falsità e idolatria, e tutto ciò che contengono, come i calici, le statue e i libri, sono considerati oggetti fabbricati per il culto degli idoli; le loro preghiere, sia pubbliche che private, sono paccaminose e recano offesa a Dio; e le loro feste sono chiamate giorni della perversità.



    1. PRETI



    Il Talmud parla dei preti, i ministri del culto cristiano, come di idolatri appartenenti al dio Baal. Essi sono anche chiamati Komarim - indovini; e anche Galachim, i rasati, in quanto si rasano il capo, particolarmente i monaci.

    Nell' Abhodah Zarah (14b) Toseph, si dice:

    "E' proibito vendere i libri dei profeti agli indovini, dato che essi possono usarli per il loro culto del male nei loro templi dove si pratica l'idolatria. Coloro che lo fanno peccano contro la legge che ci proibisce di porre un ostacolo sul percorso di un cieco. E' anche proibito venderli ai cristiani che non sono rasati, in quanto essi sicuramente lo daranno o venderanno a uno di coloro che sono rasati."

    2. LE CHIESE CRISTIANE

    Un luogo di culto cristiano è detto (1) Beth Tiflah, casa di vanità e stoltezza, al posto di Beth Tefilah, casa di preghiera; (2) Beth Abhodah Zarah, Casa dell'Idolatria; (3) Beth Hatturaph Schel Letsim, Casa del Ridere Maligno.

    Nell' Abhodah Zarah, (78), il Perusch di Maimonide, si legge:

    "Si sappia che è cosa indubbiamente proibita dalla legge attraversare una città cristiana in cui ci sia una casa di vanità, cioè una casa dell'idolatria; a maggior ragione abitarci. Ma noi oggi, come punizione per i nostri peccati, siamo soggetti a loro, e siamo costretti ad abitare nei loro paesi, come predetto dal Deuteronomio (IV, 28): E là voi servirete gli dei, lavoro delle mani dell'uomo, di legno e pietra.... Così, se è permesso come predetto di passare attorno ad una città cristiana, a maggior ragione si dovrà passare attorno ad un tempio dove si pratica l'idolatria; nè ci è permesso guardar dentro e specialmente entrarvi."

    All'ebreo è proibito non solo entrare in una chiesa cristiana, ma perfino avvicinarsi ad essa, eccetto in particolari circostanze.

    Nello Iore Dea, (142,10) si dice:

    E' proibito sostare all'ombra di una casa dell'idolatria, sia all'interno che all'esterno, per una distanza di quattro cubiti dalla porta principale. Non è proibito, comunque, sostare sotto l'ombra del retro di una chiesa. Nè l'ombra ci è proibita se la chiesa sorge in un luogo dove prima c'era una strada pubblica, presa alla comunità, dove poi è stata costruita la casa dell'idolatria. Infatti la strada è sempre lì. Ma se la casa dell'idolatria esisteva prima della strada, non è permesso passare di lì in nessun caso."

    Nè un giudeo può ascoltare o ammirare la bella musica delle chiese. Nello Iore Dea (142,15) si dice:

    "E' proibito ascoltare la musica del culto degli idolatri, ed esaminare le statue dei loro idoli; infatti, anche solo guardandoli, si può rimanere influenzati dal male dell'idolatria. Ma si può guardare se si intende di non restarne influenzati."

    Nello stesso modo i giudei non possono avere la casa vicino ad una chiesa: e nemmeno è loro permesso ricostruire una casa che è stata distrutta in tale luogo. Nello Iore Dea (143,1) si dice:

    "Se cade una casa vicino ad un tempio dell'idolatria appartenente agli Akum, non deve essere ricostruita. L'ebreo deve spostarla ad una certa distanza se desidera ricostruirla. Ma dovrà riempire di cespugli e immondizie lo spazio rimasto vuoto fra la sua casa e la chiesa in maniera che non possa essere usato per allargare il tempio dell'idolatria."

    A questo punto possiamo aggiungere ciò che un certo rabbino Kelomimis disse circa una chiesa cristiana (nel libro Nizzachon) all'imperatore Enrico III, che gli diede il permesso di dire la sua opinione liberamente sulla Basilica che aveva recentemente costruito a Spires:

    "Dopo che l'Imperatore Enrico III, un uomo molto malvagio, ebbe finito la costruzione di quell'"Abisso," egli mandò a chiamare il rabbino Kelominus e gli disse: 'Voglio chiederti come ti sembra questa Basilica che ho costruito a paragone del Tempio di Salomone sul quale sono stati scritti tanti volumi.' Egli rispose: 'Mio Signore, se mi permettete di parlare liberamente, e se mi giurate di lasciarmi andare illeso, vi dirò la verità.' L'imperatore rispose: 'Hai la mia parola di amante della verità e di imperatore che non ti sarà fatto alcun male.' Allora l'ebreo disse: 'Se voi raccoglieste tutto quello che avete speso fino ad ora e lo aggiungeste a tutto l'oro e l'argento del vostro tesoro, tutuo ciò non sarebbe sufficiente nemmeno a pagare gli operai e gli artigiani che impiegò Salomone; infatti sta scritto (Cron. II. Ch. 2): E Salomone ordinò che uscissero tre dozzine e diecimila uomini per portare i pesi, e quattro dozzine mille per tagliare nelle montagne, e tre mila e seicento per sorvergliarli. Otto anni furono impiegati per la costruzione del Tempio, molti di più di quelli che sono serviti a voi per la costruzione di questo Tehom (abisso). E quando Salomone ebbe finito il suo tempio, vedete quello che la Scrittura dice a proposito di esso: I preti non potevano rimanere eretti per rendere servizio a causa della nube; infatti la gloria di Dio aveva riempito la Casa del Signore (Chron. II, Cap. 5,14). Ma se qualcuno caricasse un asino di putrida immondizia e lo conducesse all'interno di questo vostro abisso, nessuno si accorgerebbe della differenza!' L'imperatore Enrico allora rispose: 'Se non ti avessi giurato di lasciarti andare illeso, darei ordine che ti fosse tagliata la testa.'"

    3. CALICI

    I calici usati per il Sacrificio della messa vengono chiamati con il nome del vasellame che si usa per offrire sporcizia agli idoli. Mosè Kozzensis, nello Hilkoth Abhodah Zarah (10b) dice:

    "L'ebreo che acquista dei calici del Goi, che siano stati rotti e gettati via, non può rivenderli a loro, perchè il prete di Baal li userebbe per il culto dell'idolo."

    4. LIBRI

    Il Talmud chiama i libri dei cristiani Minim - libri eretici - Siphre Debeth Abidan - Libri della Casa di Perdizione. Il Talmud in particolare parla dei libri dei Vangeli. Così in Schabbath (116a) Toseph:

    "Il rabbino Meir chiama i libri eretici Aaven Gilaion (volumi di iniquità) perchè essi li chiamano Vangeli."

    E il rabbino Jochanan chiama questi libri Aavon Gilaion, libri del male. Lo Schulchan Arukh, edizione di Cracovia, rende questo nome come Aven Niktabh al Haggilaion - iniquità scritta in un libro.

    Buxtorf dice: "Nell' Arukh c'è una nota Scheker Niktabh al Gilaion, che significa, menzogna scritta in un libro."

    Tutti gli studiosi del Talmud sono d'accordo sul fatto che i libri dei cristiani dovrebbero essere distrutti. Essi non sono d'accordo solamente per quanto riguarda ciò che si dovrebbe fare del nome di Dio che appare in essi. Nello Schabbath (116a) si dice:

    "I glossari dei nostri stessi libri e i libri degli eretici non dovranno essere salvati dalle fiamme se dovessero prendere fuoco in giorno di sabato. Il rabbino Jose, comunque, dice: 'Nei giorni di festa i nomi della divinità dovranno essere strappati dai libri dei cristiani e nascosti; ciò che rimane dovrà essere dato alle fiamme.' Ma il rabbino Tarphon dice: 'Per potere ricordato dai miei figli, se quei libri dovessero mai cadere nelle mie mani, io li brucerei assieme con i nomi della divinità che contengono. Infatti, se uno è inseguito da un assassino o da un serpente, è meglio rifugiarsi in un tempio pagano che in uno dei loro; infatti i cristiani resistono scientemente alla verità, mentre i pagani lo fanno inconsapevolmente.'"

    5. PREGHIERE



    Le prechiere dei cristiani sono chiamate, non Tefillah, ma Tiflah. Lo spostamento del punto e l'inserimento di Iod, cambia il significato della parola che diventa peccato, stoltezza e trasgressione.



    6. FESTE CRISTIANE

    Le feste cristiane, specialmente la domenica, sono chiamateIom ED - giorno di distruzione, perdizione, sfortuna o calamità. Sono anche semplicemente chiamate Iom Notsri, giorni cristiani. La parola Ed, interpretata correttamente, significa sfortuna o calamità, come appare dalla Gemarah e dai glossari di Maimonide nell' Abhodah Zarah (2a):

    "La parola Edehem significa le feste dei cristiani, dato che sta scritto (in Deuter.XXXII,35): i giorni della loro calamità."

    Anche Maimonide, nell' Abhodah Zarah, dice:

    "La parola Edehem sta a significare la stoltezza delle loro feste. E' il nome delle loro feste. E' il nome dei loro spregevoli giorni di festa che non meritano il nome di Moedim, in qanto sono veramente vani e perversi."

    Anche Bartenora scrive:

    "La parola Edehem è il nome delle loro ingnominevoli feste e solennità."

    Anche le note a margine del Tosephoth danno questo nome alle feste cristiane. Così nell' Abhodah Zarah (6a):

    "Il Giorno del Male, cioè il Giorno Cristiano, ci è proibito così come tutti i loro altri giorni di festa."

    Alcune feste cristiane sono indicate per nome, come la festa di Natale e Pasqua. Mosè Mikkozzi, facendo riferiemnto al testo summenzionato dell' Abhodah Zarah, dice:

    "Il rabbino Sammuel dichiara, nel nome di Salomone Iarchi, che particolarmente le feste di Natale e Pasqua, che sono i loro più importanti giorni del male e il fondamento della loro religione, ci sono proibite."

    Maimonide, nello Hilkhoth Akum (cap.IX) dice la stessa cosa:

    "Sammuel ripete le parole del rabbino Sal. Iarchi che ci proibiscono in particolare di celebrare le feste di Natale e Pasqua, che sono celebrate a causa di colui che fu appeso."

    Inoltre, indicazioni dell'empietà degli ebrei si trovano nei nomi che essi danno a queste feste cristiane. Infatti, in luogo di usare Tav per la parola Nithal, essi spesso scrivono Tet e lo chiamano Nital al posto della parola latina Natalis, la festa della Natività. Essi fanno in modo che sembri che questa parola derivi dalla radice Natal che denota sterminio o distruzione. Similmente essi si rifiutano di usare la parola Paschal (Pesach) per la festa cristiana di Pasqua. Essi sostituiscono Koph a Phe e inseriscono la lettera iod e la chiamano Ketsach o Kesach. Entrambe le pronunce hanno un significato perverso. Ketsach viene dalla radice Katsah, che significa amputare o tagliar via, e Kesach viene dalla radice Jesa, che significa legno o forca. Fanno questo perchè la festa di Pasqua è celebrata dai cristiani in memoria di Cristo - colui che fu appeso - che fu messo a morte e risorse dai morti.





























    PARTE II



    I PRECETTI DEL TALMUD

    CHE RIGUARDANO I CRISTIANI







    Da quanto è stato dimostrato fin'ora, appare chiaro che, secondo l'insegmanento del Talmud, i cristiani sono idolatri e tenuti in odio agli ebrei. Di conseguenza, ogni ebreo che deisera piacere a Dio ha il dovere di osservare i precetti che furono trasmessi ai Padri della loro razza quando vivevano in Terra Santa e che riguardano i gentili idolatri, sia quelli che abitavano fra di loro che quelli che abitavano in paesi vicini.

    L'ebreo perciò deve (1) Evitare i cristiani; (2) Fare tutto ciò che può per sterminarli.





    CAPITOLO I



    I CRISTIANI DEVONO ESSERE EVITATI





    Gli ebrei devono evitare tutti i contatti con i cristiani per quattro motivi: (1) Perchè non sono degni di partecipare alla vita ebraica; (2) Perchè sono immondi; (3) Perchè sono idolatri; (4) Perchè sono assassini.









    Articolo I. - I Cristiani Devono Essere Evitati -

    Perchè Sono Indegni di Partecipare

    ai Costumi Ebraici



    L'ebreo, per il fatto di appartenere alla razza eletta e di essere circonciso, possiede una tale dignità che nessuno, nemmeno un angelo, può essergli uguale. Infatti, egli viene considerato quasi uguale a Dio. "Colui che colpisce un israelita" dice il rabbino Chanina "agisce come se schaffeggiasse la faccia della Divina Maestà di Dio."

    L'ebreo è sempre considerato buono, nonostante certi peccati che possa commettere; nè possono i suoi peccati contaminarlo, più di quanto la sporcizia possa contaminare il gheriglio della noce, ma sporca solo il suo guscio. Solo l'ebreo è considerato un uomo; l'intero mondo gli appartiene e tutte le cose lo devono servire, specialmente "gli animali che hanno forma di uomini."

    E' perciò chiaro che essi considerano contaminanti tutti i contatti con i cristiani, in quanto detraggono dalla loro dignità. Perciò essi devono secondo la loro legge tenersi il più lontano possibile da tutti coloro che vivono e agiscono come fanno i cristiani.



    1. L'EBREO NON DEVE SALUTARE IL CRISTIANO



    Nel Gittin, (62a), si dice:

    "L'ebreo non deve mai entrare nella casa di un Nokhri di giorno di festa per salutarlo. Comunque, se lo incontra per la strada, potrà salutarlo, ma brevemente e a testa china."



    2. L'EBREO NON DEVE RICAMBIARE IL SALUTO DEL CRISTIANO



    Nello Iore Dea (148,10) si dice:

    "L'ebreo non deve ricambiare il saluto del cristiano inchinandosi davanti a lui. E' bene perciò salutarlo per primo evitando così di risponderein caso che l'Akum lo saluti per primo."

    Il rabbino Kohana dice che quando un ebreo saluta un cristiano egli deve prima dire ""Pace al mio Signore," intendendo con ciò il suo rabbino. Infatti il Tosephoth dice: "Perchè il suo cuore si rivolgeva al suo rabbino."



    3. L'EBREO NON DEVE PRESENTARSI DAVANTI AD UN GIUDICE

    CRISTIANO



    Nel Choshen Hammischpat (26,1) si dice:

    All'ebreo non è permesso portare il suo caso davanti ai giudici Akum, anche se la questione venisse giudicata secondo le decisioni della legge ebraica, e anche se entrambe le parti fossero d'accordo di attenersi a tali decisioni. Colui che lo fa è empio e simile ad uno che calunnia e bestemmia e che alza la mano contro la Legge trasmessa a noi da Mosè, il nostro grande legislatore. La Hagah dice "Il Bethin ha il potere di scomunicare questa persona fino a che egli non liberi il suo fratello ebreo dalle mani dei gentili.'"

    4. NON E' PERMESSO USARE I CRISTIANI COME TESTIMONI

    Nel Choshen Hammischpat (26.1) si dice:

    "Il Goi o il suo servo è incapace ad agire come testimone."

    5. ALL'EBREO NON E' PERMESSO DI CIBARSI DI CIBO CRISTIANO

    Nello Iore Dea (112,1) si dice:

    "Gli anziani proibirono di mangiare il cibo degli Akum, per non sembrare di essere in rapporti di amicizia con loro."

    E nell' Abhodah Zarah (35b) si dice:

    "Le cose seguenti che appartengono ai Goim sono proibite: Latte che un Goi prende da una mucca, se non è presente un ebreo; anche il loro pane, ecc."

    6. L'EBREO NON DEVE MAI AGIRE NEL MODO DEI CRISTIANI

    Nello Iore Dea (178,1) si dice:

    "Non è permesso imitare le usanze degli Akum e agire come loro. Non è permesso indossare abiti come gli Akum, e nemmeno pettinarsi come fanno loro .... nè devono gli ebrei costruire case che assomiglino ai templi degli Akum."

    Comunque, dato che non è possible osservare tutte queste regole in tutti i luoghi, la Hagah dice che, fino ad un certo punto, si possono fare eccezioni come nel caso in cui ciò tornasse a vantaggio di un ebreo - se, per esempio, un ebreo potesse trarre profitto da un commercio che richiede un certo tipo di abbigliamento.



    *****







    Articolo II - I Cristiani Devono Essere Evitati -

    Perchè Sono Immondi





    Non si sa quanto spesso l'ebreo debba lavarsi e purificarsi, e nemmeno quanto debba studiare per evitare tutto ciò che può contaminarlo. Il Talmud insegna, comunque, che i cristiani sono persone il cui semplice contatto tattile rende le cose immonde. Nell' Abhodah Zarah (72b) si legge:

    "Un certo uomo stava versando del vino da un contenitore ad un altro per mezzo di un tubo, quando un Goi venne e toccò il tubo con la mano. Il risultato fu che tutto il vino (di entrambi i contenitori) dovette essere gettato via."

    Tutti i recipienti, perciò, devono essere lavati se l'ebreo l'ha acquisito da un cristiano, anche se non è mai stato usato. Nello Iore Dea (120,1) si dice:

    "Se un ebreo compra da un Akum un recipiente per usarlo a tavola, sia che sia fatto di metallo, di vetro o di piombo, anche se è nuovo, lo dovrà lavare in un Mikvah (grande catino), o in una cisterna che tenga quaranta quarti d'acqua."



    *****







    Articolo III. I Cristiani Devono Essere Evitati -

    Perche' Sono Idolatri





    1. AFFINCHE' l'ebreo non diventi occasione di peccato per il cristiano idolatro, secondo il precetto di Levit. XIX,14: Non porre una pietra d'inciampo davanti al cieco- egli dovrà evitare tutti i contatti con essi nei loro giorni di culto ai loro dei. Nell' Abhodah Zarah (2a) si dice:

    "Non è permesso comperare o vendere loro alcunchè nei tre giorni che precedono le loro feste idolatriche. E' anche proibito concedere o accettare aiuto da loro, scambiare denaro con loro, rimborsare loro un prestito o permettere loro di rimborsare i loro prestiti."

    Nell' Abhodah Zarah, 78c (il Perusch di Maimonide, fol.8), si dice:

    "Tutte le feste dei seguaci di Gesù sono proibite, e noi dobbiamo comportarci nei loro confronti come faremmo con gli idolatri. Il primo giorno della settimana è la loro festa principale, ed è perciò proibito intrattenere, nel loro giorno di sabato, qualsiasi contatto d'affari con coloro che credono in Gesù. Riguardo il loro sabato, noi dobbiamo osservare le stesse regole che osserviamo per le festività degli idolatri, come insegna il Talmud."

    2. L'EBREO NON DEVE USARE ALCUNA COSA CHE RIGUARDI IL

    CULTO DEI CRISTIANI.

    Nello Iore Dea (139,1) si dice:

    "E' proibito avere a che fare con gli idoli e con qualsiasi cosa venga usata per il loro tipo di culto, sia che sia fatta dagli Akum o dagli ebrei."

    3. E' PROIBITO VENDERE AI CRISTIANI QUALSIASI COSA CHE

    SERVA PER IL LORO CULTO IDOLATRICO.

    Nell' Abhodah Zarah (14b, Toseph) si dice:

    "E' sempre proibito vendere incenso ad un prete idolatra, infatti è evidente che quando egli lo chiede, lo vuole per il solo scopo di offrirlo al suo idolo. Perciò, chiunque glielo venda, pecca contro il precetto che ci proibishe di porre una pietra d'inciampo davanti al cieco. E' anche proibito vendere candele ai gentili per la loro Festa delle Candele. Le candele comunque possono essere loro vendute negli altri giorni. Nè è permesso vendere un calice ad un gentile che l'ebreo abbia comprato dopo che è stato rotto e gettato via da un Goi. E' permesso rivenderlo ad un gentile dopo che sia stato completamente rifatto. Infatti, dopo che è stato rotto una sola volta, esso può essere ancora usato per contenere il vino che offrono in onore del loro idolo." Segue poi la proibizione circa la vendita di libri ai preti cristiani, come abbiamo visto sopra. Anche il lavoro di rilegare tali libri è proibito per gli ebrei. Nello Iore Dea (139,15) si dice:

    "E' proibito rilegare i libri degli Akum, con l'eccezione dei libri di legge. E' permesso, comunque, se il rifiuto do farlo dovesse causare ostilità, ma solo dopo che ogni sforzo sia stato fatto per rifiutare tale lavoro."

    Similmente, nello Iore Dea (151,1, Hagah):

    "Non è permesso vendere acqua ad un Akum se si sa che verrà usata come acqua battesimale."

    Si fa menzione anche di molte altre cose che è proibito vendere ai cristiani, come: stoffa che possa essere usata per confezionare vestimenti sacerdotali e bandiere; carta e inchiostro che possa essere usata per scrivere libri riguardanti il loro culto. E' proibito vendere, o anche dare in affitto, ai cristiani case che verranno usate come luoghi di culto. Oggigiorno, comunque, gli ebrei commerciano con i cristiani specialmente nei giorni delle feste cristiane e vendono loro delle case ben sapendo che certi sacramenti verranno amministrati in esse, come il Battesimo, la Santa Comunione e l'Estrema Unzione. Il Talmud non può dare nessuna spiegazione di ciò, e nell'Abhodah Zarah (2a, Toseph) si dice:

    "E' difficile dire con quale diritto gli ebrei oggigiorno commercino con i Goim nei loro giorni (malvagi) di festa. Infatti, sebbene molti di essi commettano tutti i tipi di perversione e atti licenziosi nei loro giorni di festa in onore di santi che non considerano dei, eppure ogni settimana essi celebrano il Giorno del Nazzareno ((Domenica)) che ci è sempre stato proibito."

    Bartenora, comunque, nel suo commentario sull' Abhodah Zarah (I,2,fol.7b) dice:

    "Dato che, mentre siamo in cattività, non possiamo vivere senza commerciare con loro e dipendiamo da loro per il nostro nutrimento, e dobbiamo temerli, è proibito commerciare con loro solo nei loro giorni di festa. Inoltre, è ora permesso commerciare ocn loro anche nei giorni stessi delle loro feste, perchè i rabbini sono convinti che non pratichino il culto dei loro idoli solo perchè commerciano con noi. E ciò che è proibito in questo libro deve essere considerato come riferentesi direttamente all'idolatria."

    Il rabbino Tam comunque, sostiene che la Mischnah proibisce solamente di vendere agli idolatri cose che essi useranno per il culto degli idoli, dato che essi si rallegrano e adorano i loro idoli in quanto ottengono le cose necessarie per tale culto. Egli lo spiega così (nell'Abhodah Zarah, 2a, Toseph):

    "Nessuno dovrebbe meravigliarsi di questa nostra usanza. Infatti, sebbene noi li consideramo idolatri, essi possono solo offrire quello che comperano con il denaro. Per cui, il nostro guadagno e la loro gioia non è il motivo di questa proibizione, in quanto essi avrebbero abbastanza denaro per queste cose, anche se noi non commerciassimo con loro."

    4. QUESTA PROIBIZIONE NON SI APPLICA NEL CASO DEGLI ATEI

    Nello Iore Dea (148,5) si dice:

    "E' permesso inviare un regalo ad un Akum in uno dei loro giorni di festa se si sa che egli non crede negli idoli e che non rende loro nessun culto."

    Maimonide dice la stessa cosa nello Hilkhoth Akum (IX,2):

    "E' sbagliato anche inviare un regalo ad un Goi nei loro giorni di festa a meno che non si sia certi che egli non crede nel culto degli idoli cristiani, e non li serva."

    *****



    Articolo IV - I Cristiani Devono Essere evitati -

    Perchè Sono Perversi



    NON C'E' nulla di cui gli ebrei siano più convinti del male che i cristiani possano fare ai figli di Israele. A causa di ciò, i capi del popolo eletto hanno sempre insegnato agli ebrei di non accettare aiuto dai cristiani in quanto essi faranno sempre ricorso all'omicidio e ad altri crimini tutte le volte che non riusciranno a conseguire i loro scopi perversi. Così, l'ebreo non deve assumere dei cristiani per prestare opera di balia o insegnante dei suoi bambini, o di barbiere, medico od ostetrico.



    1. NON COME BALIA



    Nello Iore Dea (81,7, Hagah) si dice:

    "Se è possibile assumere un israelita, non bisogna assumere un Nokhri come balia per i bambini; infatti, il latte di una Nokhrith indurisce il cuore del bambino e gli infonde una natura perversa."

    2. NON COME INSEGNANTE



    Nello Iore Dea (155,1, Hagah) si dice:

    "Il bambino non deve essere affidato agli Akum per imparare l'educazione, la letteratura e le arti, infatti essi lo condurranno all'eresia."



    3. NON COME MEDICO



    Nello Iore Dea (155,1) si dice:

    "Quando un ebreo è in qualche modo ferito, anche così gravemente da dovere infrangere il sabato facendo chiamare un medico, egli non deve affidarsi ad un medico cristiano (Akum ) che non sia conosciuto a tutti nel vicinato; infatti, noi dobbiamo premunirci contro il versamento di sangue. Anche se non si sa se il paziente vivrà o morrà, non si dovrà permettere a tale medico di curarlo. Se, comunque, si è sicuri che morrà, allora tale medico può curarlo, dato che un'ora di meno da vivere non è una gran perdita. Se l' Akum insiste che una certa medicina è buona, è permesso credergli, ma non acquistatela da lui. Alcuni dicono che ciò si applica solo quando l'Akum offre i suoi servizi gratuitamente e che si può accettare ogni volta che viene pagato. Ma si può essere sicuri che essi non farebbero del male ad un ebreo solo per amor di denaro."

    Nel Pesachim (25a) si dice:

    "Il rabbino Jochanan dice: l'assistenza medica di chiunque può essere accettata eccetto quella degli idolatri, dai fornicatori, e dagli assassini.

    4. NON COME BARBIERE

    Nello Iore Dea (156,1) si dice:

    Non è lecito farsi radere da un Akum a meno che non si sia accompagnati da amici ebrei. Alcuni dicono che non è permesso farsi radere da un Akum anche se altri sono presenti, a meno che non ci si possa vedere in uno specchio."

    5. NON COME OSTETRICA

    Nell' Abhodah Zarah (26a) si dice:

    "I nostri rabbini ci hanno trasmesso l'insegnamento che non si può permettere alla donna straniera di agire da ostetrica alla nascita di un figlio di Israele, perchè gli stranieri indulgono nello spargimento di sangue. Gli anziani, comunque, dicono che una donna straniera può prestare questo tipo di assistenza purchè siano presenti altre donne ebree e non sia mai lasciata sola. Il rabbino Meir, comunque, dice che ciò non è permesso nemmeno quando altre donne sono presenti. Infatti, spesso avviene che schiaccino con la mano la morbida testa del bambino e lo uccidano; e questo può essere fatto senza che nessuno delle presenti lo noti.



    CAPITOLO II

    I CRISTIANI DEVONO ESSERE STERMINATI



    I seguaci di "quell'uomo," il cui nome per gli ebrei significa "Possano il suo nome e la sua memoria essere cancellati," non devono essere considerati diversi da gente di cui è bene liberarsi. Coloro che tengono i figli di Israele in cattività sono chiamati romani e tiranni, e con la loro distruzione gli ebrei saranno stati liberati da questa quarta cattività. Ogni ebreo è perciò tenuto a fare tutto quello che può per distruggere l'empio regno degli edomiti (Roma) che governa il mondo intero. Siccome, però, non è sempre e dovunque possibile effettuare questo sterminio di cristiani, il Talmud ordina che essi siano attaccati almeno indirettamente, e cioè: di causare loro del male in tutti i modi possibili, e di ridurre con questo mezzo il loro potere al fine di aiutare la loro distruzione finale. Quando possibile, l'ebreo deve uccidere i cristiani, e farlo senza pietà.







    Articolo I. - SI DEVE FARE DEL MALE AI CRISTIANI





    L'ebreo ha l'obbligo di fare del male ai cristiani per quanto egli possa, sia indirettamente - non aiutandolo in nessuna maniera - che direttamente - distruggendo i loro piani e progetti; nè deve salvare il cristiano in pericolo di morte.



    I. NON SI DEVE FARE DEL BENE AI CRISTIANI



    Nello Zohar (1,25b) si legge:

    "Coloro che fanno del bene all'Akum ... non sorgeranno dai morti."

    A volte è permesso fare del bene ai cristiani, ma solo per aiutare Israele, cioè, per amore di pace e per nascondere l'odio nutrito verso di essi. Maimonide nello Hilkhoth Akum (X,6) dice:

    "E' permesso aiutare i gentili bisognosi così come gli ebrei bisognosi, per amore di pace..."

    Nello Iore Dea (148,12 Hagah) si legge:

    "Perciò, se tu entrerai in una città e troverai che vi si celebra una festa, tu potrai fingere di rallegrartene assieme a loro per nascondere il tuo odio. Coloro che tengono alla salvezza della loro anima, comunque, dovranno tenersi lontani da tali celebrazioni. Si dovrebbe far sapere che è cosa odiosa rallegrarsi con loro, se ciò può essere fatto senza incorrere nella loro inimicizia."

    1. NON E' PERMESSO LODARE UN CRISTIANO

    Nell'Abhodah Zarah (20,a, Toseph) si legge:

    "Non dite niente a loro lode, affinchè non si dica:

    Com'è buono quel goi."

    In questa maniera, essi spiegano le parole del Deuteronomio (VII,2) ... e tu non mostrerai loro (goim) nessuna misericordia, come citato nella Gemarah. Il rabbino S. Iarchi spiega questo passo della Bibbia come segue:

    "Non fate loro nessun complimento; è infatti proibito dire: com'è buono quel goi!"

    Nello Iore Dea (151,14) si legge:

    "A nessuno è permesso lodarli o dire quanto sia buono un Akum. Tanto meno lodare quello che fanno o raccontare di loro cose che tornino a loro gloria. Se, comunque, lodandoli si intende rendere gloria a Dio, e cioè, in quanto egli ha creato delle belle creature, allora è permesso farlo."

    2. ALL'EBREO NON E' PERMESSO MENZIONARE LE COSE CHE I

    CRISTIANI USANO PER IL LORO CULTO IDOLATRICO.



    Nello Hilkhoth Akum (V,12) si legge:

    "E' inoltre proibito menzionare l'Akum; è infatti scritto (Exodus XXIII,13): ... non menzionare gli altri dei."

    3. SI DEVE PARLARE DEI LORO IDOLI CON SPREGIO

    Nello Iore dea (146,15) si legge:

    "I loro idoli devono essere distrutti, o chiamati con nomi spregevoli."

    Ibidem, (147,5):

    "E' permesso deridere gli idoli, ed è proibito dire ad un goi: Dio ti aiuti, oppure ti auguro di riuscire."

    Il rabbino Bechai, spiegando il testo del Deuteronomio sull'odio verso l'idolatria, dice:

    "Le Scritture insegnano di odiare gli idoli e di chiamarli con nomi ignominiosi. Perciò, se il nome di una chiesa è Bethgalia--"casa di magnificenza," essa dovrebbe essere chiamata Bethkaria - casa insignificante, porcile, latrina. Questa parola karia infatti, denota un luogo basso, un tugurio."

    In diversi punti gli ebrei danno nomi ignominiosi alle cose cristiane. Non è fuori luogo elencarne qui di seguito alcuni che essi danno a cose e persone considerate care e sante dai cristiani:

    GESU' viene ignominiosamene chiamato Jeschu- che significa Possano il suo nome e la sua memeoria essere cancellati. In ebraico, il suo vero nome è Jeschua che significa Redenzione (Salvamento).

    MARIA LA MADRE DI GESU', viene chiamata Charia - sterco, escrementi (tedesco Dreck). In ebraico il suo vero nome è Miriam.

    I SANTI CRISTIANI, per cui la parola in ebraico è Kedoshim, sono chiamati Kededchim, (cinaedos)- uomini effemminati (Fate). Le sante sono chiamate Kedeschoth, Puttane.

    LA DOMENICA viene chiamata il giorno della calamità.

    LA FESTA DI NATALE viene chiamata Nital, che indica sterminio.

    PASQUA non viene chiamata con il suo nome corretto Pesach (Pasqua ebraica), ma Ketsach, che significa abbattere; oppure Kesach, impiccagione.

    UNA CHIESA CRISTIANA non viene chiamata Beth Hattefillah, Casa di Preghiera, ma Beth Hattiflah, Casa di Vanità, Casa del Male.

    I LIBRI DEL VANGELO sono chiamati Aavon Gilaion, Libri di Iniquità.

    I SACRIFICI CRISTINAI sono chiamati Offerte di Sterco. Nel Talmud di Jerusalemme (fol.13b) si trova quanto segue:

    "Colui che li vede mezabbelim (defecare - offrire il sacrificio) di fronte al loro idolo, deve dire (Esodo XXII, 20): Colui che sacrifica ad un idolo, sia completamente distrutto."

    Il rabbino Iarchi (riferendosi a Num. XXV,3), insegna che i gentili onorano il loro Dio defecando davanti a lui.

    UNA RAGAZZA CRISTIANA che lavora per gli ebrei nel loro giorno di Sabato viene chiamata Schaw-wesschicksel, Immondizia del Sabato.



    4. GLI EBREI NON POSSONO FARE REGALI AI CRISTIANI



    Nello Hilkhoth Akum (X5) si legge:

    "E' proibito fare regali ai goim. Ma è permesso farli ad un convertito che vive fra gli ebrei; è detto, infatti: 'Datelo da mangiare al viaggiatore che si ferma nelle vostre città, oppure vendetelo ad un gentile, cioè, vendetelo, non datelo'."

    Nello Iore Dea (151,11) si legge:

    "E' proibito fare dei regali all'Akum con il quale l'ebreo non deve intrattenersi amichevolmente."

    Il Talmud, comunque, permette agli ebrei di fare doni a gentili che egli conosce e dai quali egli spera di avere qualcosa in cambio.



    5. E' PROIBITO ALL' EBREO VENDERE LA PROPRIA FATTORIA AD

    UN CRISTIANO



    Nello Iore Dea (334,43) si legge:

    "L'ebreo dovrà essere ripudiato in 24 casi, cioè... 8° caso: Chiunque venda la sua fattoria agli Akum deve essere mandato in esilio - a meno che egli non si impegni a risarcire tutto il danno causato agli ebrei che devono subire un Akum come vicino."

    6. E' PROIBITO INSEGNARE UN'ATTIVITA' COMMERCIALE AI

    CRISTIANI

    Nello Iore Dea (154,2) si legge:

    "Non è permesso insegnare alcuna attività commerciale agli Akum"

    II. SI DEVE DANNEGGIARE IL LAVORO DEI CRISTIANI

    Dato che i goim servono gli ebrei come bestie da soma, essi appartengono agli ebrei con tutte le loro facoltà e la loro vita:

    "La vita di un goi e tutte le sue capacità fisiche appartengono all'ebreo." (A. Rohl. Die Polem. p.20)

    E' un assioma dei rabbini che l'ebreo possa prendere qualsiasi cosa appartenga ai cristiani per qualsiasi motivo, anche con la frode; e ciò non può essere definito rubare dato che è semplicemente prendere ciò che gli appartiene.

    Nel Babha Bathra (54b) si legge:

    "Tutte le cose che appartengono ai goim sono come un deserto; il primo che passa e le prende può rivendicarne la proprietà."

    1. NON SI DEVE FAR SAPERE AI CRISTIANI SE PAGANO UN PREZZO

    TROPPO ALTO AD UN EBREO

    Nel Choshen Hammischpat (183,7) si legge:

    "Se mandi un messaggero a ritirare del denaro da un Akum e l' Akum paga più di quanto deve, il messaggero può tenersi la differenza. Ma se il messaggero non lo sa, la puoi tenere tu stesso."

    2. GLI OGGETTI SMARRITI DEI CRISTIANI NON DEVONO MAI

    ESSERE LORO RESTITUITI

    Nel Choshen Hammischpat (226,1) si legge:

    "L'ebreo potrà tenere tutte le cose che trova, se sono di proprietà di un Akum, in quanto sta scritto: Restituisci a tuo fratello ciò che è stato perduto (Deuter. XXII,3). Infatti, colui che restituisce (ai cristiani) un oggetto smarrito pecca contro la Legge in quanto aumenta il potere dei trasgressori della Legge. E' lodevole, comunque, restituire gli oggetti smarriti, se ciò viene fatto in onore del nome di Dio, cioè, se a causa di ciò gli ebrei saranno lodati e considerate dai cristiani persone d'onore."

    3. E' PERMESSO FRODARE I CRISTIANI

    Nel Babha Kama (113b) si legge:

    "E' permesso ingannare un goy."

    E nel Choshen Hammischpat (156,5. Hagah) si legge:

    "Se un ebreo fa buoni affari con un Akum, in certi posti non è permesso agli altri ebrei di venire e fare affari con lo stesso Akum. In altri luoghi, comunque, è diverso ed è permesso a un altro ebreo di andare dallo stesso Akum, circuirlo, fare affari con lui e prendere il suo denaro. Infatti la ricchezza dell' Akum deve essere considerata proprietà comune e appartiene al primo che può appropriarsene. C'è, comunque, chi dice che ciò non va fatto."

    Nel Choshen Hammischpat (183,7 Hagah) si legge:

    "Se un ebreo fa affari con un Akum e un fratello israelita sopravviene e froda l' Akum per mezzo di falsi pesi o misure o numeri, egli deve dividere il suo profitto con il suo fratello israelita, dato che entrambi hanno partecipato all'affare, e anche per aiutarlo."

    4. UN EBREO PU0' FINGERE DI ESSER UN CRISTIANO PER

    INGANNARE I CRISTIANI

    Nello Iore Dea (157,2. Hagah) si legge:

    "Se un ebreo può ingannarli (gli idolatri) fingendo di essere un adoratore di stelle, gli è permesso farlo."

    5. AGLI EBREI E' PERMESSO ESERCITARE L'USURA NEI

    CONFRONTI DEI CRISTIANI

    Nell'Abhodah Zarah (54a) si legge:

    "E' permesso esercitare l'usura nei confronti degli apostati caduti in idolatria."

    E nello Iore Dea (159,1) si legge:

    "E' permesso, secondo la Torah, prestare denaro ad usura ad un Akum. Alcuni anziani comunque negano ciò eccetto nel caso di vita o di morte. Al giorno d'oggi è permesso per qualsiasi motivo."

    *****

    III. I CRISTIANI DEVONO ESSERE DANNEGGIATI NELLE QUESTIONI

    LEGALI

    1. ALL'EBREO E' PERMESSO MENTIRE E GIURARE IL FALSO PER

    FAR CONDANNARE UN CRISTIANO

    Nel Babha Kama (113a) si legge:

    "Il nostro insegnamento è il seguente: Quando un ebreo e un goi appaiono in tribunale, assolvi l'ebreo, se puoi, secondo le leggi d'Israele. Se il goi vince, digli che ciò è quanto la nostra legge richiede. Se, comunque, l'ebreo può essere assolto secondo la legge dei gentili, assolvilo e digli che ciò è fatto secondo le nostre leggi. Se ciò non può essere fatto, procedi con durezza contro il goi, come consiglia il rabbino Ischmael. Il rabbino Akibha, comunque, sostiene che non si può agire con frode per non profanare il Nome di Dio, e per non avere un ebreo rinviato a giudizio per spergiuro."

    Una nota a margine, comunque, spiega questa precisazione del rabbino Akibha come segue:

    "Il nome di Dio non viene profanato se il goi non sa che l'ebreo ha mentito."

    E più avanti, il Babha Kama (113b) dice:

    "Il nome di Dio non è profanato quando, per esempio, un ebreo mente ad un goi dicendo: 'Io ho dato qualcosa a tuo padre, ma egli è morto; tu me lo devi restituire,' purchè il goi non sappia che tu stai mentendo."

    2. E' PERMESSO AD UN EBREO GIURARE IL FALSO CON COSCIENZA

    PULITA

    Nel Kallah (1b, p.18) si legge:

    "Essa (la madre del mazmer) gli disse, 'Giura davanti a me.' E il rabbino Akibha giurò con le labbra, ma nel suo cuore invalidò il giuramento.'

    Un concetto simile si trova nello Schabbuoth Hagahoth del rabbino Ascher (6d):

    "Se il magistrato di una città costringe gli ebrei a giurare che non fuggiranno da quella città e che non ne asporteranno cosa alcuna, essi potranno giurare il falso dicendo a se stessi che non fuggiranno quel giorno, e che non asporteranno cosa alcuna dalla città solo in quel giorno."

    *****

    IV. I CRISTIANI DEVONO ESSERE DANNEGGIATI NELLE COSE

    NECESSARIE ALLA SOPRAVVIVENZA

    Gli ebrei non dovranno risparmiare nessun mezzo per combattere i tiranni che li tengono in questa Quarta Cattività al fine di liberarsene. Essi devono combattere i cristiani con l'astuzia e non fare nulla per evitare che il male li colga: i loro malati non devono essere curati, le donne cristiane non devono essere aiutate durante il parto, e i cristiani non devono essere salvati se in pericolo di morte.



    1. UN EBREO DEVE SEMPRE CERCARE DI INGANNARE I CRISTIANI

    Nello Zohar (I,160a) si legge:

    "Il rabbino Jehuda gli ha detto (al rabbino Chezkia): 'E' degno di lode colui che è capace di liberarsi dai nemici di Israele, e sono molto degni di lode i giusti che si liberano da essi e li combattono.' Il rabbino Chezkia chiese, 'Come dobbiamo combatterli?' Il rabbino Jehuda disse, 'Con saggi consiglifarai guerra contro di loro. (Proverbi, cap.24,6). Con che tipo di guerra? Il tipo di guerra che ogni figlio d'uomo deve combattere contro i suoi nemici, e che Giacobbe usò contro Esaù - quando possibile, con l'inganno e la frode. Essi devono essere combattuti senza posa, fino a che il giusto ordine non sia ristabilito. E' perciò con soddisfazione che dico che noi ci dobbiamo liberare da loro e regnare su di loro."

    2. NON SI DEVE AIUTARE UN CRISTIANO AMMALATO

    Nello Iore Dea (158,1) si legge:

    "Gli Akum non devono essere curati, nemmeno per denaro, a meno che ciò non provochi la loro inimicizia."

    3. NON SI DOVRA' AIUTARE LA DONNA CRISTIANA DURANTE IL

    PARTO

    Nell' Orach Chaiim (330,2) si legge:

    "Nessun aiuto, benchè minimo, dovrà essere prestato ad una donna Akum durante il parto in giorno di sabato, in quanto il sabato non deve essere violato."

    4. NON SI DOVRA' AIUTARE UN CRISTIANO IN PERICOLO DI MORTE

    Nel Choshen Hammischpat (425,5) si legge:

    "Se vedete un eretico che non crede nalla Torah cadere in un pozzo con una scala, affrettatevi immediatamente e portatela via dicendogli 'Devo andare a prendere mio figlio giù da un tetto. Ti riporterò la scala immediatamente' o qualcosa del genere. I Kuthaei, comunque, che non sono nostri nemici e che si prendono cura delle pecore degli israeliti, non devono essere uccisi direttamente, ma non devono essere salvati dalla morte."

    E nello Iore Dea (158,1) si legge:

    "Gli Akum che non sono nostri nemici non devono essere uccisi direttamente, ciò non ostante essi non dovranno essere salvati dal pericolo di morte. Per esempio, se vedete uno di essi cadere in mare, non tiratelo su a meno che egli non vi prometta del denaro."



    Maimonide nello Hilkhoth Akum X,1.

    Non licet misereri eorum; quia dicitur: "Ne misereberis eorum"1). Idcirco, si quis viderit Adum pereuntem, vel aquis demersum, ne opem ferat. Si eum morti proximum viderit, ne eripiat morti. Attamen manu sua eum perdere, praecipitem in puteum dare, vel siquid huic simile, nefas est, quia nobiscum bellum non gerit.








    Maimonide, nello Hilkhoth Akum (X,1) dice:

    "Non abbiate pietà di loro: infatti, è detto (Deuter. VII,2): Non mostrate loro pietà. Perciò, se vedete un Akum in difficoltà o annegare, non andate in suo aiuto. E se egli fosse in pericolo di morte, non salvatelo. Ma non è giusto ucciderlo con la vostra mano spingendolo nel pozzo o in altro modo, dato che essi non sono in guerra contro di noi."

    Articolo II - I CRISTIANI DEVONO ESSERE UCCISI

    INFINE, il Talmud comanda che i cristiani siano uccisi senza pietà. Nell' Abhodah Zarah (26b) si legge:

    "Eretici, traditori e apostati devono essere gettati in un pozzo e non devono essere soccorsi."

    E nel Choshen Hammischpat (388,10) si legge:

    "Le spia dovrà essere uccisa, anche ai nostri giorni, dovunque si trovi. Essa può essere uccisa anche prima che confessi. E anche se ammette di aver voluto solo far del male a qualcuno, e se il male che voleva fare non era molto grande, è sufficiente per condannarla a morte. Essa comunque deve essere avvertita di non confessare in questa maniera. Ma se impudentemente essa dice "No, lo confesserò!" allora dovrà essere uccisa, il prima possibile. Se non c'è tempo per avvertirla, non è necessario farlo. Alcuni dicono che un traditore deve essere messo a morte solo quando è impossibile liberarsene mutilandolo, cioè, tagliandogli la lingua o strappandogli gli occhi, ma se ciò è possibile non dovrà essere ucciso, dato che egli non è peggiore di altri che ci perseguitano."

    E nello Choshen Hamm.di nuovo (388,15) si legge:

    "Se si può dimostrare che qualcuno ha tradito Israele tre volte, o che ha dato il denaro di israeliti agli Akum, si dovrà trovare il modo, dopo prudente considerazione, di eliminarlo dalla faccia della terra."

    *****

    Quinimo, ipsum studium Legis Iudaeorum mortis poenam meretur.

    Sanhedrin 59 a:

    R. Iochanan dicit: Goi scrutans legem, reus est mortis.






    Il cristiano che viene scoperto a studiare la Legge d'Israele merita la morte. Nel Sanhedrin (59a) si legge:

    "Il rabbino Jochanan dice: Un goi che ficca il naso nella Legge è colpevole di morte."



    II. Occidendi sunt Baptisma suscipientes Iudaei.

    Hilkhoth Akum X,2:

    Haec dicta sunt 1) de idolatris. Sed Israelitarum illos, qui a religione desciverint, vel Epikurei evaserint, trucidare, atque ad inferos usque persequi iubemur. Quippe affligunt Israelem, populumque a Deo avertunt.








    II. GLI EBREI BATTEZZATI DEVONO ESSERE MESSI A MORTE

    Nello Hilkhoth Akum (X,2) si legge:

    "Queste cose (supra) si intendono per gli idolatri. Ma anche gli israeliti che lasciano la loro religione e diventano epicurei devono essere uccisi e noi dobbiamo perseguitarli fino alla fine. Infatti essi affliggono Israele e distolgono il popolo da Dio."

    *****

    E nello Iore Dea (158,2 Hagah) si legge:

    "I rinnegati che si rivolgono ai piaceri degli Akum, e che ne rimangono contaminati adorando le stelle e i pianeti come essi fanno, devono essere uccisi."

    In modo simile, si dice nello Choshen Hammischpat (425,5):

    "Gli ebrei che diventano epicurei, che si danno all'adorazione delle stelle e dei pianeti e peccano maliziosamente; anche coloro che mangiano la carne di animali feriti, o che vestono abiti vani, meritano il nome di epicurei; in simil modo, coloro che negano la Torah e i Profeti d'Israele - la legge è che tutti questi debbano essere uccisi; e coloro che hanno il potere di vita e di morte devono farli uccidere; e se ciò non potesse essere fatto, essi dovranno essere portati alla morte con l'inganno."

    Qui sint isti abnegantes Legem, clare demonstrat R. Maimon in Hilkhoth Teschubhah III, 2).

    Tres sunt classes negantium Torah: 1. Qui dicunt non a Deo datam esse Torah, aut (non a Deo) saltem unum eius versum, saltem verbum unum, sed (tenent) Moysen a seipso hoc dixisse, omnis (qui ita dicit) abnegat Legem. 2. Qui abiiciunt eius explicationem, quae dicitur Torah oralis (Mischnah), neque agnoscunt eius doctores, quemadmodum (fecerunt) Tsadok 3) et Baithos 4). 3. Qui di-








    Il rabbino Maimonide, nello Hilkhoth Teschubhah (III,8), fornisce l'elenco di coloro che vengono considerati negatori della Legge:

    "Ci sono tre categorie di persone che negano la Legge della Torah: 1) Coloro che dicono che la Torah non è stata data da Dio, almeno un verso o una parola di essa (sic), e che dicono che è stato tutto lavoro di Mosè; 2) Coloro che rifiutano la spiegazione della Torah, cioè, la Legge Orale della Mischnah, e coloro che non riconoscono l'autorità dei Dottori della Legge, come i seguaci di Tsadok (Sadducei) e di Baithos; 3) Coloro che dicono che Dio ha cambiato la Legge per un'altra Nuova Legge, e che la Torah non ha più nessun valore, anche se essi non negano che fu data da Dio come credono i cristiani e i turchi. Tutti costoro negano la Legge dalla Torah."



    III. I CRISTIANI DEVONO ESSERE UCCISI PERCHE' SONO

    TIRANNI

    Nello Zohar (I,25a) si legge:

    "I Popoli della Terra sono idolatri, e su di loro è stato scritto: Che siano spazzati via dalla faccia della terra: Distruggete la memoria degli Amalechiti. Essi sono ancora con noi in questa Quarta Cattività, cioè, i Principi (di Roma) .... che, in realtà, sono amalechiti."

    1. QUESTI PRINCIPI DEVONO ESSERE UCCISI PER PRIMI

    Perchè se viene loro permesso di vivere, la speranza della liberazione degli ebrei è vana, e le loro preghiere di libe razione da questa Quarta Cattività saranno inefficaci. Nello Zohar (I,219b) si legge:

    "E' certo che la nostra cattività durerà fino a quando i principi dei gentili che adorano gli idoli non saranno distrutti."

    E ancora nello Zohar (II,19a) si legge:

    "Il rabbino Jehuda ha detto: Venite a vedere come stanno le cose; come i principi hanno assunto potere sopra Israele e gli israeliti non protestano. Ma, quando cade il principe, la loro contentezza si fa sentire. Sta scritto che: il Re degli Egiziani morì e subito i figli d'Israele furono liberati dalla cattività; essi lanciarono grida e la loro voce salì a Dio."

    2. IL PRINCIPATO CHE HA PER CAPITALE ROMA E' QUELLO CHE

    GLI EBREI DEVONO ODIARE PIU' DI TUTTI

    Lo chiamano il Regno di Esaù e degli Edomiti, il Regno dell'Orgoglio, il Regno del Male, Empia Roma. L'impero Turco viene chiamato il Regno degli Ismaeliti, che essi non desiderano distruggere. Il Regno di Roma, comunque, deve essere sterminato, perchè quando la corrotta Roma sarà distrutta, la salvezza e la libertà verranno al Popolo Eletto di Dio."





    R. David Kimchi scribit diserte in Obadiam29:





    Quidquid dixerunt Prophetae de vastatione Edom in ultims diebus, id de Roma intellexerunt, ut explicavi in Iesaia in versu "Accedite gentes ad audiendum"3). Etenim, quando vastabitur Roma, erit redemptio Israelitarum.








    Il rabbino David Kimchi scrive come segue nell'Obadiam:

    "Ciò che i Profeti predissero sulla distruzione di Edom negli ultimi giorni lo riferivano a Roma, come spiega Isaia (ch.34,1): Avvicinatevi, o nazioni, ed ascoltate... Quando Roma sarà distrutta, Israele sarà redenta."

    Anche il rabbino Abraham dice la stessa cosa nel suo libro Tseror Hammor, sezione Schoftim:

    "Non appena Roma sarà stata distrutta, noi saremo redenti."







    IV. INFINE, TUTTI I CRISTIANI, INCLUSI I MIGLIORI FRA DI

    LORO, DEVONO ESSERE UCCISI.



    -113-



    Abhodah Zarah 26b. Tosephoth:

    Optimus inter Goim occidi meretur.






    Multoties haec phrasis repetita occurrit in diversis libris Iudaeorum, licet non iisdem verbis. V.g.: R. Sal. Iarch in Exodi cap.XIV, v. 7 editionis Amstelodamiensis1) dicit:



    Nell' Abhodah Zarah (26b, Tosephoth) si legge:

    "Anche il migliore dei Goim dovrebbe essere ucciso"

    Lo Shulchan Arukh, dopo le parole dello Iore Dea (158,1) che dicono che coloro fra gli Akum che non fanno del male agli ebrei non devono esser uccisi, cioè coloro che non fanno guerra ad Israele, così spiega la parola Milchamah - guerra:

    "Ma in tempo di guerra gli Akum devono essere uccisi in quanto sta scritto: 'I buoni fra gli Akum meritano di essere uccisi, ecc."

    *****

    V. L'EBREO CHE UCCIDE UN CRISTIANO NON COMMETTE PECCATO,

    MA OFFRE UN SACRIFICIO ACCETTO A DIO

    V. Iudaeus occidens Christianum non peccat, sed offerre dicitur Deo acceptabile sacrificium.

    Sepher Or Israel 177b3):

    Dele vitam Kiphoth et occide ea; gratus enim eris Divinae Maiestati sicut ille, qui offert oblatum incensi.






    Nello Sepher Or Israel (177b) si legge:

    "Togli la vita ai Kliphoth e uccidili, e piacerai a Dio come uno che Gli offre incenso."



    E nello Ialkut Simoni (245c. n.772) si legge:

    "Colui che sparge il sangue degli empi è tanto accetto a Dio quanto colui che offre un sacrificio a Dio."

    VI. DOPO LA DISTRUZIONE DEL TEMPIO A GERUSALEMME, L'UNICO

    SACRIFICIO NECESSARIO E' LO STERMINIO DEI CRISTIANI

    Nello Zohar (III,227b) Il Buon Pastore dice:

    "Il solo sacrificio necessario è che togliamo l'immondo di mezzo a noi."



    Lo Zohar (II,43a), spiegando il precetto di Mosè sulla redenzione del primogenito di un asino che si ottiene con l'offerta di un agnello, dice:

    "L'asino sta per il non ebreo, che deve essere redento con l'offerta di un agnello, che è il gregge disperso di Israele. Ma se egli rifiuta di essere redento, allora gli si rompa il cranio... Essi dovrebbero essere cancellati dal libro dei viventi, in quanto su di loro è detto: Colui che pecca contro di me, io lo toglierò dal libro della vita."

    VII. COLORO CHE UCCIDONO I CRISTIANI AVRANNO UN POSTO

    ELEVATO IN CIELO

    Nello Zohar (1,38b, e 39a) si legge:

    "Nei palazzi del quarto cielo si trovano coloro che emisero lamenti su Sion e Gerusalemme, e tutti coloro che distrussero le nazioni idolatre... e coloro che uccisero gente che adorava gli idoli sono vestiti con vesti di porpora in maniera che possano essere riconosciuti e onorati."

    VIII. GLI EBREI NON DEVONO MAI CESSARE DI STERMINARE I

    GOIM; NON DEVONO MAI LASCIARLI IN PACE E NON DEVONO

    MAI SOTTOMETTERSI A LORO.

    Nello Hilkhoth Akum (X,1) si legge:

    "Non mangiate con gli idolatri, non permettete loro di adorare i loro idoli; è infatti scritto: Non stabilite contratti con loro, non mostrate loro misericordia (Deuter. cap. 7, 2). O li distogliete dai loro idoli o li uccidete."



    Ibidem (X,7):

    "Non si dovrà permettere a nessun idolatro di rimanere nei luoghi dove gli ebrei sono forti..."

    IX. TUTTI GLI EBREI SONO OBBLIGATI AD UNIRSI INSIEME PER

    DISTRUGGERE I TRADITORI CHE SONO IN MEZZO A LORO

    Nel Choshen Hammischpat (338,16) si legge:

    "Tutti gli abitanti della città sono obbligati a contribuire alla spesa dell'uccisione di un traditore, anche coloro che devono pagare altre tasse."

    X. NESSUNA FESTA, NON IMPORTA QUANTO SOLENNE, PUO'

    IMPEDIRE LA DECAPITAZIONE DI UN CRISTIANO

    Nel Pesachim (49b) si legge:

    "Il rabbino Eliezer disse: E' permesso tagliare la testa di un 'idiota' (uno degli abitanti della terra) nella festa della Riconciliazione quando cade in giorno di Sabato. I suoi discepoli gli dissero: rabbino, dovresti piuttosto dire sacrificare. Ma egli rispose: Niente affatto, è infatti necessario pregare mentre si sacrifica, e non c'è bisogno di pregare quando si decapita qualcuno."

    XI. IL SOLO SCOPO DI TUTTE LE AZIONI E PREGHIERE DEGLI

    EBREI DEVE ESSERE QUELLO DI DISTRUGGERE LA RELIGIONE

    CRISTIANA

    Gli ebrei dipingono il Messia e Liberatore che aspettano come un persecutore che infliggerà grandi calamità ai non giudei. Il Talmud elenca tre grandi mali che colpiranno il mondo quando il Messia verrà. Nello Schabbath (118a) si legge:

    "Chiunque mangia tre pasti di Sabato sarà salvato dai tre mali: dalle punizioni del Messia, dalle pene dell'inferno e dalla guerra di Magog; infatti sta scritto: Ecco, Io vi manderò Elia il Profeta prima che venga il 'Giorno' del Signore, ecc."

    XII. NELLE LORO PREGHIERE GLI EBREI SOSPIRANO LA

    VENUTA DEL MESSIA VENDICATORE, SPECIALMENTE NELLA

    VIGILIA DELLA PASQUA (EBRAICA):





    "Scarica la tua ira sulle nazioni che non ti conoscono, e sui regni che non invocano il tuo nome; Scarica la tua indignazione su di loro e che la tua ira di vendetta li prenda; Perseguitali e distruggili con ira da sotto i cieli del Signore."

    Essi pregano anche come segue:

    "Per quanto tempo rimarrà la tua forza prigioniera e per quanto tempo giacerà la tua bellezza sotto la mano dell'oppressore? O Dio! Mostra la tua forza e il tuo zelo contro i nostri nemici; spezza la loro forza e confondili..."

    E ancora:

    "Recidi la speranza dell'ingiusto; fa che tutti gli eretici periscano immediatamente; sradica, spezza, e distruggi il Regno Orgoglioso; affrettati a rendere tutti i popoli soggetti nei nostri giorni."

    *****

    Esattamente allo stesso tempo, il Venerdì Santo, quel "Prinicipe dell'Impero Orgoglioso" di Roma, il Papa, prega e ordina a tutti in tutto il mondo di pregare per tutti gli "eretici" e coloro che sono "persi" come segue:

    "Preghiamo per i perfidi giudei: che il Signore nostro Dio possa togliere il velo dai loro cuori, che possano riconoscere Gesù Cristo nostro Signore.

    "Dio Onnipotente ed Eterno, che non escludi nemmeno gli ebrei dalla tua misericordia: ascolta le nostre preghiere che offriamo per la cecità di quel popolo che, riconosciuta la luce della tua verità, che è Cristo, possa uscire dalle sue tenebre, Per Gesù Cristo nostro Signore..."























    COME SON BELLI I TUOI PADIGLIONI, O GIACOBBE,

    E LE TUE TENDE, O ISRAELE!

    (Num.24,5)



    EPILOGO





    Al gentile lettore:



    In questo lavoro, ho citato passi di pochissimi fra i libri talmudici che fanno riferimento ai cristiani. Per amore di brevità e per risparmiare il cuore sensibile del lettore, ne ho omesso molti altri che avrebbero potuto essere inclusi. Questi testi che ho citato, comunque, dovrebbero essere sufficienti per dimostrare quanto false siano le affermazioni degli ebrei quando sostengono che non c'è niente nel Talmud che insegni l'odio e l'inimicizia verso i cristiani.

    Se lo studio delle orribili bestemie di questo libro dovesse risultare rivoltante per il lettore, che egli non me ne voglia. Non ho detto, all'inizio, che avrei narrato qualcosa di piacevole, ma solamento che avrei dimostrato ciò che veramente il Talmud insegna sui cristiani, e non credo che avrei potuto farlo in maniera più appropriata.

    Mi rendo conto, comunque, che, dato che la verità non piace a tutti, molti mi diverranno nemici per aver in tal modo testimoniato la verità. Ciò mi è stato ricordato sia dalle leggi del Talmud stesso che minaccia di morte i "traditori", e ancor più, dagli avvertimenti di coloro che hanno avuto esperienza delle azioni che gli ebrei intraprendono contro coloro che rendono note cose a loro sfavorevoli. Hanno tutti predetto che perirò per mano degli ebrei. Cercando di dissuadermi dal continuare il mio lavoro, alcuni mi hanno pregato di ricordare la sorte del Professor Charini, che fu ucciso all'improvviso dopo aver incominciato a tradurre il Talmud in lingua vernacolare. Altri mi hanno ricordato la sorte del monaco Didacus di Vilna, un convertito dal giudaismo che fu crudelmente assassinato; altri mi hanno ricordato di coloro che erano stati perseguitati per aver rivelato segreti della religione ebraica. Altri ancora, mi hanno messo in guardia contro i pericoli in cui sarebbero incorsi i miei cari. "Wszak ciebie wydzi zabij"* mi si ripeteva centinaia di volte.

    Il libro che tu ora tieni in mano è la miglior prova che non ho dato retta agli avvertimenti dei miei amici. Ho considerato indegno di me stesso rimanere in silenzio solo per amore della mia sicurezza personale, mentre il conflitto imperversa fra i due campi dei "Semiti" e degli "Antisemiti," entrambi dei quali sostengono di combattere per la verità, mentre io so che la verità completa non si trova in nessuno dei due campi.

    Ma qualsiasi cosa mi succeda a causa di ciò che ho fatto, sarò lieto di sopportarla. Sono disposto a offrire la mia vita -

    u



    CHE IO POSSA TESTIMONIARE LA VERITA' (Gio. 18,37)



    I.B. Pranaitis









    *****



    *"Ma gli ebrei ti uccideranno" - Traduzione polacca -



    (Circa il contenuto dell'Epilogo, è tristemente significativo ricordare che Padre Pranaitis trovò in effetti la morte come previsto per mano dei suoi nemici durante la rivoluzione bolscevica - n.d.r.)



    *****
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    I PROTOCOLLI DEI SAVI ANZIANI DI SION
    Quanto segue è la copia esatta digitalizzata, comprensiva delle note, degli a capo e dei corsivi
    (ad eccezione dell'Appendice), del volume del 1921 riportante in copertina:


    --------------------------------------------------------------------------------


    SERGYEI NILUS
    L'INTERNAZIONALE EBRAICA
    PROTOCOLLI
    DEI "SAVI ANZIANI"
    DI SION
    VERSIONE ITALIANA CON APPENDICE
    ROMA
    LA VITA ITALIANA
    RASSEGNA MENSILE DI POLITIC
    Via dell'Unità, 25
    1921

    The Protocols of Zion:

    RESOCONTO DEGLI AVVENIMENTI STORICO-POLITICI AVVERATISI NEGLI ULTIMI DIECI ANNI (1880)
    Quanto segue è il primo documento che si trova
    nell'Appendice alla versione italiana dei
    "Protocolli dei Savi Anziani di Sion",
    edita in Roma da "La Vita Italiana" nel 1921.


    INTRODUZIONE

    Uomini siate, e non pecore matte,
    Sì che 'l giudeo tra voi di voi non rida.
    (Dante: Par. c. V; v. 80, 81)

    Il Times di Londra l'8 maggio 1920 dava un largo sunto dei "Protocolli dei Savi Anziani di Sion", annunziando che questi furono pubblicati in Russia a Tsarkoye Sielo nel 1905 e che la biblioteca del British Museum ne possedeva una copia col timbro di entrata del 10 agosto 1906, n. 3926 d 17.
    L'autorità del giornale richiamava sulla pubblicazione l'attenzione degli studiosi e degli uomini politici, l'opinione pubblica ne fu commossa e le edizioni si vennero moltiplicando mentre quelle esistenti si diffondevano rapidamente. Tra queste le più notevoli sono: quella tedesca di Gottfried Zur Beek: Die Geheimnisse der Weisen von Zion (I misteri dei saggi di Sion) edita a Charlottenburg dall'Auf Vorposten (1919, 4° piccolo pp. 256) con una importante bibliografia sulla quistione ebraica, e due edizioni inglesi, la prima edita sui primi del 1920 a Boston (Small Majnard and C.), la seconda edita a Londra (The Britons: 62 Oxford Street) Protocols of the Learned Elders of Zion. Sono poi seguite numerose edizioni in Francia, Polonia, ecc.
    Una grave quistione si è dibattuta recentemente sull'autenticità dei Protocolli. Noi non vogliamo dissimularla, sia per omaggio alla verità, sia perché i poco scrupolosi non ne abusino. Anzi noi eviteremo di voler risolvere quella quistione nel senso formale, e d'altronde la discussione è troppo lunga e complessa perché qui possiamo riprodurla, tanto più che vi sono sempre convinti sostenitori d'ambo le parti. A mo' di esempio rammenteremo questo punto: il fatto indiscutibile innanzi accennato che i Protocolli furono pubblicati in Russia nel 1905 (l'anno seguente il British Museum ne registrava una copia) è citato dagli assertori dell'autenticità come una prova, giacché nessuno potrà dire che la prodigiosa realizzazione odierna dei Protocolli sia il volgare trucco di una opera stampata après coup con una data anteriore. I negatori dell'autenticità citano questo stesso fatto per la loro tesi, dicendo che quando in Russia comparvero i Protocolli, e poi furono ripubblicati, essi non furono presi in considerazione dagli stessi giornali e circoli antisemiti russi che pur avevano tutto l'interesse di farlo: segno, dicono i negatori della autenticità, che si sapeva esser quello un prodotto della celebre "Okhrana".
    Come vedono i nostri lettori, c'è da continuare per un pezzo sulla stessa strada. Ebbene noi taglieremo corto con questa semplice affermazione: il suddetto dibattito verte materialmente sull'autenticità propriamente detta del documento, cioè se realmente gli "Anziani di Sion" si siano radunati nel tale anno e luogo, ed abbiano redatto, parola per parola, quei Protocolli. Ma un'altra quistione, meno formale e più sostanziale, s'impone: quella della loro veridicità.
    Nessuno nega che un programma reso pubblico nel 1905 abbia oggi il suo pieno, stupefacente, spaventoso adempimento, e non solo in genere ma in molti punti particolari. O il documento è formalmente autentico, od esso fu compilato su varii documenti autentici e su informazioni sicure, dando a queste membra sparse una unità di corpo.
    Ora, ogni onesto e intelligente lettore troverà che nell'uno e nell'altro caso il documento è prezioso. E come tale lo presentiamo al pubblico italiano.
    Quando nel 1905 il professor Sergyei Nilus rivelava, con la pubblicazione dei Protocolli, il piano di conquista politica del Sionismo ribelle ed oppresso, era ben lungi dal supporre che - quindici anni dopo - la sua pubblicazione sarebbe apparsa come la voce profetica alla quale il mondo ebbe il torto di non dare a suo tempo ascolto.
    Oggi una parte del terribile piano è attuata.


    --------------------------------------------------------------------------------



    PREFAZIONE ALLA TRADUZIONE INGLESE


    Londra, 2 dicembre 1919.

    In questo momento in cui tutta l'Europa Occidentale si occupa dei benefici derivanti dai governi costituzionali e discute da un lato i meriti e dall'altro le iniquità del Massimalismo (Bolscevismo), ritengo di poter presentare con profitto al pubblico la traduzione di un libro stampato a Tsarkoye Sielo in Russia, nell'anno 1905.
    Si può vedere una copia del documento originale alla biblioteca del British Museum, sotto il N. 3926 d 17, che porta il bollo di entrata: "10 agosto 1906 British Museum". Quante altre copie di questo libro si trovino per il mondo non sono in grado di dire, giacché sembra, che poco dopo la sua comparsa, nel I905, quasi tutte le copie esistenti siano state comperate simultaneamente ed apparentemente con uno scopo prefisso. Debbo inoltre prevenire i miei lettori, che non devono portare una copia di questa traduzione in Russia, giacché chiunque ivi ne fosse trovato in possesso sarebbe immediatamente fucilato dai Bolscevichi, quale portatore di "propaganda reazionaria".
    Il libro fu presentato al popolo russo dal professore Sergyei Nilus. Esso consiste di:
    1) Un'introduzione al testo principale, scritta dal Sergyei Nilus nel 1905.
    2) Appunti su conferenze fatte a studenti ebrei a parigi nell'anno 1901.
    3) Una parte di un epilogo scritto dallo stesso Sergyei Nilus che non ho ritenuto necessario riprodurre totalmente, giacché in gran parte non interesserebbe il pubblico e non riguarda il tema che mi propongo e cioè: il Pericolo Ebraico.
    Chiedo ai miei lettori di tener presente, che le conferenze sopra accennale furono fatte nel 1901, e che l'introduzione di Nilus, nonché l'epilogo furono scritti nel 1905.
    È impossibile leggere qualsiasi parte di questo volume, oggi, senza esser colpiti dalla nota fortemente profetica che lo domina; non solo per quanto riguarda la ex Santa Russia, ma anche rispetto a talune sinistre evoluzioni che si osservano in tutto il mondo nel momento attuale.
    Gentili. - In guardia!


    --------------------------------------------------------------------------------



    INTRODUZIONE DEL PROF. SERGYEI NILUS (1905)


    Mi è stato dato, da un amico personale ora defunto, un manoscritto il quale, con una precisione e chiarezza straordinaria, descrive il piano e lo sviluppo di una sinistra congiura mondiale, che ha il preciso scopo di. determinare lo smembramento inevitabile del mondo non rigenerato [Dal punto di vista ebraico, s'intende. - N. d. t.]. Questo documento venne nelle mie mani circa quattro anni fa (1901) insieme con l'assoluta garanzia che è la traduzione verace di documenti (originali), rubati da una donna ad uno dei capi più potenti, e più altamente iniziati della Massoneria [Massoneria Orientale]. Il furto fu compiuto alla fine di un'assemblea segreta degli "Iniziati" in Francia - paese che è il nido della "cospirazione massonica ebraica".
    A coloro che desiderano di vedere e udire oso svelare questo manoscritto col titolo di "Protocolli degli Anziani di Sionne".
    Chi esamina questi appunti può, a prima vista, riportarne l'impressione che essi contengano ciò che di solito chiamiamo assiomi; vale a dire delle verità più o meno conosciute, quantunque espresse con un'asprezza ed un sentimento d'odio che di solito non accompagnano le manifestazioni di simili verità. Ribolle fra le righe quell'arrogante e profondo odio di razza e di religione che per lungo tempo è riuscito a nascondersi; ora questo odio gorgoglia, si riversa e sembra che trabocchi da un recipiente colmo di furore e di vendetta, odio pienamente conscio della meta agognata che si avvicina!
    Debbo avvertire che il titolo di questo libro non corrisponde esattamente al contenuto. Non si tratta precisamente di verbali di adunanze, ma bensì di. un rapporto, diviso in sezioni non sempre logicamente seguentisi, presentate da un potente personaggio. Il documento dà l'impressione di essere una parte di un complesso minaccioso e di maggiore importanza, del quale manca il principio. L'origine, già menzionata, di questo documento è evidente.
    Secondo le profezie dei Santi Padri, le gesta degli Anti-Cristo devono sempre essere una parodia della vita di Cristo, ed essi pure debbono avere il loro Giuda. Ma, ben inteso, dal punto di vista terrestre questo Giuda non raggiungerà il suo scopo; e perciò, - benché di breve durata, - una vittoria completa di questo "Sovrano del mondo" (l'Anti-Cristo) è assicurata. Si comprende che questo accenno alle parole di W. Soloviev non è adoperato qui come prova della loro autorità scientifica. Dal punto di vista escatologico, non è la scienza che lavora, ma bensì il destino che eseguisce la propria parte importante. Soloviev ci fornisce il canovaccio, sarà il manoscritto che eseguirà il ricamo.
    Ci si potrà rimproverare la natura apocrifa di questo documento, ma se fosse possibile di provare l'esistenza di questo complotto mondiale per mezzo di lettere e di testimonianze, e di smascherare i capi tenendone i fili sanguinolenti per le mani, i "Misteri dell'iniquità" sarebbero violati. Secondo la tradizione non devono essere smascherati completamente sino al giorno della incarnazione del "Figlio della perdizione" (l'Anticristo). Non possiamo, nell'attuale complicazione di procedimenti delittuosi, sperar di avere prove dirette, ma dobbiamo contentarci della certezza acquistata mediante l'insieme delle circostanze, per cui non rimarrà alcun dubbio nella mente di ogni osservatore cristiano. Ciò che segue dovrebbe esser prova sufficiente per tutti coloro che hanno "orecchi per sentire": è lo scopo che ci siamo prefissi, di spingere tutti a proteggersi a tempo e a tenersi in guardia. La nostra coscienza sarà soddisfatta se, coll'aiuto di Dio, potremo raggiungere il nostro scopo, senza tuttavia suscitare ira contro il popolo accecato d'Israele. Confidiamo che i Gentili non nutriranno sentimenti di odio verso la massa credenzona degli israeliti, inconsapevole del peccato satanico dei suoi capi - gli Scribi e i Farisei - i quali hanno di già una volta dato la prova di essere la distruzione di Israele. Per scansare l'ira di Dio rimane una sola via - l'unione di tutti i cristiani in Nostro Signore Gesù Cristo, il pentimento nostro e degli altri - oppure lo sterminio totale. Ma è questo possibile date le condizioni attuali del mondo non rigenerato? Non è possibile per il mondo, ma lo è ancora per la Russia credente. La condizione politica degli Stati Europei Occidentali e dei loro possedimenti o domini in altri continenti, fu profetizzata dal Principe degli Apostoli. L'umanità che aspira al perfezionamento della sua vita terrestre va in cerca di una realizzazione maggiore dell'idea di potenza, che dovrebbe assicurare il benessere di tutti; e brama un regno di sazietà universale, essendo questo diventato il più alto ideale della vita umana. Essa ha cambiato l'indirizzo dei suoi ideali, dichiarando completamente screditata la Fede Cristiana perché essa non ha giustificato le speranze che si riponevano in essa. L'umanità rovescia i suoi idoli di ieri, ne crea dei nuovi, innalza nuovi Dei sugli altari, erige loro tempî, più lussuosi e magnifici gli uni degli altri; poi li depone e li distrugge nuovamente. Il genere umano ha perduto perfino il concetto del potere dato da Dio ai suoi Eletti e si avvicina sempre più allo stato di anarchia. Fra poco il pernio della bilancia repubblicana e costituzionale sarà consumato; la bilancia crollerà, e crollando trascinerà tutti i Governi nell'abisso dell'anarchia furente.
    L'ultima barricata, l'ultimo rifugio del mondo contro l'uragano che viene è la Russia. In essa la vera fede vive ancora e l'Imperatore consacrato rimane il suo protettore sicuro.
    Tutti gli sforzi di distruzione dei servi sinistri e palesi dell'Anticristo, tutti gli sforzi dei suoi lavoratori coscienti e incoscienti, sono concentrati contro la Russia. Le ragioni di questo sforzo sono conosciute, l'obiettivo è conosciuto e deve essere conosciuto dalla Russia fedele e credente. Quanto più è minaccioso il momento che si approssima e più spaventevoli sono gli avvenimenti che si avvicinano nascosti nelle dense nubi, tanto più devono battere con coraggio e determinazione sempre maggiore i cuori russi intrepidi ed audaci. Devono coraggiosamente unirsi intorno allo stendardo sacro della loro Chiesa ed al Trono del loro Imperatore. Fintanto che vive l'anima, fintanto che il cuore batte nel petto non deve trovar posto lo spettro mortale della disperazione; tocca a noi con la nostra fede di ottenere la misericordia dell'Onnipotente e di ritardare l'ora della caduta della Russia.


    --------------------------------------------------------------------------------


    PROTOCOLLO I


    Parleremo apertamente, discuteremo il significato di ogni riflessione e, per mezzo di paragoni e deduzioni, arriveremo a dare una spiegazione completa esponendo così il concetto della nostra politica e di quella dei Goys (parola ebraica per definire tutti i Gentili). Si deve anzitutto notare che gl'individui corrotti sono assai più numerosi di coloro che hanno nobili istinti, perciò nel governare il mondo i migliori risultati sono ottenuti colla violenza e l'intimidazione, anziché con le discussioni accademiche. Ogni uomo mira al potere, ognuno vorrebbe essere un dittatore e sono, in vero, assai rari coloro che non sono pronti a sacrificare il benessere altrui pur di raggiungere le proprie finalità. Che cosa ha frenato quelle belve che chiamiamo uomini? Che cosa li ha governati? Nei primordi della civiltà si sono sottomessi alla forza cieca e brutale, poi alla legge la quale - in realtà - è la stessa forza, ma mascherata. Da ciò debbo dedurre che, secondo la legge della natura, il diritto sta nella forza. La libertà politica non è un fatto, ma una idea.
    Si deve sapere come applicare questa idea quando necessita, allo scopo di servirsene come di un'esca per attirare la forza della plebe al proprio partito, se detto partito ha deciso di usurpare il potere di un rivale. Il problema viene semplificato, se questo rivale diventa infetto da idee di "libertà" - dal cosiddetto liberalismo - e se per questo ideale cede una parte del suo potere. In queste circostanze trionfa il nostro concetto. Una nuova mano afferra le abbandonate redini del Governo, secondo vuole la legge vitale, perché la forza cieca del popolo non può esistere per un solo giorno senza un Capo che la guidi, ed il nuovo Governo non fa che sostituire il vecchio indebolito dal suo liberalismo.
    Oggi giorno la potenza dell'oro ha sopraffatto i regimi liberali. Vi fu un tempo in cui la religione governava. Il concetto della libertà non è realizzabile perché nessuno sa adoperarla con discrezione. Basta dare l'autonomia di governo ad un popolo, per un periodo brevissimo, perché esso diventi una ciurmaglia disorganizzata. Da quel momento stesso cominceranno i dissidi, i quali presto si trasformano in guerre civili, l'incendio si appicca ovunque e gli Stati cessano virtualmente di esistere. Lo stato, sia che si esaurisca in convulsioni interne, sia che la guerra civile lo dia in mano a un nemico esterno - può considerarsi definitivamente e totalmente distrutto e sarà in nostro potere. Il dispotismo capitalista, che è interamente nelle nostre mani, gli tenderà un fuscello al quale lo Stato dovrà inevitabilmente aggrapparsi per evitare di cadere inesorabilmente nell'abisso.
    Se qualcuno per motivo di liberalismo asserisce che simili discussioni sono immorali farò una domanda: perché non è immorale per uno Stato che ha due nemici, uno esterno e l'altro interno, il servirsi contro l'uno di mezzi difensivi diversi da quelli che usa contro l'altro, formando cioè piani segreti di difesa, e di attacco di notte o con forze superiori? Dunque, perché dovrebbe essere immorale per lo Stato di servirsi di questi medesimi mezzi contro ciò che rovina le sue fondamenta ed il benessere della sua stessa esistenza? Può una mente sana e logica sperare di governare una massa con successo per mezzo di argomenti e ragionamenti, quando sussiste la possibilità che essi siano contraddetti da altri i quali, anche se assurdi e ridicoli, vengano presentati in guisa attraente a quella parte della plebe, che non è capace di ragionare o di approfondire, guidata come è interamente da piccole passioni e convenzioni, o da teorie sentimentali?
    Il grosso della plebe, non iniziata ed ignorante, assieme a coloro che sono sorti e saliti da essa, vengono avviluppati in dissensi di partito, che rendono impossibile qualsiasi accordo anche sulla base di argomenti sani e convincenti. Ogni decisione della massa dipende da una maggioranza casuale o predisposta la quale, nella sua totale ignoranza dei misteri politici, approva risoluzioni assurde, seminando in questo modo i germi dell'anarchia. La politica non ha niente di comune con la morale; un sovrano che si lascia guidare dalla morale non è un accorto politico, conseguentemente non è sicuramente assiso sul trono. Chi vuol regnare deve ricorrere all'astuzia ed all'ipocrisia. L'onestà e la sincerità, grandi qualità umane, diventano vizi in politica. Esse fanno perdere il trono più certamente che non il più acerrimo nemico. Queste qualità devono essere gli attributi delle nazioni Gentili, ma noi non siamo affatto costretti a lasciarci andare da esse. Il nostro diritto sta nella forza. La parola "diritto" rappresenta un'idea astratta senza base alcuna, e significa né più né meno che: "datemi quello che voglio perché io possa dimostrarvi in conseguenza che io son più forte di voi".
    Dove principia il diritto e dove termina? In uno Stato dove il potere è male organizzato, ove le leggi e le personalità del regnante sono resi inefficaci dal continuo liberalismo invadente, io mi servo di una nuova forma di attacco usando del diritto della forza per distruggere i canoni e i regolamenti già esistenti, impadronirmi delle leggi, riorganizzare tutte le istituzioni, e diventare così il dittatore di coloro i quali hanno spontaneamente rinunciato al loro potere conferendolo a noi. La nostra forza, nelle attuali traballanti condizioni dell'autorità civile, sarà maggiore di qualsiasi altra, perché sarà invisibile, sino al momento che saremo diventati tanto forti da non temere più nessun attacco per quanto astutamente preparato. Dal male temporaneo, al quale siamo obbligati a ricorrere, emergerà il benefizio in un regime incrollabile che reintegrerà il funzionamento dell'esistenza naturale, distrutto dal liberalismo.
    Il fine giustifica i mezzi.
    Nel formulare i nostri piani, dobbiamo fare attenzione non tanto a ciò che è buono e morale, quanto a ciò che è necessario e vantaggioso.
    Abbiamo davanti un piano dove è tracciata una linea strategica dalla quale non dobbiamo deviare, altrimenti distruggeremo il lavoro di secoli. Per stabilire uno schema d'azione adeguato, dobbiamo tener presente la meschinità, l'incostanza e la mancanza di equilibrio morale della folla, nonché l'incapacità sua di comprendere e di rispettare le condizioni stesse del suo benessere e della sua esistenza. Si deve comprendere, che la forza della folla è cieca e senza acume; che porge ascolto ora a destra ora a sinistra. Se il cieco guida il cieco, ambedue cadranno nella fossa. Conseguentemente quei membri della folla che sono venuti su da essa, non possono, anche essendo degli uomini d'ingegno, guidare le masse senza rovinare la Nazione. Solamente chi è stato educato alla sovranità autocratica può leggere le parole formate con l'alfabeto politico. Il popolo abbandonato a sé stesso, cioè in balìa di individui saliti su dalla plebe, viene rovinato dai dissensi di partito che hanno origine dall'avidità di potere e dalla bramosia di onori, generatrici di agitazioni e disordini.
    È forse possibile che le masse possano giungere tranquillamente ed amministrare senza gelosia gli affari di Stato che non devono confondere con i loro interessi personali? Possono le masse organizzare la difesa contro il nemico esterno? Ciò è assolutamente impossibile, perché un piano suddiviso in tante parti quante sono le menti della massa, perde il suo valore e quindi diventa inintelligibile ed ineseguibile. Soltanto un autocrate può concepire piani vasti, assegnando la sua parte a ciascun ente del meccanismo della macchina statale. Quindi concludiamo essere utile per il benessere del paese, che il governo del medesimo sia nelle mani di un solo individuo responsabile. Senza il dispotismo assoluto la civiltà non può esistere, perché la civiltà può essere promossa solamente sotto la protezione del regnante, chiunque egli sia, e non dalla massa.
    La folla è barbara, ed agisce barbaramente in ogni occasione. La turba, appena acquista la libertà, rapidamente la trasforma in anarchia, la quale è per sé stessa la massima delle barbarie. Date uno sguardo a quei bruti alcoolizzati ridotti all'imbecillità dalle bevande il cui consumo illimitato è tollerato dalla libertà! Dovremo noi permettere a noi stessi ed ai nostri simili di fare altrettanto? I popoli della Cristianità sono fuorviati dall'alcool; la loro gioventù è resa folle dalle orgie classiche e premature alle quali l'hanno istigata i nostri agenti - e cioè i precettori, i domestici, le istitutrici, gli impiegati, i commessi e via dicendo -; dalle nostre donne nei loro luoghi di divertimento; ed a queste ultime aggiungo anche le cosiddette "Signore della Società" - loro spontanee seguaci nella corruzione e nella lussuria.
    Il nostro motto deve essere: "Qualunque mezzo di forza ed ipocrisia!".
    In politica vince soltanto la forza schietta, specialmente se essa si nasconde nell'ingegno indispensabile per un uomo di Stato. La violenza deve essere il principio; l'astuzia e l'ipocrisia debbono essere la regola di quei governi che non desiderano di deporre la loro corona ai piedi degli agenti di una potenza nuova. Il male è l'unico mezzo per raggiungere il bene. Pertanto non dobbiamo arrestarci dinanzi alla corruzione, all'inganno e al tradimento, se questi mezzi debbono servire al successo della nostra causa.
    In politica dobbiamo saper confiscare le proprietà senza alcuna esitazione, se con ciò possiamo ottenere l'assoggettamento altrui e il potere per noi. Il nostro Stato, seguendo la via della conquista pacifica, ha il diritto di sostituire agli orrori della guerra le esecuzioni, meno appariscenti e più utili, che sono i mezzi necessari per mantenere il terrore, producendo una sottomissione cieca. La severità giusta ed implacabile è il fattore principale della potenza dello Stato. Non solo perché è vantaggioso, ma altresì per dovere e per la vittoria, dobbiamo attenerci al programma della violenza e dell'ipocrisia. I nostri principi sono altrettanto potenti quanto i mezzi coi quali li mettiamo in atto. Questo è il motivo per cui non solo con questi mezzi medesimi ma anche con la severità delle nostre dottrine, trionferemo ed assoggetteremo tutti i Governi al nostro Super-Governo. Basta che si sappia che siamo implacabili per prevenire ogni recalcitranza. Anche nel passato noi fummo i primi a gettare al popolo le parole d'ordine: "Libertà, uguaglianza, fratellanza". Parole così spesso ripetute, da quel tempo in poi, da pappagalli ignoranti accorrenti in folla da ogni dove intorno a quest'insegna. Costoro, ripetendole, tolsero al mondo la prosperità ed all'individuo la vera libertà personale, che prima era stata così bene salvaguardata, impedendo alla plebaglia di soffocarla.
    I Gentili sedicenti dotti e gli intelligenti, non percepirono quanto fossero astratte le parole che pronunciavano e non si accorsero che queste parole non solo non si accordavano, ma si contraddicevano addirittura.
    Essi non seppero vedere che l'eguaglianza non esiste nella natura, la quale crea calibri diversi e disuguali di mente, carattere e capacità. Così è d'uopo assoggettarsi alle leggi della natura. Questi sapientoni non seppero intuire che la massa è una potenza cieca e che coloro i quali, emergendo da essa, vengono chiamati al governo, sono ugualmente ciechi in fatto di politica; che un uomo destinato a regnare può governare, anche se sia uno sciocco, ma che un uomo il quale non è stato preparato a tale compito, non comprenderebbe nulla di politica anche se fosse un genio. I Gentili hanno messo da parte tutto ciò, mentre è su questa base, che fu fondato il governo dinastico.
    Il padre soleva istruire il figlio nel significato e nello svolgimento delle evoluzioni politiche in maniera tale che nessuno, fuorché i membri della dinastia, potesse averne conoscenza e che pertanto nessuno potesse svelarne i segreti al popolo governato. Col tempo il significato dei veri insegnamenti politici, quali erano trasmessi nelle dinastie da una generazione all'altra, andò perduto, e questa perdita contribuì al successo della nostra causa. Il nostro appello di: "libertà, uguaglianza, fratellanza", attirò intiere legioni nelle nostre file dai quattro canti del mondo attraverso i nostri inconsci agenti, e queste legioni portarono i nostri stendardi estaticamente. Nel frattempo queste parole rodevano, come altrettanti vermi, il benessere dei Cristiani e distruggevano la loro pace, la loro costanza, la loro unione, rovinando così le fondamenta degli Stati. Come vedremo in seguito, questa azione determinò il nostro trionfo. Esso ci dette, fra l'altro, la possibilità di giocare l'asso di briscola, vale a dire di ottenere l'abolizione di privilegi; ossia, in altre parole, l'abolizione dell'aristocrazia dei Gentili, la quale era l'unica difesa che le Nazioni ed i paesi possedevano contro di noi. Sopra le rovine di una aristocrazia naturale ed ereditaria, costruimmo un'aristocrazia nostra a base plutocratica. Fondammo questa nuova aristocrazia sulla ricchezza, che noi controllavamo, e sulla scienza promossa dai nostri dotti. Il nostro trionfo fu facilitato dal fatto, che noi, mediante le nostre relazioni con persone che erano indispensabili, abbiamo sempre agito sulla parte suscettibile della mente umana; cioè sfruttando l'avidità di guadagno delle nostre vittime, la loro ingordigia, la loro instabilità, nonché profittando delle esigenze naturali dell'uomo, poiché ognuna di queste debolezze, presa da sé, è capace di distruggere l'iniziativa, ponendo così la potenza volitiva del popolo in balìa di coloro che vorrebbero privarlo di tutto il suo potere di iniziativa. Il significato astratto della parola libertà rese possibile di convincere le turbe che il Governo non è altro che un gerente rappresentante il possessore - vale a dire la Nazione -; e pertanto può essere messo da parte come un paio di guanti usati. Il fatto che i rappresentanti della Nazione possono essere destituiti li diede in nostro potere e fece sì che la loro nomina è praticamente nelle nostre mani.


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    PROTOCOLLO II


    Per il nostro scopo è indispensabile che le guerre non producano modificazioni territoriali. In tal modo, senza alterazioni territoriali, la guerra verrebbe trasferita sopra una base economica. Allora le nazioni dovranno riconoscere la nostra superiorità per l'assistenza che sapremo dare ad esse, e questo stato di cose metterà entrambe le parti alla mercè dei nostri intermediarii internazionali dagli occhi di lince, i quali hanno inoltre mezzi assolutamente illimitati. Allora i nostri diritti internazionali cancelleranno le leggi del mondo e noi governeremo i paesi nello stesso modo che i singoli governi governano i loro sudditi.
    Sceglieremo fra il pubblico amministratori che abbiano tendenze servili. Essi non avranno esperienza dell'arte di governare, e perciò saranno facilmente trasformati in altrettante pedine del nostro giuoco; pedine che saranno nelle mani dei nostri astuti ed eruditi consiglieri, specialmente educati fino dall'infanzia nell'arte di governare il mondo. Come già sapete, questi uomini hanno studiato la scienza del governo dai nostri piani politici, dall'esperienza dataci dalla storia e dalla osservazione degli avvenimenti che si susseguono. I Gentili non traggono profitto da costanti osservazioni storiche, ma seguono una routine teorica senza considerare quali possano esserne le conseguenze, quindi non occorre prenderli in considerazione. Lasciamo che si divertano finché l'ora suonerà, oppure lasciamoli vivere nella speranza di nuovi divertimenti, o nel ricordo di godimenti che furono. Lasciamoli nella convinzione che le leggi teoriche, che abbiamo ispirato loro, siano per essi di suprema importanza. Con questa mèta in vista e coll'aiuto della nostra stampa, aumentiamo continuamente la loro cieca fiducia in queste leggi. Le classi istruite dei Gentili si vanteranno della propria erudizione e metteranno in pratica, senza verificarle, le cognizioni ottenute dalla scienza che i nostri agenti scodellarono loro allo scopo prefisso di educarne le menti secondo le nostre direttive. Non crediate che le nostre asserzioni siano parole vane: notate il successo di Darwin, di Marx e di Nietsche, che fu intieramente preparato da noi. L'azione demoralizzatrice di queste scienze sulle menti dei Gentili dovrebbe certamente esserci evidente. Per evitare di commettere errori nella nostra politica e nel nostro lavoro di amministrazione, è per noi essenziale di studiare e di tener presente l'attuale andamento del pensiero, le caratteristiche e le tendenze delle nazioni.
    Il successo del nostro piano consiste nella sua adattabilità al temperamento delle nazioni colle quali veniamo a contatto. Esso non può riuscire se la sua applicazione pratica non è basata sull'esperienza del passato, integrata con le osservazioni dell'ora presente. La stampa è una grande forza nelle mani dei presenti Governi, i quali per suo mezzo controllano le menti popolari. La stampa dimostra le pretese vitali della popolazione, ne rende note le lagnanze e talvolta crea lo scontento nella plebe. La realizzazione della libertà di parola nacque nella stampa, ma i governi non seppero usufruire di questa forza ed essa cadde nelle nostre mani. Per mezzo della stampa acquistammo influenza pur rimanendo dietro le quinte. In virtù della stampa accumulammo l'oro: ci costò fiumi di sangue ed il sacrificio di molta gente nostra, ma ogni sacrificio dal lato nostro, vale migliaia di Gentili nel cospetto di Dio.


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    PROTOCOLLO III


    Oggi vi posso assicurare che siamo a pochi passi dalla nostra mèta. Rimane da percorrere ancora una breve distanza e poi il ciclo del Serpente Simbolico - emblema della nostra gente - sarà completo. Quando questo ciclo sarà chiuso, tutti gli Stati Europei vi saranno costretti come da catene infrangibili. La bilancia sociale ora esistente andrà presto in isfacelo, perché noi ne alteriamo continuamente l'equilibrio, allo scopo di logorarla e distruggerne l'efficienza al più presto possibile.
    I Gentili credettero che tale bilancia fosse forte e resistente e confidavano di tenerla sempre accuratamente in equilibrio, ma i suoi sostegni, cioè i capi degli Stati, trovano un impedimento nei loro servitori i quali non giovano nulla ad essi, perché sono trascinati dalla loro illimitata forza d'intrigo, causata dai terrori che prevalgono nelle Corti. Il Sovrano, siccome non ha i mezzi per penetrare nel cuore del suo popolo, non può difendersi contro gli intriganti avidi di potere. Dacché noi abbiamo scisso il potere vigile dal potere cieco della popolazione, entrambi hanno perduto il loro significato, perché una volta divisi, sono spersi l'uno e l'altro come un cieco al quale manchi il suo bastone. Per indurre gli amanti del potere a fare cattivo uso dei loro diritti, aizzammo tutte le Potenze, le une contro le altre, incoraggiandone le tendenze liberali verso l'indipendenza. Abbiamo fomentato ogni impresa in questo senso, ponendo così delle armi formidabili nelle mani di tutti i partiti, e abbiamo fatto sì che il potere fosse la mèta di ogni ambizione. I governi li abbiamo trasformati in arene dove si combattono le guerre di partito. Fra poco il disordine ed il fallimento appariranno ovunque. Chiacchieroni irrefrenabili trasformarono le assemblee parlamentari ed amministrative in riunioni di controversia. Giornalisti audaci, e sfacciati scrittori di opuscoli, attaccano continuamente i poteri amministrativi. L'abuso del potere preparerà definitivamente il crollo di tutte le istituzioni e tutto cadrà sotto i colpi della popolazione inferocita. Il popolo è assoggettato nella miseria dal sudore della sua fronte in un modo assai più formidabile che non dalle leggi della schiavitù. Da quest'ultima i popoli poterono affrancarsi in un modo o in un altro, mentre nulla li potrà liberare dalla tirannide della completa indigenza. Ponemmo cura di inserire nelle costituzioni molti diritti che per le masse sono puramente fittizi. Tutti i cosidetti "diritti del popolo" possono esistere solo in teorie le quali non sono praticamente applicabili. Qual vantaggio deriva ad un operaio del proletariato, curvato dalle sue dure fatiche ed oppresso dal destino, dal fatto che un ciarlone ottiene il diritto di parlare, od un giornalista quello di stampare qualsiasi sciocchezza? A che giova una costituzione al proletariato, se da essa non riceve altro benefizio che le briciole che gli gettiamo dalla nostra tavola quale ricompensa perché dia i suoi voti ai nostri agenti? I diritti repubblicani sono un'ironia per il povero, perché la dura necessità del lavoro quotidiano gli impedisce di ricavare qualsiasi beneficio da diritti di tal genere e non fa che togliergli la garanzia di uno stipendio fisso e continuo rendendolo schiavo degli scioperi, di chi gli dà lavoro e dei suoi compagni. Sotto i nostri auspici la plebe ha completamente distrutto l'aristocrazia, la quale sempre la sovvenne e la custodì per il vantaggio proprio, che era inseparabile dal benessere della popolazione. Oggi giorno il popolo, avendo distrutto i privilegi dell'aristocrazia, è caduto sotto il giogo di furbi sfruttatori e di gente venuta su dal nulla. Noi abbiamo l'intenzione di assumere l'aspetto di liberatori dell'operaio, venuti per affrancarlo da ciò che lo opprime, quando gli suggeriremo di unirsi alla fila dei nostri eserciti di socialisti, anarchici e comunisti. Sosteniamo i comunisti, fingendo di amarli giusta i principii di fratellanza e dell'interesse generale dell'umanità, promosso dalla nostra massoneria socialista. L'aristocrazia, la quale - per diritto - spartiva il guadagno delle classi operaie, si interessava perché queste classi fossero ben nutrite, sane e robuste. Il nostro scopo è invece l'opposto, vale a dire che ci interessiamo alla degenerazione dei Gentili. La nostra forza consiste nel tenere continuamente l'operaio in uno stato di penuria ed impotenza, perché, così facendo, lo teniamo assoggettato alla nostra volontà e, nel proprio ambiente, egli non troverà mai la forza e l'energia di insorgere contro di noi. La fame conferirà al Capitalismo dei diritti sul lavoratore infinitamente più potenti di quelli che il legittimo potere del Sovrano potesse conferire alla aristocrazia.
    Noi governiamo le masse mediante i sentimenti di gelosia ed odio fomentati dall'oppressione e dalla miseria. Ed è facendo uso di questi sentimenti che togliamo di mezzo tutti coloro che ci ostacolano.
    Quando verrà il giorno dell'incoronazione del nostro Sovrano Mondiale, provvederemo con questi stessi mezzi, e cioè servendoci della plebe, a distruggere tutto ciò che potrebbe ostacolare il nostro cammino. I Gentili non sono più capaci di ragionare in materia di scienza, senza il nostro aiuto. Per questo motivo essi non comprendono la necessità vitale di certe condizioni, che noi ci facciamo un dovere di tener nascoste sino al momento in cui giungerà la nostra ora; specialmente, che nelle scuole si dovrebbe insegnare la sola vera e più importante di tutte le scienze, e cioè la scienza della vita dell'uomo e delle condizioni sociali, le quali richiedono entrambe la spartizione del lavoro e conseguentemente la classificazione degli individui in caste e classi.
    È indispensabile che tutti sappiamo che la vera eguaglianza non può esistere, data la natura diversa delle varie qualità di lavoro; e che pertanto coloro i quali agiscono a detrimento di tutta una casta incorrono in una responsabilità ben diversa, davanti alla legge, di quelli che commettono un delitto nocivo soltanto al loro onore personale.
    La vera scienza delle condizioni sociali, ai segreti della quale non ammettiamo i Gentili, convincerebbe il mondo che il lavoro e gli impieghi si dovrebbero assegnare a caste ben distinte, allo scopo di evitare insofferenze umane derivanti da una educazione non corrispondente al lavoro che gli individui sono chiamati ad eseguire. Se essi studiassero questa scienza, il popolo si sottometterebbe volontariamente ai poteri governativi e alle caste di governo classificate da essi.
    Date le condizioni attuali della scienza, che segue una linea tracciata da noi, la plebe, nella sua ignoranza, crede ciecamente nelle parole stampate e nelle illusioni erronee opportunamente ispirate da noi, ed odia tutte le classi che crede più elevate della sua. Ciò perché essa non comprende l'importanza di ogni singola casta. Questo odio diventerà ancora più acuto quando si tratterrà di crisi economiche, perché allora arresterà i mercati e la produzione. Determineremo una crisi economica universale con tutti i mezzi clandestini possibili coll'aiuto dell'oro, che è tutto nelle nostre mani. In pari tempo getteremo sul lastrico folle enormi di operai, in tutta l'Europa. Allora queste masse si getteranno con gioia su coloro dei quali, nella loro ignoranza, sono stati gelosi sin dall'infanzia, ne saccheggeranno gli averi e ne verseranno il sangue. A noi non recheranno danno, perché il momento dell'attacco ci sarà ben noto, e prenderemo le misure necessarie per proteggere i nostri interessi. Siamo riusciti a persuadere i Gentili che il liberalismo avrebbe dato loro il regno della ragione. Il nostro dispotismo sarà di questa specie perché avrà il potere di sopprimere le ribellioni e di sradicare con giusta severità ogni idea liberale dalle istituzioni.
    Quando la plebe si avvide che in nome della libertà le venivano concessi diritti di ogni genere, si immaginò di essere la padrona e tentò di assumere il potere. Naturalmente s'imbatté come un cieco qualsiasi, in ostacoli innumerevoli. Allora, non volendo tornare al regime di prima, depose il suo potere ai nostri piedi.
    Ricordatevi della rivoluzione francese, che chiamiamo la Grande Rivoluzione: ebbene, tutti i segreti della sua preparazione organica ci sono ben noti, essendo lavoro delle nostre mani. Da allora in poi abbiamo fatto subire alle nazioni una delusione dopo l'altra, cosicché esse dovranno perfino rinnegarci, in favore del Re Despota, uscito dal sangue di Sionne, che stiamo preparando al mondo.
    Nel momento attuale noi come forza internazionale siamo invulnerabili, perché quando siamo assaliti da uno dei governi dei Gentili, altri ci sostengono. Nella loro immensa bassezza, i popoli Cristiani aiutano la nostra indipendenza. Ciò fanno quando si prosternano davanti alla forza; quando sono senza pietà per i deboli; crudeli per le colpe e indulgenti per i delitti; quando si rifiutano di ammettere le contraddizioni della libertà; quando sono pazienti fino al martirio nel sopportare la violenza di una tirannia audace.
    Essi tollerano da parte dei loro attuali dittatori, Presidenti dei Consigli e Ministri, degli abusi per il più piccolo dei quali avrebbero ucciso cento re. Come si spiega questo stato di cose? Perché le masse sono tanto illogiche nel farsi un concetto degli avvenimenti? La ragione è che i despoti persuadono il popolo, per mezzo dei loro agenti, che l'abuso del potere con evidente danno allo Stato è compiuto per uno scopo elevato, vale a dire per ottenere la prosperità della popolazione e per l'amore della fratellanza internazionale, dell'unione e dell'eguaglianza. Si capisce che questi agenti non dicono al popolo, che tale unificazione può essere ottenuta soltanto sotto il nostro dominio; di modo che vediamo la popolazione condannare gl'innocenti ed assolvere i colpevoli, convinta che potrà sempre fare ciò che le pare e piace. La plebe, data questa sua condizione mentale, distrugge tutto ciò che è stabile e crea lo scompiglio ovunque. La parola "libertà" porta la società a lottare contro tutte le potenze, persino contro le potenze della Natura e di Dio. Questo è il motivo per cui, quando noi arriveremo al potere, dovremo cancellare la parola "libertà" dal dizionario umano, essendo essa il simbolo della forza bestiale che trasforma le popolazioni in belve assetate di sangue. Occorre però tener presente che queste belve si addormentano appena saziate di sangue e che in quel momento è facile affascinarle e ridurle in ischiavitù. Se non si procura ad esse del sangue, non si addormenteranno ma lotteranno fra di loro.




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    PROTOCOLLO IV


    Ogni Repubblica attraversa varie fasi. La prima fase è rappresentata dai primi giorni di furia cieca, quando le turbe annientano e distruggono a destra e a sinistra. La seconda è il regno del demagogo che promuove l'anarchia ed impone il potere assoluto. Questo dispotismo non è ufficialmente legale ed è, pertanto, irresponsabile; esso è nascosto ed invisibile, ma nel medesimo tempo si fa sentire. Esso è generalmente controllato da una organizzazione segreta la quale agisce dietro le spalle di qualche agente ed è conseguentemente tanto più audace e senza scrupoli. A questa forza segreta non importerà di mutare gli agenti che la mascherano. Questi mutamenti aiuteranno persino l'organizzazione, la quale con questo mezzo si sbarazzerà dei suoi vecchi servitori, ai quali avrebbe dovuto dare un forte premio, data la durata del loro servizio. Chi o che cosa può detronizzare una potenza segreta? Ebbene tale è appunto il nostro Governo. La loggia massonica in ogni parte del mondo agisce inconsciamente da maschera al nostro scopo. Ma l'uso che faremo di questa potenza nel nostro piano di azione, come i nostri quartieri generali, restano perpetuamente sconosciuti all'universo.
    La libertà potrebbe non essere danno e sussistere nei governi e nei paesi senza pregiudicare il benessere del popolo, se fosse basata sulla religione, sul timore di Dio e sulla fratellanza umana, scevra da quei concetti di uguaglianza che sono in contraddizione diretta con le leggi della creazione che hanno ordinato la sottomissione. Retto da una fede simile, il popolo sarebbe governato dalle parrocchie e vivrebbe tranquillamente ed umilmente sotto la tutela dei suoi pastori spirituali, sottomettendosi all'ordinamento da Dio stabilito sulla terra. Ed è perciò che dobbiamo cancellare persino il concetto di Dio dalle menti dei Cristiani, rimpiazzandolo con calcoli aritmetici e bisogni materiali. Allo scopo di stornare le menti Cristiane dalla nostra politica è assolutamente necessario di tenerle occupate nell'industria e nel commercio. Così tutte le nazioni lavoreranno incessantemente per il loro proprio vantaggio, ed in questa lotta universale non si accorgeranno del nemico comune. Ma perché la libertà sconnetta e rovini completamente la vita sociale dei Gentili, dobbiamo mettere il commercio sopra una base di speculazione. Il risultato di ciò sarà che le ricchezze della terra, ricavate per mezzo della produzione, non rimarranno nelle mani dei Gentili, ma passeranno, attraverso la speculazione, nelle nostre casseforti. La lotta per la supremazia e la speculazione continua nel mondo degli affari, produrrà una società demoralizzata, egoista e senza cuore. Questa società diventerà completamente indifferente e persino nemica della religione e disgustata dalla politica. La bramosia dell'oro sarà l'unica sua guida. E questa società lotterà per l'oro, facendo un vero culto dei piaceri materiali che esso può procacciarle. Allora le classi inferiori si uniranno a noi contro i nostri rivali - cioè contro i Gentili privilegiati - senza neppur fingere di essere animate da un motivo nobile, e neppure per amore delle ricchezze, ma unicamente per il loro odio schietto contro le classi più elevate.


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    PROTOCOLLO V


    Che genere di governo si può dare ad una società nella quale il subornamento e la corruzione sono penetrate ovunque; dove le ricchezze si possono ottenere solamente di sorpresa o con mezzi fraudolenti; dove il dissenso prevale in tutto, e la moralità si mantiene unicamente per mezzo del castigo e di leggi severe, e non in conseguenza di principi volontariamente accettati; dove il sentimento patriottico e religioso affoga nelle convinzioni cosmopolitane? Quale altra forma di governo si può dare a simili società, fuorché quella despotica che vi descriverò ora?
    Organizzeremo un governo fortemente centralizzato, in modo da acquistare le forze sociali per noi. Per mezzo di nuove leggi regoleremo la vita politica dei nostri sudditi come se fossero tanti pezzi di una macchina. Tali leggi limiteranno gradatamente tutte le franchigie e le libertà accordate dai Gentili. In questo modo il nostro regno si svilupperà in un dispotismo così possente, da essere in grado di schiacciare i Gentili malcontenti o recalcitranti in qualunque ora ed in qualunque luogo.
    Ci diranno che il genere di potere assoluto che suggerisco non si confà col progresso attuale della civiltà, ma vi dimostrerò, invece, che è proprio vero il contrario. Allorquando i popoli consideravano i loro sovrani come l'espressione della volontà di Dio, si sottomettevano tranquillamente al dispotismo dei loro monarchi. Ma dal giorno in cui infondemmo nelle popolazioni il concetto dei loro diritti, esse cominciarono a considerare i Re come semplici mortali. Al cospetto della plebe la Santa unzione cadde dal capo dei monarchi, e quando ad essa togliemmo anche la religione, il potere fu gettato sulla via come pubblica proprietà e venne afferrato da noi. Oltre a ciò, fra le nostre doti amministrative contiamo quella di saper governare le masse e gl'individui per mezzo di fraseologie astute, di teorie confezionate furbamente, di regole di vita e di ogni altro mezzo d'inganno allettante. Tutte queste teorie, che i Gentili non comprendono affatto, sono basate sull'analisi e sull'osservazione unite ad una così sapiente argomentazione, che non trova l'uguale fra i nostri rivali, così come essi non possono competere con noi nella costruzione di piani di solidarietà e di azione politica. L'unica società da noi conosciuta che sarebbe capace di farci concorrenza in queste arti potrebbe essere quella dei Gesuiti. Ma siamo riusciti a screditare i Gesuiti agli occhi della plebe stupida per la ragione che questa società è un'organizzazione palese, mentre noi ci teniamo dietro le quinte, mantenendo il segreto della nostra. Al mondo, in fin dei conti, importerà poco se diventerà suo padrone il capo della Chiesa Cattolica, oppure un tiranno del sangue di Sionne. Ma per noi "popolo prediletto" la questione non è indifferente. Per un certo periodo i Gentili potrebbero forse esser capaci di tenerci testa. Ma a questo riguardo non abbiamo da temere perché siamo salvaguardati dall'odio profondamente radicato che nutrono gli uni verso gli altri e che non si può estirpare. Abbiamo messo in contrasto gli uni con gli altri tutti gli interessi personali e nazionali dei Gentili, fomentandone tutti i pregiudizi religiosi e nazionali per quasi venti secoli. A tutto questo lavorìo si deve il fatto, che nessun governo troverebbe appoggio nei suoi vicini, se si appellasse ad essi per opporsi a noi, perché ognuno di essi sarebbe convinto che un'azione contro di noi potrebbe essere disastrosa per la sua esistenza individuale. Noi siamo troppo potenti; il mondo intero deve fare i conti con noi. I Governi non possono fare il più piccolo trattato senza il nostro intervento segreto. "Per me reges regunt" - i sovrani regnano per mezzo mio -. Leggiamo nella Legge dei Profeti, che siamo prescelti da Dio per governare il mondo. Dio ci ha dato l'ingegno e la capacità di compiere questo lavoro. Se vi fosse un genio nel campo nemico, egli potrebbe forse ancora combatterci, ma un nuovo venuto non potrebbe competere con dei vecchi lottatori come noi, e il conflitto fra lui e noi assumerebbe un carattere tale, che il mondo non ne avrebbe ancora visto l'eguale. Oramai è troppo tardi per il loro Genio. Tutte le ruote del meccanismo statale sono messe in moto da una forza che è nelle nostre mani: l'oro!
    La scienza dell'economia politica studiata dai nostri grandi sapienti ha già dimostrato che la forza del capitale supera il prestigio della Corona.
    Il capitale per avere il campo libero, deve ottenere l'assoluto monopolio dell'industria e del commercio. Questo scopo viene già raggiunto da una mano invisibile in tutte le parti del mondo. Questo privilegio farà sì che tutta la forza politica sarà nelle mani dei commercianti, i quali col profitto abusivo opprimeranno la popolazione.
    Oggi giorno conviene disarmare i popoli piuttosto che condurli alla guerra. È più importante sapersi servire per la nostra causa delle passioni ardenti che spegnerle. Incoraggiare le idee altrui e farne uso pel piano nostro piuttosto che disperderle. Il problema principale per il nostro governo è questo: come indebolire il cervello pubblico mediante la critica; come fargli perdere la facoltà di ragionare che è fomite d'opposizione; come distrarre la mentalità del pubblico per mezzo di fraseologie insensate.
    In tutti i tempi le nazioni, al pari degli individui, hanno preso le parole per fatti, perché si contentano di quello che odono e ben di rado si curano di verificare se le promesse siano state adempiute, o pur no. Conseguentemente noi, soltanto per darla ad intendere, organizzeremo delle istituzioni i cui membri dimostreranno e loderanno, con eloquenti discorsi, le loro contribuzioni al "progresso".
    Prenderemo un atteggiamento liberale per tutti i partiti e per tutte le tendenze e lo comunicheremo a tutti i nostri oratori, i quali saranno talmente loquaci, da stancare il pubblico, il quale sarà stufo e ristucco di qualunque genere d'eloquenza e ne avrà abbastanza.
    Per impadronirci della pubblica opinione dovremo anzitutto confonderla al massimo grado mediante la espressione da tutte le parti delle opinioni più contraddittorie, affinché i Gentili si smarriscano nel labirinto delle medesime. Ed allora essi comprenderanno, che la miglior via da seguire è quella di non avere opinioni in fatto di politica; la politica non essendo cosa da essere intesa dal pubblico, ma riservata soltanto ai dirigenti gli affari. E questo è il primo segreto.
    Il secondo segreto, necessario al successo completo del nostro governo, consiste nel moltiplicare ad un punto tale gli errori, i vizi, le passioni e le leggi convenzionali del paese, che nessuno possa vederci chiaro in simile caos. Quindi gli uomini cesseranno di comprendersi a vicenda. Questa politica ci aiuterà pure a seminare la zizzania in tutti i partiti; a dissolvere tutte le forze collettive, a scoraggiare ogni iniziativa individuale, la quale potrebbe in qualche modo intralciare i nostri progetti. Non vi è nulla di più dannoso dell'iniziativa individuale: se è assecondata dall'intelligenza essa ci può recare maggior danno dei milioni di esseri che abbiamo aizzato a dilaniarsi vicendevolmente.
    Dobbiamo dare all'educazione di tutta la società cristiana un indirizzo tale, che le cadano le braccia per disperazione in tutti i casi nei quali un'impresa domandi dell'iniziativa individuale. La tensione prodotta dalla propria libertà d'azione, perde di forza quando incontra la libertà d'azione altrui. Ne conseguono le scosse morali, le disillusioni ed i fallimenti. Con questi mezzi opprimeremo i Cristiani ad un tale punto, che li obbligheremo a chiederci di governarli internazionalmente. Quando raggiungeremo una simile posizione, potremo immediatamente assorbire tutti i poteri governativi del mondo e formare un Super-governo universale; al posto dei governi ora esistenti, metteremo un colosso che si chiamerà l'"Amministrazione del Supergoverno". Le sue mani si allungheranno come immense tanaglie e disporrà di una tale organizzazione, che otterrà certamente la completa sottomissione di tutti i paesi.


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    PROTOCOLLO VI


    Fra breve principieremo ad organizzare vasti monopoli - serbatoi di ricchezze colossali - nei quali persino le grandi fortune dei Gentili saranno coinvolte in modo tale che crolleranno insieme al credito del loro governo il giorno dopo che avrà avuto luogo la crisi politica [L'intenzione degli Ebrei di ritirare il loro denaro all'ultimo momento è evidente. (Nota del T. inglese)].
    Coloro fra gli astanti che sono economisti, calcolino l'importanza di questo progetto.
    Dobbiamo adoperare ogni mezzo per sviluppare la popolarità del nostro supergoverno, presentandolo come il protettore e il rimuneratore di tutti coloro che volontariamente si sottometteranno a noi.
    L'aristocrazia dei Gentili non esiste più quale potenza politica, di modo non dobbiamo ulteriormente tenerne conto da questo punto di vista. Però essa, in quanto proprietaria di terreni, costituisce sempre un pericolo per noi, giacché le sue rendite le assicurano l'indipendenza. Pertanto è essenziale per noi di privare l'aristocrazia delle sue terre, a qualunque costo. Per raggiungere questo scopo, il modo migliore è quello di aumentare continuamente le tasse e le imposte, e con ciò il valore dei terreni si manterrà al più basso livello possibile.
    Gli aristocratici dei Gentili, i quali, date le loro abitudini ereditarie, sono incapaci di accontentarsi di poco, andranno presto in rovina.
    Nel medesimo tempo dobbiamo dare con ogni impegno la massima protezione possibile alle industrie ed al commercio e specialmente alla speculazione, il cui compito principale è di agire come contrappeso alle industrie. Senza la speculazione, l'industria aumenterebbe il capitale privato e tenderebbe a sollevare l'agricoltura, liberando le terre dai debiti e dalle ipoteche per gli anticipi delle banche agricole. E' invece essenziale che l'industria prosciughi la terra di tutte le sue ricchezze, e che la speculazione concentri nelle nostre mani tutte le ricchezze del mondo ottenute con questi mezzi. In questo modo tutti i Gentili verranno ridotti nelle file del proletariato, ed allora essi si piegheranno davanti a noi per ottenere il diritto di esistere.
    Allo scopo di rovinare le industrie dei Gentili e di aiutare la speculazione, incoraggeremo l'amore pel lusso sfrenato, che abbiamo già sviluppato. Aumenteremo i salari, ciò che non porterà beneficio all'operaio, perché contemporaneamente accresceremo il prezzo delle sostanze più necessarie, col pretesto dei cattivi risultati dei lavori agricoli. Con astuzia mineremo le basi della produzione, seminando i germi della anarchia fra gli operai ed incoraggiandoli nell'abuso degli alcoolici. Nel tempo stesso adopreremo tutti i mezzi possibili per iscacciare dal paese tutti i Gentili intelligenti.
    Per evitare che i Gentili realizzino prematuramente il vero stato delle cose, nasconderemo il nostro piano sotto l'apparente desiderio di aiutare le classi lavoratrici alla soluzione dei grandi problemi economici: questa nostra propaganda viene aiutata in tutto e per tutto dalle nostre teorie economiche.


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    PROTOCOLLO VII


    L'intensificazione del servizio militare, nonché l'aumento della polizia sono pure essenziali alla riuscita dei progetti sovraindicati. Per noi è essenziale aggiustare le cose in modo, che oltre noi, in tutti i paesi non siavi altro che un enorme proletariato, cioè altrettanti soldati e poliziotti fedeli alla nostra causa.
    In tutta l'Europa, e con l'aiuto dell'Europa, sugli altri continenti dobbiamo fomentare sedizioni, dissensi e ostilità reciproche. In questo havvi un doppio vantaggio: in primo luogo, con tali mezzi otteniamo il rispetto di tutti i paesi, i quali si rendono ben conto che abbiamo il potere o di suscitare qualunque rivolta a piacer nostro, oppure di ristabilire l'ordine. Tutti i paesi hanno l'abitudine di rivolgersi a noi per la necessaria pressione quando essa occorre. In secondo luogo, a furia di intrighi imbroglieremo i fili tessuti da noi nei ministeri di tutti i Governi, non solo mediante la nostra politica, ma altresì con i trattati di commercio e le obbligazioni finanziarie. Per riuscire in quest'intento, dobbiamo usare molta astuzia e sottigliezza durante le trattative e gli accordi; ma in quello che chiamasi "il linguaggio ufficiale", assumeremo la tattica opposta, vale a dire avremo l'apparenza di essere onestissimi e disposti a sottometterci. Così i governi dei Gentili, ai quali abbiamo insegnato a vedere solamente la parte pomposa degli affari, pel modo come glieli presentiamo, ci terranno perfino in conto di benefattori e di salvatori dell'umanità. Dobbiamo metterci in condizioni tali da poter rispondere ad ogni opposizione, con una dichiarazione di guerra da parte del paese confinante a quello Stato che osasse attraversarci la strada; e qualora tali confinanti alla loro volta decidessero di unirsi contro noi, dovremo rispondere promuovendo una guerra universale.
    Il principale successo in politica consiste nel grado di segretezza impiegato nel conseguirlo. Le azioni di un diplomatico non devono corrispondere alle sue parole. Per giovare al nostro piano mondiale, che si avvicina al termine desiderato, dobbiamo impressionare i governi dei Gentili mediante la cosidetta pubblica opinione, che in realtà viene dovunque preparata da noi per mezzo di quel massimo fra i poteri che è la stampa, la quale - fatte insignificanti eccezioni di cui non è il caso tener conto - è completamente nelle nostre mani. In breve: per dimostrare che tutti i governi dei Gentili sono nostri schiavi, faremo vedere il nostro potere ad uno di essi per mezzo di atti di violenza, vale a dire, con un regno di terrore [Notate lo stato attuale della Russia (Nota del T. inglese)], e qualora tutti i governi insorgessero contro di noi, la nostra risposta sarà data dai cannoni americani, cinesi e giapponesi.


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    PROTOCOLLO VIII


    Dobbiamo impadronirci di tutti i mezzi che i nostri nemici potrebbero rivolgere contro noi. Ricorreremo alle più intricate e complicate espressioni del dizionario della legge, allo scopo di scolparci nella eventualità che fossimo costretti a pronunciare decisioni che potessero sembrare eccessivamente audaci, oppure ingiuste. Perché sarà sommamente importante esprimere queste decisioni in guisa così efficace, che si presentino alle genti come la massima manifestazione di moralità, equità e giustizia. Il nostro governo deve essere circondato da tutte le forze della civiltà in mezzo alle quali esso dovrà agire. Attirerà a sé i pubblicisti, gli avvocati, i praticanti, gli amministratori, i diplomatici ed infine gli individui preparati nelle nostre scuole avanzate speciali. Questi individui conosceranno i segreti della vita sociale; saranno padroni di tutte le lingue messe insieme con le lettere e le parole politiche; avranno una perfetta conoscenza della parte intima e segreta della natura umana, con tutte le sue corde più sensibili, che essi dovranno far risuonare e vibrare secondo la loro volontà. Queste corde costituiscono l'insieme del cervello dei Gentili; delle loro qualità buone o cattive, delle loro tendenze e dei loro vizi, nonché delle loro peculiarità di caste e di classi.
    S'intende che questi sapienti consiglieri della nostra potenza non saranno scelti fra i Gentili, che sono abituati a fare il loro lavoro amministrativo senza tener presenti i risultati che devono conseguire, e persino senza sapere lo scopo per cui tali risultati sono richiesti. Gli amministratori dei Gentili formano i documenti senza leggerli e prestano servizio o per amore o per ambizione.
    Circonderemo il nostro governo con un vero esercito di economisti. Questo è il motivo per cui si insegna principalmente agli Ebrei la scienza dell'economia. Saremo circondati da migliaia di banchieri, di commercianti e, cosa ancora più importante, di milionarii, perché, in realtà, ogni cosa sarà decisa dal danaro. Nel frattempo, fintanto che non sarà prudente riempire gli incarichi di governo con i nostri fratelli Giudei, affideremo i posti importanti a individui la cui fama e il cui carattere siano così cattivi da scavare un abisso fra essi e la Nazione, ed anche a gente di tal risma, che abbia timore di finire in galera se ci disobbedirà. E tutto questo allo scopo di obbligare costoro a difendere i nostri interessi finché abbiano fiato in corpo.


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    PROTOCOLLO IX


    Nell'applicare questi nostri principi dovete badare specialmente alle caratteristiche della nazione nella quale vi trovate e nella quale .dovete operare. Non dovete aspettarvi di applicare genericamente con successo i nostri principi, fino a che la nazione di cui si tratta non sarà stata rieducata secondo le nostre dottrine. Procedendo con cautela nell'applicazione dei nostri principi, vedrete, prima che siano passati dieci anni, cambiati i caratteri più ostinati, e noi così avremmo aggiunto un'altra nazione alle file di quelle che ci sono già sottomesse.
    Alle parole liberali della nostra divisa massonica: "libertà, uguaglianza e fratellanza", sostituiremo, non quelle del nostro vero motto, ma bensì delle parole esprimenti semplicemente un'idea, e diremo: "il diritto della libertà, il dovere dell'uguaglianza ed il concetto della fratellanza" e così prenderemo il toro per le corna. In realtà noi abbiamo già distrutto tutte le forze di governo fuorché la nostra, benché esistano ancora in teoria. Al momento attuale, se un Governo assume un atteggiamento a noi contrario si tratta di una pura formalità; esso agisce essendo noi pienamente informati del suo operato e col nostro consenso, accordato perché le dimostrazioni anti-semitiche ci sono utili per mantenere l'ordine fra i nostri fratelli minori. Non amplierò di più questo argomento, perché lo abbiamo già discusso molte altre volte.
    Il fatto sta ed è, che non incontriamo ostacoli di sorta. Il nostro Governo occupa una posizione così eccessivamente forte di fronte alla legge, che quasi possiamo, per designarlo, adoperare la potente parola: dittatura. Posso onestamente asserire che al momento attuale noi siamo legislatori; giudichiamo e castighiamo, giustiziamo e perdoniamo; siamo, per così dire, il comandante in capo di tutti gli eserciti e cavalchiamo alla loro testa.
    Governiamo con una forza potentissima, perché abbiamo nelle mani i frammenti di un partito che una volta fu forte ed è ora soggetto a noi. Abbiamo un'ambizione senza limiti, un'ingordigia divoratrice, un desiderio di vendetta spietato ed un odio intenso. Siamo la sorgente di un terrore che esercita la sua influenza a grande distanza. Abbiamo al nostro servizio individui di tutte le opinioni e di tutti i partiti: uomini che desiderano ristabilire le monarchie, socialisti, comunisti, e tutti coloro che aderiscono ad ogni genere di utopie. Tutti costoro sono aggiogati al nostro carro. Ciascuno di essi mina, a modo proprio, i residui del potere cercando di distruggere le leggi tuttora esistenti. Con questi procedimenti tutti i governi sono tormentati, urlano tranquillità e per amor di pace sono disposti a qualunque sacrificio. Ma noi negheremo ad essi tranquillità e pace finché non riconosceranno umilmente il nostro super-governo internazionale.
    Le plebi proclamano a gran voce la necessità di risolvere il problema sociale, mediante l'internazionale. I dissensi fra i partiti li danno nelle nostre mani, perché, per condurre un'opposizione è essenziale aver del denaro, e questo lo controlliamo noi.
    Temevamo che il potere esperimentato dei sovrani Gentili facesse alleanza con la potenza cieca della plebe; ma abbiamo preso tutte le misure preventive necessarie per evitare che ciò avvenisse. Fra queste due potenze abbiamo edificato una muraglia che consiste nel terrore che ambedue nutrono l'una verso l'altra. Di modo che il potere cieco della plebe è diventato il sostegno del nostro partito. Noi soli ne saremo i capi e lo guideremo verso l'adempimento del nostro scopo. Perché la mano del cieco non si liberi dalla nostra stretta, dobbiamo tenerci costantemente in contatto colle masse, se non di persona, per lo meno mediante i fedeli fratelli. Quando diventeremo una potenza riconosciuta, arringheremo la popolazione di persona, nelle piazze, e la istruiremo nella politica in quel modo e con quell'indirizzo che giudicheremo conveniente.
    Come potremo verificare ciò che sarà insegnato al popolo nelle scuole di campagna? In ogni caso le parole pronunciate dall'inviato governativo o dal sovrano stesso, saranno conosciute certamente dall'intera nazione, perché le diffonderà la voce stessa del popolo.
    Per non distruggere prematuramente le istituzioni dei Gentili, noi vi abbiamo posto sopra le nostre mani esperte impadronendoci delle molle motrici dei loro meccanismi. Questi erano, una volta, congegnati con severità e giustizia; ma noi abbiamo sostituito a tutto ciò amministrazioni liberali e disordinate.
    Abbiamo messo le nostre mani ovunque: nella giurisdizione, nelle elezioni, nell'amministrazione della stampa, nel promuovere la libertà individuale, e, cosa ancor più importante, nell'educazione, che costituisce il sostegno principale della libera esistenza.
    Abbiamo corbellato e corrotto la nuova generazione dei Gentili, insegnandole principii e teorie di cui conoscevamo la falsità assoluta, pur avendoli inculcati con assidua cura. Pur senza veramente alterare le leggi in vigore, ma soltanto deformandone il significato ed interpretandole in senso diverso da quello che avevano in mente coloro che le formularono, abbiamo ottenuto dei risultati estremamente utili. Si è potuto ciò ottenere principalmente per il fatto, che l'interpretazione nostra nascose il vero significato delle leggi, ed in seguito le rese talmente incomprensibili, che diventò impossibile per i Governi il dipanare un codice di leggi così confuso. Da ciò ebbe origine la teoria di non badare alla lettera della legge, ma di giudicare secondo la coscienza.
    Ci si contesta, che le nazioni possono insorgere contro di noi qualora i nostri piani siano scoperti prematuramente; ma noi, anticipando questo avvenimento, possiamo esser sicuri di mettere in azione una forza talmente formidabile da far rabbrividire anche gli uomini più coraggiosi.
    In quel tempo tutte le città avranno ferrovie metropolitane e passaggi sotterranei: da questi faremo saltare in aria tutte le città del mondo, insieme alle loro istituzioni e ai loro documenti [Probabilmente è una affermazione da intendersi al figurato, con allusione al bolscevismo (Nota del T. inglese)].


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    PROTOCOLLO X


    Oggi comincerò ripetendo ciò che è stato già detto e vi prego tutti di tener presente che i governi e le nazioni si contentano, in politica, del lato appariscente di qualunque cosa.
    E, dove troverebbero il tempo di esaminare la parte recondita degli avvenimenti se i loro rappresentanti non pensano che a divertirsi?
    Per la nostra politica è sommamente importante di tener presente il particolare sopradetto, perché ci sarà di grande aiuto quando discuteremo taluni problemi, come ad esempio la distribuzione del potere, la libertà di parola, di stampa e di religione, il diritto di fondare associazioni, l'eguaglianze di fronte alla legge, l'inviolabilità della proprietà e del domicilio, la quistione della tassazione (il concetto della tassazione segreta) e la forza retroattiva delle leggi. Tutti gli argomenti di questo genere sono di tale natura, che non è prudente di discuterli apertamente in cospetto del pubblico. Ma nel caso in cui saremo obbligati di farne cenno alla folla, gli argomenti non dovranno essere enumerati bensì, senza entrare in particolari, si dovranno fare al popolo delle dichiarazioni circa i principii del diritto moderno riconosciuti da noi.
    L'importanza della reticenza sta nel fatto, che un principio il quale non sia stato palesato apertamente, ci lascia una grande libertà d'azione; mentre il principio stesso, una volta dichiarato, acquista il carattere di una cosa stabilita.
    La Nazione tiene in considerazione speciale la potenza di un genio politico e tollera tutte le sue prepotenze commentandole in questo modo: "Che tiro birbone, ma con che abilità lo ha eseguito!". Oppure: "Che canagliata, ma come ben fatta, e con quanto coraggio!".
    Noi speriamo di attirare tutte le nazioni a lavorare per mettere le fondamenta del nuovo edificio da noi progettato. Per questa ragione, dobbiamo assicurarci i servizi di agenti audaci e temerarii, capaci di abbattere qualunque ostacolo al nostro avanzare.
    Quando faremo il nostro colpo di Stato, diremo al popolo: "Tutto andava in malora; tutto avete sofferto, ma ora noi distruggiamo le cause delle vostre sofferenze; vale a dire le nazionalità, le frontiere, e le monete nazionali. Certamente sarete liberi di condannarci, ma il vostro verdetto non può esser giusto se lo pronunciate prima di esperimentare ciò che possiamo fare per il vostro bene". Allora il popolo, esultante e pieno di speranza, ci porterà in trionfo. La potenza del voto, al quale abbiamo addestrato i membri più insignificanti dell'umanità per mezzo di comizi organizzati e di accordi prestabiliti, adempirà allora il suo ultimo compito. Questa potenza, che è stato il mezzo con cui "ci siamo messi sul trono", ci pagherà l'ultimo suo debito nella sua ansia di vedere il risultato delle nostre proposte, prima di pronunciare il suo giudizio in proposito. Per raggiungere la maggioranza assoluta dobbiamo indurre tutti a votare senza distinzione di classe; una maggioranza simile non si potrebbe ottenere dalle classi educate o da una società divisa in caste.
    Dunque, avendo inculcato in ogni uomo il concetto della propria importanza, distruggeremo la vita familiare dei Gentili e la sua influenza educatrice. Impediremo agli uomini di cervello di farsi avanti, ed il popolo, guidato da noi, non solo li terrà sottomessi, ma non permetterà neppure ad essi di manifestare i loro piani.
    La turba è abituata a darci ascolto, perché la paghiamo per avere l'attenzione e l'obbedienza. Con tutti questi mezzi creeremo una forza così cieca; che non sarà mai capace di prendere una decisione senza la guida dei nostri agenti, incaricati di guidarla.
    La plebe si sottometterà a questo stato di cose perché saprà che dal beneplacito di questi capi dipenderanno i suoi salari, i suoi guadagni e tutti gli altri benefizi.
    Questo sistema di governo deve essere il lavoro di una mente sola, perché sarebbe impossibile di consolidarlo se fosse il lavoro combinato di molte intelligenze. Questo è il motivo per cui ci è concesso soltanto di conoscere il piano d'azione, .ma non dobbiamo in nessuno modo discuterlo, per evitare di distruggerne l'efficacia, il funzionamento delle sue singole parti ed il valore pratico di ogni suo punto.
    Tali piani, se fossero posti in discussione e modificati in seguito a successivi scrutini, essi verrebbero deformati dall'insieme dei malintesi mentali, derivanti dal fatto che i votanti non ne avrebbero penetrato profondamente il significato.
    Pertanto è necessario che i nostri piani siano decisivi e logicamente ponderati. Questa è la ragione per cui dobbiamo evitare ad ogni costo che l'opera grandiosa del nostro duce sia lacerata e fatta in pezzi dalla plebe, o anche da una camarilla qualsiasi. Per ora questi piani non sconvolgeranno le istituzioni esistenti; ne altereranno soltanto le teorie economiche e conseguentemente tutto il corso delle loro procedure, che dovranno seguire inevitabilmente la via tracciata dai nostri piani.
    In ogni paese esistono le stesse istituzioni, quantunque sotto nomi diversi, e sono le camere dei rappresentanti del popolo, i ministeri, il senato, una qualunque specie di consiglio privato, nonché tutti i dipartimenti legislativi e amministrativi.
    Non occorre che io vi spieghi il meccanismo connettente tutte queste differenti istituzioni, perché ne siete perfettamente al corrente. Notate solamente, che ciascuna delle sopraddette istituzioni corrisponde a qualche importante funzione del governo. (Adopero la parola "importante", non in riguardo alle istituzioni stesse, ma bensì riferendomi alle loro funzioni). Tutte queste istituzioni si sono ripartite le varie funzioni governative, vale a dire i poteri amministrativi, legislativi, ed esecutivi. E le loro funzioni sono diventate simili a quelle dei singoli organi del corpo umano.
    Se danneggiamo una qualunque parte del meccanismo governativo, tutto lo Stato ne soffrirà e ne morirà, come accade per un corpo umano. Quando inoculammo il veleno del liberalismo nell'organismo dello Stato, la sua costituzione politica cambiò; gli Stati diventarono infettati da una malattia mortale: la decomposizione del sangue. Dobbiamo solo attendere la fine della loro agonia. Il liberalismo fece nascere i governi costituzionali, che sostituirono l'autocrazia, l'unica forma sana di governo dei Gentili. La forma costituzionale, come ben sapete, non è altro che una scuola di dissensioni, disaccordi, contese e inutili agitazioni di partito: in breve, essa è la scuola di tutto ciò che indebolisce l'efficienza del governo. La tribuna, come pure la stampa, hanno contribuito a rendere i governanti deboli ed inattivi, rendendoli in tal modo inutili e superflui; ed. è per questo motivo che in molti paesi vennero destituiti.
    Allora l'istituzione dell'era repubblicana diventò possibile, ed al posto del Sovrano mettemmo una caricatura del medesimo nella persona di un presidente, che scegliemmo nella ciurmaglia, fra le nostre creature e i nostri schiavi.
    Così minammo i Gentili, o piuttosto, le nazioni dei Gentili.
    In un prossimo futuro faremo del presidente un agente responsabile. Allora non avremo più scrupoli a mettere arditamente in esecuzione i nostri piani, per i quali sarà tenuto responsabile il nostro "fantoccio". Cosa c'importa se le fila dei cacciatori d'impieghi s'indeboliscono; se l'impossibilità di trovare un presidente genera delle confusioni che indeboliranno, in definitiva, il Paese?
    Per ottenere questi risultati predisporremo le cose in modo che siano eletti alla carica presidenziale individui bacati, che abbiano nel loro passato uno scandalo tipo "Panama", o qualche altra transazione losca e segreta. Un presidente di tale specie sarà un fedele esecutore dei nostri piani, perché temerà di essere denunziato, e sarà sotto l'influenza di questa paura la quale si impadronirà di colui il quale, salito al potere, è ansioso di conservarsi i privilegi e gli onori inerenti alla sua alta carica. Il Parlamento eleggerà, proteggerà e metterà al coperto il presidente, ma noi toglieremo al Parlamento la facoltà di introdurre nuove leggi, nonché di mutare le esistenti.
    Questo potere lo conferiremo ad un presidente responsabile, il quale sarà una semplice marionetta nelle nostre mani. Così il potere presidenziale diventerà un bersaglio esposto ad attacchi di vario genere, ma noi gli daremo dei mezzi di difesa conferendogli il diritto di appellarsi al popolo direttamente, al disopra dei rappresentanti della nazione, vale a dire, di appellarsi a quel popolo che è nostro schiavo cieco: alla maggioranza della plebe.
    Inoltre, daremo al presidente la facoltà di. proclamare la legge marziale. Spiegheremo questa prerogativa col fatto, che il presidente, essendo il capo dell'esercito, deve averlo ai suoi comandi per proteggere la nuova costituzione repubblicana, essendo questa protezione un dovere per il rappresentante responsabile della repubblica.
    Naturalmente, in simili condizioni, la chiave della situazione recondita sarà nelle nostre mani, e nessuno all'infuori di noi controllerà la legislazione. Inoltre, quando introdurremo la nuova costituzione repubblicana, col pretesto della segretezze di Stato toglieremo al Parlamento il diritto di discutere l'opportunità delle misure prese dal governo. Con questa nuova costituzione ridurremo al minimo il numero dei rappresentanti la nazione, diminuendo così di altrettanto le passioni politiche, e la passione per la politica. Se malgrado ciò questi rappresentanti diventassero ricalcitranti, li sostituiremo appellandoci alla nazione. Il Presidente avrà la facoltà di nominare il presidente ed il vice presidente della Camera dei deputati e del Senato.
    Alle continue sessioni parlamentari sostituiremo sessioni della durata di pochi mesi. Inoltre il Presidente, quale capo del potere esecutivo, avrà il diritto di convocare e di sciogliere il Parlamento, e, nel caso di scioglimento, di rinviare la convocazione del nuovo. Ma perché il Presidente non possa esser tenuto responsabile delle conseguenze di questi atti - che, parlando con precisione, sarebbero illegali - prima che i nostri piani siano maturati, noi persuaderemo i ministri e gli altri alti funzionarii amministrativi che circondano il presidente, a contravvenire i suoi comandi emanando istruzioni di loro iniziativa, ed in tal modo li obbligheremo a sopportarne la responsabilità invece del Presidente. Raccomanderemo. specialmente che questa funzione venisse assegnata al Senato, al Consiglio di Stato, oppure al Gabinetto, ma non mai a singoli individui.
    Le leggi che possono essere interpretate in diverse maniere saranno interpretate a modo nostro dal Presidente il quale, inoltre, annullerà le leggi quando lo riterremo utile, ed avrà anche il diritto di proporne delle nuove temporanee, e persino di fare modificazioni nel lavoro costituzionale del Governo, prendendo come pretesto le esigenze del benessere del paese. Provvedimenti di questa specie ci metteranno in grado di sopprimere a poco a poco quei diritti e quelle concessione che fossimo stati costretti ad accordare da principio, nell'assumere il potere. Tali concessioni dovremo introdurre nella costituzione dei governi per mascherare l'abolizione graduale di tutti i diritti costituzionali, quando giungerà il momento di cambiare tutti i governi esistenti sostituendovi la nostra autocrazia. Può darsi che il riconoscimento del nostro autocrate avvenga prima dell'abolizione delle costituzioni. Vale a dire che il riconoscimento del nostro regno avrà inizio dal momento stesso che il popolo, scisso dai dissensi e dolorante per il fallimento dei suoi governanti (e tutto questo sarà stato preparato da noi), griderà: "Destituiteli e dateci un autocrate che governi il mondo, che ci possa unificare distruggendo tutte le cause di dissenso, cioè le frontiere, la nazionalità, le religioni, i debiti dello Stato ecc., un capo che ci possa dare la pace ed il riposo che non abbiamo sotto il governo del nostro sovrano e dei nostri rappresentanti".
    Ma voi sapete benissimo, che allo scopo di ottenere che la moltitudine debba formulare a gran voce una richiesta simile, è tassativamente necessario disturbare senza posa in tutti i paesi le relazioni esistenti fra popolo e governo, promuovere ostilità, guerre, odii e persino il martirio, mediante la fame, la carestia e l'inoculazione di malattie, in tale misura che i Gentili non vedano altro modo per uscire da tanti guai, che un appello per la protezione al nostro denaro e alla nostra completa sovranità. Però se diamo alla nazione il tempo di rifiatare, sarà difficile si ripresenti per noi una circostanza ugualmente favorevole.


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    PROTOCOLLO XI


    Il Consiglio di Stato accentuerà il potere del regnante. Nella sua posizione il corpo legislativo ufficiale sarà, in certo qual modo, un comitato per la promulgazione dei comandi del regnante.
    Eccovi dunque un programma della nuova costituzione che prepariamo al mondo. Faremo le leggi, definiremo i diritti costituzionali, li amministreremo con questi mezzi: 1) decreti della camera legislativa, suggeriti dal Presidente; 2) ordini generici, ordini del Senato e del Consiglio di Stato, e decisioni del Consiglio dei Ministri; 3) quando il momento opportuno sarà giunto, promoveremo un colpo di Stato.
    Ora, avendo abbozzato il nostro piano d'azione, discuteremo quei particolari che potranno esserci necessari allo scopo di compiere nell'organismo della macchina statale, la rivoluzione nel senso che ho già indicato. Colla parola "particolari" voglio indicare la libertà di stampa, il diritto di formare delle associazioni, la libertà di religione, l'elezione dei rappresentanti del popolo e moltissimi altri diritti che dovranno svanire dalla vita quotidiana dell'uomo. Se non spariranno del tutto, dovranno subire un cambiamento fondamentale dal giorno seguente l'annuncio della nuova costituzione. Prima di quel momento preciso non sarebbe per noi utile di annunciare tutti i cambiamenti che faremo e per la seguente ragione: tutti i cambiamenti percettibili potrebbero riuscire pericolosi in qualunque altro momento se fossero applicati per forza esigendone severamente ed indistintamente l'esecuzione, perché ciò potrebbe esasperare il popolo, che paventerebbe nuovi cambiamenti nelle medesime direzioni. D'altra parte, se i cambiamenti dovessero implicare delle tolleranze ancora maggiori, il popolo direbbe che riconosciamo i nostri errori e ciò potrebbe menomare il vanto di infallibilità del nuovo potere. Il popolo potrebbe anche dire che siamo stati spaventati e quindi obbligati a cedere; e se così fosse, nessuno ci sarebbe mai riconoscente perché il popolo ritiene di aver il diritto di ottenere sempre nuove concessioni. Sarebbe enormemente pericoloso per il prestigio della nuova costituzione, che l'una o l'altra di queste impressioni si facesse strada nella mente del pubblico.
    Per noi è essenziale, che dal primo momento della nuova proclamazione il popolo, mentre soffrirà ancora le conseguenze del cambiamento repentino e sarà in uno stato di terrore e di indecisione, realizzi che siamo così potenti, così invulnerabili, e così pieni di forza, che in nessun caso prenderemo in considerazione i suoi interessi. Faremo capire al popolo, che non solo non ci daremo nessun pensiero delle sue opinioni e dei suoi desiderii, ma altresì che saremo pronti in qualunque momento ed in qualunque luogo a sopprimere con una mano forte qualsiasi espressione o accenno di. opposizione. Faremo sì che il popolo capisca che essendoci impadroniti di tutto quello che desideravamo non gli permetteremo mai, in nessun modo, di partecipare al nostro potere. Ed allora esso, preso dallo sgomento, chiuderà gli occhi su tutto ed aspetterà pazientemente lo svolgersi di ulteriori avvenimenti.
    I Gentili sono come un branco di pecore, noi siamo i lupi. Sapete cosa fanno le pecore quando i lupi entrano nell'ovile? Chiudono gli occhi. A questo saranno costretti anche i Gentili, perché prometteremo loro la restituzione di tutte le loro libertà dopo che avremo soggiogato i nemici del mondo e costretti tutti i partiti a sottomettersi. Non occorre che vi dica quanto tempo dovranno aspettare per riavere queste loro libertà!
    Per qual motivo fummo indotti a inventare la nostra politica e instillarla nelle menti dei Gentili?
    Noi instillammo in essi questa politica senza permetter loro di comprenderne l'intimo significato.
    Che cosa ci spinse ad adottare questa linea di condotta? Questo: che noi, razza dispersa, non potevamo, come tale, conseguire il nostro scopo con mezzi diretti, ma soltanto con mezzi indiretti, subdoli e fraudolenti. Questa fu la vera causa ed origine della nostra organizzazione massonica, che questi porci di Gentili non riescono a scandagliare e di cui non sospettano neppure le mire. Noi li prendiamo come lo zimbello delle nostre numerose logge, le quali hanno l'apparenza di essere puramente massoniche, allo scopo di gettare la polvere negli occhi dei loro camerati.
    Per grazia di Dio il suo Popolo prediletto fu sparpagliato, ma questa dispersione, che sembrò al mondo la nostra debolezza, dimostrò di essere la nostra forza, che ci ha ora condotto al limitare della Sovranità Universale.
    Ci rimane da costruire ancora poco su queste fondamenta, per raggiungere la nostra mèta.


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    PROTOCOLLO XII


    La parola libertà, suscettibile di diverse interpretazioni, sarà da noi definita nel modo seguente: "La libertà è il diritto di fare ciò che la legge permette". Tale definizione ci servirà in questo senso, che sarà in nostro arbitrio di dire dove potrà esserci libertà e dove no, per la semplice ragione che la legge permetterà solamente quello che a noi piacerà.
    Il nostro atteggiamento verso la stampa sarà il seguente: Che cosa fa la stampa attualmente? Essa serve a suscitare nel popolo passioni furenti, oppure, talvolta, dissensi egoistici di partito; cause entrambe che possono essere necessarie al nostro scopo. La stampa è spesse volte vana, ingiusta e mendace, e la maggior parte della gente non ne capisce affatto le sue vere intenzioni. Noi la barderemo e ne terremo fermamente in pugno le redini. Inoltre dovremo acquistare il controllo di tutte le altre ditte editrici. Non ci servirebbe a nulla il solo controllo dei giornali se restassimo esposti ad attacchi con opuscoli e libri. L'attuale costosa produzione libraria la trasformeremo in una risorsa vantaggiosa per il nostro governo mediante una speciale tassa di bollo ed obbligando gli editori ed i tipografi a versarci un deposito cauzionale, allo scopo di garantire il nostro governo da qualunque forma di attacco da parte della stampa. E qualora questo si produca, imporremo multe a destra ed a sinistra. Da questi mezzi: bolli, cauzioni e multe, il governo ricaverà una larga sorgente di lucro. Naturalmente, i giornali di partito non si daranno pensiero di pagare delle multe forti, ma noi li sopprimeremo senz'altro dopo un secondo loro serio attacco. Nessuno potrà impunemente attentare al prestigio della nostra infallibilità politica. Per sopprimere qualunque pubblicazione prenderemo un pretesto: diremo, per esempio, che eccita l'opinione pubblica senza ragione e senza fondamento. Ma vi prego di tener presente, che fra le pubblicazioni aggressive ve ne saranno anche talune istituite da noi apposta con tale intento. Ma esse attaccheranno solo quei punti della nostra politica, che abbiamo l'intenzione di cambiare. Nessuna informazione giungerà al pubblico senza essere stata prima controllata da noi. Stiamo già raggiungendo questo scopo anche attualmente, per il fatto che tutte le notizie sono ricevute da poche agenzie, nelle quali sono centralizzate da tutte le parti del mondo. Quando giungeremo al potere, queste agenzie ci apparterranno completamente e pubblicheranno solo quelle notizie che noi permetteremo.
    Se, date le condizioni attuali, siamo riusciti a controllare la società dei Gentili ad un punto tale che essa vede gli affari mondiali attraverso le lenti colorate con le quali le copriamo gli occhi; se anche ora nulla ci impedisce di conoscere i segreti di Stato, come stupidamente li chiamano i Gentili; quale sarà la nostra posizione, quando saremo ufficialmente riconosciuti come governatori del mondo nella persona del nostro Imperatore Universale?
    Ritorniamo all'avvenire della stampa. Chiunque desidererà diventare editore, libraio o tipografo, dovrà ottenere un certificato ed una licenza, che perderanno in caso di disubbedienza. I canali attraverso i quali il pensiero umano trova la sua espressione, saranno con questi mezzi posti nelle mani del nostro governo, che li userà come organi educativi, e così impedirà che il pubblico sia messo sulla falsa strada mediante l'idealizzazione del "progresso", o con il liberalismo. Chi fra noi non sa, che questo fantastico beneficio conduce direttamente all'utopia, da cui nacquero l'anarchia e l'odio verso l'autorità? E ciò per la semplice ragione che il "progresso", o piuttosto l'idea d'un progresso liberale, diede al popolo differenti concetti della emancipazione, senza mettervi alcun limite. Tutti i cosiddetti liberali sono degli anarchici, se non per le loro azioni, certamente per le loro idee.
    Ognuno di essi corre dietro il fantasma della libertà, credendo di poter fare quello che vuole, vale a dire, cadendo in uno stato di anarchia per l'opposizione che fa, unicamente per il gusto di farla.
    Discutiamo ora la stampa editrice di libri ecc. Noi la tasseremo nello stesso modo della stampa giornalistica, vale a dire per mezzo di bolli e cauzioni. Ma sopra i libri con meno di 300 pagine metteremo una tassa doppia, li classificheremo fra gli opuscoli per far diminuire la pubblicazione dei periodici, che costituiscono la forma più virulenta del veleno stampato. Queste misure obbligheranno altresì gli scrittori a pubblicare delle opere così lunghe, che avranno pochi lettori e principalmente a causa del loro prezzo alto. Noi stessi pubblicheremo delle opere a buon mercato per educare la mente del pubblico e avviarla nella direzione da noi desiderata. La tassazione determinerà una riduzione della letteratura dilettevole e senza scopo, e la responsabilità che incontreranno di fronte alla legge darà tutti gli autori nelle nostre mani. Nessuno che desideri attaccarci colla sua penna troverebbe un editore.
    Prima di stampare qualsiasi genere di lavoro, l'editore o il tipografo dovrà chiedere alle autorità un permesso speciale per pubblicare il detto lavoro. In questo modo conosceremo anticipatamente qualsiasi congiura contro di noi, e potremo colpirla prevenendola e pubblicando una confutazione.
    La letteratura e il giornalismo sono le due più importanti forze educative, e per questo motivo il nostro governo si accaparrerà il maggior numero di periodici. Con questo sistema neutralizzeremo la cattiva influenza della stampa privata ed otterremo un'influenza enorme sulla mente umana. Se dovessimo permettere la pubblicazione di dieci periodici privati, noi stessi dovremmo pubblicarne trenta e così via.
    Ma il pubblico non deve avere il minimo sospetto di queste precauzioni; perciò tutti i periodici pubblicati da noi, avranno apparentemente vedute ed opinioni contraddittorie, ispirando così la fiducia e presentando un'apparenza attraente ai nostri non sospettosi nemici, che cadranno nella nostra trappola e saranno disarmati.
    In prima fila metteremo la stampa ufficiale. Essa sarà sempre in guardia per difendere i nostri interessi, e perciò la sua influenza sul pubblico sarà relativamente insignificante. In seconda fila metteremo la stampa semi-ufficiale, la quale dovrà attirare i tiepidi e gli indifferenti. In terza fila metteremo quella stampa che farà finta di essere all'opposizione e che, in una delle sue pubblicazioni, figurerà come nostra avversaria. I nostri veri nemici confideranno in questa opposizione e ci mostreranno le loro carte. Tutti i nostri giornali sosterranno partiti diversi: l'aristocratico, il repubblicano, il rivoluzionario e persino l'anarchico. Ma, naturalmente, questo sarà solamente fino a quando dureranno le costituzioni. Questi giornali, come il dio indiano Vishnu, avranno centinaia di mani, ognuna delle quali tasterà il polso della variabile opinione pubblica.
    Quando il polso batterà più forte, queste mani faranno inclinare l'opinione pubblica verso la nostra causa, perché un soggetto nervoso è facile ad essere guidato e facilmente cade sotto un'influenza qualsiasi. I chiacchieroni che crederanno di ripetere l'opinione del giornale del loro partito, in realtà non faranno altro che ripetere la nostra opinione, oppure quella che desideriamo far prevalere; nella convinzione di seguire l'organo del loro partito, costoro seguiranno in realtà la bandiera che faremo sventolare d'innanzi ai loro occhi.
    Perché il nostro esercito giornalista estrinsechi il concetto intimo di questo programma, avendo l'apparenza di appoggiare i diversi partiti, dovremo organizzare la nostra stampa con la massima cura. Col titolo di "Commissione Centrale della Stampa", organizzeremo delle riunioni letterarie, alle quali i nostri agenti, senza farsene accorgere, daranno il segno di riconoscimento e la parola d'ordine. I nostri organi discutendo e contrastando la nostra politica, sempre superficialmente, s'intende, e senza toccarne i lati importati, faranno finta di polemizzare con i giornali ufficiali, allo scopo di fornirci il pretesto di definire i nostri piani con maggior accuratezza di quanto avremo potuto fare coi nostri programmi preliminari. Si capisce, però, che tutto questo sarà fatto quando sia vantaggioso per noi. Questa opposizione da parte della stampa, servirà anche a far credere al popolo che la libertà di parola esiste sempre. Essa darà ai nostri agenti l'opportunità di dimostrare che i nostri
    avversarii ci muovono accuse insensate, nell'impossibilità da parte loro di trovare un terreno solido sul quale combattere la nostra politica.
    Queste misure, che sfuggiranno all'attenzione pubblica, saranno i mezzi più proficui per guidare l'opinione pubblica ed inspirare fiducia nel nostro governo.
    Grazie a queste misure potremo eccitare o calmare l'opinione pubblica circa le quistioni politiche quando ci occorrerà di farlo. Potremo persuaderla o confonderla stampando notizie vere o false, fatti o contraddizioni, secondo quello che servirà al nostro scopo. Le informazioni che pubblicheremo dipenderanno dal modo con cui il pubblico sarà in quel tempo propenso ad accettare quel dato genere di notizie; e staremo sempre molto attenti, scandagliando il terreno prima di camminarci sopra.
    Le restrizioni che, come ho già detto, imporremo alle pubblicazioni private ci daranno la certezza di sconfiggere i nostri nemici, perché essi non avranno a loro disposizione organi della stampa mediante i quali dare veramente libero e pieno corso alle loro opinioni. Non ci occorrerà neppure di contraddire ufficialmente le loro affermazioni. Se sarà necessario, le confuteremo semi ufficialmente con dei "ballons d'essai", che faremo lanciare dalla nostra stampa di terza fila.
    Esiste già nel giornalismo francese tutto un sistema di intese massoniche per darsi il contrassegno. Tutti gli organi della stampa sono legati da segreti professionali reciproci, a modo degli antichi oracoli. Nessuno dei suoi membri rivelerà mai di essere a conoscenza di un segreto qualora non abbia ricevuto l'ordine di renderlo pubblico. Nessun singolo editore avrà il coraggio di tradire un segreto confidatogli, per la ragione che nessuno è ammesso nel mondo letterario, il quale non abbia preso parte a qualche losco affare nella sua vita passata. Pertanto, se qualcuno desse il minimo segno di disubbidienza, il triste episodio del suo passato verrebbe palesato immediatamente. Finché il passato losco di questi individui è conosciuto da pochi, il prestigio di ogni giornalista attira l'opinione pubblica di tutto il paese. Il popolo lo segue e lo ammira.
    I nostri piani si debbono estendere principalmente alle provincie. È per noi essenziale di creare certe idee e di infondere tali opinioni nelle provincie, perché in qualunque momento possiamo servircene lanciandole nella capitale come opinioni neutrali delle provincie. Naturalmente, la fonte e l'origine delle idee non saranno alterate, ma le idee saranno nostre. Per noi è assolutamente necessario, prima di assumere il potere, che le città siano qualche volta dominate dalle opinioni delle provincie; vale a dire, che le città sappiano l'opinione della maggioranza, quale sarà stata preparata da noi. È per noi necessario che le capitali, giunto il momento critico psicologico, non abbiano il tempo materiale di discutere un fatto compiuto, ma siano obbligate ad accettarlo perché è stato approvato da una maggioranza nelle provincie.
    Quando poi arriveremo al periodo del nuovo regime - cioè durante il periodo transitorio che precederà la nostra sovranità - non permetteremo alla stampa di pubblicare qualsiasi resoconto di delitti, essendo essenziale che il popolo creda il nuovo regime talmente superiore, d'aver soppresso perfino la delinquenza. I delitti che avverranno saranno conosciuti soltanto dalla loro vittima e da gli eventuali testimoni oculari e da nessun altro.


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    PROTOCOLLO XIII


    La necessità del pane quotidiano obbligherà i Gentili a tacere ed a rimanere nostri umili servitori.
    Quei Gentili che potremo impiegare nella nostra stampa, discuteranno, dietro i nostri ordini, quei fatti che non sarebbe conveniente per noi di pubblicare nella nostra gazzetta ufficiale. E mentre avranno luogo così discussioni e dispute d'ogni genere, noi promulgheremo le leggi che ci occorrono e le presenteremo al pubblico quali fatti compiuti. Nessuno oserà chiedere che queste leggi vengano revocate, specialmente perché faremo credere che il nostro scopo sia quello di promuovere il progresso. Poi la stampa svierà l'attenzione del pubblico per mezzo di nuove proposte (sapete bene che abbiamo sempre abituato le popolazioni a ricercare nuove emozioni). Avventurieri politici senza cervello si affretteranno a discutere i nuovi problemi: la stessa razza di gente che non comprende neppure ora nulla di quello di cui parla. I problemi politici non sono fatti per essere compresi, dalla gente comune, ma solamente (come ho già detto) da quella classe di governanti, che da secoli dirigono gli affari. Da tutto questo insieme di fatti potete concludere, che quando useremo una certa deferenza all'opinione pubblica, di tanto in tanto, avremo lo scopo di facilitare il funzionamento del nostro meccanismo. Vi accorgerete anche che cerchiamo di far approvare le varie quistioni soltanto a furia di parole e non di fatti. Affermiamo continuamente, che tutte le misure prese da noi sono ispirate dalla speranza e dalla certezza di aiutare il benessere comune.
    Allo scopo di distogliere la gente troppo irrequieta dalla discussione delle quistioni politiche, la provvederemo di problemi nuovi; quelli cioè dell'industria e del commercio. Su questi problemi potranno eccitarsi fin che vorranno. Le masse acconsentono di astenersi e di desistere da ciò che credono sia l'attività politica, solamente se possiamo dar loro qualche nuovo svago; come, ad esempio, il commercio. E tenteremo di dar da intendere ad esse, che anche il commercio è un problema politico. Noi stessi inducemmo le masse a prender parte alla politica per assicurarci il loro appoggio nella nostra campagna contro i governi Gentili.
    Per impedire che il popolo scopra da sé una qualsiasi nuova linea d'azione politica, lo terremo distratto con varie forme di divertimenti: ludi ginnici, passatempi, passioni di vario genere, osterie e via discorrendo.
    Fra poco principieremo a mettere degli avvisi nei giornali invitando il popolo a competere in ogni genere di nuove imprese, come ad esempio alle gare artistiche, di sport, ecc.
    Questi nuovi interessi distoglieranno definitivamente l'attenzione del pubblico dalle quistioni che potrebbero metterci in conflitto con la popolazione. Il popolo, siccome perderà a poco a poco la facoltà di pensare con la sua testa, griderà compatto insieme a noi, per l'unica ragione che saremo i soli membri della società in grado di promuovere nuove linee di pensiero. Questi nuovi concetti noi li metteremo avanti per mezzo di agenti che il popolo non sospetterà siano alleati nostri. La funzione degli idealisti liberali cesserà repentinamente il giorno in cui il nostro governo sarà riconosciuto. Fino allora essi ci renderanno dei buoni servizii. Per questa ragione cercheremo di indirizzare l'opinione pubblica verso ogni specie di teoria fantastica che possa sembrare progressiva, o liberale. Fummo noi che, col più completo successo, facemmo girare le teste scervellate dei Gentili, colle nostre teorie di progresso, verso il socialismo. Non si trova fra i Gentili una mente capace di intuire che in ogni occasione, dietro la parola "progresso" è nascosta una deviazione della verità, eccezione fatta dei casi in cui la parola libertà si riferisce alla materia delle scoperte scientifiche. Giacché esiste soltanto una vera dottrina ed in essa non vi è posto per il "progresso". Il progresso, come qualunque altro falso concetto, serve a nascondere la verità, affinché essa non sia palese ad altri che a noi, popolo prediletto da Dio, che Egli ha eletto a custode della verità. Quando saremo al potere, i nostri oratori discuteranno i grandi problemi che hanno agitato l'umanità, allo scopo finale e prefisso di condurre il genere umano sotto il nostro governo benedetto.
    Chi vorrà, quindi, sospettare che tutti questi problemi furono sollevati da noi, secondo un piano politico prestabilito che nessun uomo ha compreso in tanti secoli?


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    PROTOCOLLO XIV


    Quando ci stabiliremo come Signori della Terra, non ammetteremo altra religione che la nostra; cioè una religione che riconosce il Dio solo, a Cui il nostro destino è collegato dall'averci Egli eletto, e da Cui il destino del mondo è determinato.
    Per questa ragione dobbiamo distruggere tutte le professioni di fede. Se il risultato temporaneo di questa distruzione sarà di produrre degli Atei, ciò si frapporrà al nostro scopo, ma servirà come esempio alle generazioni future, che ascolteranno i nostri insegnamenti sulla religione di Mosè, la quale, con le sue dottrine risolute e ponderate, ci impose come un dovere il mettere tutte le nazioni sotto i nostri piedi.
    Inoltre insisteremo molto sulle verità mistiche degli insegnamenti Mosaici, sui quali, diremo, è basata tutta la loro forza educativa.
    Di poi, ad ogni momento pubblicheremo articoli paragonando il nostro governo benefico a quello del passato. Lo stato di beatitudine e di pace che esisterà allora, servirà anche ad illustrare il benefico effetto del nostro governo, sebbene sia stato ottenuto mediante disturbi secolari. Dimostreremo con colori intensi gli errori amministrativi commessi dai Gentili. Provocheremo con tutto ciò un tale sentimento di avversione per il regime precedente, che le nazioni preferiranno uno stato di pace in condizioni di schiavitù, ai diritti della tanta lodata "libertà", che le ha così crudelmente torturate, esaurendone perfino le fonti dell'esistenza umana, ed alla quale furono trascinate da una folla di avventurieri che non sapevano quel che facevano. I cambiamenti inutili di governo che abbiamo sempre suggerito ai Gentili, e che sono stati il mezzo col quale abbiamo minato il loro edificio di Stato, avranno in allora talmente stancato le nazioni, che esse preferiranno sopportare qualunque cosa da noi, piuttosto che ritornare ai tumulti ed alle disgrazie attraversate. Attireremo specialmente l'attenzione su gli errori storici con i quali i governi dei Gentili tormentarono l'umanità per tanti secoli, nella loro mancanza di comprensione per tutto ciò che riguarda il vero benessere della vita umana, e nella loro ricerca di piani fantastici per la prosperità sociale. Giacché i Gentili non si sono resi conto che i loro piani, invece di migliorare le relazioni fra uomo e uomo, non hanno fatto altro che farle andare di male in peggio. E queste relazioni sono la vera base dell'esistenza umana. Tutta la forza dei nostri principi e delle nostre misure consisterà nel fatto, che saranno spiegati da noi quale un luminoso contrasto con le condizioni sociali esistenti sotto l'antico regime da noi infranto.
    I nostri filosofi dimostreranno tutti gli svantaggi delle religioni cristiane, ma nessuno potrà mai giudicare la nostra religione nel suo vero significato, perché nessuno ne avrà mai una completa cognizione fuorché i nostri che non si arrischieranno mai a svelarne i misteri.
    Nei cosiddetti paesi dirigenti abbiamo fatto circolare una letteratura squilibrata, sudicia e ripugnante. Per un breve periodo dopo il riconoscimento del nostro regno, continueremo a incoraggiare questa letteratura, acciocché essa dimostri, più esplicitamente che mai, il suo contrasto con le dottrine che metteremo in circolazione dal nostro seggio elevato. I nostri sapienti, educati allo scopo di guidare i Gentili, faranno conferenze, concreteranno piani, scriveranno appunti e articoli, per mezzo dei quali influiremo sugli spiriti degli uomini, piegandoli verso quella scienza e quelle idee che ci converranno.


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    PROTOCOLLO XV


    Quando, infine, avremo ottenuto il potere per mezzo di numerosi colpi di Stato, che saranno da noi preparati in modo che abbiano luogo simultaneamente in tutti i paesi; e quando i governi di questi saranno stati dichiarati ufficialmente incapaci di reggere la pubblica cosa (potrà trascorrere un periodo di tempo considerevole prima che tutto ciò avvenga: magari un secolo): faremo ogni sforzo per impedire che siano fatte delle congiure contro di noi. Per raggiungere questo intento applicheremo la pena capitale, senza pietà, per coloro che prendessero le armi per impedire lo stabilimento del nostro potere.
    Sarà passibile della pena capitale la fondazione di qualunque nuova società segreta; scioglieremo, mandandone i membri in esilio nelle parti più remote del mondo, le società segrete tuttora esistenti, che ci sono ben conosciute e che servono ed hanno servito al nostro scopo. L'esilio sarà la sorte di quei frammassoni Gentili che per avventura sapessero più di quello che a noi convenga. E quei massoni che, per una ragione o per un'altra potremo perdonare, li terremo sempre nel continuo timore d'essere esiliati. Decreteremo una legge per condannare tutti i preesistenti membri delle società segrete all'esilio fuori di Europa perché quivi noi avremo il centro del nostro governo.
    Le decisioni del nostro governo saranno definitive e nessuno avrà il diritto d'appellarsi. Per mettere al dovere le società dei Gentili nelle quali abbiamo profondamente inculcato i dissidi ed i dogmi della religione protestante, prenderemo provvedimenti spietati i quali dimostreranno alle nazioni che il nostro potere non può essere violato. Non dobbiamo preoccuparci delle numerose vittime che saranno sacrificate per ottenere una prosperità futura. Un governo il quale è convinto che la propria esistenza dipende non solo dai privilegi di cui gode, ma anche dall'adempimento del suo dovere, ha l'obbligo di conseguire la prosperità anche a costo di molti sacrifici. La condizione principale della sua stabilità consiste nel rafforzamento del prestigio del suo potere, e questo prestigio si ottiene soltanto per mezzo di una maestosa ed incrollabile potenza, che deve mostrarsi inviolabile, nonché circondata da un potere mistico. Ad esempio, dimostrare che sussiste per mandato divino. Questi sono i requisiti goduti finora dall'Autocrazia russa, l'unica nostra nemica pericolosa, se non teniamo conto della Santa Sede. Ricordate che l'Italia. quando grondava sangue, non toccò un capello di Silla: eppure egli era l'uomo che l'aveva dissanguata. Per la sua forza di carattere, Silla diventò un Dio agli occhi della popolazione, ed il suo ritorno intrepido in Italia lo rese inviolabile. La plebe non nuocerà mai all'uomo che la ipnotizza col suo coraggio e con la sua superiorità mentale.
    Fino a quando non avremo conseguito il potere, cercheremo di fondare e moltiplicare le logge massoniche in tutte le parti del mondo. Alletteremo a farne parte coloro che possono diventare, o sono di già, animati da amore per il pubblico bene. Queste logge saranno la fonte principale ove attingeremo le nostre informazioni; saranno pure i nostri centri di propaganda. Centralizzeremo tutte queste logge sotto una direzione unica, conosciuta a noi soli e costituita dai nostri uomini più sapienti. Queste logge avranno anche i loro rappresentanti, per mascherarne la vera direzione. Questa soltanto avrà diritto di decidere a chi spetti di parlare e di preparare l'ordine del giorno. In queste logge annoderemo tutte le classi socialiste e rivoluzionarie della società. I piani politici più segreti. ci saranno subito noti appena formulati e ne guideremo l'esecuzione. Quasi tutti gli agenti della polizia internazionale segreta faranno parte delle nostre logge. È per noi sommamente importante di assicurarci i servizi della polizia, perché essi possono mascherare le nostre imprese, inventare ragioni plausibili per spiegare il malcontento delle masse, come pure colpire coloro che rifiutano di sottomettersi a noi.
    La maggior parte degli individui che entrano nelle società segrete sono avventurieri, i quali desiderano di farsi strada in un modo o in un altro e non hanno serie intenzioni. Con gente simile, ci sarà facile perseguire il nostro scopo: essi metteranno in moto il nostro meccanismo. Se il turbamento diventerà mondiale, ciò significherà soltanto che era necessario per noi di produrre questa agitazione, allo scopo di distruggere la troppo grande solidità del mondo. Se nasceranno congiure nel suo seno, significherà che uno dei nostri agenti più fedeli è il capo di questa cospirazione. E' naturale che noi dobbiamo essere gli unici a dirigere le imprese massoniche. Noi soltanto sappiamo dirigerle. Noi conosciamo lo scopo finale di ogni azione, mentre i Gentili ignorano la massima parte di ciò che riguarda la massoneria: essi non sono neppur capaci di vedere i risultati immediati di quello che fanno. Generalmente essi considerano soltanto i vantaggi immediati; si contentano se il loro orgoglio personale è soddisfatto per l'adempiersi del loro intento; non si accorgono che l'idea originale era nostra e non loro.
    I Gentili frequentano le Logge Massoniche per pura curiosità, o nella speranza di ricevere la loro parte delle spoglie; alcuni di essi vi entrano pure per poter discutere le loro stupide idee davanti ad un pubblico qualunque. I Gentili vanno alla ricerca delle emozioni procurate dal successo e dagli applausi; noi glie ne diamo fin che ne vogliono. Questo è il motivo per cui permettiamo ad essi di avere successi; cioè allo scopo di volgere a nostro vantaggio gli uomini che credono orgogliosamente di valer qualche cosa, e che senza accorgersene s'imbevono delle nostre idee, fiduciosi di essere infallibili e convinti di non andar soggetti alle influenze altrui. Non avete idea di quanto sia facile ridurre anche il più intelligente dei Gentili in una condizione ridicola di ingenuità agendo sulla sua presunzione, e quanto, d'altra parte, sia fucile scoraggiarlo mediante il più piccolo insuccesso, od anche semplicemente cessando di applaudirlo; oppure anche di ridurlo in uno stato di servile sottomissione, allettandolo con la promessa di qualche nuovo successo. Per quanto il nostro popolo disprezza il successo, bramando soltanto la realizzazione dei suoi piani, altrettanto i Gentili amano il successo e sono disposti a sacrificare tutti i loro piani per raggiungerlo. Questo lato del carattere dei Gentili rende facile di fare d'essi quello che ci piace. Quelli che sembrano tigri, sono invece stupidi come pecore, ed hanno la testa assolutamente vuota.
    Lasceremo che cavalchino in sogno il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l'individualità umana mediante idee simboliche di collettivismo. Essi non hanno ancora compreso, e non comprenderanno mai, che questo sogno fantastico è contrario alla principale legge della natura, la quale, fin dall'inizio del mondo, creò ogni essere, diverso da tutti gli altri, perché ciascuno avesse un'individualità. Il fatto che fummo capaci di far concepire un'idea così errata ai Gentili, è la prova lampante del meschino concetto che essi hanno della vita umana, paragonato a quello che ne abbiamo noi. In questo consiste la maggiore speranza del nostro successo. Quanto furono previdenti i nostri sapienti d'un tempo quando ci dissero che, pur di raggiungere uno scopo veramente grandioso, dovevamo ricorrere a qualunque mezzo senza fermarci a contare le che si dovessero sacrificare al successo della causa! E noi non abbiamo mai contato le vittime uscite dal seme di quei bruti di Gentili, e pur avendo sacrificato molta gente nostra, abbiamo dato al nostro popolo una posizione tale nel mondo, che esso non si sarebbe mai sognato di raggiungere. Un numero relativamente piccolo di vittime da parte nostra ha salvato la nostra nazione dalla distruzione. Ogni uomo deve inevitabilmente morire. E' preferibile affrettare la morte di coloro che ostacolano la nostra causa, che di quelli che la promuovono. Noi facciamo morire i frammassoni in maniera tale che nessuno, fuorché gli adepti, può averne il minimo sospetto. Neppure le stesse vittime ne sospettano prima del tempo. Muoiono tutti, quando è necessario, di morte apparentemente naturale. E neppure gli iniziati, conoscendo questi fatti, osano protestare! Con questi mezzi abbiamo tagliato fino alle radici ogni velleità di protesta contro i nostri ordini almeno per quanto riguarda i frammassoni. Predichiamo il liberalismo ai Gentili, ma d'altra parte teniamo la nostra propria nazione in assoluta sottomissione. Per effetto della nostra influenza, le leggi dei Gentili vengono osservate il meno possibile. Il prestigio delle loro leggi è stato minato dalle idee liberali che vi abbiamo introdotto. Le più importanti quistioni, sia politiche, sia morali, vengono decise dai Tribunali nel modo stabilito da noi. Il Gentile amministratore di giustizia, esamina le cause in quel modo che a noi pare e piace. Questo risultato lo abbiamo ottenuto mediante i nostri agenti e persone colle quali apparentemente non siamo in relazione, e per mezzo di opinioni propagate con la stampa e con altri mezzi. Persino i senatori ed altri funzionari elevati seguono ciecamente i nostri consigli. La mentalità dei Gentili essendo di natura puramente bestiale, è incapace di osservare e di analizzare checchessia e più ancora di prevedere le conseguenze alle quali può condurre una causa se presentata sotto una certa luce. Ed è precisamente in questa differenza di mentalità tra noi e i Gentili, che possiamo facilmente riconoscere di essere gli eletti di Dio nonché la nostra natura sovrumana, in paragone con la mentalità istintiva e bestiale dei Gentili. Costoro non vedono che i fatti, ma non li prevedono e sono incapaci di inventare qualsiasi cosa, eccetto le materiali. Da tutto questo risulta nettamente, che la natura stessa ci ha destinato a guidare ed a governare il mondo. Quando verrà per noi l'ora di governare apertamente, sarà giunto il momento di dimostrare la bontà del nostro governo. Allora miglioreremo tutte le leggi. Le nostre leggi saranno brevi, chiare, e concise: non avranno bisogno di interpretazioni; sicché tutti potranno conoscerle da cima a fondo, dentro e fuori. La caratteristica predominante di queste leggi sarà l'obbedienza dovuta all'autorità; e questo rispetto all'autorità sarà spinto al massimo grado. Allora cesserà ogni genere di abuso di potere, perché ognuno sarà responsabile di fronte all'unico potere supremo, cioè a quello del sovrano. L'abuso di potere da parte di chiunque, che non sia il sovrano, sarà così severamente punito, che tutti perderanno la voglia di provare la loro forza in tale direzione.
    Sorveglieremo molto da vicino ogni atto del nostro corpo amministrativo, da cui dipenderà il funzionamento della macchina statale, perché se l'amministrazione diventa fiacca, il disordine sorge dovunque. Non un singolo atto illegale, od abuso di potere rimarrà impunito. Tutti gli atti di simulazione, o di volontaria trascuratezza da parte degli impiegati amministrativi, cesseranno dopo che costoro avranno veduto i primi esempi di punizione.
    La grandezza della nostra potenza esigerà che siano inflitte punizioni adeguate ad essa. Ciò vuol dire che esse saranno durissime, anche nel caso del più piccolo tentativo di violare il prestigio della nostra autorità allo scopo di lucro personale. L'uomo che soffrirà per le sue colpe, anche se troppo severamente, sarà come un soldato che muore sul campo battaglia dell'amministrazione per la causa del potere, dei principî e della legge, che non ammette alcuna deviazione dal sentiero pubblico per un vantaggio personale, neanche per coloro che guidano il carro dello stato. Per esempio, i nostri giudici sapranno che, cercando di essere indulgenti, violeranno la legge della giustizia, la quale è fatta per infliggere punizioni esemplari agli uomini per le colpe che hanno commesso, e non per dare ad un giudice l'occasione di mostrare la sua clemenza. Questa buona qualità della clemenza dovrebbe essere esibita soltanto nella vita privata, e non nella qualità ufficiale di giudice, che influisce su tutta la base dell'educazione del genere umano.
    I membri della magistratura non serviranno più nei tribunali dopo i cinquantacinque anni di età, per le seguenti ragioni:
    1° Perché i vecchi sono più tenacemente attaccati alle idee preconcette e meno capaci di ubbidire ai nuovi ordini.
    2° Perché una tale misura ci metterà in grado di fare dei cambiamenti frequenti nel corpo della magistratura, che conseguentemente sarà soggetta a qualunque pressione da parte nostra.
    Chiunque desideri mantenere il suo posto dovrà, per assicurarselo, ubbidirci ciecamente. Generalmente sceglieremo i nostri giudici fra uomini i quali capiscano che il loro dovere è di punire e di fare rispettare le leggi, e non di permettersi il lusso di sognare il liberalismo, che potrebbe recar danno al piano educativo del nostro governo, come succede ora con i giudici Gentili. Il nostro progetto di mutare spesso i giudici, ci gioverà anche per impedire la formazione di qualsiasi associazione fra essi; quindi lavoreranno soltanto nell'interesse del governo, ben sapendo che da ciò dipende il loro avvenire. La futura generazione di giudici sarà educata in tal modo, che preverranno istintivamente qualsiasi azione atta a danneggiare le relazioni reciproche esistenti fra i nostri sudditi. Attualmente i giudici dei Gentili sono indulgenti verso tutti i delinquenti, perché non hanno il giusto concetto del loro dovere, ed anche per il semplice fatto, che i governanti, quando nominano i giudici, non imprimono in essi il concetto del dovere, come sarebbe necessario.
    I governanti dei Gentili, quando nominano i loro sudditi a cariche importanti, non si danno la pena di spiegar loro l'importanza delle medesime, né per quale ragione dette cariche sono state istituite; essi agiscono come le bestie quando mandano la loro prole in cerca dì preda. In questo modo i governi dei Gentili vanno in pezzi per opera dei loro stessi amministratori. Dai risultati del sistema adottato dai Gentili ricaveremo ancora un insegnamento morale e ce ne serviremo per migliorare il nostro governo. Gradiremo le tendenze liberali di ciascuna delle importanti istituzioni di propaganda nel nostro governo, dalle quali possa dipendere l'educazione di coloro che diventeranno i nostri sudditi. Questi posti importanti saranno riservati esclusivamente a coloro che furono da noi educati allo scopo prefisso per l'amministrazione.
    Qualora si osservasse, che il mettere in ritiro troppo presto i nostri impiegati ci costerebbe troppo caro, risponderei, che anzi tutto cercheremo di trovare una occupazione privata a questi pensionati, per compensarli della perdita del loro posto governativo, ed in secondo luogo che il nostro governo possiederà in ogni caso tutto il denaro del mondo, e perciò la spesa non va presa in considerazione.
    La nostra autocrazia sarà coerente in tutte le sue azioni, quindi il nostro alto comando sarà sempre considerato con la massima deferenza e obbedito senza riserva, qualunque sia la decisione che gli piacerà di prendere. Ignoreremo qualunque espressione di rammarico o di malcontento e puniremo così severamente chiunque mostrasse di non essere soddisfatto, che gli altri, vedendo questo esempio, si cheteranno. Aboliremo il diritto di appello, riservandolo per noi stessi; e ciò per la ragione che non dobbiamo permettere al popolo di credere che i nostri giudici possano sbagliare nelle loro decisioni. E, nell'eventualità di un giudizio che richiede la revisione, destituiremo immediatamente il giudice che lo avrà emesso, castigandolo pubblicamente, affinché un errore simile non abbia a ripetersi.
    Ripeto quello che ho già detto, cioè che uno dei nostri principî fondamentali sarà l'attenta sorveglianza dei nostri impiegati amministrativi: e questo si farà principalmente per soddisfare la nazione, la quale ha pieno diritto di insistere che un buon governo abbia buoni impiegati amministrativi.
    Il nostro governo avrà l'aspetto di una fede patriarcale nella persona del suo sovrano. La nostra Nazione ed i nostri sudditi considereranno il sovrano come un padre, il quale si cura di tutti i loro bisogni, si occupa delle loro azioni, sistema le relazioni reciproche dei suoi sudditi, nonché quelle di essi verso il governo. Così che il sentimento di venerazione per il regnante si radicherà tanto profondamente nella nazione, che questa non potrà esistere senza le sue cure e la sua guida. Il popolo non potrà vivere in pace senza il sovrano e finalmente lo riconoscerà come autocrate. Il popolo nutrirà per il sovrano un sentimento di venerazione talmente profondo da avvicinarsi alla adorazione, specialmente quando si convincerà che i suoi dipendenti seguono i suoi ordini ciecamente e che egli solo regna su di essi. Il popolo si rallegrerà vedendoci regolare la nostra esistenza come se fossimo genitori desiderosi di educare la propria prole in un sentimento profondo del dovere e dell'ubbidienza.
    Per quanto poi riguarda la nostra politica segreta, tutte le nazioni sono in uno stato d'infanzia ed i loro governi pure. Come potete vedere da voi stessi, io baso il nostro dispotismo sul Diritto e sul Dovere. Il diritto del governo di pretendere che la gente faccia il suo dovere è in sé stesso un obbligo di chi regna, perché egli è il padre dei suoi sudditi. Il diritto della forza gli viene concesso perché conduca l'umanità nella direzione stabilita dalle leggi naturali, vale a dire verso l'ubbidienza.
    Ogni creatura in questo mondo è in suggezione se non di un uomo, di qualche circostanza, oppure della sua stessa natura: insomma di qualche cosa che è più forte di lei. Quindi noi dobbiamo essere la forza assoggettatrice, pel bene della causa comune. Dobbiamo sacrificare senza esitazione quegli individui che possono violare la legge esistente, perché la soluzione del grande problema educativo sta nella punizione esemplare.
    Il Re di Israele, nel giorno che porrà sul suo capo consacrato la corona che gli verrà presentata da tutta l'Europa, diventerà il Patriarca Mondiale.
    Il numero delle vittime che il nostro Re dovrà sacrificare, non sorpasserà mai quello delle vittime che i sovrani Gentili hanno sacrificato nella loro ricerca di grandezza e per le loro rivalità reciproche.
    Il nostro sovrano sarà costantemente in contatto col popolo, al quale parlerà dall'alto delle tribune. I suoi discorsi saranno immediatamente messi in circolazione in tutto il mondo.


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    PROTOCOLLO XVI


    Allo scopo di distruggere qualunque specie di impresa collettiva che non sia la nostra, annienteremo sul loro nascere le opere collettive; vale a dire, che trasformeremo le università e le riedificheremo secondo i nostri piani.
    I rettori delle università, nonché i professori di esse, saranno preparati in modo speciale per mezzo di elaborati e segreti programmi d'azione, nei quali saranno istruiti e dai quali non potranno deviare impunemente. La massima cura sarà posta nella loro scelta, e dipenderanno interamente dal governo. Escluderemo dal nostro sillabo ogni insegnamento di diritto civile, nonché qualunque altra materia politica. Queste scienze saranno insegnate soltanto a pochi uomini iniziati, scelti per le loro abilità cospicue. Le università non potranno più lanciare nel mondo dei giovani inesperti, imbevuti di idee circa nuove forme costituzionali, come se queste fossero commedie o tragedie; oppure dediti ad occuparsi di questioni politiche che neppure i loro padri comprendevano. Quando la massa del popolo ha delle idee politiche sbagliate, si volge a concezioni utopistiche con il risultato di diventare un insieme di pessimi sudditi. Ciò potete giudicare da voi vedendo il sistema educativo dei Gentili; abbiamo dovuto introdurre tutti questi principi nel sistema educativo allo scopo di distruggere la loro struttura sociale: cosa che abbiamo fatto con pieno successo; ma quando saremo al potere, toglieremo dai programmi educativi tutte le materie che potrebbero turbare lo spirito dei giovani, e li ridurremo ad essere dei bimbi obbedienti, i quali ameranno il loro sovrano ed in lui riconosceranno il sostegno principale della pace e del benessere pubblico.
    Invece di far studiare i classici e la storia antica, che contengono più esempi cattivi che buoni, faremo studiare i problemi del futuro. Dalla memoria degli uomini cancelleremo il ricordo dei secoli passati, che potrebbe essere sgradevole per noi, ad eccezione di quei fatti che mostrano a colori vivaci gli errori dei governi Gentili. La base fondamentale del nostro programma educativo sarà l'insegnamento di ciò che si riferisce alla vita pratica, alla organizzazione sociale, alle relazioni fra uomo e uomo; faremo pure conferenze contro i cattivi esempi egoistici, che sono contagiosi e causa di mali; come anche su altre questioni simili relative all'istinto. Questi programmi saranno tracciati in modo differente per le differenti classi e caste, perché l'educazione di esse dovrà essere ben distinta. Importa moltissimo di insistere su questo punto, che ogni classe, o casta, dovrà essere educata separatamente, secondo la sua speciale condizione ed il suo lavoro. Eventualmente, un uomo di genio ha sempre saputo e saprà sempre penetrare in una casta più elevata della sua; ma per amore di un caso affatto eccezionale, non conviene mescolare l'educazione delle varie caste e ammettere gli uomini di basso ceto nelle classi più elevate, soltanto perché occupino i posti di coloro che son chiamati dalla nascita ad occuparli. Sapete da voi che i Gentili, quando cedettero all'idea assurda di non ammettere differenza fra le diverse classi sociali, andarono incontro al disastro.
    Affinché il sovrano abbia un posto sicuro nel cuore dei suoi sudditi, è necessario che, durante il suo regno, siano insegnate nelle pubbliche scuole e nei pubblici ritrovi, l'importanza della sua attività e la buona intenzione delle sue imprese. Aboliremo ogni specie di educazione privata. Nei giorni di vacanza gli scolari ed i loro genitori avranno il diritto di intervenire nei loro collegi, come se questi fossero dei "clubs", a riunioni nelle quali alcuni professori faranno delle conferenze, apparentemente libere, parlando sulle quistioni dei rapporti reciproci fra gli uomini, delle leggi, dei malintesi che generalmente sono la conseguenza di una concezione erronea intorno la posizione sociale degli uomini. Infine essi faranno delle lezioni sulle nuove teorie filosofiche, che non sono ancora state rivelate al mondo. Noi faremo di queste dottrine degli articoli di fede, servendocene come di gradini per l'ascendere della Fede nostra.
    Quando avrò finito di mettervi completamente al corrente del nostro programma, e quando avremo finito di discutere i nostri piani per il presente e l'avvenire, vi leggerò lo schema di tale nuova teoria filosofica. L'esperienza di molti secoli ci insegna che gli uomini vivono per le idee e ne sono guidati e che la gente viene ispirata da tali idee soltanto per mezzo dell'educazione, che può essere impartita con i medesimi risultati agli uomini di tutti i secoli, ma naturalmente con mezzi diversi. Con una metodica educazione sapremo eliminare i residui di quella indipendenza di pensiero della quale ci siamo serviti per i nostri fini da molto tempo. Abbiamo già istituito il sistema di soggiogare la mente degli uomini col così detto metodo di educazione dimostrativa (l'insegnamento oculare), il quale rende i Gentili incapaci di pensare indipendentemente, e così essi - come animali ubbidienti - attenderanno la dimostrazione di un idea prima di afferrarla. Uno dei nostri migliori agenti in Francia è il Bouroy; egli vi ha già introdotto il nuovo metodo d'insegnamento dimostrativo.


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    PROTOCOLLO XVII


    La professione il giureconsulto rende coloro che la esercitano freddi, crudeli ed ostinati, li priva di tutti i principi e li obbliga a formarsi un concetto della vita che non è umano ma puramente legale. Si abituano anche a vedere le circostanze soltanto dal punto di vista di quanto si può guadagnare facendo una difesa, senza badare alle conseguenze che essa può avere sul bene pubblico.
    Un avvocato non si rifiuta mai di difendere una causa. Egli farà di tutto per ottenere l'assoluzione a qualunque costo, attaccandosi ai più meschini cavilli della giurisprudenza, e con questi mezzi egli demoralizza il tribunale.
    Perciò noi limiteremo la sfera d'azione di questa professione e metteremo gli avvocati sulla stessa base dei funzionari esecutivi. Tanto gli avvocati patrocinatori, quanto i giudici, non avranno il diritto di intervistare i loro clienti e riceveranno il loro mandato difensivo a seconda dell'assegnazione che ne farà il tribunale [Vale a dire che i difensori saranno nominati d'ufficio e non scelti dagli accusati. (N. d. T. inglese)]. Essi studieranno la causa esclusivamente attraverso i documenti ed i rapporti, e difenderanno i loro clienti dopo che questi saranno stati interrogati in tribunale dal pubblico ministero, basando la difesa di essi sui risultati di questo interrogatorio. Il loro onorario sarà fisso senza tener conto se la difesa sia, o pur no, riuscita. Essi diventeranno dei semplici relatori in favore della giustizia, agendo in senso opposto al pubblico ministero, il quale sarà un relatore in favore dell'accusa. In questo modo la procedura legale sarà considerevolmente abbreviata. Inoltre, con questi mezzi otterremo una difesa onesta ed imparziale, la quale non sarà promossa dagli interessi materiali, ma bensì dalla convinzione personale dell'avvocato. Si avrà inoltre il grande vantaggio di metter fine a qualunque forma di subornamento e di corruzione, che all'epoca attuale può aver luogo nei tribunali di alcuni paesi.
    Abbiamo messo molto impegno nello screditare il clero dei Gentili agli occhi del popolo, e siamo così riusciti a nuocere alla sua missione che avrebbe potuto ostacolare molto il nostro cammino. L'Influenza del clero sul popolo diminuisce di giorno in giorno.
    Attualmente la libertà di religione prevale ovunque, e l'epoca che il Cristianesimo cadrà in frantumi non è oramai troppo distante. Sarà ancora più facile per noi di distruggere le altre religioni. Ma è prematuro per ora di discutere questo argomento.
    Noi ridurremo il clero e le sue dottrine a tener così poco posto nella vita, e renderemo la loro influenza così antipatica alla popolazione, che i loro insegnamenti avranno risultati opposti a quelli che avevano una volta. Quando sarà arrivata l'ora di annientare la Corte papale, una mano ignota, additando il Vaticano, darà il segnale dell'assalto. Allorquando il popolo, nella sua ira si scaglierà sul Vaticano, noi ci atteggeremo a suoi protettori per evitare lo spargimento di sangue. Con questo atto penetreremo fino al cuore di tale Corte, e nessuno potrà più scacciarcene finché non avremo distrutto la potenza papale. Il Re di Israele diventerà il vero Papa dell'universo: il Patriarca della Chiesa Internazionale.
    Ma finché non avremo compiuto la rieducazione della gioventù per mezzo di nuove religioni temporanee, per condurla alla nostra, non attaccheremo apertamente le Chiese esistenti, ma le combatteremo con la critica, la quale ha già suscitato e continuerà a suscitare dissensi fra esse.
    Genericamente parlando, la nostra stampa denuncierà i governi e le istituzioni dei Gentili, sia religiose che d'altro genere, mediante articoli d'ogni specie spogli di qualunque scrupolo, allo scopo di screditarli al massimo grado così come noi soli sappiamo fare.
    Il nostro governo somiglierà al dio centimane Vichnu degli Indiani. Ognuna delle sue cento mani terrà una delle molle della macchina sociale dello Stato.
    Sapremo tutto senza l'aiuto della polizia ufficiale, che è stata così insidiosamente corrotta da noi, da non servire ad altro che impedire ai governi dei Gentili di venire alla conoscenza dei fatti veri. Il nostro programma persuaderà una terza parte della popolazione a sorvegliare il resto, per un alto senso di dovere ed in base al principio del servizio governativo volontario. Allora non sarà più considerato come un disonore, ma anzi come cosa lodevole il fare la spia. D'altra parte, chi porterà notizie false sarà veramente punito, per evitare che l'alto privilegio del rapporto diventi un abuso. I nostri agenti verranno scelti tanto fra le classi alte quanto fra le basse. Li prenderemo fra gli amministratori, editori, stampatori, librai, impiegati, operai, cocchieri, lacchè ecc. Questa forza poliziesca, non avrà nessun potere indipendente di azione e nessun diritto di prendere qualsiasi misura di sua iniziativa; quindi il dovere di questa polizia impotente consisterà semplicemente nel fare dei rapporti e delle testimonianze. La verifica dei suoi rapporti, e gli arresti, dipenderanno da un gruppo di ispettori di polizia responsabili. Gli arresti saranno fatti da gendarmi e da guardie di città. Qualunque persona, che avendone l'incarico, ometta di far rapporto d'una mancanza qualsiasi, anche piccola, in fatto di politica, sarà punita per delittuoso nascondimento di delitto, se potrà provarsi che ne è colpevole. Analogamente devono agire ora i nostri fratelli, devono cioè di loro iniziativa denunziare alle autorità competenti tutti gli apostati, nonché tutte le azioni che potrebbero essere contrarie alla nostra legge. Nel nostro Governo Universale, tutti i nostri sudditi avranno il dovere di servire il nostro sovrano agendo nel modo suddetto.
    Un'organizzazione come la nostra sradicherà ogni abuso di potere nonché le varie forme di subornamento e di corruzione. Insomma, essa distruggerà tutte le idee con le quali abbiamo contaminato la vita dei Gentili mediante le nostre teorie sopra i diritti sovrumani.
    Come avremmo potuto riuscire al nostro intento di creare il disordine nelle istituzioni amministrative dei Gentili, se non con mezzi simili? Fra i più importanti mezzi per corrompere le loro istituzioni, vi è l'uso di quegli agenti che sono in grado - per la loro attività distruttiva individuale - di contaminare gli altri, svelando e sviluppando le loro tendenze corrotte, quali l'abuso del potere e l'uso sfacciato della corruzione.


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    PROTOCOLLO XVIII


    Quando verrà per noi il momento di prendere delle misure speciali di polizia imponendo l'attuale sistema russo dell'"Okhrana" (il più pericoloso veleno per il prestigio dello Stato) susciteremo dei tumulti fittizi fra la popolazione, oppure la indurremo a mostrare una irrequietezza prolungata, al che riusciremo con l'aiuto di buoni oratori i quali troveranno molti simpatizzanti, ciò che ci fornirà la scusa di perquisire le abitazioni, nonché di sottoporre le persone a restrizioni speciali, servendoci dei nostri dipendenti che contiamo nella polizia dei Gentili.
    Siccome la più gran parte dei cospiratori sono spinti dalla passione che hanno sia per la congiura, sia per le chiacchiere, non li toccheremo fin tanto che non li vedremo sul punto di mettersi ad agire contro di noi, e ci limiteremo ad introdurre fra essi un - per così dire - elemento delatore. Dobbiamo ricordarci che un potere perde di prestigio ogni qual volta scopre una congiura pubblica diretta contro di esso. In simile rivelazione è implicita la presunzione della sua debolezza, nonché, cosa ancora più dannosa, l'ammissione dei suoi errori. Dovete sapere che abbiamo distrutto il prestigio dei Gentili regnanti, mediante numerosi assassini privati, compiuti dai nostri agenti, pecore cieche del nostro gregge, che possono facilmente essere indotte a commettere un delitto purché sia di carattere politico.
    Obbligheremo i governanti a riconoscere la propria debolezza coll'introdurre apertamente delle misure speciali di polizia, tipo "Okhrana", e così scuoteremo il prestigio del loro potere.
    Il nostro sovrano sarà protetto da una guardia segretissima, giacché non permetteremo mai che si possa credere possibile una congiura contro il nostro sovrano, che egli non sia in grado di sventarla personalmente, o dalla quale egli sia costretto a nascondersi. Se permettessimo che prevalesse un'idea simile, come prevale fra i Gentili, firmeremmo la condanna a morte del nostro sovrano, e se non di lui personalmente, della sua dinastia.
    Il nostro sovrano, osservando scrupolosamente le apparenze userà del suo potere soltanto per il beneficio della nazione, e giammai per il suo bene personale, o della sua dinastia.
    Con questo severo mantenimento del suo decoro, otterrà il risultato che la sua potenza sarà onorata e protetta dai suoi stessi sudditi. Essi adoreranno la potenza del sovrano, ben sapendo che ad esso è collegato il benessere dello Stato perché da esso dipende l'ordine pubblico. Far la guardia al Re apertamente, equivale ad ammettere la debolezza del suo potere.
    Il nostro sovrano sarà sempre in mezzo al suo popolo ed avrà l'apparenza di essere circondato da una folla indiscreta di uomini e di donne, che per puro caso, in apparenza, occuperà sempre le file più prossime a lui, tenendo così indietro il resto della gente, soltanto per conservare l'ordine. Questo esempio insegnerà agli altri la padronanza di sé stessi. Nel caso che un supplicante fra il popolo, volendo presentargli una domanda, arrivi a farsi strada attraverso alla folla, coloro che sono nelle prime file prenderanno la sua petizione e la consegneranno al sovrano alla presenza del supplicante stesso, acciocché ognuno sappia che tutte le petizioni giungono al Sovrano e che egli stesso controlla tutti gli affari. Il prestigio del potere deve, per sussistere, occupare una posizione tale che il popolo possa dire: "Se il Re solamente potesse sapere!" oppure: "Quando il Re lo saprà!".
    Il misticismo che circonda la persona del sovrano svanisce appena lo si vede attorniato da una guardia di polizia. Quando viene fatto uso di una simile guardia, qualunque assassino con una certa audacia, può considerarsi più forte della guardia e quindi, realizzando la sua forza, basta che egli attenda il momento propizio e potrà assalire il re. Non predichiamo questa dottrina ai Gentili; potete constatare da voi stessi il risultato che ha avuto il sistema di circondare di guardie visibili i sovrani dei Gentili. Il nostro Governo arresterà tutti gli individui che più o meno giustamente sospetterà di essere delinquenti politici. Non è prudente che, per il timore di giudicare erroneamente qualcuno, si dia l'opportunità di fuggire alle persone sospette di tali delitti verso di esse saremo spietati. Si potrà forse, in casi eccezionali, prendere in considerazione alcune circostanze attenuanti a favore di delinquenti comuni, ma non vi possono essere attenuanti per un delitto politico; vale a dire che non esiste giustificazione per un uomo che si lasci trascinare ad occuparsi di politica, cosa che nessuno, fuorché il regnante, ha il diritto di comprendere. Ed invero neppure tutti i governanti sono capaci di comprendere la vera politica.


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    PROTOCOLLO XIX


    Sarà proibito a tutti di lasciarsi coinvolgere in faccende politiche; ma d'altra parte incoraggeremo ogni genere di rapporti e di petizioni sottoponenti all'approvazione del Governo proposte relative a miglioramenti della vita sociale e nazionale. Con questi mezzi conosceremo gli errori del nostro governo e le aspirazioni dei nostri sudditi. Risponderemo a questi suggerimenti accettandoli, oppure, se non saranno accettabili, confutandoli con validi argomenti per dimostrare che la loro realizzazione è impossibile e basata sopra una concezione miope degli affari.
    La sedizione non ha più importanza dell'abbaiare di un cane contro un elefante. In un governo bene organizzato dal punto di vista sociale, ma non dal punto di vista della sua polizia, il cane abbaia contro l'elefante senza comprenderne la forza, ma basta che l'elefante glie la dimostri dandogli una buona lezione, perché tutti i cani smettano di abbaiare.
    Per togliere al colpevole politico la sua corona di eroismo, lo metteremo al livello degli altri delinquenti, alla pari con i ladri, gli assassini ed i più ripugnanti malfattori. Abbiamo fatto il possibile per impedire ai Gentili di adottare questo sistema. Per raggiungere lo scopo ci siamo serviti della stampa, di discorsi in pubblico e di libri scolastici di storia ingegnosamente compilati; abbiamo così fatto nascere l'idea che ogni assassino politico sia un martire, morto per l'ideale del benessere umano. Una "reclame" così estesa ha moltiplicato il numero dei liberali e ha ingrossato le file dei nostri agenti di migliaia di Gentili.


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    PROTOCOLLO XX


    Oggi mi occuperò del nostro programma finanziario, che ho riservato per la fine della mia relazione, in quanto è il problema più difficile ed anche perché costituisce la clausola finale dei nostri piani. Prima di discuterlo, vorrei rammentarvi ciò che vi ho già accennato, e cioè che tutta la nostra politica si riduce ad una quistione di cifre.
    Quando assumeremo il potere, il nostro governo autocratico eviterà, per il suo interesse personale, di imporre al popolo delle tasse pesanti e terrà sempre presente la parte che deve rappresentare; quella cioè, di un padre, di un protettore. Ma siccome l'organizzazione del governo assorbirà vaste somme di denaro, sarà tanto più necessario di procacciare i mezzi necessari per mantenerla. Quindi dovremo studiare e risolvere questo problema con la massima cura, procurando che il peso delle imposte sia distribuito equamente.
    Per mezzo di una finzione legale il nostro sovrano sarà proprietario di tutti i possedimenti dello Stato (ciò si mette in pratica colla massima facilità). Egli potrà prelevare quelle somme di denaro che saranno necessarie per regolare la circolazione monetaria del Paese. Quindi il metodo più adatto per soddisfare le spese governative sarà la tassazione progressiva della proprietà. Così le imposte saranno pagate senza l'oppressione e la rovina del popolo, e l'ammontare relativo dipenderà dal valore di ciascuna proprietà individuale. I ricchi dovranno comprendere che hanno il dovere di dare una parte della loro soverchia ricchezza al governo, perché questo garantisce loro il possesso sicuro del rimanente, ed inoltre dà loro di diritto di guadagnare del denaro onestamente. Dico onestamente, perché il controllo della società impedirà i furti sul terreno legale.
    Questa riforma sociale deve essere la prima e più importante del nostro programma, essendo la garanzia principale della pace. Essa non ammette indugi di sorta.
    La tassazione dei poveri è l'origine di tutte le rivoluzioni e produce sempre un grave danno al governo, perché questo, sforzandosi di estorcere denaro dal popolo, perde l'occasione di ottenerlo dai ricchi. La tassazione del capitale farà diminuire le ricchezze dei privati, nelle cui mani le abbiamo lasciate accumulare sino ad ora appositamente, perché i plutocrati agissero da contrappeso ai governi dei Gentili e alle loro finanze. La tassazione progressiva applicata proporzionalmente alle fortune individuali, produrrà assai più del sistema attuale di tassare tutti egualmente. Questo sistema è, al momento attuale (1901) essenziale per noi, perché genera il malcontento fra i Gentili [Si noti che questa conferenza fu tenuta nel 19O1. (Nota del T. inglese)]. Il potere del nostro sovrano si baserà principalmente sul fatto, che egli sarà garante dell'equilibrio del potere e della pace perpetua del mondo. Quindi, per ottenere questa pace, i capitalisti dovranno rinunciare ad una parte delle loro ricchezze, salvaguardando così l'azione del governo. Le spese dello Stato devono essere pagate da coloro che sono meglio in grado di sostenerle e col denaro che si potrà togliere ad essi. Tale misura farà cessare l'odio delle classi popolari per i ricchi, perché esse vedranno in costoro i necessari sostegni finanziari del governo, riconosceranno in essi, inoltre, i sostenitori della pace e del benessere pubblico. Le classi povere comprenderanno che i ricchi forniscono i mezzi per i benefizi sociali.
    Per evitare che le classi intelligenti, vale a dire i contribuenti, si lagnino soverchiamente del nuovo sistema di tassazione, daremo ad esse dei resoconti particolareggiati, esponendo chiaramente il modo come il loro denaro viene speso; eccettuato, si capisce, quella parte che sarà impiegata per i bisogni privati del Sovrano e per le esigenze dell'amministrazione.
    Il Sovrano non avrà alcuna proprietà privata, perché tutto ciò che è nello Stato gli apparterà. Se al Sovrano fosse concesso di possedere privatamente, sembrerebbe che non è di sua proprietà tutto ciò che è nello Stato.
    I congiunti del Sovrano, eccettuato il Suo erede, il quale sarà anche mantenuto a spese del governo, dovranno servire come funzionari governativi, oppure lavorare, allo scopo di conservare il diritto di possedere: il privilegio di essere di sangue reale non concederà loro il diritto di vivere alle spalle dello Stato.
    Vi sarà una tassa di bollo progressiva su tutte le vendite e compere, nonché tasse di successione. Qualunque contratto senza il bollo necessario sarà considerato illegale, ed il proprietario antecedente sarà obbligato a pagare al Governo una percentuale sulla tassa dal giorno della vendita. Ogni documento di garanzia del trasferimento di un diritto di una proprietà, ecc., da una persona ad un'altra, dovrà essere portato ogni settimana all'ispettore locale delle tasse, unendovi una dichiarazione con nome e cognome del possessore attuale e del precedente, nonché l'indirizzo permanente di ambedue.
    Simile procedura sarà necessaria per i trasferimenti sorpassanti un certo valore; eccedenti cioè l'ammontare della spesa media giornaliera. La vendita delle cose più necessarie sarà soggetta soltanto ad una marca da bollo di valore stabilito.
    Calcolate quante volte il valore di una simile tassazione sorpasserà la rendita dei governi Gentili.
    Lo Stato dovrà tenere in riserva una certa quota di capitale, e nel caso che la rendita proveniente della tassazione venisse a sorpassare questa somma specificata, la somma risultante in più dovrà essere rimessa in circolazione. Queste somme in eccesso saranno spese organizzando ogni sorta di lavori pubblici.
    La direzione di questi lavori dipenderà da un dipartimento governativo, e quindi gli interessi delle classi operaie saranno strettamente collegati a quelli del governo e del loro Sovrano. Una parte di questo denaro soverchio sarà destinato a premiare le invenzioni e le produzioni.
    È di prima importanza d'impedire che la moneta rimanga inattiva nelle banche dello Stato, al disopra di una somma specificata che possa essere destinata a qualche scopo speciale; perché il denaro è fatto per circolare, e qualunque congestione di denaro ha sempre un effetto disastroso sul corso degli affari dello Stato, giacché la moneta agisce quale lubricante del meccanismo statale, e se il lubricante si condensa, il funzionamento della macchina si arresta in conseguenza. Il fatto che le cartelle di rendita hanno sostituito la moneta in gran parte, ha creato una congestione simile a quella ora descritta. Le conseguenze di questo fatto sono abbastanza evidenti.
    Istituiremo pure un dipartimento per la revisione dei conti, sicché il Sovrano possa a qualunque momento ricevere un rendiconto completo delle spese del governo e delle sue rendite. Ogni rendiconto sarà tenuto rigorosamente al corrente, fuorché quelli del mese in corso e del precedente. L'unica persona che non avrebbe alcun interesse a derubare la banca dello Stato è il suo proprietario - il Sovrano -. Per questa ragione il suo controllo impedirà qualunque possibilità di perdite o di spese non necessarie.
    Saranno aboliti i ricevimenti di etichetta, che sciupano il tempo prezioso del Sovrano, e ciò per dargli maggiori opportunità di attendere agli affari dello Stato. Sotto il nostro governo il Sovrano non sarà circondato da cortigiani, i quali generalmente si pavoneggiano intorno alla sua persona soltanto per vanità, e si preoccupano esclusivamente dei propri interessi, trascurando, come fanno, il benessere dello Stato.
    Tutte le crisi economiche da noi combinate con tanta astuzia nei paesi dei Gentili, sono state determinate ritirando il denaro dalla circolazione. Lo Stato si è trovato nella necessità per i suoi prestiti di fare appello alle grandi fortune che sono congestionate pel fatto che la moneta è stata ritirata dal governo. Questi prestiti hanno imposto dei pesanti carichi sui governi, obbligandoli a pagare interessi, e così sono legati mani e piedi.
    La concentrazione della produzione nelle mani del capitalismo ha prosciugato tutta la forza produttrice del popolo insieme alle ricchezze dello Stato. La moneta, al momento attuale, non può soddisfare i bisogni della classe operaia, perché non è sufficiente per tutti.
    L'emissione della moneta deve corrispondere all'aumento della popolazione, e bisogna considerare i bambini come consumatori di moneta fino dal giorno della loro nascita. Una verifica della moneta di tanto in tanto è una quistione vitale per il mondo intero.
    Sapete, io credo, che la moneta aurea è stata la distruzione di tutti gli Stati che l'hanno adottata, perché non poteva soddisfare ai bisogni della popolazione; tanto più che noi abbiamo fatto del nostro meglio, perché fosse congestionata e tolta dalla circolazione.
    Il nostro governo avrà una moneta basata sul valore della potenza di lavoro del paese; essa sarà di carta, e magari anche di legno. Emetteremo una quantità di moneta sufficiente per ogni suddito, aumentandone la quantità alla nascita di ogni bambino e diminuendola per la morte di ogni individuo. I conti governativi saranno tenuti da governi locali separati e da uffici provinciali. Per evitare ritardi nei pagamenti delle spese governative, il Sovrano in persona emetterà ordini regolanti i termini di pagamento di dette somme, mettendo così fine ai favoritismi usati qualche volta dai ministri delle finanze ad alcuni dipartimenti.
    I resoconti degli introiti e delle spese dello Stato saranno tenuti insieme, perché si possa sempre confrontarli.
    I piani che faremo per la riforma delle istituzioni di finanza dei Gentili saranno applicati in maniera tale che essi non se ne accorgeranno mai. Metteremo in evidenza la necessità di riforme, come se siano dovute allo Stato disordinato raggiunto dalle finanze dei Gentili. Dimostreremo che la prima ragione di questa cattiva condizione finanziaria, sta nel fatto che essi principiano il loro anno finanziario facendo un calcolo approssimativo pel bilancio annuo governativo, l'ammontare del quale aumenta di anno in anno, e per la ragione seguente: si riesce a stento a far durare le somme assegnate al bilancio governativo annuale sino alla metà dell'anno; quindi si presenta un nuovo bilancio governativo riveduto, e la somma relativa viene spesa generalmente in tre mesi. Dopo questo viene votato un bilancio supplementare, e alla fine dell'anno i conti sono sistemati mediante un bilancio di liquidazione.
    Il bilancio di un anno è basato sulla spesa totale dell'anno precedente, quindi in ogni anno avviene una deviazione di circa il 50 per cento sulla somma nominale, ed il bilancio annuo alla fine di un decennio è triplicato. Grazie a simile procedura, tollerata dai Gentili negligenti, le loro riserve sono state prosciugate. Quindi, quando giunse il periodo dei prestiti, questo periodo vuotò le banche statali, portandole sull'orlo del fallimento.
    Potete facilmente comprendere, che un'amministrazione delle finanze di questo genere, che abbiamo indotto i Gentili a seguire, non può essere adottato dal nostro governo. Ogni prestito dimostra la debolezza del governo e la sua incapacità a comprendere i suoi diritti. Ogni prestito, come la spada di Damocle, pende sulla testa dei governanti, che invece di prelevare certe somme direttamente dalla nazione per mezzo di una tassazione temporanea, vanno dai nostri banchieri col cappello in mano.
    I prestiti all'estero sono come sanguisughe che non si possono distaccare dal corpo del governo, finché non cascano da sé, o finché il governo non riesce a sbarazzarsene. Ma i governi dei Gentili non desiderano di togliersi di dosso queste sanguisughe; al contrario ne aumentano il numero, ed è perciò che il loro Stato è destinato a morire dissanguato e per colpa loro. Perché, cosa è un prestito all'estero se non un sanguisugo? Un prestito è una emissione di carta governativa che implica l'impegno di pagare un interesse ammontante ad una certa percentuale della somma totale di denaro preso in prestito. Se un prestito è al cinque per cento, in venti anni il governo avrà inutilmente pagato una somma equivalente a quella del prestito per coprirne la percentuale. In 40 anni avrà pagato due volte ed in 60 anni tre volte la somma iniziale, ma il prestito resterà sempre un debito non pagato.
    Da questo calcolo è evidente che simili prestiti, dato l'attuale sistema di tassazione (1901), toglieranno fino l'ultimo centesimo al povero contribuente per pagare gl'interessi ai capitalisti stranieri, dai quali lo Stato ha preso in prestito il denaro invece di raccogliere dalla nazione, per mezzo di tasse, la somma necessaria libera di interessi.
    Fin tanto che i prestiti erano interni, i Gentili non facevano che trasferire il denaro dalle tasche dei poveri in quelle dei ricchi; ma da quando riuscimmo, corrompendo chi di ragione, a far sostituire prestiti all'estero a quelli all'interno, tutte le ricchezze degli Stati affluirono nelle nostre casseforti, e tutti i Gentili principiarono a pagarci ciò che si può chiamare tributo.
    A causa della loro trascuratezza nella scienza del governo, o a causa della corruzione dei loro ministri, o della loro ignoranza in fatto di finanza, i sovrani Gentili hanno reso i loro paesi debitori delle nostre banche ad un punto tale, che non potranno mai redimere le loro ipoteche. Dovete comprendere quante fatiche e quante pene abbiamo sopportato per riuscire a produrre un simile stato di affari.
    Nel nostro governo avremo grande cura che non succeda una congestione di danaro e quindi non avremo prestiti di Stato, eccezione fatta di buoni del Tesoro all'uno per cento, per impedire che il pagamento della percentuale esponga il paese ad essere succhiato dalle mignatte.
    Il diritto di emettere obbligazioni sarà concesso esclusivamente alle ditte commerciali, le quali non avranno alcuna difficoltà a pagare le percentuali con i loro profitti, perché prendono in prestito il denaro per imprese commerciali. Ma il governo non può trarre profitto da denaro preso in prestito, perché si rende debitore unicamente per spendere ciò che si è fatto imprestare.
    Il nostro governo compererà anche azioni commerciali, diventando così un creditore invece di esser come ora un debitore e pagatore di tributi. Questa misura metterà fine all'indolenza e alla negligenza, che ci furono utili fintanto che i Gentili furono indipendenti, ma sarebbero dannose al nostro governo. La vacuità del cervello puramente animale dei Gentili è dimostrata dal fatto, che quando prendevano denaro ad imprestito da noi con interessi essi non riuscirono a capire, che ogni somma così ottenuta avrebbero dovuto in ultima analisi farla uscir fuori dalle risorse del loro paese, insieme coi relativi interessi. Sarebbe stato assai più semplice di prelevare senz'altro tale danaro dal popolo, senza doverne pagare gli interessi ad altri. Questo dimostra il nostro genio ed il fatto che il nostro è il popolo eletto da Dio. Siamo riusciti a presentare ai Gentili il problema dei prestiti sotto una buona luce così favorevole, che essi hanno persino creduto di ricavarne profitto.
    I nostri conti presuntivi, che produrremo al momento opportuno, che sono stati elaborati coll'esperienza dei secoli, e che ponderavamo mentre i Gentili governavano, differiscono da quelli di costoro per la loro straordinaria lucidità, dimostreranno quanto siano benefici i nostri piani. Questi metteranno fine ad abusi come quelli per mezzo dei quali siamo diventati i padroni dei Gentili e che non possono essere permessi nel nostro regno. Il nostro bilancio governativo sarà sistemato in modo tale che nessuno, dal regnante in persona all'impiegato più insignificante, potrà stornarne la più piccola somma e servirsene per qualsiasi altro uso diverso da quello primieramente prestabilito, senza essere scoperto. È impossibile governare con successo senza un piano definitivamente prestabilito. Persino i cavalieri e gli eroi muoiono, quando prendono una strada senza sapere dove conduca e quando partono per un viaggio senza essere bene equipaggiati.
    I sovrani dei Gentili, che furono, anche col nostro aiuto, indotti a trascurare l'adempimento dei loro doveri governativi per mezzo di rappresentazioni, divertimenti, pompe ed altri svaghi, non furono altro che dei paraventi per nascondere i nostri intrighi.
    Le relazioni dei nostri seguaci, che venivano mandati a rappresentare il Governo nei suoi doveri pubblici, furono compilate dai nostri agenti. In ogni occasione queste relazioni riuscirono gradite alle menti poco accorte dei Sovrani, perché erano sempre accompagnate dai vari suggerimenti per future economie. Essi avrebbero potuto domandarsi come fosse possibile far economie mettendo nuove tasse; ma essi non chiesero nulla.
    Voi sapete in quali condizioni di caos finanziario si sono ridotti per colpa loro, con la loro negligenza. Essi hanno finito per fallire malgrado le ardue fatiche dei loro sudditi.






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    PROTOCOLLO XXI


    Aggiungerò ora qualche parola a ciò che vi dissi alla nostra ultima assemblea, e vi farò una spiegazione dettagliata dei prestiti all'interno. Ma non discuterò ulteriormente i prestiti all'estero, perché essi hanno riempito i nostri forzieri di denaro tolto ai Gentili ed anche perché il nostro governo universale non avrà vicini esteri dai quali esso possa prendere a prestito.
    Ci siamo serviti della corruzione degli amministratori e della negligenza dei sovrani Gentili per raddoppiare e triplicare il denaro imprestato da noi ai loro governi e del quale in realtà non abbisognavano. Chi potrebbe fare altrettanto a noi? Quindi mi occuperò soltanto dei prestiti all'interno.
    Quando il governo annunzia un prestito di questo genere, apre una sottoscrizione per i certificati relativi. Questi, perché siano alla portata di tutte le borse, saranno di tagli piccolissimi. I primi sottoscrittori possono comprare sotto alla pari. Il giorno seguente il prezzo dei titoli viene alzato, per dare l'impressione che tutti desiderano comprarli.
    Nel corso di pochi giorni le casseforti dell'erario sono colme con tutto denaro che è stato sottoscritto in più. (Perché continuare ad accettare denaro per un prestito già soverchiamente sottoscritto?). La sottoscrizione ha evidentemente sorpassato di molto la somma richiesta; in questo consiste tutto il risultato; evidentemente il pubblico ha fiducia nel governo.
    Ma quando la commedia è finita, rimane il fatto che vi è un grosso debito, e che per pagarne gli interessi il governo deve ricorrere ad un nuovo prestito, il quale alla sua volta non annulla il debito dello Stato; ma anzi lo aumenta. Quando la capacità governativa di prendere in prestito è esaurita, gli interessi dei nuovi prestiti debbono essere pagati con nuove tasse; le quali non sono altro che nuovi debiti contratti per coprirne altri.
    Allora viene il periodo di conversione dei prestiti; ma dette conversioni non fanno che diminuire la quantità dell'interesse da pagare, senza cancellare il debito. Inoltre si possono fare solamente col consenso dei creditori. I Governi quando danno l'avviso di queste conversioni, accordano ai creditori il diritto di accettarle, o di essere rimborsati dei loro denari se non desiderano di accettarle; ma se ognuno reclamasse il proprio denaro, i Governi sarebbero presi nella propria rete e non potrebbero rimborsare tutto il denaro. Fortunatamente i sudditi dei governi Gentili non si intendono molto di finanza, ed hanno sempre preferito di subire un ribasso nel valore dei loro titoli ed una diminuzione di interessi, piuttosto che rischiare un nuovo investimento. Così hanno spesse volte dato la possibilità ai loro governi di sbarazzarsi di un debito, che probabilmente ammontava a parecchi milioni.
    I Gentili non oserebbero fare una cosa simile con i prestiti all'estero, ben sapendo che in tal caso noi tutti richiederemo il rimborso del nostro denaro.
    Con un'azione simile il governo dichiarerebbe apertamente il suo fallimento, e ciò dimostrerebbe chiaramente al popolo che i suoi interessi non hanno nulla di comune con quelli del suo governo.
    Desidero di fermare la vostra attenzione in modo speciale su quanto ho detto, ed anche sul seguente fatto, che attualmente tutti i prestiti all'interno sono consolidati dai cosidetti prestiti temporanei; vale a dire, da debiti a breve scadenza, formati dal denaro depositato nelle Banche dello Stato e nelle Casse di Risparmio. Questo denaro, essendo a disposizione del Governo per un periodo di tempo considerevole, serve a pagare gli interessi dei prestiti all'estero, ed il Governo deposita nelle Banche, invece di esso, dei titoli di Stato, i quali coprono tutti i deficit nelle casseforti statali dei Gentili.
    Quando il nostro sovrano sarà sul suo trono mondiale, tutte queste scaltre operazioni finanziarie svaniranno. Distruggeremo il mercato dei valori pubblici, perché non permetteremo che il nostro prestigio sia scosso dal rialzo e ribasso dei nostri titoli, il cui valore sarà stabilito per legge alla pari, senza possibilità alcuna di qualsiasi variazione di prezzo. Il rialzo origina il ribasso, ed è per mezzo dei rialzi che abbiamo cominciato a discreditare i titoli pubblici dei Gentili.
    Alle Borse sostituiremo enormi organizzazioni governative, che avranno il dovere di tassare le imprese commerciali in quel modo che il governo crederà opportuno. Queste istituzioni saranno in grado di gettare sul mercato milioni e milioni di azioni commerciali, o di comperarle in un sol giorno. Quindi tutte le imprese commerciali dipenderanno da noi, e vi potete immaginare quale forza sarà la nostra.


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    PROTOCOLLO XXII


    Con tutto quello che ho detto sino ad ora, ho cercato di farvi un quadro dal vero del mistero degli avvenimenti attuali nonché dei passati, i quali scorrono tutti nel fiume del destino, e se ne vedranno le conseguenze nel futuro prossimo. Vi ho mostrato i nostri piani segreti, per mezzo dei quali agiamo sui Gentili, nonché la nostra politica finanziaria: devo aggiungere ancora solo poche parole.
    Nelle nostre mani è concentrata la più grande potenza del momento attuale, vale a dire la potenza dell'oro. In due soli giorni possiamo estrarre qualsiasi somma dai depositi segreti dei nostri tesori.
    È ancora necessario per noi di provare che il nostro regno è voluto da Dio? È possibile che, possedendo così vaste ricchezze, non riusciamo a dimostrare che tutto l'oro da noi ammassato in tanti secoli, non aiuterà la nostra vera causa per il bene, cioè per il ripristinamento dell'ordine sotto il nostro regime? Forse bisognerà ricorrere in certa misura alla violenza; ma tale ordine sarà certamente ristabilito. Dimostreremo di essere i benefattori che hanno restituito la libertà e la pace al mondo torturato. Offriremo al mondo questa possibilità di pace e di libertà, ma certamente ad una condizione sola, e cioè che il mondo aderisca strettamente alle nostre leggi. Inoltre faremo chiaramente comprendere a tutti, che la libertà non consiste nella dissolutezza, né nel diritto di fare ciò che si vuole. Dimostreremo pure che né la posizione, né il potere, dànno ad un uomo il diritto di propugnare principi perniciosi, come ad esempio la libertà di religione, l'uguaglianza, o idee simili. Renderemo inoltre ben chiaro, che la libertà individuale non dà il diritto a chicchessia di eccitarsi o di eccitare altri facendo dei discorsi ridicoli alle masse turbolenti. Insegneremo al mondo che la vera libertà consiste unicamente nell'inviolabilità di persona, di domicilio e di proprietà per chiunque aderisce onestamente a tutte le leggi della vita sociale. Insegneremo che la posizione di un uomo sarà in relazione al concetto che egli ha dei diritti altrui, e che la sua dignità personale deve vietargli fantasticherie circa sé stesso.
    La nostra potenza sarà gloriosa, perché sarà immensa e regnerà e guiderà e certamente non darà ascolto ai caporioni popolari, o a qualunque altro oratore vociferante parole insensate alle quali si attribuisce l'altosonante titolo di "principii elevati", mentre non sono altro che utopie. La nostra potenza sarà l'organizzatrice dell'ordine in cui consiste la felicità dei popoli. Il prestigio di questa potenza sarà tale, che avrà l'adorazione mistica, nonché la soggezione di tutte le nazioni. Una potenza vera non si piega ad alcun diritto, neanche a quello di Dio. Nessuno oserà avvicinarsi ad essa allo scopo di toglierle sia pure un briciolo della sua forza.


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    PROTOCOLLO XXIII


    Perché il popolo si abitui all'ubbidienza, deve essere educato alla modestia e alla moderazione; quindi diminuiremo la produzione degli oggetti di lusso. Con questi mezzi introdurremo per forza la moralità, che ora viene corrotta dalla continua rivalità nel campo del lusso. Patrocineremo le industrie casalinghe, per danneggiare le fabbriche private. La necessità di tali riforme è anche nel fatto che i padroni di grandi fabbriche private spesse volte incitano, forse anche inconsciamente, i loro operai contro il governo.
    La popolazione impiegata nelle industrie locali non conosce il significato delle parole: "senzalavoro" ; e questo fa sì che essa è attaccata al regime esistente e la invoglia ad appoggiare il governo. La disoccupazione è il più grande pericolo per il Governo; essa avrà servito al nostro scopo appena, per mezzo suo, saremo giunti al potere.
    L'ubriachezza sarà pure proibita e considerata un delitto contro l'umanità e come tale punita, perché sotto l'influenza dell'alcool l'uomo somiglia alla bestia.
    Le nazioni si sottomettono ciecamente soltanto ad una potenza forte che sia totalmente indipendente da esse e nelle cui mani esse vedano scintillare una spada che serva come arma di difesa contro tutte le insurrezioni sociali. Perché dovrebbero desiderare che il loro sovrano abbia l'anima di un angelo? Anzi, esse devono vedere in lui la personificazione della forza e della potenza. Deve sorgere un regnante che sostituisca i governi esistenti, viventi sopra una folla che abbiamo demoralizzato colle fiamme della anarchia. Questo regnante dovrà anzitutto spegnere queste fiamme, che senza tregua sprizzano da ogni lato. Per raggiungere questo scopo, egli dovrà distruggere tutte le società che possono dar origine a queste fiamme, anche a costo di versare il suo proprio sangue. Egli dovrà costituire un esercito bene organizzato, che lotterà energicamente contro l'infezione anarchica che può avvelenare il corpo del governo.
    Il nostro Sovrano sarà prescelto da Dio e consacrato dall'alto allo scopo di distruggere tutte le idee influenzate dall'istinto e non dalla ragione, da principî brutali e non dall'umanità. Al momento attuale questi concetti prevalgono con grande successo, e le conseguenze sono i furti e la violenza compiuti sotto lo stendardo del diritto e della libertà.
    Queste idee hanno distrutto tutte le organizzazioni sociali, conducendo così al regno del Re di Israele. Ma la loro azione nefasta sarà finita appena il regno del nostro Sovrano comincerà. Allora le spazzeremo via tutte, perché sulla strada del nostro Sovrano non possa esservi del fango.
    Allora potremo dire alla nazione: "Pregate Iddio e prosternatevi a Colui che porta il segno della predestinazione del mondo, di Cui Iddio in persona ha guidato la stella affinché nessuno fuorché Lui potesse liberare l'umanità da ogni peccato".


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    PROTOCOLLO XXIV


    Ora parlerò del mezzo di cui ci serviremo per rafforzare la dinastia del Re Davide, affinché essa possa durare fino al giorno del giudizio finale.
    Il nostro modo di render sicura la dinastia consisterà, in massima, nell'applicazione dei medesimi principii che hanno posto il maneggio degli affari del mondo nelle mani dei nostri savi; cioè la direzione e l'educazione dell'intera razza umana. Diversi membri del seme di David prepareranno i Re ed i loro Successori, i quali saranno eletti non per diritto ereditario, ma per la loro capacità individuale. Questi successori saranno iniziati ai nostri misteri segreti politici ed ai nostri piani di governo avendo massima cura perché nessun altro possa averne conoscenza.
    Queste misure saranno necessarie perché tutti sappiano che sono degni di regnare solamente gli iniziati ai misteri dell'alta politica. Solo a tali uomini sarà insegnata l'applicazione pratica dei nostri piani, servendosi dell'esperienza di molti secoli. Saranno iniziati alle conclusioni dedotte dalle osservazioni sul nostro sistema politico ed economico, nonché a tutte le scienze sociali. Insomma, apprenderanno il vero spirito delle leggi che sono state stabilite dalla natura stessa per governare l'umanità.
    I successori diretti del Sovrano saranno scartati, se durante la loro educazione daranno prova di essere frivoli o di cuore mite, oppure qualora mostrino qualche altra tendenza che potrebbe essere deleteria al loro potere, che potrebbe renderli incapaci di governare, o anche essere pericolosa al prestigio della corona.
    Solamente agli uomini capaci di governare con fermezza, benché forse con crudeltà, saranno affidate le redini del governo dai nostri anziani.
    In caso di malattia, o di perdita di energia, il nostro Sovrano sarà costretto a cedere le redini del governo a quelli della sua famiglia che avranno dimostrato di essere più capaci di lui. I progetti immediati del Re, e tanto più quelli per il futuro, non saranno conosciuti neanche dai suoi più intimi Consiglieri. Solamente il nostro Sovrano ed i Tre che lo avranno iniziato, conosceranno il futuro. Nella persona del Sovrano, che regnerà con una volontà incrollabile, controllando sé stesso come l'umanità, il popolo vedrà - per così dire - il destino personificato e le sue vie umane. Nessuno conoscerà i fini dei Sovrano quando emetterà i suoi ordini, quindi nessuno oserà ostacolare il suo misterioso cammino.
    S'intende che il Sovrano dovrà essere capace di eseguire i nostri piani. Quindi non salirà al trono fino a che la sua intelligenza non sia stata accertata dai nostri savi.
    Perché tutti i sudditi amino e venerino il loro Sovrano, egli dovrà spesso parlare in pubblico. Questo farà armonizzare le due potenze, vale a dire, quella della popolazione e quella del regnante, che abbiamo scisso nei paesi gentili, facendo sì che si temessero vicendevolmente questo noi facemmo perché queste due potenze, una volta scisse, cadessero sotto la nostra influenza.
    Il Re di Israele non deve essere sotto l'influenza delle sue passioni e specialmente di quelle dei sensi. Egli non deve permettere agli istinti animali di avere il sopravvento sullo spirito. La sensualità, più di qualunque altra passione, distrugge sicuramente tutte le forze mentali e di preveggenza; essa distrae il pensiero degli uomini verso il lato peggiore della natura umana.
    Il Sostegno dell'Universo nella persona del Regnante Mondiale, germogliato dal Seme Santo di Davide, deve rinunciare a tutte le passioni personali per il bene del suo popolo.
    Il nostro Sovrano deve essere irreprensibile.

    Firmato dai rappresentanti di Sion
    del 33° grado.


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    EPILOGO DI SERGYEI NILUS


    Questi appunti furono tolti clandestinamente da un grande libro di appunti per conferenze. Il mio amico li trovò nella cassaforte del quartiere generale della società di Sionne che attualmente è in Francia.
    La Francia obbligò la Turchia a concedere vari privilegi alle scuole ed alle istituzioni religiose di tutte le denominazioni, che saranno sotto il protettorato del corpo diplomatico francese in Asia Minore. Naturalmente non sono comprese in queste le scuole e le istituzioni cattoliche, che furono espulse dalla Francia dai governi passati. Questo fatto dimostra semplicemente che la diplomazia della scuola di Dreyfus si preoccupa solamente di proteggere gli interessi di Sionne e lavora per la colonizzazione dell'Asia Minore per mezzo di Ebrei francesi. Gli Ebrei hanno sempre saputo raggiungere l'intento per mezzo di coloro che il Talmud chiama i loro "bruti lavoratori": parole che indicano i Gentili in genere.
    Secondo gli archivi del Sionismo ebraico segreto, Salomone ed altri dotti Ebrei, già sin dal 929 avanti Cristo studiarono in teoria un progetto per la conquista pacifica dell'intero universo da parte di Sionne. Mentre la storia si svolgeva, questo progetto fu studiato in tutti i suoi particolari e completato da uomini che erano successivamente iniziati a questo problema. Questi sapienti decisero di conquistare il mondo per Sionne adoperando mezzi pacifici, e cioè coll'astuzia del serpente simbolico, la cui testa doveva rappresentare gli iniziati ai piani dell'Amministrazione Giudaica, ed il corpo il popolo ebraico. L'amministrazione fu sempre tenuta segreta, persino alla stessa nazione ebraica.
    Questo serpente, penetrando a mano a mano nel cuore delle nazioni che incontrava, scalzò e divorò tutto il potere non Ebraico di questi Stati. È predetto che il serpente deve continuare il suo lavoro seguendo strettamente il piano prestabilito, fino a che il cammino che deve percorrere non sia chiuso col ritorno del suo capo a Sionne, finché, con questo mezzo, il serpente non abbia completato il suo anello intorno all'Europa, e - dopo aver incatenato l'Europa - non abbia accerchiato il mondo intero. Questo compito deve condurre a termine sforzandosi di soggiogare gli altri paesi con la conquista economica. Il ritorno della testa del serpente a Sionne può aver luogo solennemente quando il potere di tutti i Sovrani dell'Europa sia stato abbattuto; vale a dire quando, per mezzo di crisi economiche e di distruzioni in massa, effettuate ovunque, sarà avvenuta la demoralizzazione spirituale e la corruzione morale, principalmente coll'aiuto di donne ebree, truccate da francesi, italiane, spagnuole. Queste sono le più sicure spargitrici di libertinaggio nella vita degli uomini più in vista ed alla testa delle nazioni.
    Le donne che sono al servizio di Sionne servono da attrattiva a coloro che, grazie ad esse, hanno sempre bisogno di denaro, e quindi sono sempre pronti a vendersi per denaro, che in realtà è solo imprestato dagli ebrei, perché ritorna, attraverso le stesse donne, nelle mani dei giudaismo corruttore. Ma mediante queste transazioni, esso acquista schiavi per la sua causa.
    È naturale che per la riuscita di un'impresa simile né i funzionarii pubblici, né gli individui privati, debbano sospettare la parte rappresentata dalle donne impiegate dal Ghetto. Perché i direttori della causa di Sionne formarono una specie di casta religiosa, costituita da ardenti seguaci della legge mosaica e degli statuti del Talmud. Tutto il mondo credette che la maschera della legge di Mosè fosse la vera regola di vita degli Ebrei. Nessuno pensò di indagare gli effetti di questa regola di vita, specialmente perché tutti gli occhi erano rivolti all'oro che la casta poteva provvedere e che le dava la più assoluta libertà per intrigare economicamente e politicamente.
    Un abbozzo del percorso del serpente simbolico è il seguente: La sua prima tappa in Europa avvenne nel 429 avanti Cristo, in Grecia, dove, all'epoca di Pericle, il serpente cominciò a divorare la potenza di quel paese. La seconda fu a Roma, al tempo di Augusto, circa l'anno 69 a. C. La terza a Madrid, al tempo di Carlo quinto, nel 1552. La quarta a Parigi, nel 1700 circa, al tempo di Luigi XIV. La quinta a Londra dal 1814 in poi (dopo la caduta di Napoleone). La sesta a Berlino, nel 1871, dopo la guerra Franco Prussiana. La settima a Pietroburgo, su cui è disegnata la testa del serpente con la data 1881.
    Tutti questi Stati che il serpente ha attraversato, sono stati scossi nelle fondamenta delle loro costituzioni, non eccettuato la Germania, malgrado la sua apparente potenza. Le condizioni economiche dell'Inghilterra e della Germania sono state risparmiate, ma solo fino a quando il serpente non sarà riuscito a conquistare la Russia, contro la quale tutti i suoi sforzi sono concentrati attualmente (1905). La corsa futura del serpente non è segnata su questa carta, ma delle freccie ci indicano il suo prossimo movimento verso Mosca, Kieff e Odessa.
    Sappiamo ora perfettamente che queste ultime città costituiscono i centri della razza Ebraica militante.
    Su questa carta Costantinopoli è segnata come l'ultima tappa del corso del serpente, prima che esso raggiunga Gerusalemme [Notate che questa carta fu disegnata molti anni prima della Rivoluzione in Turchia. (Nota del T. inglese)].
    Il serpente deve percorrere ancora un breve cammino per completare il suo corso, unendo la sua testa alla sua coda.
    Per facilitare il corso del serpente, Sionne prese le seguenti misure, allo scopo di rimodellare la società e di convertire le classi operaie. Anzitutto la razza Ebraica fu organizzata in maniera tale, che nessuno vi potesse entrare e quindi svelarne i segreti. Viene presupposto che Iddio stesso abbia detto agli Ebrei che essi sono destinati a governare su tutta la terra in forma di un Regno indivisibile di Sionne. È stato insegnato agli Ebrei, che essi sono la sola razza meritevole di essere chiamata umana, tutte le altre essendo destinate a rimanere "bestie da lavoro" e schiavi degli Ebrei e che lo scopo ebraico deve essere la conquista del mondo e l'erezione del Trono di Sionne sull'universo (Cfr. Sanh. 91, 21, 1051).
    A gli Ebrei venne insegnato che sono dei Super uomini e che si devono mantenere distinti dalle altre nazioni. Queste teorie ispirò ad essi il concetto dell'autoglorificazione perché, per diritto, sono i figli di Dio. (Cfr. Jihal, 67, I; Sanh. 58, 2).
    La razza ebraica, vivendo separata dalle altre, aderisce strettamente al sistema del "Kaghal", il quale fa obbligo ad ogni Ebreo di aiutare i suoi consanguinei indipendentemente dall'assistenza che costoro ricevono dalle amministrazioni locali di Sion che portano diversi nomi: Kaghal, Concistori, Commissioni d'affari ebraici, Uffici per esazioni di tasse ecc. Tutte queste amministrazioni servono a mascherare il governo di Sionne agli occhi dei governi di quegli Stati Gentili, che alla loro volta difendono sempre vigorosamente il diritto degli Ebrei di governarsi da sé, perché li considerano erroneamente come una comunità puramente religiosa. Le suddette idee instillate negli Ebrei, ne hanno anche considerevolmente influenzato la vita materiale.
    Quando leggiamo delle opere come il "Gobayon" 14, pag. 1; "Eben Gaizar", 44, pag. 81; "XXXVI Ebamot", 98; "XXV Ketubat" 36; "XXXIV Sanudrip" 746; "XXX Kadushin", 68 A - che furono tutte scritte coll'intento di glorificare la razza ebraica vediamo che esse trattano realmente tutti i Gentili come se fossero delle bestie, create unicamente per servire gli Ebrei. Costoro credono che i popoli, le proprietà di essi e persino le loro vite, appartengono agli Ebrei e che Iddio permette alla sua razza prediletta di farne l'uso che vuole.
    Secondo le leggi ebraiche, tutti i maltrattamenti fatti subire ai Gentili son perdonati nel giorno del Capodanno ebraico, nel quale gli Ebrei ricevono anche il permesso di peccare nello stesso modo durante l'anno entrante.
    Per eccitare l'odio dei loro contro tutti i Gentili, i capi degli Ebrei agiscono da "agenti provocatori" durante le agitazioni antisemitiche, permettendo ai Gentili di scoprire alcuni dei segreti del Talmud. Le manifestazioni antisemitiche furono anche molto utili ai caporioni Ebrei, perché destarono compassione nel cuore di alcuni Gentili verso un popolo il quale, apparentemente, veniva maltrattato. Ciò servì ad accaparrare conseguentemente molte simpatie tra i Gentili per la causa di Sionne.
    L'antisemitismo, che si manifestò con la persecuzione degli Ebrei di basso ceto, ne aiutò i capi a controllarli e tenerli in suggezione. Essi potevano permettere queste persecuzioni, perché al momento opportuno intervenivano e salvavano i loro correligionari. Notate che i capi Ebrei non soffrirono mai, né nei loro progressi, né nelle loro posizioni ufficiali di amministratori, durante le agitazioni antisemitiche. Questo fatto non deve far meraviglia, perché furono questi stessi capi che aizzarono i "mastini cristiani" contro gli Ebrei più umili. I mastini mantenevano l'ordine nelle loro greggi e perciò aiutavano a rafforzare la stabilità di Sionne.
    Secondo la loro opinione, gli Ebrei hanno già raggiunto la posizione di Super-governo mondiale ed ora si tolgono la maschera. Naturalmente, la maggior forza di conquista degli Ebrei era costituita dal loro oro; pertanto essi non dovevano far altro che lavorare per dargli un valore. L'alto valore dell'oro dipende specialmente dal fatto che la moneta d'oro regola tutti gli scambi. La sua accumulazione nelle mani degli Ebrei dipende dal fatto che essi hanno saputo approfittare di qualunque crisi internazionale per monopolizzarlo. Di questo si ha la prova nella storia della famiglia Rothschild, pubblicata a Parigi dalla "Libre Parole".
    Per mezzo di queste crisi, fu stabilita la potenza del capitalismo sotto lo stendardo del liberalismo, proteggendolo con teorie economiche e sociali astutamente congegnate. Gli Anziani di Sion ottennero un successo straordinario dando un'apparenza scientifica a queste teorie.
    Il sistema degli scrutinii di voto conferisce sempre agli Ebrei la possibilità di introdurre, per mezzo della corruzione, quelle leggi che possono essere utili allo scopo loro. La forma di governo dei Gentili che più corrisponde ai desideri degli Ebrei è la repubblicana, perché dove essa vige, riescono con più facilità a comperarsi una maggioranza. Inoltre il sistema repubblicano conferisce una libertà sconfinata ai loro agenti ed all'esercito di anarchici che hanno al loro soldo. Questo è il motivo per cui gli Ebrei sono così ardenti sostenitori del liberalismo; ed i Gentili sciocchi, che essi abbindolano, ignorano il fatto, già così evidente, che sotto una repubblica non vi è maggiore libertà che sotto un'autocrazia, anzi si verifica il contrario, perché avviene che i pochi sono oppressi dalla plebe la quale è sempre istigata dagli agenti degli Ebrei.
    Secondo il testamento di Montefiore, Sionne non risparmia, né denaro, né mezzi, per riuscire a questi intenti. Ogni giorno i governi di tutto il mondo, incoscientemente, o scientemente, sono soggetti ai comandi di quel grande Super-governo che è Sionne, perché tutte le loro cartelle di rendita sono nelle mani degli Ebrei e tutti i paesi sono talmente in debito con essi, da non potersene mai liberare. Tutto il commercio, l'industria, come pure la diplomazia, sono in mano degli Ebrei. Per mezzo dei suoi capitali il Ghetto ha rese schiave tutte le nazioni dei Gentili. A forza di un'educazione materialistica intensiva, gli Ebrei misero delle pesanti catene a tutti i Gentili e con queste li legarono al loro Supergoverno.
    La fine delle libertà nazionali è prossima, e quindi anche la libertà individuale cesserà, perché la vera libertà non può esistere dove la leva del denaro rende possibile al Ghetto di governare la plebe e di regnare sulla parte più degna e più responsabile della comunità.
    ….. "Coloro che hanno orecchi ascoltino"!


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    Fra poco saranno quattro anni che i "Protocolli degli Anziani di Sion" sono in mio possesso. Dio solo sa quanto sono stati numerosi gli sforzi che ho fatto per portarli alla luce, ed anche per mettere in guardia coloro che sono al potere rivelando loro le cause della tempesta che si addensa sulla Russia apatica, la quale, disgraziatamente, sembra che abbia perso la conoscenza di ciò che le sta succedendo intorno.
    Solamente ora, e temo che sia troppo tardi, sono riuscito a pubblicare il mio lavoro, nella speranza che potrò mettere sull'avviso coloro che ancora hanno orecchi per sentire ed occhi per vedere.
    Non vi può essere alcun dubbio. Con tutta la potenza ed il terrore di Satana, il regno del Re trionfatore di Israel si avvicina al nostro mondo non rigenerato; il Re nato dal sangue di Sionne, l'Anti Cristo, si avvicina al trono della potenza universale.
    Gli eventi nel mondo precipitano con vertiginosa velocità, i dissensi, le guerre, i rumori, le carestie, l'epidemie, gli sconquassi, tutto ciò che fino a ieri era impossibile, oggi è compiuto. I giorni volano, per così dire, a vantaggio del popolo prescelto. Non ho il tempo di esaminare minuziosamente la storia dell'umanità dal punto di vista dei "misteri di iniquità" che sono già stati messi a nudo, per dimostrare storicamente l'influenza nefasta che gli "Anziani di Israele" hanno avuto sulle disgrazie dell'umanità; mi manca anche il tempo di predire il prossimo destino del genere umano e di svelare l'atto finale della tragedia mondiale.
    La luce di Cristo solamente, e quella della Sua Santa Chiesa Universale, possono penetrare negli abissi Satanici e svelarne tutta l'estensione malvagia.
    Nel mio cuore sento che l'ora è suonata per convocare l'ottavo Consiglio Ecumenico, nel quale, dimentichi delle contese che li hanno divisi per tanti secoli, si raccoglieranno i pastori e i rappresentanti dell'intero Cristianesimo per affrontare la venuta dell'Anticristo.


    FINE


    --------------------------------------------------------------------------------
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    I CRISTIANI ED ISRAELE

    Come un cristiano deve porsi di fronte all'occupazione ebraica della Palestina



    Un problema di coscienza si pone oggi ad alcuni cristiani a proposito dell’attuale Stato d’Israele. Gli uni, sensibilizzati da quello che gli ebrei chiamano “l’olocausto hitleriano”, si sono precipitati a riconoscerlo; altri rifiutano di riconoscere Israele per due ragioni:

    1) perché sono sensibili all’ingiustizia che subisce il popolo palestinese, scacciato dalla sua terra con la violenza;

    2) per motivi che hanno rapporto con la fede e la testimonianza cristiana. Il soggetto di questo documento è delicato può suscitare reazioni. Bisogna, prima di trattarlo, dire che non è con spirito antisemitico che noi lo affrontiamo, ma con uno spirito di giustizia sociale e religiosa. Noi lottiamo per la libertà religiosa di tutti, anche in Israele dove speriamo che siano rimpatriati i due milioni di palestinesi (cristiani e musulmani), che le autorità israeliane rifiutano di reintegrare perché non sono ebrei. Per chiarire il problema, bisogna porsi la seguente domanda: per un cristiano, cosa significa riconoscere lo Stato d’Israele? E’ riconoscere il fatto compiuto della sua presenza, o ammettere oggi la legittimità di questa presenza in Palestina? Per il fatto compiuto: dal 1948 soltanto, le Nazioni Unite, una istituzione laica, hanno riconosciuto l’esistenza, in Palestina, dello Stato d’Israele. Ma che vale la legittimità di questa presenza israeliana sul suolo palestinese? Mi spiego: un uomo detiene un oggetto rubato; io riconosco che l’oggetto è in suo possesso; ma posso io, senza commettere una grave ingiustizia, approvare il fatto riconoscendo la legittimità di quel possesso? Cosi il problema di coscienza che si pone a noi cristiani è il seguente: “Possiamo noi riconoscere la legittimità dello Stato d’Israele in Palestina? Quando si parla della legittimità di uno Stato, ci si riferisce ad un diritto storico sopra un certo territorio. Nel solo caso di Israele si invoca un diritto biblico. Noi parleremo dunque della legittimità storica e biblica di Israele.

    LA LEGITTIMITà STORICA

    Nel XX secolo, non si trova alcun argomento storico sufficientemente valido per giustificare uno Stato israeliano in Palestina, che appartiene legittimamente ai palestinesi, come ogni altro paese appartiene ai suoi abitanti. Quattro milioni di palestinesi reclamano il loro diritto storico e legittimo sulla Palestina. Questi diritti sono pre-biblici e la Bibbia parla della Palestina e dei palestinesi. Nel libro di Samuele (I Samuele 28) le guerre tra palestinesi e gli invasori ebrei sono note. Prima di Cristo, gli ebrei hanno tentato spesso di formare uno Stato in Palestina. Questo ha preso l’aspetto di un regno verso il 1000 a.C.

    Ma meno di un secolo dopo, questo regno si divise in due: uno al Nord, nella Samaria, e un altro al Sud in Giudea. Sono scomparsi tutti e due, il primo fu distrutto dagli assiriani nel 722 a.C., cioè 200 anni dopo la sua formazione, e il secondo dai babilonesi che hanno mandato in esilio gli ebrei nel 586 a.C.

    E’ soltanto nel primo secolo a.C., precisamente nel 37 a.C. che il regno ebreo si ricostituisce sotto l’impero Romano con Erode il Grande. Ma questo regno fu nuovamente distrutto un secolo dopo dalle legioni romane di Tito nel 70 dopo Cristo. La maggior parte degli ebrei fuggirono allora dalla Palestina verso i quattro punti del mondo. Ma i palestinesi restarono in Palestina. Nel 1948, duemila anni più tardi, uno Stato di Israele riapparve in Palestina, reclamando diritti sul paese a detrimento dei palestinesi che vi avevano sempre vissuto. Gli ebrei che affluirono in Terra Santa dai quattro punti del mondo, hanno scacciato i palestinesi con la violenza. I palestinesi hanno dovuto lasciare la loro terra e la loro casa in condizioni tragiche, per vivere in esilio nei paesi arabi vicini, sotto tende e nelle bidonvilles. Le grandi potenze hanno aiutato gli ebrei a installarsi in Palestina, e hanno riconosciuto lo Stato Ebreo un quarto d’ora dopo la sua proclamazione, il 15 maggio 1948, come se la Palestina ed i palestinesi non fossero mai esistiti. Pertanto le prove storiche della loro esistenza abbondano (prove bibliche - numismatiche - culturali - folcloristiche - musicali etc...). Bisogna costatare che quelli che sostengono Israele si sentono, in generale, un senso di colpa nei riguardi degli ebrei ed hanno dunque optato per la loro localizzazione in Palestina. Ma è giusto dare agli uni quello che si è tolto con violenza ad altri? Non si può disporre dei beni altrui. Per esempio, un americano o un francese, non hanno il diritto di disporre di una terra che non appartiene loro. Una domanda a coloro che vogliano tacitare la coscienza nei riguardi degli ebrei: perché non dare parte del proprio territorio (americano, francese, italiano...etc....) agli ebrei? A questa domanda si risponde in generale che gli israeliani hanno un diritto biblico sulla Palestina. Eccoci trasferiti dal piano storico al piano spirituale, teologico, da persone che ignorano completamente e la Bibbia e la teologia. Dunque a noi cristiani, gli ebrei ci chiedono di riconoscere un loro diritto biblico sulla Palestina. Gli apostoli d’oggi sono sollecitati per rendere una testimonianza favorevole per coloro che negano Gesù. E questo in nome della Bibbia. E’ qui il dramma di coscienza. Perché il giudaismo non è una razza né una terra geografica, ma una religione che ha trovato il suo compimento perfetto nel Cristo Gesù. Per un cristiano è ugualmente assurdo riconoscere uno Stato ebreo per gli ebrei quanto uno Stato cristiano per i cristiani.

    LA LEGITTIMITà BIBLICA

    Molti cristiani sostengono lo Stato di Israele credendo, in buona fede, di aiutare il “popolo eletto” sulla sua “terra promessa’’. A noi sembra dunque importante di ricordare, alla luce del Vangelo, il significato della terra promessa e del popolo eletto.

    A) LA TERRA PROMESSA

    La Palestina non è una terra promessa dalla Bibbia agli israeliani di oggi, per le due seguenti ragioni:

    1° - la Terra Promessa è il simbolo di una realtà spirituale.

    2° - Essa fu promessa a condizioni.

    I - La Terra è spirituale:

    Dio promise una terra ad Abramo ed ai suoi discendenti. Ma il significato di questa terra, come la intendeva Dio, fu spiegato dalla Bibbia lungo il corso dei secoli, per apparirci infine come una realtà spirituale, non geografica. Perciò San Paolo dice: “Per la sua fede, Abramo venne a dimorare nella terra promessa come in paese straniero, abitando sotto le tende, e così pure Isacco e Giacobbe, coeredi della stessa; perché egli aspettava quella città ben fondata, della quale Dio è architetto e costruttore” (Ebrei 11,9). La spiritualità della Terra ha le sue radici nell’Antico Testamento. Cosi la tribù di Levi non possedeva alcuna terra, essendo Dio stesso la sua “porzione”. In effetti la Bibbia dice: “Alla tribù di Levi, Mosè non diede alcun possedimento: Il Signore, Dio d’Israele, fu la sua porzione” Giosuè 13, 33). D’altra parte il Salmo 37 (36) dice che i “mansueti ed i giusti possederanno la terra”. Non è detto che tutti gli israeliani in Palestina sono mansueti e giusti: queste virtù si trovano dappertutto. Infine, Gesù spiegò il fatto dicendo che il “Regno di Dio” non è una entità visibile, ma che si trova nel cuore dell’uomo. Ai farisei che gli domandavano quando apparirà il Regno di Dio, che per loro significava l’impero sionista universale, Gesù rispose: “Il Regno di Dio non viene con sfarzo. Non si potrà dire: “Ecco, è qui”, oppure “E’ là”: infatti, il Regno di Dio è dentro di voi” (Luca 17, 20). Si trova oggi nello stesso seno del Giudaismo, dei rabbini che sottolineano la dimensione spirituale della terra promessa: Cosi il commento del Grande Rabbino Jonathan Eybeschutz: “E’ scritto: Voi dimorate nel paese che io ho donato ai vostri avi (Ez. 36, 28). L’Eterno aveva promesso ad Abramo di dargli la terra di Canaan; ma quando Sara è morta, non possedeva un terreno per sotterrarla. Come dunque la promessa è stata compiuta? Ci sono due terre che portano il nome d’Israele: la terra d’Israele dell’alto e la terra d’Israele del basso. La Terra Santa è la Terra Celeste dove c’è il Palazzo Divino, dove si riversano le sorgenti della saggezza. E’ questa Terra spirituale che è stata promessa e data ai nostri avi, e non la terra materiale”. (“Le Royaume de Dieu et le Royaume de César” da Emmanuel Levyne, Edizione “Le Réveil”, Beyrouth, Liban). Quanto ai discendenti di Abramo, gli eredi della terra promessa, è anche una eredità spirituale che non si trova in una genealogia storica e carnale, che si trasmette da padre a figlio, ma secondo la fede nel messianismo di Gesù. San Paolo dice infatti: “Se siete in Cristo, siete progenie di Abramo, eredi secondo la promessa” (Gal. 3, 29). Cosi per un cristiano, un ebreo che si rifiuta di riconoscere Gesù come il Cristo, aspettando un altro Messia, non può essere considerato discendente di Abramo, né erede della Terra Promessa sia che sia spirituale o materiale.

    II - La promessa è condizionata:

    Dio ha diseredato gli ebrei anche prima della venuta di Gesù Cristo. Perché la terra fu promessa a condizione di fedeltà all’Alleanza. Ma la condizione non fu rispettata, e l’Alleanza fu rotta dagli ebrei, non da Dio, che annunciò allora la venuta di una Nuova Alleanza che gli ebrei rifiutano ancora.

    a) - La condizione:

    A supporre che la Terra Promessa sia un luogo geografico; non bisogna dimenticare allora che la promessa venne fatta sotto condizione. Infatti Mosé aveva detto ai giudei: “Se tu non ha cura di osservare tutte le parole di questa legge, Yahvé darà una gravità alle tue piaghe e a quelle della tua posterità.” (Deut. 28). La congiunzione “Se” dimostra che la promessa è condizionata. Mosé prosegue dicendo: “[...] Perché tu non avrai obbedito alla voce di Yahvé, tuo Dio, allora pertanto il Signore si era compiaciuto nel farvi del bene e nel moltiplicarvi, altrettanto si rallegrerà nel farvi perire e nel distruggervi, e sarete strappati dal paese nel quale tu stai per entrare a prenderne possesso.” (Deut. 28, 58-63). E’ dunque chiaro che in caso di tradimento non soltanto non c’è più terra, ma vi saranno grandi castighi e l’espulsione da questa terra per gli ebrei ed i loro discendenti. Tali sono i termini dell’Alleanza.

    b)- L’Alleanza tradita:

    Ora gli ebrei non hanno rispettato le condizioni dell’Alleanza, e la Bibbia ci dice che essi hanno abbandonato Dio per adorare gli idoli dei paesi vicini che non conoscevano Dio, offrendo i loro bambini in sacrificio a questi idoli, imitando i costumi pagani, invece di lodare Dio. Questa è una delle ragioni della rivolta del profeta Elia, quando fu ricostruita Gerico al prezzo di sacrifici umani offerti a Baal (vedere I Re 16, 30-34 e Giosuè 6, 26). D’altra parte il Salmo 106 (105) fa il bilancio delle infedeltà israelite “[...] Essi dimenticarono presto le sue gesta [...] si sono rivoltati contro l’Altissimo [...] fabbricarono un vitello in Horeb [...] si unirono ai riti di Ball-Feor [...] Venerarono gli idoli delle genti [...] immolarono i loro figli e le loro figlie ai demoni. Versarono sangue innocente, il sangue dei figli e figlie loro, immolandoli agli idoli di Canaan [...]”. E’ per questo che Dio, parlando per mezzo dei suoi profeti, dichiara la sua ira contro Israele. Egli dice per conto di Isaia: “Ho nutrito e cresciuto dei figli ed essi si sono rivoltati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, Israele invece non comprende, il mio popolo non ha senno. Guai, nazione peccatrice, popolo carico d’iniquità, seme di malfattori, figli scellerati! Hanno abbandonato il Signore” (Is. 1, 2-4). Disse ancora il Signore per mezzo di Michea: “Ascoltate dunque le mie parole, o principi della casa di Giacobbe, o giudici della casa d’Israele, che avete in orrore la giustizia, e pervertite tutto ciò che è retto, che edificate Sion col sangue, e Gerusalemme con l’iniquità [...] e poi si appellano a Dio affermando “non è forse in mezzo a noi il Signore? “. Ecco, per colpa vostra Sion sarà arata come un campo [...]” (Michea 3, 9-12).

    c) - Rottura e Nuova Alleanza:

    Avendo denunciato l’infedeltà d’lsraele, Dio dichiara ROTTA la prima Alleanza, ed annuncia una Nuova Alleanza che non sarà come la prima, perché la parte del credente non é una terra ma Dio stesso: “Ecco, vengono dei giorni, dice il Signore, in cui farò con la casa d’Israele e quella di Giuda una nuova alleanza. Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri [...] alleanza che essi hanno violato, e per questo io li ho rigettati, dice il Signore. Ma ecco l’alleanza che io farò con la casa d’lsraele dopo quei giorni, dice il Signore: Metterò la mia Legge in LORO, la scriverò NEI loro cuori; Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il MIO POPOLO [...]” (Geremia 31, 31-33). E’ evidente che la Nuova Alleanza differisce dalla prima perché Dio dice che “non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri.” La differenza si trova nel fatto che la Nuova non promette alcuna terra geografica, ma è Dio stesso che si dà a tutti coloro che credano in Gesù, Fondatore della Nuova Alleanza. Gli ebrei rifiutano ancora l’Alleanza del Cristo perché non promette loro alcuna terra geografica, né accorda loro il privilegio di stabilire l’impero sionista mondiale che vogliono.

    B) IL POPOLO ELETTO

    L’elezione divina non ha mai avuto per oggetto un popolo già formato come alcuni ancora pensano perché la scelta di Dio si è fermata sopra un UOMO, Abramo il siriano, e non su un popolo ebreo che non esisteva. Perciò Dio dice agli ebrei per la bocca del profeta Isaia: “Guardate Abramo, vostro padre [...] Io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai” (Is. 51,2). E’ dunque falso credere che il giudaismo è una razza; è per questo che la Bibbia fa ricordare agli ebrei che Abramo, il loro antenato, è un Arameo, cioè un siriano. Mosè insiste su questo quando dice agli ebrei: “Quindi pronuncia davanti al Signore, Iddio tuo: un Arameo (Abramo) errante era mio padre” (Deut. 26,5). Essendo siriano, Abramo è dunque di razza araba; cosi pure gli ebrei. Lo scopo della scelta d’Abramo era di preparare un ambiente sociale per accogliere il Messia. Lo scopo non è dunque il popolo ma il Cristo “che venne a casa sua, e i suoi non lo ricevettero” (Giov. 1, 12) e di formare cosi il popolo UNIVERSALE di Dio. Secondo la teologia cristiana il popolo di Dio è in funzione della fede in Gesù. Gesù aveva detto agli ebrei: “Se non credete che io sono (il Cristo), morrete nei vostri peccati”; e ancora: “Se Dio fosse vostro Padre, certamente mi amereste [...]”. Infine, dichiarava loro: “Voi avete per padre il diavolo e volete soddisfare i desideri del padre vostro” (Giov. 8, 24-44). E oggi che cosa dicono i cristiani agli ebrei? Per Gesù, il vero giudeo è il cristiano, e la Chiesa è l’autentica Israele, la vera Gerusalemme.

    Nell’Apocalisse, Gesù denuncia gli ebrei come “usurpatori del nome di giudei, essendo piuttosto una sinagoga di Satana” (Ap. 2, 9 e 3, 9). Perciò San Paolo dice: “Se voi appartenete al Cristo, siete progenie di Abramo” (Gal. 3, 29), e invita gli ebrei a credere in (Gesù per essere “innestati” nel popolo di Dio (Ro. 1l, 23). La nostra intenzione non è dunque di allontanare gli ebrei, (non si contestano i giudei come persone, ma Israele come Stato), ma di invitarli al contrario, di entrare nel gregge di Gesù per far parte del popolo di Dio. La carità cristiana ci obbliga di non spingerli nel loro baratro, lasciando loro credere di essere il popolo eletto ritornato sulla terra promessa. Noi dobbiamo capire che gli ebrei, che sempre negano che Gesù è il Cristo, sono l’Anticristo annunciato da San Giovanni, la caratteristica specifica del quale è questa negazione. San Giovanni dice infatti: “Chi è il bugiardo, se non chi dice che Gesù non è il Cristo? Costui è l’Anticristo” (1 Giov. 2, 22). Tutti i cristiani e tutti i musulmani riconoscono che Gesù è il Cristo. Troviamo ancora dei discepoli di Gesù fra i buddisti e gli induisti. Gandi parlò sovente della sua ammirazione per Gesù e non nascondeva la sua delusione verso i Cristiani “Datemi Gesù Cristo e tenete i cristiani per voi”. La profezia di Giovanni sull’Anticristo non può essere applicata su quelli che riconoscono Gesù, ma su coloro che non credono al suo messianismo. Questa caratteristica appartiene soltanto agli ebrei che esplicitamente rinnegano Gesù ed attendono un altro Cristo. Questo è l’Anticristo. Non dobbiamo essere stupiti di ciò, perché Gesù aveva detto, parlando di un ufficiale romano che credeva in lui: “Vi dico che molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e si assideranno alla mensa con Abramo ed Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli ma i figli del regno (di Israele) saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridor di denti” (Mat. 8, 11). Così con la venuta di Gesù, il concetto del popolo eletto che era ristretto e fanatico, si è trasformato in una realtà universale. Perciò Gesù condanna i sostenitori di un regno di Israele, che hanno voluto capire il giudaismo politicamente. Gesù ha sempre rifiutato di essere il re di un impero sionista: “Il mio Regno non è di questo mondo”, disse. Molti ebrei, rimproverano ancora a Gesù di avere rifiutato di essere il re d’Israele e mettersi alla testa del popolo contro i romani. Secondo loro, egli doveva, se fosse stato un “buon giudeo”, accettare un regno politico ed avere pietà dei bambini delle donne e dei vecchi, che avevano dato a lui tutta la loro fiducia, per la forza soprannaturale che egli aveva, e non doveva rifiutare di mettere questa forza al servizio del regno politico di Israele. Di qui la loro ira contro di lui. San Giovanni ci dice infatti che, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, “Gesù, accortosi che venivano a rapirlo per farlo re si ritirò solo sulla montagna” (Giov. 6, 15). L’opposizione fra il regno di Dio e quello d’Israele è il centro del litigio fra Gesù e i giudei. Questa opposizione è manifesta nelle parole del Cristo quando denuncia i sostenitori del regno politico d’lsraele, condannandoli alle tenebre (Mat. 8,11). Uno degli aspetti del litigio è l’universalità dell’elezione. Per Gesù l’universalità significa che tutti gli uomini che credono in lui sono ammessi nel Regno di Dio, ma per i sionisti ciò vuol dire che i giudei sono dei cittadini di prima classe e che i privilegi sono riservati universalmente a loro. Dio, per i profeti aveva già esteso l’elezione ai popoli di tutte le razze; Isaia, 8 secoli a.C., aveva proclamato nel nome del Signore “Io vengo per radunare le nazioni di tutte le lingue [...] Anche fra loro prenderò dei sacerdoti e dei leviti” (Isaia 66, 18-21). La scelta dei ministri del culto fra le nazioni non-ebree, è un segno indiscutibile dell’autenticità del sacerdozio universale di Gesù. Che cosa possiamo concludere dunque? San Paolo risponde: “Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma l’ha ottenuto la parte eletta” (Ro. 11, 7). La parte eletta sono i discepoli di Gesù.

    ISRAELE: SEGNO DEI TEMPI

    Dal momento che gli ebrei che sono affluiti in Palestina oggi, dai quattro punti del mondo, non sono il popolo eletto sulla loro terra promessa , quale significato ha dunque la riapparizione di Israele? E’ un segno dei tempi. Si parla spesso dei segni dei tempi senza precisare di quale tempo si tratta. Questa espressione significa la “fine dei tempi”. Parlando di questi tempi, Gesù, aveva detto “Gerusalemme sarà calpestata dai Gentili (pagani), finché i tempi dei Gentili (pagani) non siano compiuti” (Luca, 21, 24). Israele è dunque un segno della fine dei tempi pagani. Dopo la venuta di Gesù, i pagani in particolare, sono quelli che rinnegano che Gesù è il Cristo; essi sono il simbolo del paganesimo in tutte le sue manifestazioni. Quando i giudei avevano proibito agli Apostoli di parlare di Gesù essi pregando dissero: “CONTRO il santo tuo Gesù che tu hai eletto si sono uniti in questa città Erode e Ponzio Pilato con i pagani e i giudei [...]” (Atti 4, 27). Nella parola CONTRO si manifesta il significato dell’ANTI-Cristo. Il suo spirito era già in opera prima della riapparizione dello Stato d’Israele. Perciò S. Giovanni ha detto che l’Anticristo doveva apparire nel futuro (è Israele come Stato), ma che il suo spirito, il quale è il rifiuto di Gesù come Cristo era già attivo nel popolo ebreo che combatteva CONTRO gli Apostoli di Cristo: “Ogni spirito che non confessa Gesù non é da Dio ed é lo spirito dell’Anticristo, di cui avete saputo che viene, anzi fin d’ora é già nel mondo.” (Giov. 4, 3). Tale é secondo S. Paolo “il mistero dell’iniquità già in opera” ma che doveva manifestarsi più tardi quando apparirà l’Anticristo “l’Avversario il Figlio della perdizione” come lo chiama Paolo (2 Tess. 2, 1-7). Lo spirito dell’Anticristo é oggi INCARNATO in uno Stato ebreo che nega che Gesù é il vero Cristo. E’ in quel fine dei tempi accordati ai pagani negatori di Cristo che secondo le profezie, l’Anticristo deve apparire in Palestina per fare la sua ultima guerra contro i discepoli di Cristo. Gesù ci aveva messo in guardia dicendo che l’Anticristo riuscirà “a sedurre anche gli eletti se fosse possibile” (Mat. 24,24). Gli ebrei vogliono far credere che il loro ritorno in Palestina è il prodigioso avverarsi delle profezie dell’Antico Testamento. Ma noi sappiamo che le profezie di cui si parla concernono il ritorno degli ebrei dall’esilio babilonese nel sesto secolo a.C. Non lasciamoci sedurre. Perché è piuttosto tempo di capire le profezie del Nuovo Testamento che ci parlano della fine dei tempi pagani. Così potremo capire chi sono questi pagani. Gesù ci aveva detto che “l’abominazione della desolazione sarà nel luogo santo” (Mat. 24, 15). D’altra parte l’Apocalisse ci informa che l’Anticristo riunirà i suoi uomini nel luogo santo della Palestina particolarmente nella “Città diletta” Gerusalemme, ove, Satana, non Dio, li ha adunati dai quattro punti della terra per la guerra non per la pace (Ap. 20 7-9). La riapparizione d’lsraele è un “segno dei tempi” apocalittici. La sua presenza nella Tetra Santa segnala l’apparizione dell’Anticristo. Ecco venuto il tempo di comprendere l’enigma che ci presenta San Giovanni: “Qui sta la sapienza! Chi ha intelligenza calcoli il numero della Bestia; perché è un numero d’uomo [...]” (Ap. 13, 18). Quest’uomo è l’Anticristo.

    L’ATTEGGIAMENTO DEL CRISTIANO

    Quale deve essere infine l’atteggiamento del cristiano verso l’attuale Stato d’Israele? E’ il momento di meditare, per metterle in pratica, queste parole che l’Apocalisse rivolge a quelli che vogliono ancora essere testimoni di Gesù: “E’ necessario che tu profetizzi DI NUOVO contro una folla di popoli [...]” (Ap. 10, 1l). Se il Cristo comanda ai suoi apostoli in questi tempi apocalittici, di profetizzare DI NUOVO è perché la maggior parte di loro si sono lasciati sedurre dall’Anticristo che non l’hanno riconosciuto. Come Cristo non è stato riconosciuto quando venne così l’Anticristo. Nessun cristiano può riconoscere la legittimità di uno Stato ebreo in Palestina senza rinnegarsi come cristiano; sarebbe ammettere implicitamente che la Chiesa non è l’Israele profetica e che Gesù non è il Cristo. Gesù aveva detto: “Non si può servire due maestri”; non si può salvaguardare la testimonianza al messianismo di Gesù senza denunciare il falso messianismo d’Israele. Gli ebrei lo sanno. In una materia così importante, la neutralità o il silenzio provano la tiepidezza: “So che tu non sei né freddo né caldo. Oh! fossi almeno freddo o caldo! Ma perché sei tiepido io sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap. 3, 15). Una scelta deve essere dunque fatta e saremo giudicati secondo il nostro impedimento. Il cristiano resta fedele alla sua testimonianza invitando i giudei a riconoscere Gesù.

    APPENDICE

    INTRODUZIONE ALL’APOCALISSE

    Molti nel corso dei secoli, hanno tentato di capire il mistero dell’Apocalisse di Giovanni. Malgrado questi numerosi tentativi questo piccolo santo libro ha mantenuto il suo segreto, e il suo mistero è rimasto intatto, non essendo venuto il momento di rivelare il suo messaggio. Questo libro però non ci è stato lasciato per rimanere incompreso; non se ne vedrebbe l’utilità pratica. Ma quello che si dovrà un giorno ammettere sarà che la sua interpretazione non potrà essere soltanto umana cioè dovuta alle ricerche di un uomo anche se dotto e santo. Perché i simboli che vi si trovano furono ispirati da Dio e Dio solo può rivelarne il senso. San Giovanni non manca perciò di sottolineare il fatto dicendo che nessun altro che Gesù Cristo è degno “di aprire” cioè di rivelare il mistero: “[...] Né in cielo né in terra né sotto la terra nessuno poteva aprire il libro e leggerlo [...] Io piangevo molto perché non s’era trovato nessuno degno d’aprire il libro né di leggerlo. Ma uno dei vegliardi mi disse: Non piangere! Ecco che ha vinto il Leone della tribù di Giuda il rampollo di David per aprire il libro e i sette sigilli [...]” (Ap. 5, 1-5). Ma è tramite un messaggero speciale che Gesù apre questo “piccolo libro” nel momento giusto. Giovanni vede questo messaggero sotto forma di “un angelo che discende dal cielo tenendo in mano un piccolo libro aperto” (Ap. 10, 2). Il piccolo libro è l’Apocalisse che era chiuso perché non era compreso. Eccolo “aperto” perché il suo segreto è rivelato dall’”Angelo”, un uomo che “discende dal cielo”, perché la spiegazione che diffonderà viene dal cielo, non è il frutto di uno sforzo personale. L’Apocalisse contiene delle profezie concernenti gli avvenimenti e i protagonisti della fine dei tempi del paganesimo. Ora una profezia non si comprende che dopo il compimento storico degli eventi e l’apparizione dei protagonisti. Cosi “la Bestia 666” non può essere identificata prima della sua apparizione. Il principale ostacolo davanti al quale si sono trovati gli interpreti dell’Apocalisse è la questione del tempo e del luogo di questi avvenimenti; di conseguenza i protagonisti non sono stati identificati. Il lettore attento costaterà che il “piccolo libro” parla d’avvenimenti particolari dovendo compiersi nel tempo e nel luogo precisi. Ecco venuto il tempo e il luogo è la Palestina. Là apparve l’Anticristo che Giovanni nell’Apocalisse chiama “La Bestia”. I fedeli di Gesù sono invitati a riconoscerla e a combatterla: “Qui sta la sapienza! Chi ha intelligenza calcoli il numero della Bestia; perché è un numero d’uomo. E il suo numero è 666 (Ap. 13, 18). La chiave dell’Apocalisse è dunque identificare questa “Bestia”. Questo è il mistero che “nessuno in cielo né in terra né sotto la terra” ha potuto scoprire e che solo Gesù può rivelare.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Roger Garaudy

    I MITI FONDATORI DELLA POLITICA ISRAELIANA

    Nuova edizione integrata da

    Diritto di replica

    1999 - 8° - br. - 230 pp. - Euro 19,63

    Nota editoriale – Introduzione – I MITI TEOLOGICI – Il mito della "promessa": terra promessa o terra conquistata? – Il mito del "popolo eletto" – Il mito di Giosuè: la purificazione etnica – I MITI DEL VENTESIMO SECOLO – Il mito dell'antifascismo sionista – Il mito della giustizia di Norimberga – Il mito dell'Olocausto – Il mito di una "terra senza popolo per un popolo senza terra" – L'UTILIZZAZIONE POLITICA DEL MITO – La lobby degli Stati Uniti – La lobby in Francia – Il mito del "miracolo israeliano": i finanziamenti esteri di Israele – Conclusioni – Nomi citati

    Non bisogna confondere il mito con la storia o pretendere di mettere le conclusioni prima della ricerca, come ha voluto imporre finora un certo terrorismo intellettuale. La storia, come le scienze, non può partire da un a priori intoccabile. Per trasformare in mito il martirio reale degli ebrei, col pretesto di non banalizzarlo, è stato necessario non solo far passare in secondo piano tutti gli altri, ma anche conferire alle sofferenze reali degli ebrei un carattere sacrale (sotto il nome di Olocausto), rifiutato a tutte le altre vittime disseminate dalla violenza politica insita nel corso dei rapporti capitalistici. Questo libro fornisce gli elementi che permettono di giudicare i misfatti di una mitologia sionista che, incondizionatamente sostenuta dagli Stati Uniti, ha già causato cinque guerre e costituisce una minaccia permanente per la pace, a causa dell'influenza che la lobby sionista esercita sulla potenza americana e, attraverso questa, sull'opinione pubblica mondiale.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    SUL TERRORISMO ISRAELIANO

    Documentazione raccolta da Serge Thion

    Testi di
    NASSER H. ARURI - RONALD BLEIER - NOAM CHOMSKY - NAEIM GILADI
    KHALIL NAKHLEH - LIVIA ROKACH - ISRAEL SHAHAK - ARNO WEINSTEIN
    ODED YINON

    A proposito di antisemitismo (Graphos)

    Serge Thion, Introduzione. Il terrorismo, nato dal ventre già fecondo...

    Ronald Bleier, In principio era il terrorismo

    Il piano sionista per il Medio Oriente - Nota editoriale (Khalil Nakhleh) - Prefazione (Israel Shahak) - Oded Yinon, Una strategia per Israele negli anni Ottanta del Novecento - Conclusioni (Israel Shahak)

    Arno Weinstein, All'ombra di Stern: la storia segreta di un agente della LEHI

    Livia Rokach, Il terrorismo sacro di Israele - Prefazione (Noam Chomsky) - Prefazione alla terza edizione (Nasser H. Aruri) - Introduzione: 1. Moshe Sarett e il suo Diario personale - 2. Ben Gurion va a Sdeh Boker: il ritiro spirituale come tattica - 3. Rappresaglia come guerra - 4. Un'opportunità storica per occupare la Siria meridionale - 5. Creiamo uno Stato maronita in Libano! - 6. Terrorismo sacro - 7. L'affare Lavon - 8. Nasser: la coesistenza con Israele è possibile. Replica di Ben Gurion: Operazione Gaza - 9. Disperdere i rifugiati palestinesi... - 10. ...e rovesciare il governo di Nasser - Appendice 1 - Operazione Kibya - Appendice 2 «E poi vi fu Kafr Qasim...» - Appendice 3 «Presto il canto si trasformerà in un lamento di morte» - Appendice 4 L'affare Lavon - Appendice 5 Un giornale rivela il tentativo del governo israeliano di bloccare la pubblicazione de Il terrorismo sacro di Israele

    Naeim Giladi, Lo scandalo Ben Gurion. - Come l'Haganah e il Mossad eliminarono degli ebrei [estratti] - Introduzione - 7. Bombe israeliane contro gli ebrei di Baghdad

    Annesso, Sulle lotte dei popoli oppressi. Terrorismo o controterrorismo? (Graphos)

    Nomi citati

    È difficile che passi giorno senza che si sia invitati a ricordare che, oltre all'America di Bush, di Cheney, di Rumsfeld, di Abu Ghraib e di Guantanamo, delle multinazionali vampiresche, delle mille e mille nefandezze perpetrate in ogni angolo della terra, c'è un'altra America che non si rassegna, che protesta, che si oppone. È vero. È altrettanto vero che lo stesso non si può dire di Israele, se non con molte riserve. Si obietterà: ma come, non c'è anche là gente che non si rassegna, che protesta, che si oppone? È vero. E quelle coscienze che si rivoltano, anche se in numero limitatissimo, salvano l'onore del loro popolo. Sappiamo perfettamente che tra il refusenik e Ariel Sharon passa un'incommensurabile differenza. Il punto, tuttavia, non è questo. Il punto è che, almeno sotto un profilo, il refusenik e Sharon sono sul medesimo piano: l'uno e l'altro stanno là dove non dovrebbero stare. Se è così, ciò accade come risultato di una politica che è stata, nonostante il suo inorpellamento in senso socialista, ma sarebbe meglio dire nazionalsocialista, storicamente reazionaria nella premessa da cui partiva: l'inconsistente interpretazione dell'ebraismo come nazionalità. L'attuazione di tale politica – perseguita per decenni, molto prima di Sharon, con l'inganno, il ricatto, la prepotenza, la violenza, l'oppressione, e sempre in un'atmosfera di intollerabile ipocrisia – ha implicato come conseguenza necessaria e puntualmente prevista una guerra di stampo razziale e la catastrofe di quella che era, e in qualche misura rimane ancora oggi, la frazione del popolo arabo più laica, dunque più refrattaria alle suggestioni del fondamentalismo religioso. Il perseguimento di una linea di questo tipo è stato reso possibile, specialmente dopo la guerra del 1967, solo dalla capacità dell'ebraismo americano, il più numeroso del mondo, di condizionare dall'interno, grazie al proprio ingentissimo peso economico e sociale, la politica di Washington. Altrettanto efficaci sono state la multiforme rete protettiva stesa intorno allo Stato sionista dalle comunità ebraiche del mondo intero e – elemento essenziale, ieri e oggi, di manipolazione dell'opinione pubblica – l'aureola di intoccabilità creata intorno all'ebraismo dall'imposizione come indiscutibile verità storica di una visione radicalmente falsata dei fini, delle modalità e dei costi umani dell'infame persecuzione di cui si macchiò l'antisemitismo hitleriano. Oggi, in Europa e fuori d'Europa, un'opinione pubblica esente nella sua grande maggioranza da ogni preconcetta ostilità al sionismo è, giorno dopo giorno, indotta a chiedersi in che cosa la condizione del popolo palestinese sia diversa da quella dei polacchi sotto il tallone di ferro del nazismo.

    2004 - 8° - br. - 252 pp. - Euro 22,00
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Da: La Civiltà Cattolica, Roma, 12 ottobre 1922, LXXIII, vol. IV, quad. 1736, pp. 111-121




    LA RIVOLUZIONE MONDIALE E GLI EBREI







    Il mondo è malato. Non siamo noi adirlo: oggi. lo ripetono anche i moralisti da strapazzo: oggi anche la gente più spensierata, spaurita dal turbinoso caos in cui vede precipitare ogni ordine. sociale, si è scossa, si è guardata dintorno chiedendo a se stessa donde e come le sia venuto un tale accesso di follia. Dappertutto i popoli agitati da inesplicabili convulsioni: gli Stati consumati dal debito pubblico: le nazioni affamate dalla carenza dei viveri: i cambi ogni giorno più rovinosi, e l'aggio dell'oro più stemperato; lo squilibrio economico sull'orlo del fallimento. E la turba, tanto più disamorata dei lavoro quanto, più avida di guadagni e di inafferrabili godimenti, pare divertirsi in una ridda tragica di tumulti e di scioperi, aspettando di proclamar domani la repubblica comunista, mentre i politici, i savi delle nazioni si aggirano, sperduti in cerca di una pace che, si risolve in una perpetua delusione. Dove andiamo?

    Ecco la paurosa interrogazione che si ode ripetere da tutte le parti: e di riscontro a questa, un'altra interrogazione mormoreggia nella subcoscienza: Chi conduce? poiché le moltitudini sono mandre e non sanno dove vanno, ma ubbidiscono a qualcuno che le guida o che le spinge. Chi spinge questa barabuffa di partiti, di leghe, di logge, chi guida questo movimento di rivoluzione universale che capovolge la società umana da un confine all'altro del mondo?

    Voci sinistre si levano da più parti ad accusare da sinagoga. Il lupo è, sempre lupo: le colpe antiche accreditano i sospetti nuovi e rinciprigniscono, una, piaga, rammarginata ma non mai guarita. Una mano profana ha tratto pure alla luce dei segreti che portano la marca, del ghetto. Documenti o falsificazioni ? Sarà difficile, come sempre, poter diradare le tenebre in cui si avvolge gelosamente Israele. Il velo del tempio, che Jahve aveva squarciato, i figli di Giuda l'hanno ricucito a fil doppio; ma quello che esso vuol ricoprire non è, più l'arca santa del Signore: è la cassa forte delle sue usure e del suo egoismo. In ogni modo alla sua tenacità nel nascondere noi opponiamo il diritto di frugare e trarre alla luce del sole quello che ci riguarda, quello che tocca i1 bene pubblico del popolo cristiano, a cui far danno per i talmudisti è precetto di legge e merito di religione. A dir vero, già è parecchio tempo che di questi misteri ebraici si discorre, e si scrive in Italia e fuori, e più ancora fuori che in Italia, perché là più che da noi spadroneggia quella razza. Noi abbiamo sinora taciuto di proposito, perché nessuno ci accusasse - come altre volte - quali istigatori partigiani di antisemitismo. Oggi, al punto in cui sono le cose, crediamo essere, parte del nostro compito mettere i lettori a notizia dei fatti che dettero occasione all'inchiesta.

    Principiamo, da quelli che per la vastità del movimento e l'importanza delle conseguenze dominano sopra tutti gli altri.




    I




    La Russia è oggi il campo di battaglia sul quale si disputa l'impero del mondo di domani. Per quanto fitte sieno le tenebre con cui artatamente è circondato quell'infelice paese dalla prepotenza dei tiranni che se ne vogliono impadronire, essi non hanno potuto interamente nascondere il tetro bagliore degli incendi, né strozzare il grido delle vittime straziate, fucilate, trucidate, a capriccio, né soffocare la disperata lotta di un popolo, a cui col ferro, col fuoco, col sangue si volle imporre la delizia del governo comunista. Sono quattro anni che l'Europa stolta o infrollita sta spettatrice di quella distruzione regolata a mente fredda da masnadieri trasformati in capi di Stato, circondati da sicari ben degni del titolo significativo di «guardie rosse », ministri di strage e di terrore. Essa ha dovuto vedere le stesse residenze degli ambasciatori suoi rappresentanti, asilo protetto dal più elementare diritto delle genti, assalite e depredate; maltrattati, feriti, tenuti prigionieri i suoi inviati, disonorate le sue bandiere: la vigliaccheria politica, la connivenza settaria ha dissimulato o sepolto. nel silenzio i foschi misteri del terrore bolscevico. Intanto sono distrutte in massima parte le industrie del paese, morto il commercio: il saccheggio, la dilapidazione hanno mandato in malora ogni ricchezza. In quattro anni la Russia, regione così vasta, così fertile, così abbondevole di ogni cosa, è ridotta all'estremo

    della miseria e alle torture della fame. Si è parlato di milioni

    d: bambini, vite innocenti mietute in fiore dall'implacabile flagello: si parla di altri milioni di vite di sventurati che l'inedia finirà di consumare, se la mano soccorritrice delle nazioni cristiane non sarà pronta a porgere loro un pezzo di pane che li strappi alla morte. È giusto ed è umano che, ciò si faccia e il Vicario di Cristo ne diede egli stesso l'esempio. Ma mentre un profondo sentimento di compassione ci inclina a soccorso di una turba incolpevole per sottrarla a così terribile destino, un movimento altrettanto profondo di indignazione ci strappa un urlo di maledizione contro i ribaldi che hanno travolto quel popolo in tale abisso senza fondo. Si salvino gli infelici, ma si mettano in ferri, si traggano al tribunale, inesorabile, della giustizia i mestatori, i capibanda che per attuare le loro pazze utopie, disertano il paese e assassinano la nazione.

    Chi sono costoro ?




    II




    Il lettore non aspetta, la risposta da noi. Da troppo tempo sono divenuti tristemente famosi anche di qua dell'Alpi i nomi cabalistici degli arruffapopoli che si dànno per fondatori della « Internazionale » comunista moscovita da loro vantata come il paradiso della futura società umana. Ma se, passando oltre, i nomi, noi li guardiamo bene in faccia per riconoscere chi sono, si viene a scoprire questo fatto per lo meno assai strano che il maggior numero, a quello che si dice, dei componenti il corpo dirigente la repubblica comunista in Russia non è di indigeni russi, ma di intrusi « ebrei », i quali però si danno premura di occultare quasi sempre il nome di origine sotto la maschera di uno pseudonimo di colore slavo. In un opuscolo pubblicato nel 1920 dalla Società «Unità della Russia » troviamo, estratto dagli stessi giornali ufficiali « bolscevichi » un lungo elenco nominativo di tutti i membri dei Consigli, delle Commissioni e delegazioni, dei Comitati, Commissariati. Uffici centrali, da cui fu costituito l'organismo dello Stato allo stabilirsi del governo comunista. Quell'elenco venne divulgato in tutte le lingue, in tutti i paesi senza contraddizione: le sue informazioni presentano quel valore che dà loro, oltre la prima Origine, la pacifica notorietà che ne accredita almeno la veracità sostanziale. Ora in quell'elenco sopra cinquecento quarantacinque nomi di membri degli uffici direttivi dello Stato, i cittadini. di stirpe russa sono nulla più che trenta; quelli di razza giudaica sono la bellezza di quattrocento quarantasette: il resto va disperso tra lettoni; finlandesi, tedeschi, armeni, polacchi e le altre genti che già componevano l'impero. D'altra parte la popolazione totale della repubblica russa non conta certamente merlo di novanta milioni di nazionali di fronte a forse quattro milioni di ebrei che fino a ieri brulicavano nel pattume del ghetto, fatti segno al disprezzo comune. Eppure questa infima, minoranza oggi ha invaso tutte le vie del potere e impone la sua dittatura alla nazione. E quale dittatura! 1

    Secondo la Costituzione della Repubblica « sovietista-socialista-federativa russa » del 19 luglio 1918, art. 24-25, , il potere supremo risiede nel Congresso dei soviet, ovvero comitati delle provincie e delle città di tutte le Russie; in proporzione di un delegato per 25.000 votanti nelle città e 125.000 nelle provincie, assicurando così la prevalenza del proletariato operaio, più imbevuta delle idee rivoluzionarie e comuniste, sopra quello delle campagne. Per essere elettori o elettrici bisogna avere diciotto anni (od anche meno con l'approvazione, del potere centrale) e lavorare nella produzione delle cose necessarie alla vita, o nel: servizio domestico per il sostentamento di quelli che lavorano: essere soldati o marinai dell'esercito o della marineria sovietista. Non possono essere elettori coloro che tengono a proprio servizio dei lavoratori salariati: quelli che vivono di rendita e non di lavoro personale: i commercianti e gli agenti commerciali; i monaci e gli impiegati religiosi della Chiesa; gli agenti dell'antica polizia, i membri della famiglia imperiale. L'art. 23 dichiara che « la Repubblica, guidata dal solo interesse delle classi operaie, può privare dei loro diritti gli individui o i gruppi di persone che ne usassero a danno della stessa repubblica socialista». È la legge del sospetto, comune a tutti i governi violenti per far man bassa dei loro avversari.

    Al congresso dei « soviet » per l'art. 28 spetta l'obbligo, di eleggere il comitato esecutivo centrale il quale, secondo l'art. 31, è l'organo legislativo, amministrativo, direttivo della repubblica sovietista. Dal comitato centrale, è poi costituito il Consiglio dei commissari del popolo per l'amministrazione degli affari della repubblica, sotto la sua vigilanza e malleveria.







    III




    Ora fermiamoci ad osservare 2. Noi abbiamo la lista dei membri di questo consiglio dei commissari, che si può comparare al Consiglio dei ministri negli altri governi europei; essa contiene ventidue nomi che ci fanno conoscere gli uomini nelle cui mani sta il destino della nazione. Il primo fra essi è quello del presidente del Consiglio, Vladimiro Illitch Oulianov, conosciuto sotto il nome di Lenin; egli è vero russo ed appartiene alla nobiltà ereditaria. Nato nel 1870 a Limbrisk, studiò diritto ed economia politica, all'Università di Kazan e di Pietroburgo. Da alcuni si dice che la madre sua fosse ebrea: certo egli fu educato nella religione ortodossa. Impigliatosi nella rivoluzione fu imprigionato come socialista, esiliato in Siberia: liberato nel 1900, spatriò, e tornò alla propaganda socialista più ardente. Un fratello di lui venne giustiziato nel 1887 per aver preso parte a una congiura terrorista. Egli stesso è di animo freddamente crudele, di ferrea volontà, audace, risoluto, domina per intelligenza e per disinteresse quelli che lo circondano. Un altro russo è il commissario per gli affari esteri, Cicerin, anch'egli di famiglia nobile, dalla quale aveva ereditato una considerevole fortuna che egli abbandonò per mantener fede alla professione socialista. Sono esempi che si vedono sola in quei paesi. Il terzo è commissario per l'educazione. (come ivi si designa il Ministero della Istruzione pubblica), Lunatciarski, figlio di un consigliere di Stato, ortodosso e propagatore di comunismo fra il clero inferiore. A questi russi si aggiunga il commissario per l'agricoltura, Protian, e quello per gli affari dalle nazionalità, Djongachvili, che sono di origine armena. Gli altri diciassette sono tutti figli d'Israele. Traviamo fra loro colui che dopo Lenin tiene il primo sposto nella repubblica e fu il vero ordinatore dell'esercito «rosso », il Bronstein, detto Trotski, commissario per la Guerra e la Marina. Nata nel 1877 da un giudeo che teneva bottega di speziale nella provincia di Kherson, fin da ragazzo fu un rivoltoso e si fece cacciar dalla scuola per aver profanato orrendamente un'icone. Arrestato più volte, mandato in Siberia, fuggito, ramingo per l'Europa, scrivendo libri e giornali per la rivoluzione. Quando essa scoppiò, stette incerto a qual partito appigliarsi, non sapendo quale fosse per prevalere, e parve pendere verso i « menscevichi » o moderati: oggi egli è bolscevico pazzo e sanguinario. Suo degno compagno di crudeltà feroce è il commissario, per l'Interno, Ovsei Gershon Apfelibaum, detto Zinoviev, ebreo dell'Ucrania, nato nel 1883. Legato d'amicizia giovanile con Lenin, fu con lui in Isvizzera, dove fino al 1917 pubblicavano il giornale Sociat-Democrat; con lui rappresentò i socialisti russi alle famose conferenze di Zimmerwald, di Berna, di Kienthail. Rientrato in Russia con la rivoluzione, quando nel 1918 il governo bolscevico si trasferì da Pietrogrado a Mosca, il Zinoviev rimase a Pietrogrado come presidente di quel comune: a lui si devono imputare gli atti di selvaggia barbarie di cui fu teatro l'infelice città. Dal vedere tale mostro preposto al Ministero dell'Interno si può argomentare quali metodi persuasivi la repubblica voleva adoperare per istabilire il comunismo nel vecchio impero.

    Il Consiglio dei commissari ha un ministro delle Finanze ebreo, Gornkovsky, e va da sé; ne ha un altro per i Culti o, come là si dice, per le religioni, Spitzberg, parimente ebreo, e la cosa si capisce meno; ne ha un altro, ancora ebreo, Anvelt, per l'Igiene sociale, e questa non s'intende punto, date le abitudini di ereditario sudiciume in cui la tribù vive da secoli in quelle contrade. Meglio invece si comprende nel Consiglio la istituzione di un commissariato per il « Soccorso sociale » affidato a una donna, ma essa pure ebrea, Lilina, perché quei soccorsi cadessero in buone mani. Ebrei sono pure i ministri della Giustizia e dei Lavori pubblici. Altre istituzioni repubblicane in mani ebree sono il commissariato per « le terre dello Stato», quello per « il controllo dello Stato», quello per « la ricostruzione », quello per « l'economia », quello per « il rinvio dei rifugiati », quello sopra tutto per « le elezioni» tenuto già , da Moisè Ialomonovitch, detto Ouritski, reso famoso dai brogli e dalle frodi tutte ebraiche con cui aveva preparato le grandi elezioni costitutive della repubblica. Un ultimo commissariato, indice dei tempi e dei metodi, è quello « della Stampa » che naturalmente è di pieno dominio giudaico. Da esso dipende un ufficio giornalistico a cui sano addetti quarantadue scrittori, de' quali uno, solo è russo, Massimo, Gorki, gli altri sono tutti ebrei, come Moch, Kuhn, Eliasson, Kats, Efron, Davidson, e trenta altri. Questi sono i profeti che, dettano il verbo alle turbe proletarie e dirigono la pubblica opinione dalle colonne della Pravda, della Izvestia, della Znamia Trouda, ecc. I giornali antibolscevichi sono stati soppressi. Presso il Ministero degli Esteri una sezione speciale occupa molti stranieri a tradurre in tutte le lingue gli opuscoli di propaganda rivoluzionaria che si spargono nel mondo universo.




    IV




    Tale è la composizione del primo Consiglio dei commissari del popolo imposto dalla Costituzione della « Repubblica sovietista-socialista-federativa russa ». È la mostra da cui giudicare la balla. Ad imitazione di questo, gli altri consigli direttivi della Stato sono tutti sotto il predominio della sinagoga. Di fatto al Ministero degli Esteri, sopra 17 membri, tredici sono ebrei; in quello degli Interni, sopra 64, quarantacinque; il Ministero della Guerra conta trentaquattro ebrei sopra 43 ufficiali e tra essi nessuno è russo; quello dello Finanze ne conta ventisei sopra 30; quello della Pubblica Istruzione quarantaquattro sopra 53. A questo Ministero è annesso, un corpo dottorale di professori della « Accademia socialista » di Stato, tra i cui membri troviamo il noto giudeo disertore austriaco Radek, di vero nome Sobelsohn, uno dei più istruiti e dei più accorti uomini del partito bolscevico. Egli prese parte al rivolgimento « spartachista » e venne espulso dalla Germania insieme con altri diciannove ebrei. Fu nominato fra gli «alti commissari » di Mosca ed è uno dei migliori scrittori dell'Izvestia. Membro onorario dell'Accademia era pure la famigerata Rosa Luxembourg. Si vede a che cosa è ridotto « l'onore » tra quella gente! Più curioso è il vedere tra i dipartimenti in cui è diviso il Ministero dell'Istruzione una sezione speciale per sovraintendere alle « Arti plastiche » e un'altra intitolata la « Sezione teatrale » tutte, ben inteso, affidate al genio ebraico, e in particolare quella del teatro alla signora O. Z. Rosenfeldt, moglie di quel Rosenfeldt, detto Kamenev, uno dei negoziatori della pace di Brest-Litowsk, divenuto poi presidente del « Soviet » di Mosca, centro della repubblica. A dire il vero, non possiamo difenderci da un senso di amara ironia nel vedere questi allegri legislatori occupati a organizzare le sezioni per il teatro o per le arti plastiche, mentre disertavano il paese con la guerra civile e preparavano un prossimo avvenire di miseria e di fame!

    Senza indugiarci dietro a troppi altri uffici e comitati che pullulavano sotto cento nomi in quella fiera di, vanità democratiche, citeremo ancora il fatto che dei due Comitati centrali esecutivi, sorti dal IV e V congresso dei « soviet » degli operai-soldati-contadini-cosacchi di tutte le Russie, secondo gli elenchi venuti alla luce, il primo era composto, di 34 membri e di essi trentatré erano ebrei, uno solo russo: di esso fu presidente Iacob Mosseivitch Sverdlov, figlio di un farmacista ebreo di Nijni Novgorod. L'altro invece contava 62 membri, dei quali quarantatré circoncisi, gli altri russi, lettoni, armeni, georgiani, czechi, tedeschi, imeretiani. Insomma dal complesso di questi ragguagli risulta chiaro e manifesto un fatto: questa genia che fino a ieri giaceva nei vicoli ciechi; nei più bassi fondi della vita russa; di botto si è scossa e si è impossessata del trono: ieri non era nulla; oggi è tutto ed è dappertutto, e secondo l'istinto delle razze decadute si affretta a sfogare la rabbia del suo trionfo nella paura che duri poco. Come spiegare questo strano rovesciamento di cose, questa irruzione calcolata, sapiente che s'impadronisce a colpo sicuro di tutti gli organi della macchina sociale, così da potersi dire che in Russia - esempio unico - alla nazione slava è imposto il giogo di un'altra nazione, l'ebrea ?




    V




    Né alcuno creda, fidandosi di un'osservazione distratta e superficiale, che il rivolgimento russo sia un episodio sconnesso; una tempesta sollevata dall'incostanza delle passioni plebee come strascico passeggero dei disordini della guerra. No: la repubblica ebrea comunista è l'attuazione di una dottrina: sono i dogmi del vangelo di Marx e di Engels posti a fondamento di un programma sociale: è la teoria comunista messa in esperimento, e noi intendiamo facilmente come nessuno poteva essere più adatto interprete del pensiero di quel pretesi legislatori d'Israele o più esperti esecutori dei loro insegnamenti che gli uomini della stessa razza e delle stesse tendenze. Solo il pervertimento di una fantasia semita era capace di capovolgere tutte le tradizioni dell'umanità e creare una società il cui statuto fondamentale è « l'abolizione di ogni proprietà: la ricchezza non deve appartenere agli individui o a una classe di cittadini, ma alla comunità ». Il buon senso della stirpe ariana non avrebbe mai inventato un codice in cui al Principio di un'autorità sociale sottentrasse un ufficio centrale di statistica «dal quale verrà stabilito quante paia di stivali e di calzoni, quante salsiccie, quanta cera da scarpe, quanto grano, quanto panno dovrà essere prodotto o lavorato ogni anno; lo stesso ufficio fisserà quanti uomini lavoreranno nei campi, nelle fabbriche di salsiccia, nelle officine dei sarti. Tutto il lavoro sarà distribuito in misura corrispondente al bisogno, e la produzione sarà regolata secondo un calcolo preciso fondato sul numero degli strumenti agricoli, delle macchine, dei telai, e sopra la quantità disponibile delle materie prime e dei lavoratori » .

    Queste ed altre fino a ieri si stimavano utopie e facevano sorridere gli uomini seri: oggi quella gente ne ha fatto il modello della sua legislazione. Ha imposto il lavoro obbligatorio sotto la direzione e la vigilanza dello Stato: ha diviso la popolazione in quattro categorie per le distribuzioni alimentari: ha soppresso tutte le scuole, i collegi, le università come centri di infezione borghese. Un decreto, di Lenin ha prescritto « la educazione libera e gratuita delle classi operale » e per diffondere rapidamente i principii comunisti è stata istituita l'Accademia di Mosca, già mentovata di sopra, alla quale, sono inviati da tutte le provincie i giovani operai o contadini che si credono capaci di riuscire agitatori del partito, istruiti e mantenuti per questo fine a spese dello Stato. La repubblica ha soppresso tutti i tribunali ordinari dello Stato, e la giustizia è nelle mani di Commissioni straordinarie con potere di vita e di morte. È superfluo notare che anche i membri del commissariato della Giustizia sono tutti israeliti, ed a capo della Commissione suprema è il sanguinario Trotski.

    Dei grandi principii di libertà di stampa, di associazione o di parola, neppur parlarne: sono diritti che si rivendicano sotto il regime borghese per poter preparare la rivoluzione; ma a rivoluzione fatta, in governo comunista, che si può pretender di meglio? I malcontenti sono nemici dello Stato e vanno repressi severamente. Perciò la repubblica si è circondata di armi o di armati, ha imposto la coscrizione, e non parendole troppo salda e sicura la fede delle schiere paesane, non esitò un momento a rinnegare tutto il vecchio, antimilitarismo venduto ai gonzi e assoldare un esercito di cinesi, lettoni, ungheresi, vecchi prigionieri, profughi, vagabondi d'ogni colore, ai quali prendere servizio era il più sicuro mezzo di trovar dà, mangiare dove si moriva di fame. Tale non era, davvero il caso dei seguaci della sinagoga, e non li vediamo infatti far mostra di sé nel campo militare. L'ebreo non ama la milizia poiché non ha una patria: e quando dovette essere soldato, la rivoluzione lo fece traditore e assassino. Il branco di sicari che commise il feroce eccidio della famiglia imperiale moscovita nella notte del 16 luglio 1918 era comandato da due ebrei, Vaissen e Savarov, ed essi colpirono le vittime: ed ebrei pure erano le due guardie, Youroviski e Laipont, che avendo la custodia dei prigionieri lasciarono penetrare gli assassini. La carneficina inumana suscitò tanto orrore che, almeno per gettare un velo d'ipocrisia sopra i cadaveri, fu nominata una commissione d'inchiesta intorno al misfatto. La commissione, s'intende, ebbe sette ebrei sopra dieci membri. Non sappiamo quale esito l'inchiesta abbia avuto... né se sia mai stata fatta.

    Il governo di Mosca organizzò l'esercito rosso con una disciplina di ferro - né meno ci voleva per dare una coesione a quella razzamaglia di origine disparata - e lo preparò alla guerra di classe che la dottrina marxista predicava come necessaria allo stabilimento della dittatura del proletariato per giungere al comunismo. Il Lenin nella relazione al Comitato esecutivo dei « soviet“» dell'aprile 1918 denunciava ripetutamente: « Sarebbe la più grande stoltezza e la più stupida utopia credere che la transizione dal capitalismo al socialismo sia possibile senza costringimento e senza dittatura... Ogni grande rivoluzione e specialmente la rivoluzione socialista non è possibile senza una guerra civile »“. « Niente pace civile (scriveva già il Liebknecht alla conferenza di Zimmerwald) ma guerra civile, ecco la nostra parola d'ordine ». Il governo bolscevico non indietreggerà dinanzi a qualunque ostacolo gli attraversi la via e nulla risparmierà per il trionfo del suo ideale. « Al comunismo per mezzo della dittatura del proletariato, ecco il grido del partito. Dittatura significa un potere di ferro, un potere che non avrà compassione dei suoi nemici. La dittatura delle classi operaie è un potere di Stato che strozzerà la borghesia e i proprietari ». La bandiera della propaganda comunista porta scritta la formula: «Tutto il potere ai Soviet, la dittatura temporanea al proletariato la socializzazione totale delle attività umane e l'unione universale del proletariato di tutti i paesi ». Perché si osservi bene: il programma del partito comunista « non è solo la liberazione del proletariato di una nazione, ma di tutte le nazioni, giacché è il programma della rivoluzione internazionale. Il rovesciamento dei governi imperialisti a mano armata deve aprire la via alla dittatura internazionale della classe operaia ». E nella stessa Costituzione della repubblica russa all'art. 3 si dichiara che uno dei suoi intenti principali è « la vittoria del socialismo in tutti i paesi ».



    *
    * *




    Per questo noi dicevamo al principio di queste pagine che la Russia è oggi il campo sul quale si decide la sorte del mondo di domani. Abbiamo veduto come di questo campo essi tengano in mano loro il pieno possesso, come si sforzino d'impiantare il più odioso despotismo su quello sciagurato paese e si preparino per movere di là alla conquista dell'universo.


    1Di molti cambiamenti nella legislazione bolscevica si è parlato più volte nella stampa di tutti i paesi: ma è molto difficile di saperne il netto: e non crediamo che le cose siano migliorate.

    2Si ricordi il lettore che i nomi qui accennati sono quelli del primo governo, dato dalla nuova costituzione.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    DA: La Civiltà Cattolica, Roma, 2 aprile 1938, a. 89, vol. II, quad. 2107, pp. 76-82.

    INTORNO ALLA QUESTIONE DEL SIONISMO

    La singolarità unica del Giudaismo sta in ciò, che esso è, insieme e indissolubilmente, una nazione ed una religione, anche negli stessi giudei increduli, per il messianismo talmudico in essi persistente. Ancora più strano e singolare: il Giudaismo è una nazione equivoca e insieme, una religione equivoca. Nazione equivoca, perché, al medesimo tempo, è se stesso ed è un altro, quante sono le nazioni del mondo, dove si è stabilito: Giudaismo italiano, francese, tedesco, inglese, americano, romeno, polacco, e via dicendo, onde il giudeo gode di due nazionalità. Sembra che rechi vantaggi alla nazione dove risiede - e ne reca di fatto con la sua potenza finanziaria e con il suo ingegno - ma questi vantaggi sono direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente ordinati al sopravvento e dominio della nazione giudaica, detentrice dell'alta finanza e per mezzo di essa del dominio, più o meno larvato, del mondo (1). Religione equivoca, perché, se ha il vanto di essere stata l'unica vera religione - cioè il Giudaismo dell'antico Testamento, figura e preambolo del Nuovo, preparazione quindi del Cristianesimo - è ormai, in realtà, una religione profondamente corrotta: il Giudaismo del Talmud, antitesi del Cristianesimo. In fatti, tutto il valore del Giudaismo era nella sua sola ragione di essere la preparazione all'avvento del Messia: cioè il popolo eletto a conservare il culto del vero Dio e le promesse di redenzione e di regno universale del Messia Re e Salvatore del mondo. Venuto il Messia, in persona di Gesù Cristo, cessò, necessariamente ed automaticamente, il valore del Giudaismo tutt'insieme, e quale "popolo eletto" e quale religione: vos non populus meus, et ego non ero vester , secondo l'energica espressione del profeta Osea ( 1, 9) . Il vero messianismo, spirituale e soprannaturale, onde il Giudaismo era la vera religione e insieme il vero popolo eletto a prepararlo, si è cambiato nel messianismo talmudico, materiale e temporalistico. Sicché ora il Giudaismo in tanto è nazione in quanto si crede eletto al dominio messianico universale, materiale e temporale; ed in tanto è religione in quanto professa tale messianismo. Ecco perché il Giudaismo è una religione profondamente corrotta in quanto è una nazione che si presume eletta, ed è una nazione in quanto è la religione del messianismo corrotto. I messianismo, latente ed operante anche nei Giudei increduli e perfino atei, è essenziale al Giudaismo, come sopra si è detto. Togliete il messianismo e cesserà automaticamente il Giudaismo e la nazione giudaica. Se non che, è impossibile toglierlo dall'anima giudaica, fuori di un miracolo morale della Grazia, e cioè senza la conversione al Cristianesimo. Perciò, dicevamo, che non si può dare soluzione definitiva alla questione giudaica, se non con la conversione di tutto Israele al Cristianesimo. Il che, secondo la profezia di S. Paolo, avverrà negli ultimi tempi. Ma intanto la questione giudaica rimarrà insoluta, perché, come tutti consentono, anche i più benevoli ai Giudei, il messianismo corrotto, e cioè la fatale smania di dominio finanziario e temporalistico nel mondo, è la vera e profonda causa che rende il Giudaismo un fomite di disordini ed un pericolo permanente per il mondo. Non si può dare perciò se non una soluzione relativa e provvisoria, e questa non altra da quella tradizionale, adoperata dai Papi: la carità, senza persecuzioni, e insieme la prudenza con opportuni provvedimenti, quale una forma di segregazione o distinzione conveniente ai nostri tempi: insomma, una ospitalità e convivenza civile, in maniera simile a quella che si usa con gli stranieri. Né può dirsi che ciò sia un trattamento ingiusto verso cittadini di religione diversa, perché è purtroppo un fatto incontrastabile che il Giudaismo non è solo una religione, ma è indissolubilmente anche una nazione, fondate sul messianismo materiale e temporalistico, consapevolmente o inconsapevolmente, ma in ogni modo, inevitabilmente professato e vagheggiato.

    * * *

    Or bene, affinché i giudei possano essere considerati, con perfetta giuridicità, stranieri, viene proposta da alcuni la attuazione integrale del Sionismo, non solo con la costituzione di uno Stato giudaico in Palestina, ma con la possibilità di farvi rientrare, se non la totalità, almeno la massima parte dei giudei, ora sparsi nel mondo. Di questa opinione, propugnata in tutti i modi dal Prof. de Vries de Heekelingen (2), trattammo altra volta, venendo alla conclusione, che l'attuazione integrale del sionismo appare materialmente e moralmente impossibile, sia per la ristrettezza del territorio palestinese, sia per la invincibile opposizione degli Arabi, e sia perché la massima parte dei giudei non si indurranno mai ad andare in Palestina, abbandonando le residenze dove stanno bene (3). La costituzione di uno Stato giudaico, senza la effettiva comprensione dei giudei nel detto Stato, aggraverebbe, anziché scioglierla, la questio giudaica, in quanto all'equivoco della doppia nazionalità si aggiungerebbe un nuovo equivoco: quello di uno Stato la cui massima parte di cittadini ne vivono fuori. Ma vi è di più: uno Stato giudaico in Palestina sarà sempre un fomite di disordine e di perpetua guerra tra i giudei e gli arabi, come si vede al presente. La stessa Inghilterra ora non sa come cavarsi dal vespaio che ha suscitato, prima con la dichiarazione del Balfour sul focolare nazionale giudaico, e con aver favorito l'immigrazione ed invasione dei giudei; ora con la proposta "tripartita" che non contenta nessuno, né i Giudei, né gli Arabi, né i Cristiani. E' noto che il Governo britannico, ammettendo le conclusioni della Commissione d'inchiesta, proponeva la partizione della Palestina in tre parti: uno Stato ebraico, comprendente la maggior parte della Galilea e la fascia costiera della Samaria e della Giudea; uno Stato arabo comprendente l'entroterra della Samaria e della Giudea, più la Transgiordania; un Mandato permanente inglese per Gerusalemme, Betlemme e Nazaret, con un corridoio d'accesso al mare. Inoltre l'Inghilterra si riserbava temporaneamente l'amministrazione di Caifa, Acri e Tiberiade ( Civ. Catt. 1937 III, p. 376). Il XX Congresso Sionista, tenuto a Zurigo nei primi giorni di agosto 1937, sotto la presidenza del Dr. Weizman, presidente dell'organizzazione sionista, accettò in massima la creazione dello Stato ebraico, ma, naturalmente, senza partizioni territoriali, né restrizioni all'immigrazione ebraica (Civ. Catt. ivi, pp. 471-473). Poco dopo, la Commissione dei mandati presso la Società delle Nazioni a Ginevra, ascoltata la relazione del Sig. Ormsby Gore, ministro britannico delle Colonie, si dimostrò favorevole alla proposta dell'Inghilterra, pure stimando per ora inattuabile la creazione dei due Stati, l'arabo ed il giudaico, ed essere necessario un periodo di prova. (Civ. Catt., ivi, pp. 473-474; 567). Di recente, in una lettera del Sig. Ormsby Gore all'Alto Commissario britannico per la Palestina, pubblicata il 4 gennaio di quest'anno, si trattava dei procedimenti per l'attuazione della "tripartizione" ; i quali, secondo l'interpretazione ed i lamenti sionisti, sarebbero ordinati a rimandare il più lontano possibile l'attuazione della proposta tripartizione. Secondo la lettera dell'Ormsby, i procedimenti sarebbero distinti in sette periodi: l) Sarà istituita una "Commissione tecnica" per stabilire i confini della tripartizione ed organizzare le questioni finanziarie ed economiche dipendenti da essa. Nel determinare i confini, si dovrà attendere a due condizioni: a) che in ciascuno dei due Stati, giudaico ed arabo, si abbia sufficiente sostentamento e adeguata sicurezza; b) che ciascuno di essi comprenda il minor numero possibile di persone dell'altro Stato. 2) Il Governo britannico esaminerà le proposte della Commissione e, se le troverà convenienti, le proporrà al Congresso della Lega delle Nazioni. 3) La Lega esaminerà le proposte del Governo inglese e le approverà. 4) Dopo tale approvazione, si istituiranno "nuovi sistemi di governo" nei territori determinati. 5) Se le due parti, giudei ed arabi, si accorderanno, il Governo intavolerà negoziati per i trattati diretti alla costituzione di Stati indipendenti. 6) Prima di stabilire gli Stati indipendenti, si potranno amministrare temporaneamente i due territori, giudeo ed arabo; sotto mandati separati, o sotto un sistema di "cantonizzazione". 7) Finalmente saranno costituiti gli Stati indipendenti.

    * * *

    Quanto tempo ci vorrà a percorrere questi periodi? E ancora non siamo neanche al primo! Così lamenta il sionista Ben Gurion, nel lungo commento che egli fa della lettera dell'Orsmby in un giornale esclusivamente giudaico, The Palestine Post del 9 gennaio 1938. Può esser vero- ed in questo caso prudente - che l'Inghilterra con questi procedimenti voglia prender tempo, perché, ripetiamo, nel presente stato di cose, la stessa Inghilterra non sa da che parte rifarsi, per portar rimedio a tanti guai, trovandosi tra due fuochi: gli Ebrei, come hanno ripetuto a voce e per iscritto migliaia di volte, vogliono prendersi tutto; e gli Arabi vogliono ritenersi tutto. La Commissione, recatasi lo scorso anno a studiare la proposta della ripartizione, vi andò con un disegno prestabilito. Infatti (come confessò il Weizman stesso, per sottrarsi alle accuse dei suoi nel Congresso internazionale di Costanza), appena giunta la Commissione in Palestina, egli ne fu chiamato. Sentitasi proporre la ripartizione in due e un corridoio, si recò subito per aereo a Londra, per parlarne con il "Bureau" centrale sionista; e il giorno dopo ritornava con risposta affermativa. Sarebbe stato questo il primo passo, che doveva poi essere seguito da un secondo più definitivo: una clausola che permettesse agli Ebrei di liberamente entrare in Transgiordania (dove hanno già fatti molti acquisti alla chetichella) e farvi di terre privatamente, come tutti gli altri. Tanto erano certi di arrivare a impossessarsi di tutto. Ma gli arabi non erano tanto semplici da non comprendere ciò che la divisione avrebbe significato in ultima analisi: l'assorbimento graduale. E allora incominciò la reazione, massime quando la Commissione disse di voler sentire dagli Arabi (allorché tutto era già stato determinato col Weizman) che cosa essi ne pensassero, quale rimedio suggerissero, per poi sottoporre tutto a S. M. Britannica, non toccando alla Commissione se non la parte d'informatrice. La ripartizione poi, quale fu proposta, è praticamente impossibile. Come opporre barriere che impediscano l'accesso reciproco in territorio avversario, mentre L'accesso è voluto dalla stessa viabilità attraverso la Palestina ? E poiché ora, immensamente più di prima, Ebrei ed Arabi odiano cordialmente, chi potrà trattenere, massime il basso popolo, di venire alle mani ad ogni incontro ? E di più, vi sono elementi comuni come l'acqua, portata per canalizzazione, la luce, il telegrafo, il telefono, i quali tutti passano e ripassano per i diversi territori. Gli Arabi non fanno allora, come usano già da un anno, rappresaglie ai loro cari vicini? E quando poi vedranno che gli Ebrei, boicottando essi pure a loto volta (come fanno gli arabi con loro) tutto ciò che è arabo, non si serviranno che di importazione ebraica e di mano d'opera ebraica, saranno gli Arabi inclinati a mitigare la loro reazione ? Infatti, come avviene al Parlamento inglese, già esistono due correnti, una pro e l'altra contro la ripartizione. Né l'una né l'altra fa l'interesse sionista. Non quella della ripartizione, perché crea l'opposizione permanente del mondo arabo. Ma neppure l'altra, perché impedisce agli Ebrei di arrivare ad avere un'autonomia che sia un principio del riconoscimento da parte dello Stato, il quale dia loro voce ufficiale tra le nazioni, e come un addentellato, a cui possano a poco a poco appoggiare tutte le altre loro rivendicazioni. Perciò essi preferiscono starsene anche con poco, pur di cominciare in modo autonomo e con personalità politica. Quando tuttavia gli ebrei saranno soli e materialmente separati dagli Arabi, si divoreranno tra di loro: mancheranno di un larghissimo cespite da impiegare i loro prodotti e la loro opera professionale ed artigiana; laddove oggi gli ebrei sono da tutti cercati per avere lavori ben fatti, e nei loro negozi si compra a molto miglior mercato; sicché i Comitati arabi di resistenza dovettero mettere proprie sentinelle per impedire l'accesso dei loro connazionali ai negozi ebrei; tanto sono consapevoli che tutti ci vanno. Come scenderà allora il commercio ebraico! Quindi le crisi, ancora più forti che al presente, renderanno impossibile il vivere agli stessi Ebrei. La condizione presente è quanto mai rovinosa: non vi sono più pellegrini né forestieri. Quindi, mancando questo principale cespite di commercio, le automobili sono stazionarie, i negozi falliscono, gli alberghi si chiudono. Anche tra gli Ebrei è sospesa la costruzione di ogni genere di edifici; perché ognuno si domanda che ne sarà domani; la miseria è estrema, specialmente nella classe borghese di secondo ordine, quella dei dragomanni, negozianti ecc.; di tutti coloro insomma che non osano stendere la mano, come fanno i poveri del basso popolo. Certo è che il governo inglese, il quale ha profuso ogni genere di favori agli Ebrei, non ha fatto nulla per gli Arabi: non istituito una banca agricola, che pure avrebbe rialzato le sorti del dopoguerra; non favorito le industrie; ma ha invece aggravato le tasse, fino ad arrivare, in pochissimi anni, ad accumulare una riserva di sette milioni di sterline. Di più ha rovinato indirettamente il popolo con la eccessiva moltiplicazione delle scuole, le quali strappano la gioventù ai lavori della terra per darle in mano un pezzo di carta che non è di alcun valore, né qui in Palestina dove non si possono moltiplicare gli impieghi, né fuori di Palestina, dove non ha nessun senso. Fu anche questo un mezzo per disamorare l'Arabo della terra e così facilitarne il passaggio, pacifico e silenzioso, all'ebreo. Tutti sono indebitati a più non dire, e se si continua ancora di questo passo, un anno o due, non è impossibile che scoppi una vera rivoluzione; perché la fame non ascolta ragioni.

    * * *

    Quale rimedio si potrà dunque apportare che rimetta l'ordine e la pace in Palestina ? Nessun altro che la partenza degli Ebrei, o almeno la cessazione dei loro progressi e della loro immigrazione, in una parola, il totale abbandono dell'idea di uno Stato ebraico in Palestina. Tra gli stessi Ebrei, ben pensanti e più pratici che idealisti, si riconosce la insostenibilità della condizione presente Perciò occorrerebbe studiare un modo per indurre gli altri Ebrei a cambiar rotta, rinunciando a un possesso integrale e generale della Palestina, quale si propongono come ultimo fine, anche se fanno mostra di accontentarsi di qualche tratto autonomo. Gli Ebrei diranno che hanno fatto spese enormi. Sia pure, e quanto acquistarono in Palestina, resti pur loro; ché gli Arabi si acquieterebbero, quando sapessero con certezza che il pensiero di invadenza totale è abbandonato. L'Inghilterra per la prima ne avvantaggerebbe, perché cessato il sionismo, si troverà in condizione molto più solida e pacifica, mentre già gli ebrei sono in un numero così rilevante da bilanciare l'influenza e attutirne l'orgoglio. Così la pace rientrerebbe in questi paesi. L'India poi e le altre regioni mussulmane sarebbero meglio disposte a mantenere buone relazioni con l'Impero britannico. Tale, in sostanza, è l'opinione di persone, che hanno studiato e se da presso il movimento sionista; e alle loro giudiziose proposte crediamo bene che si dovrebbe porgere dalle opposte correnti una ben considerata attenzione, se si vuole pacificamente risolvere la questione del Sionismo palestinese.

    Note
    (l) Valga un esempio. Il Regime Fascista , in un articolo di fondo (Cremona, 22 gennaio 1938), dopo aver dato la lunga lista dei posti occupati dagli ebrei a Trieste, conclude: Facendo le dovute proporzioni fra i 250 mila cattolici e i 4000 ebrei, si deve concludere che questi hanno i nove decimi (900 per mille!) dei posti in cui si esprime la direzione intellettuale, economica, finanziaria e sindacale di Trieste

    (2) H. de Vries de Heekelingen, Israele, il passato, l'avvenire , Milano-Roma, Tumminelli e C. Editori, 1937-XVI

    (3) La questione giudaica , Civ. Catt., 1937, II, p. 418; 497; III, p. 27
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Da: La Civiltà Cattolica, Roma, 16 luglio 1938, a. 89, vol. III, quad. 2114, pp. 146-153

    La questione dei Giudei di Ungheria
    La questione giudaica in Ungheria è antica da circa tre quarti di secolo e non ha nessuna connessione, né di principi, né di procedimenti con il recente antisemitismo razzista del Nazionalsocialismo e neanche con gli antisemitismi di altre nazioni. Ciascuna nazione provvede alla sua conservazione, difendendosi da elementi perturbatori, secondo lo spirito delle proprie tradizioni, o anche, purtroppo, come nella Germania d'oggi, secondo ideologie inalberate a vessillo di raccolta e risorgimento nazionale. La nazione Magiara ha tradizioni millenarie fondamentalmente cristiane e insieme cavalleresche e leali, mantenutesi vive sino ad oggi, risorte a nuovo rigoglio segnatamente dopo la grande guerra ed il cataclisma giudaico - bolscevico, fortunatamente breve, del 1919, e manifestatesi con una magnifica vitalità nel Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest, come abbiamo sommariamente esposto nel nostro periodico (18 giugno, 1938, II, 481).

    L'Ungheria è tuttora una Monarchia cattolica, decorata del titolo di "Apostolica", sin da quando il Papa Silvestro II nell'anno mille, diede a S. Stefano, oltre il titolo di Re, il titolo di "Apostolo", la "Santa Corona" e la Croce simile a quella dei Legati. Nessuno dei Re ha piena autorità se non è coronato con la "Santa Corona", anzi non conta nella lista dei Re di Ungheria, come Giuseppe II, che non fu coronato. Ed al presente, il capo dello Stato è semplicemente Reggente . La Santa Corona non è un emblema, è la monarchia stessa; non appartiene a chi è stato con essa coronato, ma al popolo: essa è il palladio sacro della nazione ungherese ed aspetta il monarca, sulla cui testa potrà essere imposta dall'Arcivescovo di Strigonia, Primate di Ungheria.

    Inoltre l'Ungheria è stata il baluardo della Cristianità contro la invasione turca per 355 anni (1363-1718) e benché a un certo tempo fu quasi del tutto oppressa sotto il giogo ottomano, riuscì a liberarsene, e con sé l'Europa cristiana.

    "L'Ungheria ha rappresentato sempre - dichiarava nel 1930 il prof. Giacinto Viola dell'Università di Bologna, - la lotta della luce contro le tenebre. Nel compito immenso che essa si è addossato, l'Europa non sempre ha compresa la sua grande missione nella storia della civiltà occidentale e l'ha spesso lasciata sola. Donde ha tratto il popolo magiaro, un pugno di pochi milioni, l'immensa forza di resistenza per salvarsi pur sempre, isola perduta in mezzo all'oceano tempestoso del panslavismo? Il segreto della salvezza dell'Ungheria, della sua resistenza, sta nei suoi valori ideali. Mai la storia di alcun popolo ha dimostrato come la forza degli ideali valga assai più che la forza degli eserciti, come le forze spirituali superino di gran lunga le forze fisiche".

    E quali sono questi ideali e queste forze spirituali? Il Viola li addita nella sua fiamma religiosa e cavalleresca: "L'Ungheria, per 150 di dominazione turca, ha vissuto solo perché ha voluto vivere. Ogniqualvolta, nella storia, si è abbattuta, crivellata di ferite, mutilata, esangue, si è disperatamente riafferrata alla religione, agli eroi della sua storia, ai suoi santi, alla immensa fiamma di civiltà, di aspirazione alle forme superiori di vita, ed è risorta ed ha riedificato lo Stato, ha ricostruito i suoi grandiosi monumenti, nei quali si sente come espressa in forma di arte la grandiosità della sua anima". (1)

    Queste nobili parole del moderno professore sono una eco inconsapevole di altre nobili parole del grande luminare della Storia Ecclesiastica, il Card. Baronio, il quale fece questo splendido elogio della nazione magiara: "Tratta, da una forza miracolosa dal suo antico nido nascosto in fondo all'Asia, questa nazione ha obbedito ad una potenza superiore, che l'ha scelta, guidata, innalzata, e ne ha fatto la più solida e incrollabile fortezza della Cristianità. Erano nati eroi quei guerrieri, che ad un valore terribile accoppiavano una pietà edificante, riportarono vittorie che hanno del miracoloso e, per parecchi secoli, sostennero e protessero i popoli cristiani"(2).

    Una delle tradizioni singolari della nazione magiara è la cavalleresca liberalità verso gli stranieri. Il santo Re Stefano fu il primo a chiamare degli stranieri in Ungheria. Oltre i religiosi che avevano convertito il paese al Cristianesimo, egli fece venire artisti per edificare chiese, coltivatori, artigiani, assicurando loro libertà di conservare i loro costumi ed inviolabilità, non chiedendo loro altro che l'osservanza delle leggi del Regno ed un'imposta per le terre loro concesse. Agli immigrati è dato il titolo di hospites , sacro per i magiari. Quando conquistarono i paesi vicini, Boemia, Polonia, Bulgaria, Bosnia, Moldavia, Valacchia, ecc. non imposero loro né i loro costumi e la loro lingua, ma solo li spinsero a convertirsi al Cristianesimo .

    S. Stefano, pur amando la sua patria e la sua nazione, voleva che essa profittasse di quanto di buono potevano recarle gli stranieri ed i coloni, tenendo un principio singolare, che farà stupire i moderni nazionalisti ad oltranza: unius linguae, uniusque moris regnum imbecille et fragile est , come egli dice in uno dei consigli al figlio Emerico, che giova riportare per disteso: "Gli ospiti e gli stranieri devono occupare un posto nel tuo regno. Accoglili bene e accetta i lavori e le armi che possono recarti; non aver paura delle novità; esse possono servire alla grandezza e alla gloria della tua corte. Lascia agli stranieri la loro lingua e le loro abitudini, giacché il regno che possiede una sola lingua e da per tutto i medesimi costumi è debole e caduco. Non mancare giammai di equità né di bontà verso coloro che sono venuti a stabilirsi qui, trattali con benevolenza, affinché essi si trovino meglio presso di te che in qualsiasi altro paese".

    Questi principi, male intesi e male applicati, segnatamente rispetto ai giudei, sono stati fonte di guai per l'Ungheria. Il liberalissimo e cavalleresco Santo Re da bensì agli stranieri il titolo di ospiti , ma non quello di cittadini , né molto meno di padroni...

    Ora i Giudei, immigrati in Ungheria in più gran numero durante il periodo dei governi liberali, 1860-1914, vi sono divenuti non solo ospiti, ma cittadini (che hanno anche la loro rappresentanza nel Senato) e padroni. Essi sono circa 444 mila, cioè il 5 per cento di tutta la popolazione di nove milioni; e nondimeno, come è stato pubblicato di recente, essi hanno un'altissima percentuale nei posti e nelle professioni dominanti. Nella capitale, Budapest, di poco più di un milione di abitanti, essi sono circa 230 mila, cioè circa un quinto, e naturalmente vi esercitano di più la loro prevalenza.

    Riportiamo dai giornali le statistiche del loro predominio in tutta l'Ungheria:

    "Secondo le statistiche più recenti (quelle del 1930) il 15,4% dei proprietari fondiari sono ebrei come pure sono ebrei un terzo dei proprietari di miniere e di fonderie, mentre il 33,3% degli impiegati di queste industrie sono ebrei. Naturalmente gli operai ebrei in esse occupati sono soltanto il 0,1%. Per quanto riguarda l'industria in generale ed il commercio l'11% degli imprenditori, un terzo della classe dirigente ed un ottavo degli impiegati sono ebrei e l'industria alberghiera è per un quinto nelle loro mani. Particolarmente rilevante è la posizione degli ebrei nel commercio. Su 83.671 commercianti 38.072 sono ebrei; inoltre il 52% degli impiegati commerciali hanno posti direttivi ed il 30,3% di quelli d'ordine inferiore.

    Ma dove gli ebrei occupano veramente una posizione di privilegio è nelle Banche e negli istituti di credito. Su 324 Banche ed Istituti di credito 223 sono nelle mani degli ebrei, e circa il 40% degli impiegati sono tali. Non solo, ma i 20 più potenti capitalisti finanziari ebrei occupano ben 249 posti nei Consigli amministrativi dei vari Istituti di credito, sicché è facile comprendere quanto sia rilevante l'influenza ed il potere del capitale ebreo in Ungheria, e conseguentemente difficile la soluzione della questione ebrea nello stesso Paese. Non parliamo, noi, della percentuale ebrea di medici, ingegneri, avvocati e farmacisti.

    Soltanto nella città di Budapest sono ebrei: il 47% degli avvocati, il 62% dei veterinari, il 37% dei farmacisti, il 40% degli ingegneri. Anche la stampa ha una grande percentuale di ebrei: il 36% dei giornalisti sono ebrei e nella città di Budapest il 67%. Ebrei sono 14 dei 18 quotidiani e 5 dei 6 settimanali; delle 263 tipografie 163 sono ebree e delle 271 librerie 198, mentre su 6 Case Editrici 4 sono ebree (Atheneum - Franklin - Reti - Singer e Wolfner)".

    Ma vi ha, purtroppo, un altro loro predominio, funesto per la vita religiosa, morale e sociale del popolo ungherese, ed è che tutti o quasi tutti i giudei del ceto intellettuale e dirigente non sono credenti, ma liberi pensatori, o rivoluzionari, o massoni e organizzatori della massoneria: anticristiani nella vita morale e nella vita intellettuale; capitalisti nella vita economica sono poi socialisti o filosocialisti nella vita sociale, mantenendo intese con i sindacati socialisti e con i loro capi; in una parola, la loro legge di vita ( e cioè la loro legge morale pratica) è il successo nel mondo per qualsiasi mezzo. La denatalità fra essi (frutto del basso livello morale) è tale, che vanno diminuendo sensibilmente, ed in una quarantina d'anni, come prevede un sociologo, i giudei d'Ungheria (dove ora è loro vietata l'immigrazione) saranno ridotti alla metà. Secondo le statistiche del 1929, date dall'autore (giudeo) dell'articolo Ebrei nell'Enciclopedia Italiana (XIII, p. 328) i giudei erano in Ungheria 520 mila, ora sono ridotti a 444 mila; è questa una forte diminuzione, anche se si supponga la metà per emigrazione.

    In ogni modo, sino ad ora i giudei sono stati i padroni dell'Ungheria come si rileva dalle statistiche sopra riportate. Nella presente ondata antisemita sono diventati meno pretenziosi e corrono ai ripari con mostra di moderazione. Un esempio: un giornale giudaico, Az Est (La Sera) che ha una tiratura quotidiana di 300 mila copie, da anticlericale è divenuto conservatore e perfino filocattolico, lodando il Papa ed il Cardinale Faulhaber nel loro atteggiamento verso il neopaganesimo razzista, chiaro che i cattolici ungheresi non gradiscono tali alleati della Chiesa.

    Un Padre gesuita, predicatore, conferenziere e scrittore, aveva dato intorno alla questione giudaica in Ungheria, su un giornale di destra, una "intervista", che ebbe non poca risonanza. Il direttore, giudeo, di una rivista letteraria distruttiva della religione e della morale, chiese di poter parlare al detto Padre, chiedendogli una "rettificazione". Il Padre, naturalmente si negò, e cercò in tre ore di discussione di illuminare il suo interlocutore, che si professava ateo, e ad ogni argomento opponeva: "sono questioni metafisiche; non possiamo intenderci". Con fermezza e lealtà, il Padre gli dichiarò: "non desisterò dal combattervi sino a quando non avrò spezzato la vostra penna funesta!". Da allora la rivista si e fatto come un pregio di riportare le conferenze di quel Padre, talora quasi alla lettera, specialmente quando egli parla della carità... I giudei, in Ungheria, non sono organizzati tra loro per una azione comune sistematica; basta loro la solidarietà istintiva e insopprimibile della loro nazione per fare causa comune nell'attuare il loro messianismo agognante al dominio della terra ed al possesso dei beni temporali.

    Ad un giudeo commerciante di Vienna, lo stesso Padre, entrato in discorso sull'antisemitismo e le sue ragioni nel popolo ungherese, fece la dimostrazione storica della nefasta prevalenza giudaica nella rivoluzione del 1919, che commise tanti delitti e tanti latrocini: dei 32 commissari del popolo, 27 erano giudei, con a capo Béla Kun. - Io sono un giudeo onesto, contrario ad ogni disordine, replicò il commerciante. - Ebbene, riprese il Padre, voi giudei onesti siete nondimeno solidali con rivoluzionari; tra noi cattolici avviene il contrario, noi non siamo mai dalla parte di quei cattolici che traviano, noi li combattiamo risolutamente; voi invece vi sentite solidali con i vostri correligionari in qualsiasi caso. Il giudeo commerciante chinò il capo in un breve silenzio, e confessò: Padre, avete ragione, però, Padre, das ist bei uns eine Herzenssache! (è per noi una questione di cuore!).

    Simili confessioni non sono rare, quando con lealtà magiara si oppone ai giudei la verità. Il medesimo Padre in una conferenza a giovani studenti di una Scuola Normale, cattolici, protestanti e giudei, sulla concezione della vita, espose, naturalmente la concezione cattolica, e toccando dell'antisemitismo, dichiarò francamente: Come Sacerdote e come ungherese io sono antisemita non per ragioni di razza o di religione, ma perché i giudei non sono veri giudei: essi hanno rigettato Cristo il fiore della loro nazione e dell'umanità intera; essi hanno rigettato la Torah ed il Vecchio Testamento, che preannunziano e preparano Cristo; essi pertanto sono i negatori del vero giudaismo, i veri nemici di se stessi e del mondo: dobbiamo perciò combatterli, come si combatte l'errore e la distruzione. A queste parole si alzò uno studente, pallido in volto, e disse: Padre, io sono giudeo, e vi ringrazio di questa vostra franca dichiarazione: non avevo mai udito siffatta spiegazione dell'antisemitismo e vi confesso che avete ragione.

    L'antisemitismo dei cattolici ungheresi non è perciò né l'antisemitismo volgare fanatico, né l'antisemitismo razzista, è un movimento di difesa delle tradizioni nazionali e della vera libertà e indipendenza del popolo magiaro. Nel "Programma ungherese per il movimento sociale", propugnato dall'Azione Cattolica (nella quale le sono organizzati 250 mila uomini) il IX punto, sulla "soluzione della questione giudaica secondo gli interessi della nazione ungherese", dice: "I giudei, che non hanno accettata sinora la concezione ideale storica della nazione ungherese, non hanno il diritto di influire sulla vita intellettuale del paese, né nella stampa, né nella letteratura, né nella vita artistica. Questo medesimo principio deve essere applicato contro tutti quegli ungheresi che solidarizzano con i giudei. Dobbiamo spezzare il liberalismo distruttore della nostra vita economica, mediante il sistema corporativo, che sottoporrà il capitale all'interesse generale della nazione. Noi esigiamo dal Governo l'interdizione dell'entrata degli stranieri (giudei) nel paese, perché non possiamo ricevere altri mentre i nostri compatrioti non hanno di che mangiare. Esigiamo inoltre che vengano allontanati tutti quelli che sono entrati senza permissione (giudei riusciti ad entrare per favoreggiamenti illeciti) e la punizione di quei funzionari che li hanno aiutati contro le leggi".

    Si vuole, insomma, la difesa della nazione, contro il pericolo presente di una più numerosa invasione giudaica dalla Germania, dall'Austria e dalla Romania, e contro il liberalismo favoreggiatore del giudaismo e del suo nefasto predominio, senza persecuzioni, ma con mezzi energici ed efficaci.

    Sinora l'unica legge di difesa è stata quella del numerus clausus , sancita nel 1922, onde è vietato ai giudei l'ingresso alle Università oltre il numero corrispondente alla loro percentuale del 5 per cento della popolazione.

    Si è preparata intanto una legge, che stabilisce un numerus clausus , nella vita economica, ed un'altra più particolare sulla stampa, onde i giudei non potranno avere oltre il 20 per cento di rappresentanti nelle professioni, nelle banche, nell'industria, nel commercio, nei giornali, ecc. insomma nella vita economica, intellettuale e morale della nazione. Questo numero non è, a dir vero, tanto ristretto in relazione al 5 per cento dei giudei in tutta la popolazione; ma per ora si vuol procedere a gradi, senza persecuzioni, favorendo possibilmente l'esodo pacifico dei giudei dall'Ungheria, che essi hanno "malmenata", ed attuando, rispetto ad essi, l'augurio di Dante: "O beata Ungaria, se non si lascia più malmenare!" (Par. 19, 142-143).

    Non entriamo nei particolari di queste leggi proposte; notiamo solo, che esse sono ispirate alle nobili tradizioni magiare di cavalleresca e leale ospitalità, restringendosi solo al puro necessario, che molti anzi stimano non sufficiente. Un particolare merita rilievo: la legge considera come giudei anche coloro che si sono battezzati dopo il 1 agosto 1919, eccetto gli ex-combattenti. Quella data servirebbe ad ovviare alle conversioni non sincere ed interessate, come quelle che avvennero allora (se ne contano circa 16 mila) al tempo della reazione nazionale ungherese subito dopo la rivoluzione bolscevica e la caduta di Bela Kun. Questa disposizione non incontra l'approvazione di alcuni cattolici, perché sembrerebbe dover porre ostacolo a non poche conversioni sincere; altri rispondono, che, al contrario, gioverà a favorire la sincerità delle conversioni. Non crediamo di nostra competenza intervenire col nostro giudizio su tale questione. Essa potrà venire risolta conforme alle tradizioni cristiane e cavalleresche della nazione, la quale è ora sotto il governo di un uomo di qualità superiori, il Presidente dei Ministri Béla Imrédi, cattolico fervente ed insieme politico avveduto e di mano forte.

    M. Barbera S. I.



    NOTE

    (1) Les efforts culturels de la Hongrie, de 896 à 1935, Budapest, 1935, p. 278

    (2) Citato da E. Horn, Saint Etienne, Paris, 1899, p. V-VI
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Da: LA CIVILTÀ CATTOLICA, anno 89 - Vol. IV, 1° ottobre 1938, quad. 2119

    Beatus populus cuius Dominus

    Deus eius. (Psalm. 143. v. 15).

    La questione giudaica e "La Civiltà Cattolica"





    Di Ebrei, di questione ebraica, di pericolo e di " problema " giudaico è un gran parlare da tempo.

    In Italia, udiamo ripeterci da molte parti, ed è confermato anche dalla più autorevole voce della politica italiana, non si vuole imitare la Germania in genere, né l'acerbità nazistica in particolare contro gli oppositori, venuti dal giudaismo.

    Ma, anche fra noi, gravi provvedimenti furono decretati contro gli Ebrei, o sono già in corso, e la stampa quotidiana li commenta, com'è suo costume, e a suo modo li giustifica, ma con una vivacità di linguaggio e una così ardimentosa facilità di logica e di storia, di citazioni e di polemica che noi, senza forti riserve, non potremmo accettare. Eppure vi abbiamo trovato più volte, contro il solito, fatto con onore il nome del nostro periodico, allegatone frasi, proposizioni, o anche interi articoli, antichi di quasi mezzo secolo fa, sebbene alludessero a condizioni sociali, o polemiche dottrinali, assai diverse dalle presenti. Ma - cosa per noi non meno grave - si vollero mettere quegli scritti del nostro periodico, di quasi mezzo secolo fa, in recisa ed aperta opposizione al sentimento odierno degli altri cattolici, ed a quello perfino dell'autorità ecclesiastica, che è dire della Chiesa gerarchica e docente, di fronte alla quale deve cedere ogni autorità di maestro o scrittore privato.

    Su ciò abbiamo già aperto il nostro animo e chiarito il pensiero dei nostri predecessori ed il nostro nel precedente quaderno (1), sebbene i nostri intelligenti e fedeli lettori non ne avessero di bisogno. Essi avevano, infatti, col semplice riscontro dei passi allegati potuto verificare da sé ed accertare quanto dalle moderne citazioni dei giornali uscisse monco o travisato quel pensiero; anzi, in alcuni tratti, affatto incongruo e lesivo della giustizia e della carità. Ora l'una e l'altra assolutamente, noi, come i nostri predecessori, vogliamo usata e rivendicata anche verso gli Ebrei, sia pure con la certezza che non l'useranno essi con noi. Né certo l'hanno usata mai nelle passate persecuzioni, da essi o scatenate o promosse contro la Chiesa, in accordo sia con la massoneria, troppo da essi sostenuta, sia con altri partiti sovversivi ed anticristiani, dalla " grande " rivoluzione francese specialmente, fino ai nostri giorni.

    Ma ciò non c'indusse punto, né c'indurrà mai a voler ricambiare della stessa moneta, bensì ad impedirli semplicemente dal loro mal fare ed a premunire gli altri dalla loro strapotenza, e ciò per il bene comune, morale e religioso sopra tutto, e per la salvezza degli stessi Giudei.

    Gli uomini invece della politica, sopra accennati, per i loro fini o motivi d'interessi politici che non tocca a noi ora discutere cominciarono proprio sul loro primo trionfare, prima in Russia e poi in Germania, a rivoltarsi contro gli Ebrei, quando si accorsero di averli avversari, fautori malfidi o aperti oppositori dei nuovi metodi o "ideologie" di governo, prima che dei pretesi diritti o interessi di stirpe o di razza. Come è evidente, quella mossa antigiudaica, sia del comunismo internazionalista o bolscevismo russo, sia del socialismo nazionalista o nazismo germanico, non fu maturata da nessuna considerazione religiosa, se non anzi agevolata dall'odio o avversione generale di tali partiti contro ogni religione positiva, anche l'ebraica: odio dissimulato nel nazismo, ostentato nel bolscevismo. Non può quindi dar luogo a qualsiasi pur lontano richiamo contro la Chiesa o il Clero, nonché a quelle recriminazioni a cui usano abbandonarsi i vecchi persecutori, a loro volta divenuti perseguitati, e con essi i vecchi liberali, della massoneria specialmente, loro naturali alleati, com'è noto.

    * * *

    L'Italia non entra nella lizza se non dopo tre lustri e più di fascismo dominante e con più miti consigli, come sentiamo, non ostante i prodromi sopra accennati. Ci dichiara anzi il Regime fascista, uno dei giornali più accreditati o rappresentativi del partito, in un suo articolo del 30 agosto passato, col titolo Un tremendo atto di accusa: "Confessiamo che il Fascismo è molto inferiore, sia nei propositi, sia nell'esecuzione, al rigore della Civiltà Cattolica". E sopra aveva detto di accorgersi, dopo aver letto lo "studio vigoroso" del nostro periodico (dell'autunno 1890) che "gli Stati e le società moderne, e persino le più sane e coraggiose nazioni d'Europa, l'Italia e la Germania, hanno molto da imparare dai Padri della Compagnia di Gesù"; ed appunto, come conchiude, da questa, ch'egli chiama "leale e coraggiosa battaglia dei sapienti e irreprensibili Gesuiti".

    Grazie dell'elogio insolito, che troviamo ripetuto pure, in termini più o meno calorosi, da altri periodici e giornali quasi a gara, come vediamo anche dai molti ritagli che ce ne comunica alla giornata "L'eco della stampa". Ed a questo coro di lodi - tanto poco vi siamo avvezzi! - avremo noi il mal garbo o la scortesia ingrata di rispondere con la freddezza del riserbo, della correzione o della critica? Non intendiamo ciò; ma più di ogni lode o popolarità, in un argomento specialmente che tocca le ragioni della carità e della giustizia, ci preme di chiarire il pensiero nostro e quello dei nostri defunti colleghi e maestri; perché noi siamo certi che anch'essi troverebbero queste lodi più sgradite delle critiche, se dovessero palliare sotto la loro egida una qualsiasi offesa di carità e di giustizia contro il prossimo, fosse pure il prossimo in sé meno simpatico, quello degli Ebrei, specialmente se stretti in intima alleanza con la massoneria, come apparivano alla data degli articoli accennati, del 1890.

    E non vi è chi ci fa dire, generalmente e senza niuna distinzione, ciò che invece nella nostra rivista fu negato esplicitamente? Ma particolarmente si suppone che siano della rivista stessa i suggerimenti e rimedi da altri autori proposti e da essa discussi e rigettati, come quello fra i più gravi, non solo di considerare gli Ebrei come stranieri, ma di "confiscarne i beni perché roba di malo acquisto": suggerimento che, dato così generalmente e senza nessuna distinzione sa troppo di ingiustizia o di vendetta, e perciò riesce troppo difforme dallo spirito cristiano e religioso.

    * * *

    Fortunatamente, gli articoli del nostro periodico, dell'ultimo trimestre del 1890 (2), che furono i più largamente sfruttati nella presente polemica, si possono riscontrare da chiunque voglia, in fonte. E diciamo in fonte, perché furono, è vero, ristampati a parte, ma non sempre correttamente, anche nella più recente edizione, da cui hanno attinto, crediamo noi, i giornalisti (3). In questa, per l'appunto, un gravissimo errore di stampa - certamente involontario, per l'omissione di una riga e lo spostamento di altre - rende inintelligibile il passo della confiscazione, di cui si parla. Si trova esso nel terzo articolo, che discute i "rimedi", dopo che nel primo si sono indagate le "cause" e nel secondo gli "effetti", della moderna invasione giudaica nell'Europa.

    Fra i "rimedi" o proposte di soluzione della vessata questione, sono riferite anzitutto dal nostro periodico, ma escluse, "alcune proposte di pubblicisti, non già mossi da maltalento di socialismo contro le ricchezze degli ebrei ma caldi di uno zelo per la religione e la patria, che per altro si desidererebbe meglio temperato da giustizia". La prima di tali proposte è appunto il rimedio che "sarebbe più radicale di tutti, ma non conforme allo spirito cristiano"; la confisca dei beni e il bando delle persone. Quindi l'autore dell'articolo riportava bensì le ragioni più forti allegate dai proponenti, e il voto espressone anche da un congresso di antisemiti - che "si applichino ai giudei le leggi che i giudei stessi hanno fatto approvare e sancire dai framassoni governanti dei paesi cattolici contro la Chiesa", cioè che "si dichiarino nazionali tutti, senza eccezione, i beni dei giudei" - ma senza punto approvarle, conchiudeva:

    "Non è mente nostra diffonderci in un esame critico di sì fatta proposta. Notiamo soltanto, che della sua esecuzione abbondano gli esempi nelle storie. Ma, per essere legittima, bisognerebbe, prima di tutto, che la confisca fosse decretata da chi esercita regolarmente nelle nazioni la pubblica autorità: ed in secondo luogo, che si effettuasse con certe norme di giustizia e di carità cristiana".

    "Non tutti gli ebrei - soggiungeva - sono ladri, arruffoni, bari, usurai, framassoni, farabutti e corruttori dei costumi. In ogni luogo se ne conta un numero, che non è complice delle furfanterie degli altri. Perché involgere questi innocenti nella pena dovuta a' rei?". Così egli col buon senso e la equità del cristiano e del religioso, che gli era propria. Né tace le ragioni che a queste oppongono "i sostenitori dell'eroico rimedio", come il dire che "nelle guerre più giuste e più sante perisce gran numero d'innocenti, che questa non è vendetta, ma legge di necessaria difesa ecc.". Ma egli non le approva senza riserva, e quanto al provvedimento generale di cui si parla, conchiude anzi che "la giustizia e la carità avrebbero in ogni caso buone ragioni da far valere contro la crudezza delle sue troppo draconiane disposizioni".

    * * *

    Similmente rigetta l'altro rimedio, che dovrebbe essere di necessario compimento al primo, del bando generale dell'ebreo come straniero dal nostro suolo, ammesso pure il fatto che "se esso vi sta o vi sta per toglierlo a noi cristiani o vi sta per congiurare ai danni della nostra fede"; giacché infine "si tratta di un nemico che mira a spropriarci della terra ed a privarci del cielo". Ma un siffatto rimedio, specialmente se si avesse da praticare in tutti i paesi civili, "non sarebbe generalmente possibile, anzi contrarierebbe i disegni di Dio", che vuole la conservazione di Israele, sebbene così disperso, come "un palpabile argomento della verità del Cristianesimo". E "ammesso pure che fosse ora praticabile, sarebbe difforme dal modo di vedere e di operare della Chiesa romana". Ed a quest'ultimo proposito l'autore aveva allegato già l'esempio dei papi e dei principi cattolici, e citato anche la testimonianza dei due ebrei convertiti, i fratelli Lémann: i quali notano come "i Papi hanno sempre permesso con benevolenza il soggiorno nella città loro; e questo popolo errabondo, pur avendo libertà di non andarvi, sempre vi andava e chiamava anzi per gratitudine Roma il paradiso degli ebrei". Se ciò avveniva, era perché quei giudei più assennati dei moderni riconoscevano che le leggi di separazione o " interdizione" loro poste, erano non meno a difesa loro propria che a tutela dei cristiani, impedendo ogni mutua offesa o violazione di diritto da una parte e dall'altra.

    Ora su questo ultimo punto insiste precisamente la nostra rivista nel 1890, e l'oppone alla condotta del liberalismo e massonismo allora dominanti, per trovare "il solo modo di accordare il soggiorno degli ebrei col diritto dei cristiani". E questo sarebbe, secondo essa, di "regolarlo con leggi tali che al tempo stesso impediscano agli ebrei di offendere il bene dei cristiani, ed ai cristiani di offendere quello degli ebrei": leggi quindi non odiose, ma giuste; di eccezione, non di persecuzione, anzi di mutuo vantaggio, come si disse.

    E' vero che ciò sembrerà violare quella piena "eguaglianza civile" che il liberalismo si fece vanto di concedere loro senza limitazione alcuna. E il nostro polemista lo riconosce, ma contro le ragioni dei vecchi liberali richiama il pensiero del de Pascal, uno degli scrittori antiliberali del secolo passato, che "volere un diritto comune fra condizioni sociali disparate, è come volere una misura eguale fra stature diverse. L'equo, il necessario è invece il rispetto eguale a tutti i diritti differenti", quali corrono, ad esempio, fra nazionali e stranieri. E fra questi ultimi vanno annoverati, a loro stessa confessione, gli ebrei, generalmente parlando; se è vero che "il cosmopolitismo della loro stirpe è dai giudei medesimi confessato".

    Il nostro antecessore del secolo passato crede adunque che la totale eguaglianza civile, data dal liberalismo agli ebrei, che li collegò quindi con la massoneria, non solo e loro indebita, non avendone essi diritto, ma "anzi è perniciosa non meno ad essi che ai cristiani". Egli era perciò di opinione che "presto o tardi, per amore o per forza, si avrà da rifare" ciò che si era disfatto, da cento anni in qua, negli antichi ordinamenti civili, per amore di novità, di pretesa libertà o falso progresso. "E forse - egli soggiungeva - gli ebrei medesimi saranno costretti di supplicare che si rifaccia". Ora la ragione di questa previsione sta appunto sotto i nostri occhi: perché proprio oggi "la strapotenza alla quale il diritto rivoluzionario li ha oggi sollevati, viene scavando loro sotto i piedi un abisso, pari nella profondità alla altezza in cui sono assorti".

    Ma sopra ogni altra cosa, vi è il troppo giusto motivo di ben considerare se non sia troppo vero e confermato dall'esperienza di mezzo secolo quanto egli denunciava fin dal 1890: che "la uguaglianza, largita agli ebrei dalla setta anticristiana, ovunque si è usurpato il governo dei popoli, ha partorito l'effetto di collegare l'ebraismo col massonismo nella persecuzione alla Chiesa Cattolica e di innalzare la razza giudaica sopra i cristiani, nella potenza occulta e nella opulenza manifesta".

    Eppure né per il presente, né per tutto il cinquantennio passato, non è venuto proprio né da parte della Chiesa, né da reggitori o governi cattolici, ossia da quelli che più erano danneggiati dall'ebraismo, nessuna mossa violenta, di rappresaglia o di lotta contro gli ebrei, non ostante la loro strapotenza. E' venuta per ultimo proprio dalla Germania, protestantica e nazista, come prima dalla Russia zarista e poi dalla comunistica e internazionalistica, che pure agli ebrei era per gran parte debitrice della sua rivoluzione, come è noto e fu anche dimostrato su queste pagine (4).

    * * *

    Da questi rapidi cenni ognuno vede quanto lo scrittore del nostro periodico, sebbene tanto vivacemente commosso dalla persecuzione religiosa - che allora infieriva in Italia ed era attribuita in massima parte, sia pure con qualche esagerazione, alla strettissima alleanza della massoneria col giudaismo anticristiano - fosse tuttavia sollecito di non proporre, contro i mali da lui deplorati, nessun "rimedio" od opposizione che non riuscisse pienamente consona alle supreme ragioni della giustizia e della carità. Si fa quindi troppo evidente che il suo pensiero non fu bene inteso, anzi fu interamente svisato da chi lo ebbe a rappresentare come un programma di vendetta o di rappresaglia, se non anzi di guerra senza quartiere, quale sarebbe certamente suggerita dalle considerazioni meramente umane e interessate della politica. Esso era invece un caldo e ben motivato richiamo alla vigilanza e alla difesa. efficace ma pacifica, contro un pericolo e disordine civile, non meno che religioso e morale, della società moderna, minacciata dal giudaismo.

    Non negheremo però che la forma o lo stile, più che la sostanza del pensiero, possa, dopo quasi cinquant'anni, apparire di qualche acerbità, ora che la lotta, sia della massoneria come del giudaismo sembrerà a molti mitigata; nella forma almeno, se non nella sostanza. Ma checché sia di ciò, il difetto dello stile e della forma non attenua la forza del ragionamento, né il valore quindi delle conclusioni nella loro sostanza.

    * * *

    Quella severità di linguaggio oscurò tuttavia agli occhi di qualche studioso il concetto dominante di quegli antichi articoli, per quello che concerne il vecchio liberalismo e lo spirito della rivoluzione. Così il ch. Roberto Mazzetti ne riconosce bensì "la nobiltà dell'intenzione e la serietà indiscutibile e la larghezza d'orizzonte nell'indagine e la impressionante molteplicità di dati storici e la pregnanza delle idee antigiudaiche"; ma trova poi "da notare che non è affatto accettabile il concetto dominante circa il valore della rivoluzione, così detta francese, circa il significato della civiltà democratica e liberale del secolo XIX e, quindi, circa il Risorgimento italiano". E posto ciò, egli avrebbe ragione di non ammettere, come "storicamente valido il coprire di quella che era una momentanea degenerazione dello spirito del Risorgimento tutto il Risorgimento stesso"; ed oltre a questo, di trovare illogico che la questione ebraica fosse posta nella seconda metà del secolo XIX "col medesimo spirito con cui si sarebbe posta nel secolo XVIII e prima ancora" (5), supponendo "l'origine giudaica della rivoluzione del 1789 e della civiltà democratica e liberale del secolo XIX".

    Ora appunto a cotesta "degenerazione" dello spirito del risorgimento mirano i colpi del nostro vivace polemista del 1890, sebbene l'impeto della polemica non gli abbia sempre richiamato alla penna tutte le fredde ed opportune distinzioni. Del resto, è ben certo che egli non dava né poteva dare tutta la colpa dei disordini sociali da lui deplorati al giudaismo ed alla massoneria con esso collegato, né perciò voleva ferire, proprio senza distinzione, tutto il Risorgimento, tutta la civiltà democratica ecc.

    Nella interpretazione del Mazzetti noi troviamo quindi un grosso abbaglio; al quale, non neghiamo, può aver data ansa il linguaggio generico dell'articolo, che nel calore della polemica non poteva scendere a tutte le precisioni desiderabili: non è cioè tutto il complesso moto del Risorgimento che egli ha dinnanzi ed impugna; è l'indirizzo anticattolico che vi si era immischiato; è il connubio del liberalismo con la massoneria; è insomma quella "degenerazione" appunto che il Mazzetti stesso riconosce e deplora. Ma questi la suppone "momentanea"; laddove tale non fu, certamente, né così ristretta come a lui sembra. Quanto generale anzi e radicata fosse tale "degenerazione" tra i liberali del Risorgimento - anche se non collegati con la massoneria così esplicitamente, come credeva il nostro confratello di cinquant'anni fa - risulta dallo stesso "studio introduttivo", che il Mazzetti premette alla sua raccolta di testimonianze sulla questione ebraica, e più ancora dai passi citati appresso, di un R. Lambruschini, di Massimo D'Azeglio, di G. B. Giorgini, di C. Cattaneo, di V. Gioberti, tutti buoni rappresentanti del liberalismo e perciò difensori del giudaismo, sebbene in diverse gradazioni e per motivi diversi.

    In un siffatto consenso a difesa dei giudei, che si accompagnava non di rado ad uno strano accordo di persecuzione, di vessazione e disprezzo della Chiesa, del Clero, degli Ordini religiosi, allora spogliati e dispersi senza pietà, non si poteva vedere, su quell'ultimo scorcio del secolo XIX, quanto ora vi scorge il Mazzetti: che "il Risorgimento italiano, specie nel suo fiore fu filosemita non perché fosse una diabolica instaurazione di nuovo paganesimo, non perché fosse una settaria negazione del cristianesimo, ma perché intimamente religioso e fervido di ricchezza di vita morale, sognò e volle un mondo di spiriti religiosamente liberi, in cui più non fosse distinzione antiumana fra Barbaro e Greco, Ebreo e Romano" ecc.

    Un siffatto ideale di unità e concordia che sarebbe fondamentalmente cristiano, se bene inteso e schiettamente applicato - non era di tutti, e quantunque riaffermato con sincerità e con forza nel liberalismo mitigato del d'Azeglio, del Giorgini, del Manzoni segnatamente, non era poi applicato nei riguardi del clero e del laicato cattolico dall'altra scuola o "corrente" del liberalismo anticlericale, sempre così gretto ed accanito nella sua opposizione alla Chiesa che accreditava purtroppo l'opinione corrente di un connubio con la massoneria incredula ed il giudaismo anticristiano. Diamo pure che vi sia stato su ciò della esagerazione e dell'abbaglio anche dall'altra parte, per la facile propensione a generalizzare; ma era ben il caso di dire, a scusa di chi esagerava nell'attribuire troppa importanza all'ingerenza massonica ed ebraica, che un tale abbaglio non mancava di fondamento; avverandosi l'effato filosofico, che interdum falsa sunt probabiliora veris.

    * * *

    Il simile possiamo dire sul punto dell'origine giudaica della rivoluzione del 1789; la quale non è affermata negli articoli menzionati, in modo esclusivo, ma semplicemente concomitante; per quanto cioè nel complesso moto rivoluzionario, che doveva trasformare la società civile, ebbe una sua parte, e tra le più nefaste e scristianeggiatrici, l'ingerenza dei Giudei e dei loro amici. Ma. con questa concorse pure in gran maniera quella giansenistica, regalistica e incredula dei parlamentari, dei "filosofi" e di altri partiti avversi alla Chiesa ed al Papa; e per tutte queste molteplici e violente spinte rivoluzionarie gli stessi ben pensanti e il clero medesimo andò travolto e lasciò prendere alla fiumana irrompente della rivoluzione quel corso rovinoso che minacciò di finire, con gli orrori del "Terrore", nell'abisso delle barbarie.

    Posta la tanta molteplicità e varietà di cause che concorsero a quello straordinario cataclisma sociale uno degli avvenimenti più complessi della storia umana, come anche recenti studi hanno dimostrato - riconosciamo che sarebbe davvero "semplicistico" assegnargli per unica e precipua causa l'ingerenza giudaica, sia pure rafforzata dalla massoneria, com'era opinione del vecchio Barruel. In ciò conveniamo col Mazzetti come anche gli concediamo che sarebbe del pari semplicistico il "voler sostenere la origine e la funzione esclusivamente capitalistica, secondo lo spirito del materialismo storico, del gran moto rinnovatore del liberalismo moderno". Ma da lui dissentiamo nell'attribuire cotale "semplicismo" antistorico al nostro collega; giacché questi non intendeva allora di involgere tutto l'intero "moto rinnovatore"; bensì mirava, come dicemmo, alle sue degenerazioni da quella primitiva ispirazione, di origine fondamentalmente cristiana, verso una giusta e ben compresa libertà e fratellanza di individui e di popoli. Questa fu bensì, o apparve ai più, "l'anima di verità" dell'errore e il nobile impulso iniziale che attrasse molti alla professione e proclamazione dei famosi principi del 1789; ma purtroppo degenerò così presto in un moto anticristiano, violento e sovvertitore dell'ordine sociale, che anche le origini prime e la iniziale ispirazione apparvero a molti prettamente anticristiane.

    Nella deviazione del moto, pertanto, più che nella sua iniziale ispirazione e direzione, si troverà avverato ciò che osserva il Mazzetti, e non si oppone al nostro pensiero: che "in questo moto (del liberalismo), gli ebrei hanno portato un valido contributo in Italia come in Europa in genere; ma essi furono un ruscello, un piccolo affluente, non il maestoso e gonfio fiume della storia moderna" (pag. 118). Il ruscello cioè e l'affluente - diremo noi nel senso ben inteso degli articoli del 1890 - intorbidò il maestoso fiume non solo, ma lo disarginò talora e lo sospinse alle devastazioni, religiose e morali, sotto il manto della libertà e del progresso. Si ebbero così magni passus extra viam; e di essi poterono bensì profittare gli Israeliti che il liberalismo davvero "liberò politicamente e umanamente", ma non del pari le classi medie, né molto meno le altre "classi e categorie popolari", se parliamo col Mazzetti di verace e "integrale umanamento", di un moto cioè o avviamento della "futura storia d'Italia verso il regno di un romano e cristiano umanesimo integrale in cui è l'anima più vera della vita italiana", come parrebbe al benevolo nostro critico. Per il malo fermento della massoneria e del giudaismo, infiltratosi fino dalle origini, il liberalismo parve favorire troppo spesso l'apostasia delle nazioni dalla vita dello spirito, da Dio e dalla sua Chiesa. E la sua vantata "liberazione" a che cosa riuscì nella pratica? A sguinzagliare le classi medie e le inferiori, la borghesia ed il proletariato, verso una mentita libertà, che era licenza sfrenata e riusciva infine ad una sorte di schiavitù, anche economica e morale. A ciò alludeva la risentita frase del nostro, che "tutto il dolce del liberalismo finiva con attirarle ( le nazioni) fra le strette della vorace piovra del giudaismo".



    La frase saprà di "semplicismo", e sia pure. Ma il certo è che il liberalismo così traviato, come il giudaismo ed il massonismo da esso protetto, venne a punirsi da sé, nei medesimi effetti tristissimi della sua "degenerazione" o deviazione, partecipe della pena, come fu complice della colpa, del suo protetto, il giudaismo. E di quello possiamo dire ciò che di quest'ultimo scriveva il nostro collega nel 1890, ben presago di quanto si è poi venuto maturando e che possiamo riscontrare più al vivo in questi ultimi tempi: "sente già rumoreggiare da lontano la tempesta di quella rivoluzione sociale che esso ha in gran parte generato e pare debba essere l'esterminatrice sua e dei rinnegati che seco hanno stretto alleanza".

    Le parole sono forti, ma più duro ancora è l'esito che fin d'allora esse preannunciavano e che al presente tutti possono già vedere verificato in diversi paesi, mentre in altri si va purtroppo avverando.

    Conchiudiamo tuttavia, per debito di verità e di lealtà, che ciò non è avvenuto e non avviene per colpa unica, e neppure forse la più grave, degli ebrei; avviene altresì per colpa della complicità o dell'inerzia di tanti cristiani e cattolici sviati; e le colpe di costoro non è giustizia addossare sugli ebrei per infierire ai loro danni.



    * * *



    L'ordine delle considerazioni in cui ci siamo tenuti finora, ci esime dall'entrare nell'esame e nella discussione dei tanti altri particolari aspetti della questione giudaica; tanto più che di non pochi si è già trattato, più o meno ampiamente, nel nostro periodico (6).

    Di altri punti che riguardano particolarmente il lato politico, economico, finanziario e simili, come il "capitalismo ebraico" in particolare, il "mito giudaico" e le prime reazioni oppostevi dalla coscienza italiana, con le accuse e le difese degli ebrei, secondo la tradizione liberale e laica, si troverà pure una larga esposizione nello "studio introduttivo" del Mazzetti all'opera sopra citata (7). Egli appunto passa in un'erudita rassegna, anche se non del tutto adeguata per "un secolo di cultura italiana" fino allo scoppio della guerra mondiale, le varie opinioni, discussioni e proposte che si dibatterono in Italia; o piuttosto gli "atteggiamenti con cui i nostri pensatori esaminarono quella questione": atteggiamenti che egli ordina giustamente "secondo tre fondamentali correnti: una cattolica tradizionale; una cattolica liberale; una laica su basi economiche e giuridiche".

    Notiamo solo, tra le varie riserve che l'indirizzo liberale dell'autore ci suggerisce, come tutte e tre queste correnti vadano talora miste e confuse, per le diversità dei rigagnoli, diciamo così, che vi confluiscono. Diversa e non poco manchevole è la precisione di dottrina e spesso anche diverse le deficienze di ortodossia, dal giansenismo al cattolicesimo liberale, rappresentato, ad esempio, dall'abate Raffaele Lambruschini, la cui concezione umanistica non pare a noi così "intimamente religiosa, e in concreto, cattolica", ma piuttosto laica, e di un laicismo che fraintende e svisa il cattolicesimo genuino. Esso e ben lontano perciò dal concetto del Manzoni, del Tommaseo, del Rosmini, e vicino invece a quello del Gioberti, tanto tenero verso gli ebrei, come verso "i buoni e generosi Valdesi", quanto acerbo ed intollerante verso i cattolici da lui dissenzienti, designati col nomignolo di gesuiti, per lui il più odioso e calunniato.

    La fallacia, nel resto, dell'argomentazione liberale per la abolizione delle antiche leggi che regolavano la vita della nazione giudaica in mezzo ai popoli cristiani, è riconosciuta dallo stesso Mazzetti, che ben vi ravvisa pure qualche ingenuità. E tale è, ad es., l'insistere che fanno nell'attribuire i vizi degli ebrei all'effetto naturale delle leggi stesse, e vederne il rimedio invece nel sempre più "legarli alla vita moderna" mercé la piena eguaglianza dei diritti, senza nessuna tutela dei diritti dello stesso popolo cristiano. Ciò era un lasciar loro del tutto libero il campo, e questo a loro stesso danno, come ragionava il nostro periodico. Del quale infine il Mazzetti medesimo loda "l'opera coordinatrice ed ispiratrice", onde "la cultura italiana impostava, in tutta la ricchezza delle sue direzioni, e svolgeva, con indiscutibile serietà di preparazione scientifica, la questione ebraica". Ma appunto perché tale quell'opera del nostro periodico, non poteva dipartirsi, anche nella vivacità spiegabile della polemica, e dallo studio sincero della verità e dall'equilibrio doveroso della giustizia e della carità cristiana, che noi abbiamo dimostrato.

    E. Rosa S. I.


    --------------------------------------------------------------------------------

    NOTE

    ( l) Cfr. Civ. Catt. 1938, III, pp. 560-561.

    (2) Cfr. Civ. Catt., Serie XIV, vol. 8°, pp. 5 , 385 , 641. . (Della questione giudaica in Europa).

    (3) Cfr. La questione ebraica in, un secolo di cultura italiana. Con uno studio introduttivo di Roberto MAZZETTI (Modena, Soc. Tip. Modenese 1938), pp. 326-387.

    (4) Cfr. Civ. Catt. 1922, vol. IV, p. 11 (La rivoluzione mondiale e gli ebrei).

    (5) La questione ebraica, pp. 118-119

    (6) Cfr. Civ. Catt. 1934, vol. IV, pp. 126 segg.; 276 segg. (La questione giudaica e l'antisemitismo nazionalsocialista), 1937, vol. II, pag. 418 segg,., 497 segg.; vol. III, pag. 27 segg. e 1938, vol. II, p. 77. (La questione giudaica e il Sionismo; le conversioni e l'apostolato cattolico).

    (7) La questione giudaica (Modena 1938), pp. 7-119.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

 

 
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