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    Predefinito diritti umani in arabia saudita

    Regno dell’Arabia Saudita
    Capo di Stato e del governo: re Fahd Bin ‘Abdul ‘Aziz Al-Saud
    Pena di morte: mantenitore
    Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non firmato
    Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata con riserve
    Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato

    Le uccisioni da parte delle forze di sicurezza e di gruppi armati si sono intensificate, inasprendo la già spaventosa situazione dei diritti umani nel Paese. Decine di persone, tra cui critici pacifici dello Stato, sono state arrestate e oltre una ventina sospettate in relazione alla “guerra al terrorismo” sono state detenute dopo essere state rimpatriate forzatamente da altri Paesi. Almeno cinque possibili prigionieri di coscienza sono stati processati in udienze che non hanno rispettato gli standard internazionali, ma lo status di altri, compresi centinaia trattenuti da anni, è rimasto oscuro. Il dibattito sulla discriminazione contro donne, che era iniziato negli anni precedenti, ha conosciuto un ulteriore slancio focalizzando l’attenzione sulla violenza domestica e attirando la partecipazione politica. Sono stati segnalati casi di tortura e la fustigazione, che costituisce una pena crudele, inumana e degradante e che equivale a tortura, è rimasta una pratica di routine. Almeno 33 persone sono state messe a morte. Approssimativamente 600 rifugiati iracheni del campo militare di Rafha hanno continuato a vivere di fatto come prigionieri. Tra gli operai stranieri si è diffuso un certo ottimismo dopo che il governo ha annunciato misure per proteggere i loro diritti economici e sociali e il Paese si stava avviando ad alleviare la situazione di povertà. Ad AI continua a essere negato l’accesso al Paese.

    Contesto

    Il governo ha continuato a sostenere riforme politiche in un clima di crescente violenza e di situazione spaventosa dei diritti umani. A marzo ha creato la prima Associazione nazionale per i diritti umani (NHRA) che sia mai stata autorizzata ufficialmente. Tale associazione è composta da 41 membri, di cui 10 donne. Tra gli obiettivi dichiarati dall’NHRA figurano la protezione dei diritti umani e la cooperazione con altre organizzazioni internazionali.

    È stato completato l’iter di preparazione alle prime elezioni nazionali comunali (anche se parziali) che erano state annunciate nel 2003. Le elezioni erano previste in tre fasi e i comuni sono stati suddivisi in raggruppamenti regionali. La prima fase prevedeva l’iscrizione degli elettori della zona di Riyadh, dove il voto era previsto per febbraio 2005. Le altre due fasi dovevano concludersi entro l’aprile 2005. Il regolamento elettorale pubblicato ad agosto prevede l’elezione di metà dei candidati di ogni comune e la nomina dell’altra metà da parte del governo. Alle donne non è stato concesso né il diritto di voto né quello di candidarsi (vedi di seguito).

    Uccisioni

    È aumentato il numero di uccisioni da parte delle forze di sicurezza e di gruppi armati determinando decine di vittime. La maggior parte delle uccisioni da parte delle forze di sicurezza sono avvenute a Riyadh, La Mecca e Jeddah. Alcune sono avvenute durante scontri con gruppi armati e banditi ricercati dalle autorità, come nel caso di Abdul Aziz Muqrin, presunto leader di al-Qaeda in Arabia Saudita, che è stato ucciso a giugno a Riyadh. Tuttavia, la maggior parte delle uccisioni è avvenuta durante inseguimenti in auto oppure durante irruzioni in case da parte delle forze di sicurezza. Il governo ha immancabilmente annunciato che i morti sarebbero stati dei criminali armati, ma per motivi di segretezza non è stato possibile valutare l’accuratezza di queste informazioni.

    Decine di persone sono state uccise da gruppi armati e da banditi in varie parti del Paese. Le uccisioni si sono verificate durante attacchi armati o nel corso di concitate operazioni a seguito della cattura di ostaggi.

    *A maggio tre persone armate sono entrate negli uffici e in complessi residenziali di impiegati di compagnie petrolifere ad al-Khobar, nella Provincia Orientale, prendendo in ostaggio decine di persone, soprattutto lavoratori stranieri. Hanno ucciso alcuni degli ostaggi, pare soprattutto persone di religione non musulmana. Forze di sicurezza hanno preso d’assalto l’edificio nel quale venivano trattenuti gli ostaggi. Secondo quanto riferito, alla fine dell’operazione sarebbero rimasti uccisi 22 civili, sette membri delle forze di sicurezza e un bandito.

    *A giugno Frank Gardner, un giornalista di una televisione britannica e il suo cameraman, Simon Cumbers, sono stati attaccati da persone armate, mentre filmavano un servizio giornalistico a Riyadh. Simon Cumbers è morto in ospedale. Frank Gardner è stato ferito gravemente.

    Prigionieri politici e possibili prigionieri di coscienza

    Durante tutto l’anno sono avvenuti arresti di sospetti membri e simpatizzanti di gruppi armati e, in alcuni casi, di critici pacifici dello Stato.

    Decine di persone sono state arrestate perché sospettate di essere in contatto con gruppi armati. Tra di loro figurano alcuni il cui il nome era apparso su una lista pubblicata dal governo nel dicembre 2003. Gli arresti sono stati eseguiti durante scontri armati, inseguimenti stradali, irruzioni in abitazioni, rimpatri forzati da altri Paesi, o dopo la resa del sospettato durante l’amnistia della durata di un mese che era stata annunciata dal governo il 23 giugno. Lo status legale, i luoghi di detenzione e le condizioni della maggior parte dei detenuti sono rimasti avvolti in segretezza, in violazione degli standard internazionali che proibiscono prolungate detenzioni in incommunicado e “sparizioni”.

    Alcuni degli arrestati in quanto critici dello Stato sono stati rilasciati dopo un breve periodo di detenzione. Almeno 5 di loro sono stati processati. Lo status legale dei restanti, a decine nel corso dell’anno e a centinaia negli anni precedenti, è rimasto oscuro.

    *Cinque presunti critici dello Stato sono stati processati in tre casi distinti. Uno di questi ha visto coinvolti due professori universitari, il dottor Matrouk al-Falih e il dottor Abdullah al-Hamid, e uno scrittore, Ali al-Damayni. I tre erano tra gli undici accademici e intellettuali arrestati a marzo perché avevano chiesto riforme politiche e criticato il governo. Otto di loro sarebbero stati rilasciati dopo aver firmato una dichiarazione con la quale s’impegnavano a non ripetere mai più tali richieste e critiche. Gli altri tre si sarebbero rifiutati di firmare l’impegno e sono rimasti in detenzione. In una rara apertura alla solita situazione di segretezza, ai tre è stato concesso di ricevere la visita dei familiari e degli avvocati. Ad agosto è iniziato il loro processo che si sarebbe tenuto a porte aperte. AI aveva intenzione di inviare un osservatore al processo, ma ai delegati non è stato concesso il visto. La prima sessione del processo si è tenuta a porte aperte, ma è stata aggiornata a metà del dibattimento in quanto una parte del pubblico avrebbe disturbato. Le successive udienze si sarebbero svolte a porte chiuse. Gli altri due casi hanno visto coinvolti il dottor Said bin Zu’air e suo figlio Mubarak, entrambi arrestati nel corso dell’anno. Il dottor Said bin Zu’air è stato dichiarato colpevole di accuse vaghe come disobbedienza al sovrano del suo Paese ed è stato condannato a 5 anni di carcere. Suo figlio Mubarak è stato condannato in un processo separato a 10 mesi di detenzione per analoghe accuse. Lo status legale di un altro figlio, Sa’d, che era stato arrestato nel 2002, è rimasto incerto. Il dottor Said bin Zu’air era già stato detenuto senza accusa né processo per 8 anni per il fatto di essere un critico dello Stato.

    *Ahmed Abu ‘Ali, un cittadino statunitense di 24 anni, era stato arrestato nel giugno 2003 all’Università di Medina, dove studiava. La statunitense FBI (Federal Bureau of Investigation) l’avrebbe interrogato o avrebbe collegato il suo interrogatorio a un altro caso in corso negli Stati Uniti – Stati Uniti contro Royer – relativo a 11 persone accusate di reati collegati al “terrorismo”. Ahmed Abu ‘Ali aveva collegamenti con uno degli imputati, ma quest’imputato è stato assolto. Ahmed Abu ‘Ali è rimasto trattenuto in Arabia Saudita senza accusa né processo e senza poter accedere a un avvocato.

    Diritti delle donne

    Durante l’anno è proseguito il dibattito sui diritti delle donne il quale è stato focalizzato sulla violenza domestica e sul diritto alla partecipazione politica. Il tema della violenza domestica ha riscosso una forte attenzione nazionale e internazionale quando ad aprile Rania al-Baz, che era stata picchiata dal marito, ha reso pubblico il suo caso per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza che subiscono le donne all’interno delle mura domestiche in Arabia Saudita. La presentatrice televisiva e madre di due figli Rania al-Baz è stata aggredita da suo marito il 4 aprile nella loro abitazione di Jeddah, apparentemente dopo che lei aveva risposto al telefono. La donna ha riportato 13 fratture facciali. Suo marito l’ha caricata nel suo furgone e l’ha scaricata in stato di incoscienza all’ospedale di Jeddah sostenendo che la moglie era stata vittima di un incidente stradale. L’uomo è rimasto latitante fino a consegnarsi alla polizia il 19 aprile. Secondo quanto riferito, è stato accusato di tentato omicidio, ma l’accusa è stata in seguito ridotta a lesioni personali aggravate delle quali è stato ritenuto colpevole a maggio. È stato condannato a 6 mesi di reclusione e a 300 frustate. Rania al-Baz aveva di fronte a sé l’opzione di una causa civile con la quale poteva chiedere un risarcimento (qisas) nelle forma di un indennizzo o di una punizione fisica in proporzione al danno che aveva subito, ma ha apparentemente scelto di perdonare il marito in cambio del divorzio e della custodia dei suoi due figli. Suo marito ha scontato più della metà della pena. Non è noto se abbia subito le frustate.

    Quando la faccia sfigurata di Rania al-Baz è apparsa sulle prime pagine dei giornali, l’evento ha posto in primo piano le gravi forme di discriminazione che facilitano e perpetuano la violenza contro donne in Arabia Saudita, così come il tema della impunità. Si tratta del primo caso del genere nel Paese che si è concluso in un tribunale con condanna e pena sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Rania al-Baz ha rivelato di aver subito per anni la violenza del marito, ma che non poteva lasciarlo per la preoccupazione di perdere l’affidamento dei figli. Nel momento in cui aveva cercato di lasciarlo, lui le aveva impedito di vedere i figli per due mesi. In Arabia Saudita il divorzio è principalmente prerogativa dell’uomo. I diritti delle donne in questo campo sono talmente limitati che diventa pressoché impossibile per loro esercitarli. Per ottenere il divorzio, a differenza dell’uomo, la donna deve provare di aver subito danni o il torto del marito, essere in grado di pagare un risarcimento, affrontare il rischio di perdere l’affidamento dei figli ed essere in grado di convincere una magistratura esclusivamente maschile. I problemi sono aggravati dalle pesanti restrizioni che le donne subiscono nei loro movimenti, dalla totale dipendenza dai parenti maschi e dallo stigma sociale che accompagna il divorzio. Attiviste per i diritti delle donne, scrittrici, giornaliste e avvocate hanno chiesto cambiamenti legali e giudiziari per porre fine a questo tipo di discriminazione e per combattere l’impunità di cui godono le persone che commettono atti di violenza contro donne. Fonti hanno riferito che a novembre il ministro per gli Affari Sociali ha proposto misure per combattere la violenza domestica che erano in attesa di essere approvate dal Consiglio dei ministri.

    A ottobre il governo ha annunciato che le donne sarebbero state escluse dalla partecipazione alle elezioni comunali del 2005, anche se il regolamento elettorale introdotto ad agosto non escludeva in maniera esplicita la partecipazione femminile. Tale decisione è in contrasto con i passi intrapresi dal governo per il miglioramento delle opportunità di lavoro delle donne e per ridurre le aree di discriminazione contro le donne.

    Tortura e maltrattamenti

    La rigida segretezza che circonda arresti e detenzioni rende difficile la valutazione delle forme di tortura e maltrattamenti che subiscono le persone arrestate durante o dopo scontri violenti oppure nell’ambito della “guerra al terrorismo”. Tuttavia, hanno destato preoccupazione le “confessioni” di alcuni detenuti trasmesse alla televisione. Sono stati inoltre segnalati casi di tortura.

    *A settembre tre detenuti sono stati mostrati alla televisione di Stato come membri di un gruppo armato. I tre hanno “confessato” dettagli relativi al gruppo, compreso l’uso di fotografie che ritraevano detenuti torturati dalle forze di sicurezza, allo scopo di reclutare nuovi membri e di incutere loro timore affinché non si arrendessero alla polizia. Confessioni di sospetti che erano state teletrasmesse in passato erano state ottenute sotto tortura o maltrattamenti o con l’inganno.

    *Secondo quanto riferito, sei yemeniti avrebbero sostenuto di essere stati sottoposti a percosse, privazione del sonno e tenuti incatenati uno all’altro per la maggior parte del tempo. Tutti sarebbero stati arrestati durante una visita preso l’abitazione del loro datore di lavoro a Jeddah dove la polizia avrebbe trovato armi. Sarebbero stati rilasciati dopo 18 giorni di interrogatorio e rimpatriati nello Yemen senza essere incriminati o processati.

    *Brian O’Connor, un indiano di religione cristiana di 36 anni, sarebbe stato picchiato duramente dalla polizia religiosa in seguito al suo arresto a marzo a Riyadh, secondo quanto riferito perché era in possesso di una Bibbia o di altra letteratura cristiana. È stato accusato di aver venduto alcol e condannato a 10 mesi di reclusione e a 300 frustate. Tuttavia, a novembre è stato rimpatriato in India.

    *A maggio un gruppo di cittadini britannici che aveva denunciato di aver subito torture in Arabia Saudita nel 2001 hanno presentato ricorso nel loro Paese contro una sentenza dell’Alta Corte del Regno Unito in una causa intentata da Ron Jones contro i suoi presunti torturatori in Arabia Saudita. L’Alta Corte aveva archiviato il caso per motivi di sovranità ai sensi della legge UK 1978 Act. A ottobre la Corte d’Appello ha deciso che i querelanti potevano citare in giudizio i singoli funzionari che li avevano torturati ma non il governo.

    ***Fustigazione La fustigazione è rimasta una punizione corporale applicata di routine dai tribunali, sia come pena principale sia accessoria.

    *Secondo quanto riferito, ad agosto, 42 giovani sono stati fustigati per teppismo, distruzione di macchine e molestie contro donne a La Mecca. In questo caso la fustigazione è stata una pena accessoria alla carcerazione e a un’ammenda.

    Rifugiati

    Secondo quanto riferito, il rimpatrio spontaneo di circa 3.500 rifugiati iracheni della guerra del Golfo del 1991 è stato sospeso a maggio in seguito al deterioramento della situazione di sicurezza in Iraq. Circa 600 rifugiati sarebbero rimasti di fatto prigionieri nel campo militare di Rafha nel deserto settentrionale al confine con l’Iraq. A loro è stata negata la possibilità di chiedere asilo in Arabia Saudita.

    Pena di morte ed esecuzioni

    Almeno 33 persone, tra cui una cittadina dello Sri Lanka e 13 uomini stranieri, sono state messe a morte. Secondo il governo le persone erano state condannate per omicidio, furto o reati di droga. Il numero dei prigionieri in attesa di esecuzione non è noto ad AI, ma tra questi figura Sara Jane Dematera, una cittadina filippina condannata nel 1993 al termine di un processo segreto e sommario per l’omicidio del suo datore di lavoro. Ad aprile le è stato concesso di ricevere una visita della madre.

    Diritti economici e sociali

    Tra gli oltre sette milioni di lavoratori stranieri si è diffuso un certo ottimismo riguardo ai loro diritti economici e sociali e le Nazioni Unite hanno indicato che l’Arabia Saudita aveva compiuto progressi nella lotta contro la povertà. Il governo ha annunciato progetti di riforma del diritto del lavoro che migliorerebbero la protezione dei diritti dei lavoratori stranieri. Ha inoltre annunciato che avrebbe intrapreso misure punitive nei confronti di agenzie di collocamento e datori di lavoro che avrebbero maltrattato i lavoratori. Il governo ha altresì dichiarato di aver rafforzato i meccanismi di reclamo dei lavoratori e ha chiesto ai lavoratori maltrattati di sporgere denuncia. Alcuni lavoratori stranieri avrebbero dato vita ad associazioni di assistenza per i loro connazionali nella presentazione dei reclami. In un caso i lavoratori avrebbero creato una struttura di accoglienza per le lavoratrici che avevano subito violenza domestica.

  2. #2
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    Predefinito Re: diritti umani in arabia saudita

    In Origine Postato da benfy
    Regno dell’Arabia Saudita
    Capo di Stato e del governo: re Fahd Bin ‘Abdul ‘Aziz Al-Saud
    Pena di morte: mantenitore
    Statuto di Roma della Corte penale internazionale: non firmato
    Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: ratificata con riserve
    Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne: non firmato

    Le uccisioni da parte delle forze di sicurezza e di gruppi armati si sono intensificate, inasprendo la già spaventosa situazione dei diritti umani nel Paese. Decine di persone, tra cui critici pacifici dello Stato, sono state arrestate e oltre una ventina sospettate in relazione alla “guerra al terrorismo” sono state detenute dopo essere state rimpatriate forzatamente da altri Paesi. Almeno cinque possibili prigionieri di coscienza sono stati processati in udienze che non hanno rispettato gli standard internazionali, ma lo status di altri, compresi centinaia trattenuti da anni, è rimasto oscuro. Il dibattito sulla discriminazione contro donne, che era iniziato negli anni precedenti, ha conosciuto un ulteriore slancio focalizzando l’attenzione sulla violenza domestica e attirando la partecipazione politica. Sono stati segnalati casi di tortura e la fustigazione, che costituisce una pena crudele, inumana e degradante e che equivale a tortura, è rimasta una pratica di routine. Almeno 33 persone sono state messe a morte. Approssimativamente 600 rifugiati iracheni del campo militare di Rafha hanno continuato a vivere di fatto come prigionieri. Tra gli operai stranieri si è diffuso un certo ottimismo dopo che il governo ha annunciato misure per proteggere i loro diritti economici e sociali e il Paese si stava avviando ad alleviare la situazione di povertà. Ad AI continua a essere negato l’accesso al Paese.

    Contesto

    Il governo ha continuato a sostenere riforme politiche in un clima di crescente violenza e di situazione spaventosa dei diritti umani. A marzo ha creato la prima Associazione nazionale per i diritti umani (NHRA) che sia mai stata autorizzata ufficialmente. Tale associazione è composta da 41 membri, di cui 10 donne. Tra gli obiettivi dichiarati dall’NHRA figurano la protezione dei diritti umani e la cooperazione con altre organizzazioni internazionali.

    È stato completato l’iter di preparazione alle prime elezioni nazionali comunali (anche se parziali) che erano state annunciate nel 2003. Le elezioni erano previste in tre fasi e i comuni sono stati suddivisi in raggruppamenti regionali. La prima fase prevedeva l’iscrizione degli elettori della zona di Riyadh, dove il voto era previsto per febbraio 2005. Le altre due fasi dovevano concludersi entro l’aprile 2005. Il regolamento elettorale pubblicato ad agosto prevede l’elezione di metà dei candidati di ogni comune e la nomina dell’altra metà da parte del governo. Alle donne non è stato concesso né il diritto di voto né quello di candidarsi (vedi di seguito).

    Uccisioni

    È aumentato il numero di uccisioni da parte delle forze di sicurezza e di gruppi armati determinando decine di vittime. La maggior parte delle uccisioni da parte delle forze di sicurezza sono avvenute a Riyadh, La Mecca e Jeddah. Alcune sono avvenute durante scontri con gruppi armati e banditi ricercati dalle autorità, come nel caso di Abdul Aziz Muqrin, presunto leader di al-Qaeda in Arabia Saudita, che è stato ucciso a giugno a Riyadh. Tuttavia, la maggior parte delle uccisioni è avvenuta durante inseguimenti in auto oppure durante irruzioni in case da parte delle forze di sicurezza. Il governo ha immancabilmente annunciato che i morti sarebbero stati dei criminali armati, ma per motivi di segretezza non è stato possibile valutare l’accuratezza di queste informazioni.

    Decine di persone sono state uccise da gruppi armati e da banditi in varie parti del Paese. Le uccisioni si sono verificate durante attacchi armati o nel corso di concitate operazioni a seguito della cattura di ostaggi.

    *A maggio tre persone armate sono entrate negli uffici e in complessi residenziali di impiegati di compagnie petrolifere ad al-Khobar, nella Provincia Orientale, prendendo in ostaggio decine di persone, soprattutto lavoratori stranieri. Hanno ucciso alcuni degli ostaggi, pare soprattutto persone di religione non musulmana. Forze di sicurezza hanno preso d’assalto l’edificio nel quale venivano trattenuti gli ostaggi. Secondo quanto riferito, alla fine dell’operazione sarebbero rimasti uccisi 22 civili, sette membri delle forze di sicurezza e un bandito.

    *A giugno Frank Gardner, un giornalista di una televisione britannica e il suo cameraman, Simon Cumbers, sono stati attaccati da persone armate, mentre filmavano un servizio giornalistico a Riyadh. Simon Cumbers è morto in ospedale. Frank Gardner è stato ferito gravemente.

    Prigionieri politici e possibili prigionieri di coscienza

    Durante tutto l’anno sono avvenuti arresti di sospetti membri e simpatizzanti di gruppi armati e, in alcuni casi, di critici pacifici dello Stato.

    Decine di persone sono state arrestate perché sospettate di essere in contatto con gruppi armati. Tra di loro figurano alcuni il cui il nome era apparso su una lista pubblicata dal governo nel dicembre 2003. Gli arresti sono stati eseguiti durante scontri armati, inseguimenti stradali, irruzioni in abitazioni, rimpatri forzati da altri Paesi, o dopo la resa del sospettato durante l’amnistia della durata di un mese che era stata annunciata dal governo il 23 giugno. Lo status legale, i luoghi di detenzione e le condizioni della maggior parte dei detenuti sono rimasti avvolti in segretezza, in violazione degli standard internazionali che proibiscono prolungate detenzioni in incommunicado e “sparizioni”.

    Alcuni degli arrestati in quanto critici dello Stato sono stati rilasciati dopo un breve periodo di detenzione. Almeno 5 di loro sono stati processati. Lo status legale dei restanti, a decine nel corso dell’anno e a centinaia negli anni precedenti, è rimasto oscuro.

    *Cinque presunti critici dello Stato sono stati processati in tre casi distinti. Uno di questi ha visto coinvolti due professori universitari, il dottor Matrouk al-Falih e il dottor Abdullah al-Hamid, e uno scrittore, Ali al-Damayni. I tre erano tra gli undici accademici e intellettuali arrestati a marzo perché avevano chiesto riforme politiche e criticato il governo. Otto di loro sarebbero stati rilasciati dopo aver firmato una dichiarazione con la quale s’impegnavano a non ripetere mai più tali richieste e critiche. Gli altri tre si sarebbero rifiutati di firmare l’impegno e sono rimasti in detenzione. In una rara apertura alla solita situazione di segretezza, ai tre è stato concesso di ricevere la visita dei familiari e degli avvocati. Ad agosto è iniziato il loro processo che si sarebbe tenuto a porte aperte. AI aveva intenzione di inviare un osservatore al processo, ma ai delegati non è stato concesso il visto. La prima sessione del processo si è tenuta a porte aperte, ma è stata aggiornata a metà del dibattimento in quanto una parte del pubblico avrebbe disturbato. Le successive udienze si sarebbero svolte a porte chiuse. Gli altri due casi hanno visto coinvolti il dottor Said bin Zu’air e suo figlio Mubarak, entrambi arrestati nel corso dell’anno. Il dottor Said bin Zu’air è stato dichiarato colpevole di accuse vaghe come disobbedienza al sovrano del suo Paese ed è stato condannato a 5 anni di carcere. Suo figlio Mubarak è stato condannato in un processo separato a 10 mesi di detenzione per analoghe accuse. Lo status legale di un altro figlio, Sa’d, che era stato arrestato nel 2002, è rimasto incerto. Il dottor Said bin Zu’air era già stato detenuto senza accusa né processo per 8 anni per il fatto di essere un critico dello Stato.

    *Ahmed Abu ‘Ali, un cittadino statunitense di 24 anni, era stato arrestato nel giugno 2003 all’Università di Medina, dove studiava. La statunitense FBI (Federal Bureau of Investigation) l’avrebbe interrogato o avrebbe collegato il suo interrogatorio a un altro caso in corso negli Stati Uniti – Stati Uniti contro Royer – relativo a 11 persone accusate di reati collegati al “terrorismo”. Ahmed Abu ‘Ali aveva collegamenti con uno degli imputati, ma quest’imputato è stato assolto. Ahmed Abu ‘Ali è rimasto trattenuto in Arabia Saudita senza accusa né processo e senza poter accedere a un avvocato.

    Diritti delle donne

    Durante l’anno è proseguito il dibattito sui diritti delle donne il quale è stato focalizzato sulla violenza domestica e sul diritto alla partecipazione politica. Il tema della violenza domestica ha riscosso una forte attenzione nazionale e internazionale quando ad aprile Rania al-Baz, che era stata picchiata dal marito, ha reso pubblico il suo caso per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza che subiscono le donne all’interno delle mura domestiche in Arabia Saudita. La presentatrice televisiva e madre di due figli Rania al-Baz è stata aggredita da suo marito il 4 aprile nella loro abitazione di Jeddah, apparentemente dopo che lei aveva risposto al telefono. La donna ha riportato 13 fratture facciali. Suo marito l’ha caricata nel suo furgone e l’ha scaricata in stato di incoscienza all’ospedale di Jeddah sostenendo che la moglie era stata vittima di un incidente stradale. L’uomo è rimasto latitante fino a consegnarsi alla polizia il 19 aprile. Secondo quanto riferito, è stato accusato di tentato omicidio, ma l’accusa è stata in seguito ridotta a lesioni personali aggravate delle quali è stato ritenuto colpevole a maggio. È stato condannato a 6 mesi di reclusione e a 300 frustate. Rania al-Baz aveva di fronte a sé l’opzione di una causa civile con la quale poteva chiedere un risarcimento (qisas) nelle forma di un indennizzo o di una punizione fisica in proporzione al danno che aveva subito, ma ha apparentemente scelto di perdonare il marito in cambio del divorzio e della custodia dei suoi due figli. Suo marito ha scontato più della metà della pena. Non è noto se abbia subito le frustate.

    Quando la faccia sfigurata di Rania al-Baz è apparsa sulle prime pagine dei giornali, l’evento ha posto in primo piano le gravi forme di discriminazione che facilitano e perpetuano la violenza contro donne in Arabia Saudita, così come il tema della impunità. Si tratta del primo caso del genere nel Paese che si è concluso in un tribunale con condanna e pena sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Rania al-Baz ha rivelato di aver subito per anni la violenza del marito, ma che non poteva lasciarlo per la preoccupazione di perdere l’affidamento dei figli. Nel momento in cui aveva cercato di lasciarlo, lui le aveva impedito di vedere i figli per due mesi. In Arabia Saudita il divorzio è principalmente prerogativa dell’uomo. I diritti delle donne in questo campo sono talmente limitati che diventa pressoché impossibile per loro esercitarli. Per ottenere il divorzio, a differenza dell’uomo, la donna deve provare di aver subito danni o il torto del marito, essere in grado di pagare un risarcimento, affrontare il rischio di perdere l’affidamento dei figli ed essere in grado di convincere una magistratura esclusivamente maschile. I problemi sono aggravati dalle pesanti restrizioni che le donne subiscono nei loro movimenti, dalla totale dipendenza dai parenti maschi e dallo stigma sociale che accompagna il divorzio. Attiviste per i diritti delle donne, scrittrici, giornaliste e avvocate hanno chiesto cambiamenti legali e giudiziari per porre fine a questo tipo di discriminazione e per combattere l’impunità di cui godono le persone che commettono atti di violenza contro donne. Fonti hanno riferito che a novembre il ministro per gli Affari Sociali ha proposto misure per combattere la violenza domestica che erano in attesa di essere approvate dal Consiglio dei ministri.

    A ottobre il governo ha annunciato che le donne sarebbero state escluse dalla partecipazione alle elezioni comunali del 2005, anche se il regolamento elettorale introdotto ad agosto non escludeva in maniera esplicita la partecipazione femminile. Tale decisione è in contrasto con i passi intrapresi dal governo per il miglioramento delle opportunità di lavoro delle donne e per ridurre le aree di discriminazione contro le donne.

    Tortura e maltrattamenti

    La rigida segretezza che circonda arresti e detenzioni rende difficile la valutazione delle forme di tortura e maltrattamenti che subiscono le persone arrestate durante o dopo scontri violenti oppure nell’ambito della “guerra al terrorismo”. Tuttavia, hanno destato preoccupazione le “confessioni” di alcuni detenuti trasmesse alla televisione. Sono stati inoltre segnalati casi di tortura.

    *A settembre tre detenuti sono stati mostrati alla televisione di Stato come membri di un gruppo armato. I tre hanno “confessato” dettagli relativi al gruppo, compreso l’uso di fotografie che ritraevano detenuti torturati dalle forze di sicurezza, allo scopo di reclutare nuovi membri e di incutere loro timore affinché non si arrendessero alla polizia. Confessioni di sospetti che erano state teletrasmesse in passato erano state ottenute sotto tortura o maltrattamenti o con l’inganno.

    *Secondo quanto riferito, sei yemeniti avrebbero sostenuto di essere stati sottoposti a percosse, privazione del sonno e tenuti incatenati uno all’altro per la maggior parte del tempo. Tutti sarebbero stati arrestati durante una visita preso l’abitazione del loro datore di lavoro a Jeddah dove la polizia avrebbe trovato armi. Sarebbero stati rilasciati dopo 18 giorni di interrogatorio e rimpatriati nello Yemen senza essere incriminati o processati.

    *Brian O’Connor, un indiano di religione cristiana di 36 anni, sarebbe stato picchiato duramente dalla polizia religiosa in seguito al suo arresto a marzo a Riyadh, secondo quanto riferito perché era in possesso di una Bibbia o di altra letteratura cristiana. È stato accusato di aver venduto alcol e condannato a 10 mesi di reclusione e a 300 frustate. Tuttavia, a novembre è stato rimpatriato in India.

    *A maggio un gruppo di cittadini britannici che aveva denunciato di aver subito torture in Arabia Saudita nel 2001 hanno presentato ricorso nel loro Paese contro una sentenza dell’Alta Corte del Regno Unito in una causa intentata da Ron Jones contro i suoi presunti torturatori in Arabia Saudita. L’Alta Corte aveva archiviato il caso per motivi di sovranità ai sensi della legge UK 1978 Act. A ottobre la Corte d’Appello ha deciso che i querelanti potevano citare in giudizio i singoli funzionari che li avevano torturati ma non il governo.

    ***Fustigazione La fustigazione è rimasta una punizione corporale applicata di routine dai tribunali, sia come pena principale sia accessoria.

    *Secondo quanto riferito, ad agosto, 42 giovani sono stati fustigati per teppismo, distruzione di macchine e molestie contro donne a La Mecca. In questo caso la fustigazione è stata una pena accessoria alla carcerazione e a un’ammenda.

    Rifugiati

    Secondo quanto riferito, il rimpatrio spontaneo di circa 3.500 rifugiati iracheni della guerra del Golfo del 1991 è stato sospeso a maggio in seguito al deterioramento della situazione di sicurezza in Iraq. Circa 600 rifugiati sarebbero rimasti di fatto prigionieri nel campo militare di Rafha nel deserto settentrionale al confine con l’Iraq. A loro è stata negata la possibilità di chiedere asilo in Arabia Saudita.

    Pena di morte ed esecuzioni

    Almeno 33 persone, tra cui una cittadina dello Sri Lanka e 13 uomini stranieri, sono state messe a morte. Secondo il governo le persone erano state condannate per omicidio, furto o reati di droga. Il numero dei prigionieri in attesa di esecuzione non è noto ad AI, ma tra questi figura Sara Jane Dematera, una cittadina filippina condannata nel 1993 al termine di un processo segreto e sommario per l’omicidio del suo datore di lavoro. Ad aprile le è stato concesso di ricevere una visita della madre.

    Diritti economici e sociali

    Tra gli oltre sette milioni di lavoratori stranieri si è diffuso un certo ottimismo riguardo ai loro diritti economici e sociali e le Nazioni Unite hanno indicato che l’Arabia Saudita aveva compiuto progressi nella lotta contro la povertà. Il governo ha annunciato progetti di riforma del diritto del lavoro che migliorerebbero la protezione dei diritti dei lavoratori stranieri. Ha inoltre annunciato che avrebbe intrapreso misure punitive nei confronti di agenzie di collocamento e datori di lavoro che avrebbero maltrattato i lavoratori. Il governo ha altresì dichiarato di aver rafforzato i meccanismi di reclamo dei lavoratori e ha chiesto ai lavoratori maltrattati di sporgere denuncia. Alcuni lavoratori stranieri avrebbero dato vita ad associazioni di assistenza per i loro connazionali nella presentazione dei reclami. In un caso i lavoratori avrebbero creato una struttura di accoglienza per le lavoratrici che avevano subito violenza domestica.


  3. #3
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    E Bush di fronte a tutto questo che fa? Deve pur coprire i suoi vassalli....

 

 

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