In un’intervista a “La Padania” il ministro Roberto Calderoli ha detto di aver sentito tre Montezemolo: «Il presidente di Confindustria, che dice una cosa, l’imprenditore, che ne fa un’altra, e l’aspirante politico». Qui di seguito voglio commentare solo quello che ha detto il primo. Il secondo e il terzo mi interessano molto meno.
IL SONORO CONSENSO DEGLI IMPRENDITORI
Ho preso degli appunti: il discorso del presidente di Confindustria è durato esattamente un’ora e 20 minuti, ed è stato interrotto da applausi 40 volte. Penso sia importante dare ai nostri lettori lo strumento per conoscere su quali argomenti i circa 3.000 imprenditori presenti all' Assemblea hanno espresso un visibile e sonoro consenso.
Per ragioni di spazio nella tabella qui di fianco non ho riprodotto tutte le 40 interruzioni per applausi. Ne ho selezionate 15, ed ecco qualche commento.
«Non è il Patto di Stabilità la causa della stagnazione economica».
Con questo gli imprenditori presenti hanno dimostrato di aver capito una cosa molto importante: che se l’economia del Paese non va bene la colpa non è dell’Euro, della Cina, della crisi Argentina o dell’11 Settembre, che hanno solo peggiorato una situazione strutturale che viene da lontano. L’Euro c’è anche per la Finlandia, che è la prima nella classifica di competitività del World Economic Forum ( l’Italia ormai è al 47° posto). La Cina c'è anche per la Germania, che negli ultimi 4 anni ha aumentato del 25% le esportazioni mentre dal 1996 al 2004 la nostra quota del mercato mondiale è crollata del 20%, passando dal 4,8% al 3,8%. Nel periodo 1971/1982 la crescita dell'Italia aveva superato la crescita della media degli Stati membri dell'Unione Europea del 24% e quella degli Stati Uniti del 15%. Niente male, vero? Ma dal 1983 siamo costantemente sotto la media, con peggioramenti sempre più marcati dal 1997 in poi. Potrei continuare con altri esempi e altri numeri. Il punto importante è che gli imprenditori, questa è stata la mia impressione, hanno capito che la crisi è strutturale, che ormai dura da più di 25 anni e che i colpevoli non vanno cercati lontano: la colpa è “dentro di noi”, è nella cultura prevalente di questo paese, che continua a rifiutare le regole del capitalismo, prime fra tutte quelle della trasparenza e della concorrenza.
«La strisciante invadenza dello Stato nell’economia».
Gli imprenditori si rendono conto che lo Stato italiano ha fatto qualche passo indietro ma ha ancora troppi monopoli, soprattutto nei servizi. Invece di limitarsi ad amministrare, lo Stato, con comportamento “contro natura”, vuole gestire direttamente o indirettamente un numero eccessivo di attività. Ci sono troppe interferenze e troppa intermediazione dello Stato. Anche questo fa parte della cultura da “Ancien régime” del Paese. Ed è anche per questo che l’economia sta andando a rotoli, al punto che Bernard Conolly il capo dell’ufficio studi di Banque AIG, «in modo esagerato evoca l’Argentina. Per poi aggiungere che l’Italia non è a quel livello. Ancora» (il Riformista, 26 Maggio).
«Italianità delle banche».
Anche questa è una triste storia della “cultura prevalente” (veramente medioevale!) del Paese. Non voglio perdere tempo per descrivere quello che è successo. Sono sufficienti due parole. “Fog” (nebbia). E “mancanza di trasparenza”. Voglio aggiungere una curiosità. Per quello che ricordo Montezemolo ha aggiunto qualcosa “a braccio” al testo scritto che è stato distribuito a tutti i partecipanti solamente in due circostanze. Per ricordare quello che sta succedendo a Clementina Cantoni e proprio quando ha parlato delle banche. Dopo aver letto “non è stato un bello spettacolo” ha aggiunto a braccio un “Tutti zitti. Soprattutto dalla sinistra non abbiamo sentito nulla” (applausi).
«La testa nelle urne elettorali».
«Leggo sul Corriere della Sera del giorno dopo: «A questo punto la platea viene letteralmente giù. In prima fila Silvio Berlusconi è sempre più scuro e Romano Prodi non appare più sereno e distaccato». A giudicare dalla lunghezza dell’applauso, questo è un «comune sentire» molto radicato tra gli imprenditori presenti. Chi segue le mie lezioni di economia su “Telepadania” ricorderà che anch’io, nel mio piccolo, da anni vado ripetendo che secondo me uno dei problemi più grossi del nostro paese è proprio quello dei troppi membri del Parlamento che non cercano di individuare le cose che è necessario fare per il paese ma che sono invece alla perenne caccia del consenso e dei voti futuri.
PERCHÉ L’EUROPA CRESCE MENO DEGLI STATI UNITI
Le frasi sonoramente approvate dagli imprenditori che vedete nell’elenco qui di fianco non richiedono altri commenti. Come si fa a non essere d’accordo sulle considerazioni sul costo dell’energia ( ha fatto bene Claudio Scajola a dire subito dopo che occorre riaprire la questione dell’energia nucleare) , sulla necessità di abolire l’IRAP, sull’enorme dimensione del sommerso, soprattutto nel Mezzogiorno, sul numero eccessivo di leggi, eccetera. Ma voglio segnalare un punto sul quale Montezemolo non ha ricevuto nessun applauso, salvo il mio. Il testo è questo: «...non ci rendiamo conto che abbiamo liberalizzato solo il commercio dei beni, che rappresenta meno di un terzo del PIL. Non ci sarà un vero mercato interno senza la liberalizzazione dei servizi. E senza questo mercato sarà difficile crescere. Gli Stati Uniti crescono più dell’Europa perché cresce la loro domanda interna. E questo perché i servizi sono liberi. I servizi hanno un forte contenuto di manodopera locale e un elevato consumo di beni industriali moderni. Basti pensare alla sanità, che consuma prodotti ad alta tecnologia. Ma lo stesso vale per il turismo, lo spettacolo, i trasporti, l’educazione. Il consumatore moderno compra beni industriali attraverso l'uso dei servizi. Se i servizi non sono liberalizzati, non cresce la domanda dei consumatori, non cresce la domanda di beni industriali, non crescono la ricerca e l’innovazione che sono implicite nei servizi moderni, organizzati ormai come vere imprese di natura industriale».
É vero. Ecco perché dopo le cure di Reagan e della Thatcher negli US e in Inghilterra l’economia cresce e ci sono pochi disoccupati . Ecco perché la Catalogna sta diventando un modello per tutto il mondo. In Italia lo Stato e tanti enti pubblici hanno ancora monopoli che ingessano il Paese. Qualche esempio? Subito: le leggi sono un servizio, e lo Stato centrale esercita un monopolio molto inefficiente, che cerchiamo di scalfire almeno in piccola parte con la legge sulla devolution. E poi istruzione, pensioni, sanità, ordini professionali eccetera eccetera.
LA “SMANIA” DI SPEZZETTARE IL PAESE
Ho segnalato frasi apprezzate dal pubblico ed una considerazione, quella sulla liberalizzazione dei servizi, che forse è piaciuta solo a me. Naturalmente la relazione di Montezemolo ha anche molti punti deboli, già ben evidenziati da “La Padania” e dalle dichiarazioni di Calderoli, di Fini ed altri. E ci sono anche tanti punti che vale la pena discutere e approfondire. Eccone uno: «... bisogna superare questa mania di spezzettare il Paese e di creare nuove e pesanti amministrazioni con la pretesa di avvicinarsi al cittadino. Delegificare e semplificare non significa creare altre amministrazioni. Al contrario: dovrebbe significare abolirne alcune. E invece vediamo crescere il numero delle province. Vediamo sopravvivere comuni di dimensioni ridicole. Si pone in modo urgente il problema della governance istituzionale. A partire dalla chiarezza del rapporto tra amministrazioni centrali ed enti locali. Regioni, province e comuni hanno ampliato la sfera delle competenze ma non hanno interpretato finora in maniera significativa un principio di sussidiarietà verticale, né si è consolidata la modalità di raccordo con il centro e le sue attribuzioni. Confindustria è contraria alle confusioni, alle sovrapposizioni e alla moltiplicazione dei costi, delle procedure e dei dipendenti».
Se guardiamo avanti si deve dire che il problema della governance istituzionale è realmente quello fondamentale. Per prima cosa è assolutamente necessario recepire l’articolo 119 della Costituzione in modo da cominciare a costruire l’edificio del federalismo fiscale. Ma Montezemolo purtroppo questo non lo ha detto. Ha parlato di «mania di spezzettare il Paese» dopo aver decantato i vantaggi del “mercato”, ed è importante capire che questa è una grossa contraddizione perché se è vero che la concorrenza fa bene all'economia, sarebbe sicuramente un bene applicarla anche alla politica. Quanto al numero delle province voglio ricordare che secondo me ogni regione dovrebbe potersi organizzare come vuole. Senza aspettare il permesso del Parlamento di Roma e senza farne pagare il costo alle casse dello Stato. Ma ancora una volta, senza federalismo fiscale questi ragionamenti lasciano il tempo che trovano. Peccato che per questo e tanti altri argomenti Montezemolo ha lanciato il sasso (e ha fatto bene) ma poi non ha proposto soluzioni o nuovi scenari innovativi e coraggiosi.