Per i "difensori della vita" Simone non esisterebbe.
da www.repubblica.it
Simone, il figlio della provetta
"Questa volta non mi astengo"
Venti anni, nato a Torino dopo l'inseminazione
La madre: sono contraria solo all'utero in affitto
di VERA SCHIAVAZZI
Simone in braccio al dottore
che lo fece nascere
TORINO - "Lo ricordo come fosse ieri. La gioia di stringere il mio bambino. La voce di mio marito che diceva: "E' sano, ha tutte le dita, è bellissimo...". E poi l'attacco del vescovo, ma anche le parole diverse del prete della mia clinica: Signora, di che cosa si tormenta? Con tutti gli aborti che ci sono, lei invece ha messo al mondo un figlio. Dio la benedica...". Marta B. ricorda perfettamente, ma sono passati vent'anni.
Vent'anni da quel 1° febbraio del 1985, quando Simone, figlio della provetta, nacque all'ospedale Sant'Anna, a Torino, in uno dei centri più grandi d'Europa dove chi si occupava di fecondazione era guardato come un pioniere. O un matto. Ma chi c'era, e grazie a loro è diventata madre, o padre, o bambino, non ha mai smesso di ringraziarli. E domenica prossima andrà a votare, quattro sì per non rischiare di togliere neppure la più piccola possibilità a un'altra donna, a un'altra coppia.
Marta racconta oggi, a pochi giorni dal referendum sulla procreazione assistita, come è andata la sua storia. "Sono nata e cresciuta da queste parti (una cittadina della provincia di Cuneo, ndr), a 21 anni ho sposato un ragazzo siciliano. Non avevo nessun sospetto, stavo bene. Ma i figli non arrivavano. Sono infermiera, ho fiducia nei medici. Così, sono andata dal ginecologo più vicino, e sono cominciati cinque anni di calvario. Diceva che avevo un'infiammazione, facevo iniezioni per curarla e tutto restava come prima.
D'estate, durante le vacanze in Sicilia, mia suocera mi convinse a vedere un altro medico, e anche lui non capì nulla. Finalmente, a Torino, trovai un professore che mi ordinò l'esame delle salpingi: avevo tutte e due le tube chiuse, non c'era nessuna possibilità di restare incinta naturalmente".
Marta si sentiva come una malata, "una menomata". "Come una a cui manca qualcosa", ricorda. "Avevo paura che mi venisse l'esaurimento nervoso. Guardi, io lo capisco che ci sono donne che vivono felici senza avere figli, ci credo e le rispetto. Ma per me non era così, io una famiglia la volevo. E, dentro, avevo anche un grande senso di colpa: mio marito non mi hai mai detto una parola cattiva, ma io sentivo di avergli tolto qualcosa. Per fortuna, c'erano i medici del Sant'Anna.
Era incredibile, non avevano neppure i letti, dovevano fare i prelievi alle undici di sera perché un vero reparto non esisteva. Loro stessi erano alle prime prove, ma credevano in quello che facevano".
Restare incinta non fu difficile. "Ci siamo riusciti al secondo tentativo. Allora non usava congelare, certe tecniche non esistevano ancora. La seconda volta, sono state fecondate e impiantate quattro uova, ed è arrivato Simone. Altri figli? Mi sarebbe piaciuto. Ma le dico un segreto: ho avuto paura. Come se dovessi sfidare il destino una seconda volta".
Simone, che ha smesso di studiare e fa l'elettricista, è un bel ragazzo biondo che arriva anche adesso, mentre la madre racconta, la tuta blu ancora addosso. E' imbarazzato, sente domande da quando era all'asilo, ma poi si rilassa e va a prendere l'album dei ricordi: "Ecco, questo è il giornale di quando sono nato. E questo è l'articolo per il primo compleanno, nel frattempo erano riusciti a farne nascere un altro, qui siamo insieme. E questo che mi tiene in braccio quando avevo poche ore è il dottor Di Gregorio, il mio medico. E questo con i baffi che guarda l'incubatrice è papà... Problemi? Non ce ne sono mai stati, mi pare. Appena ho avuto l'età per capire, i miei mi hanno spiegato tutto. Io ho preso i ritagli di giornale e li ho portati a scuola, li ho mostrati ai compagni. Ed è finita lì, non è che ne parliamo tutti i giorni".
Simone, se capitasse a lei di non riuscire ad avere figli, che cosa farebbe? "Che domanda! Quello che hanno fatto i miei, mi farei aiutare... Senza quell'aiuto, io non sarei qui a parlarle". Marta riprende a parlare: "Per curarmi, io non ho pagato una lira, tutto in ospedale, tutto gratis, allora i ticket non c'erano! Avevo una sola paura, avere un figlio non sano, per questo ho detto a mio marito di controllare bene che fosse tutto a posto: ho fatto un parto cesareo, dormivo".
Marta, come voterà ai referendum? "Nessun dubbio, quattro sì. Se tornassi indietro, forse io non farei nascere un bambino da un donatore sconosciuto. Ma la vita è strana, capitano tante cose che non si possono immaginare. Perché devo vietarlo a un'altra? Sono contraria soltanto all'utero in affitto, la donna che ha aspettato nove mesi un bambino può cambiare idea, e ha diritto di farlo". E Simone? "Non credo alla politica, delle due volte che avrei potuto votare l'ultima ho preferito restare a casa... Bah! Stavolta però vado. Le sembra che posso dire di no a mia madre?".