Uomini siate e non pecore matte, affinchè il giudeo nascosto tra di voi non rida. (Dante Alighieri, il Paradiso)
L'industria dell'olocausto è un libro dell'ebreo Norman Finkelstein che racconta come la tragedia umana della shoah ebraica si sia tramutata nel volgere di pochi decenni in una abile operazione di marketing.
Il libro è incentrato sul come è stato trattato e pubblicizzato l'olocausto negli Stati Uniti d'America: nel primo ventennio postbellico, qunado gli Stati Uniti erano intenti a creare una condizione geopolitica stabile nell'Europa dell'Ovest le lobby ebraiche americane misero a tacere i reduci dei campi di concentramento per non inimicarsi più di tanto la popolazione tedesca. Chi in quegli anni parlava di olocausto negli USA veniva rapidamente liquidato come comunista che tentava di distruggere i frutti delle dottrine Truman e del piano Marshall per favorire la Russia sovietica.
Fu solo dopo la guerra dei 6 giorni del 1967 che, negli USA, l'olocausto divenne un fatto degno di risalto. Da quel momento cominciò una pubblicistica sfrenata fatta di libri (spesso frutto di fantasia come l'autore denuncia), incontri e musei.
Perchè questo ritardo nel denunciare questo genocidio? Anche qui subentrano ragioni meramente economiche e geopolitiche, dal 1967 lo "stato" di Israele iniziò a rappresentare nell'immaginario collettivo la "sapda" dell'Occidente iin MedioOriente; fino ad allora gli stessi ebrei americani non avevano dato grosso peso alla creazione di uno stato ebraico in Medio Oriente e gli Stati Uniti avevano considerato Israele una delle tante pedine dell'area. Fu solo dopo la dimostrazione di forza nella guerra dei 6 giorni che gli americani aprirono gli occhi sulla potenzialità dell'esercito ebraico.
A cosa mira la strategia dell'industria olocaustica?
Questa tecnica di marketing mira a instaurare nella coscienza collettiva (e fino ad ora c'è riuscita benissimo) alcuni semplici dogmi:
- innanzitutto che l'olocausto ebraico è l'unico olocausto della storia e che nessuna altra tragedia umana di un popolo è lontanamente paragonata a quella degli ebrei (neanche quella degli zingari anche loro vittime di Hitler). Questo assioma è privo di fondamento ma è utile per instillare nella gente che il popolo ebraico è l'unico e nessun altro popolo è lontanamente paragonabile, nè può aspirare ad essere, come lui. La vecchia storia del popolo eletto insomma.
- in secondo luogo si mira ad affermare che l'antisemitismo che è sempre stato presente nella storia dell'uomo e del mondo è frutto di pura irrazionalità. Ogni critica, quindi, agli ebrei e ad Israele non ha motivo di esistere in quanto frutto di questo irrazionale fenomeno che attanaglia la storia dell'uomo.
- conseguenziale al secondo punto è l'idea del popolo ebraico visto come eterna vittima dei "gentili" . Gli ebrei, quindi, non possono mai essere carnefici ma sono sempre vittime. Questo significa che, se intraprendono guerre lo fanno solo ed esclusivamente per difendersi daggli attacchi di terzi mossi dal cieco odio antisemita.
Un libro quindi interessante che smonta molti di quei dogmi laici di cui le masse occidentali sono state vittime negli ultimi 60 anni.
Il fatto che sia stato scritto da un ebreo non fa che accrescerne il prestigio, anche perchè se fosse stato scritto da un goym qualsiasi sarebbe stato immediatamente classificato come pubblicistica negazionista di qualche nazista senza alcuna credenziale.