Il direttore del Foglio combattente per il no passa all'astensione
Ferrara fiero aggiusta la rotta
Pubblichiamo l'editoriale dal titolo «Ribellarsi è giusto, astenersi è giusto. Primo bilancio della campagna referendaria: punire gli intolleranti», comparso ieri su «Il Foglio» diretto da Giuliano Ferrara.
L'aggressione ai diritti umani, per la prima volta al centro di una campagna concepita dalla sinistra laica e libertaria, ha fatto emergere un risvolto molto sgradevole, l'insulto reiterato e sistematico alla libertà di parola e al pluralismo politico, civile e culturale. Volevano impostare la guerra abrogazionista contro una legge laica e di compromesso, che autorizza la fecondazione artificiale e la regola in nome del bilanciamento dei diritti delle donne, della scienza e degli embrioni umani concepiti in provetta, con un'argomentazione che saltava a pie' pari l'oggetto della disputa, la decisione intorno al fatto se l'embrione umano sia qualcosa o qualcuno. Fallito il progetto, vistisi perduti, hanno scartato come cavalli pazzi e si sono messi a dare di miserabile alla scelta astensionista, parlano ridicolmente di parrocchie militarizzate, rispolverano l'armamentario più trito del più vecchio anticlericalismo, e adesso chiedono ai sostituti procuratori della repubblica di incriminare i preti che predicano l'astensione, costituzionalmente protetta dalla clausola del quorum necessario a convalidare un referendum e storicamente inventata da Marco Pannella nel 1985 (referendum della scala mobile). Invece di argomentazioni liberali, minacce di galera per gli interlocutori, deformazione grottesca della disputa, imposizione virtuale di un pensiero unico obbligatorio. Noi eravamo, e lo abbiamo scritto, contro la scelta dell'astensione, perché determina un'insana alleanza con il partito dell'indifferenza e perché è segno di insicurezza. Ma di fronte a tanto boriosa e orgogliosa sicurezza, di fronte all'alleanza del partito del «s ì» con il partito opposto del «no», anch'essa ambigua perché fondata sulla commistione di opinioni opposte al fine di abrogare una legge giusta, passiamo volentieri all'astensione. E soprattutto passiamo oltre perché non cascheremo, come non siamo cascati finora, nella trappola di parlare del niente quando in gioco c'è tutto. Il «noi» come sempre vale per la linea editoriale di un giornale come questo, quanto al come votano i foglianti, professionisti e cittadini liberi come pochi nelle loro opinioni, sarà come sempre un pezzo liberale e corretto di ricognizione a dirlo ai lettori, lo facciamo da quando siamo nati e siamo l'unico giornale a farlo con risultati sempre sorprendenti. Ma la linea dell'astensione è ormai la linea della ribellione all'incenso laicista e al suo aroma insopportabilmente asprigno: ribellarsi è giusto, astenersi è giusto.
Avvenire - 3 giugno 2005