EUROFOLLIE

“Ne servono sempre di più”, “compensano il calo della popolazione”, “sostengono l’occupazione”

ANDREA ACCORSI
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Protezione, asilo, riammissione. E ancora accordi, sviluppo, solidarietà. Sono le “parole d’ordine” della Ue in tema di immigrazione clandestina. Invano cercheremmo, nel vocabolario cui ricorre la Commissione europea ogni qual volta si parli di clandestini, parole quali contrasto, lotta o rigore. L’unico termine che si avvicina alla linea introdotta dal governo italiano con la legge Bossi-Fini è “prevenzione”: ma su modi e tempi per mettere in pratica questo principio, ai piani alti dell’edificio europeo non sono per niente d’accordo.
Su una sola cosa a Bruxelles sembrano pensarla tutti allo stesso modo: l’immigrato è una risorsa da tutelare, un bene prezioso sul quale fondare il futuro della comunità europea. Quasi che i cittadini europei, in questo futuro, fossero solo un dettaglio o, peggio, un impiccio.
A scorrere le conclusioni del primo rapporto annuale sull’immigrazione e l’integrazione realizzato dalla Commissione europea, pare di trovarsi di fronte a un discorso di Livia Turco o di Paolo Cento. Il presupposto è lo stesso, spalancare le porte all’immigrazione selvaggia; diversi, ma complementari, gli obbiettivi: qua creare utili serbatoi di voti per il futuro, là annullare le identità nazionali in nome del super Stato eurosovietico. Leggere per credere.

«L’AUMENTO DEI FLUSSI È SEMPRE PIÙ NECESSARIO»

L’Europa deve prepararsi a dipendere sempre più dagli immigrati e a favorirne l’integrazione nel proprio tessuto economico e sociale: è il monito lanciato dal rapporto della Commissione presentato la scorsa estate. Per Bruxelles, di fronte all’invecchiamento demografico e alla diminuzione della popolazione in età lavorativa che si registrano nella Ue, l’unica soluzione è far passare lo straniero: “L’aumento dei flussi migratori - si afferma nel documento - è sempre più probabile e più necessario per rispondere alle necessità dell’Ue ampliata”. Un giro di parole un po’ contorto nella forma ma tremendamente chiaro nella sostanza: bisogna aumentare il più possibile l’afflusso degli extra Ue.
Non basta. L’esecutivo comunitario chiede una politica europea comune di ammissione degli “immigrati economici”: una brutta definizione che li vorrebbe distinguere da quelli “rifugiati”, cioè da chi ha lasciato il proprio Paese per trovare migliori condizioni di vita. Ma provare a separare le due categorie è come riproporre la diatriba sul sesso degli angeli.

«GLI IMMIGRATI CONTRASTANO IL CALO DI ABITANTI»

L’analisi dei trend migratori indica che soprattutto in Italia, Germania, Grecia, Slovenia e Slovacchia gli immigrati rappresentano “un contributo importante al calo della popolazione, che senza di loro conoscerebbe tassi di crescita negativi”. È una delle tiritere predilette dal centrosinistra: se non vogliamo estinguerci, dobbiamo riempirci di immigrati (l’altra è che ci tornano utili per fare quei mestieri che noi non vogliamo più fare).
Nella Ue dei Quindici il tasso netto di immigrazione è di 2,8 arrivi ogni 1.000 abitanti, per un totale complessivo di circa 9 milioni di persone legalmente provenienti da Paesi terzi (gli irregolari non sono presi in considerazione). Il gruppo più numeroso è formato dai cittadini di nazionalità turca, che sono nell’Ue-15 circa 2,4 milioni, di cui due milioni residenti nella sola Germania. Secondo lo scenario disegnato dall’ufficio statistico dell’Ue (Eurostat) entro il 2050 è prevista l’immigrazione netta di circa 30 milioni di persone.
Già tre anni fa le polizie dei Quindici ammonivano gli organismi congiunti in sede Ue che la pressione dell’immigrazione clandestina si era fatta massiccia, le filiere criminali attraverso cui il fenomeno si canalizzava andavano moltiplicandosi e gli itinerari (via terra, cielo, mare) coinvolgevano ormai - come transito o approdo finale - tutti i Paesi dell’Ue, nessuno escluso. Sempre nel 2002, una stima complessiva dei clandestini residenti nell’Ue effettuata dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) di Ginevra si aggirava sui tre milioni di persone contro i due di 10 anni prima.

BRUXELLES SORDA AGLI ALLARMI DELLE POLIZIE

Di fronte a questa realtà, qual’è la linea d’azione proposta da Bruxelles? Sottolineare un imprecisato apporto positivo dell’immigrazione all’economia europea (“l’immigrazione aiuta a sostenere la crescita dell’occupazione”) e invitare gli Stati membri a un cambiamento di rotta rispetto alle politiche restrittive in atto in numerosi Paesi. In altre parole, la Ue bacchetta chi è corso ai ripari - la stragran parte degli Stati membri - e predica maggiore impegno per politiche che favoriscano l’integrazione: in particolare, offrendo sostegno per l’apprendimento della lingua nazionale, garantendo diritti politici a livello locale (compreso, naturalmente, quello di voto), riducendo gli elevati rischi di povertà ed emarginazione, favorendo l’alloggio degli extra Ue e combattendo la discriminazione nei loro confronti. Tante belle parole, che rivelano una scelta di campo precisa, tutta dalla parte dei migranti.
Del resto, l’euro-club di Bruxelles ha indicato nei punti seguenti i fondamenti della sua strategia per contrastare l’immigrazione clandestina, oltre all’Agenzia per il controllo delle frontiere esterne inaugurata quest’anno: le politiche per “l’asilo”, per “il rimpatrio e la riammissione”, “lo sviluppo di accordi con i Paesi terzi” e “nel lungo termine, la politica per lo sviluppo, visto che alle radici dell’immigrazione si trova la povertà”. Salvo poi prendere atto che “molti governi non sono in realtà disposti a cedere un centimetro della propria sovranità in questo settore”. Chiamali fessi...

G5 DIVISI SULLE MISURE DA PRENDERE

Mentre le direttive di Bruxelles inseguono scenari idealistici, qualcosa di più concreto è saltato fuori in altri ambiti. Salvo poi impegolarsi tra mille divisioni interne.
Prendete il G5, la riunione informale dei ministri dell’ Interno di Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna, che si è svolta a Firenze lo scorso ottobre. Tutti compatti sulla lotta al terrorismo; a ranghi sparsi, invece, sul contrasto all’immigrazione clandestina: il punto che divide sono i centri di accoglienza da realizzare in Nord Africa.
L’“asse” Francia-Spagna ha bocciato la proposta del ministro tedesco Otto Schily, appoggiata dall’omologo italiano Giuseppe Pisanu e anche dal ministro inglese David Blunkett, di creare centri di accoglienza europei in Nord Africa per gli immigrati intenzionati a sbarcare in Europa.
Il francese Dominique De Villepin si è mostrato scandalizzato dall’idea: «La Francia - ha scandito - non accetterà che vengano realizzati questi centri. Dobbiamo lavorare con i Paesi di transito degli emigranti, con l’Alto commissariato Onu per i rifugiati e con le organizzazioni umanitarie. Spetta a loro organizzare queste cose». Scettico anche Josè Antonio Alonso, secondo il quale «queste strutture non possono garantire il rispetto dei diritti umani e nemmeno la sicurezza».
I Cinque Grandi del vecchio continente si sono trovati d’accordo, almeno, sulle altre strategie di contrasto all’immigrazione clandestina: sostenere lo sviluppo dei Paesi d’origine, aiutare i Paesi di transito a controllare le proprie frontiere, incoraggiare accordi bilaterali e multilaterali, combattere le organizzazioni criminali che traggono enormi profitti dal traffico di esseri umani. Purché, anche queste, non rimangano belle parole.


[Data pubblicazione: 04/06/2005]