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  1. #51
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    2005-11-03
    “Ottimismo” ecumenico dopo la visita dell’Arcivescovo Lajolo a Mosca
    Dichiarazioni dell’esperto in rapporti con l’ortodossia, Peter Humeniuk

    ROMA, giovedì, 3 novembre 2005 (ZENIT.org).- “C’è una sensazione di ottimismo da entrambe le parti circa la normalizzazione cattolico-ortodossa e il dialogo ecumenico”, ha affermato questo giovedì Peter Humeniuk, esperto di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS) nei rapporti con la Chiesa ortodossa russa, al ritorno da una visita in Russia.

    L’esperto, che ha accompagnato il Segretario Generale di ACS Norbert Neuhaus, ha spiegato: “Quest’anno, con la malattia di Giovanni Paolo II e l’elezione di Benedetto XVI, le questioni riguardanti i cattolici sono state molto presenti nei mass media russi”.

    “La presentazione del libro del dottor Neuhaus, ‘Christian values of democracy’, alla Duma di Mosca è stata un successo. Il dottor Neuhaus ha anche incontrato i Vescovi ortodossi e ha visitato vari progetti sostenuti da ACS, soprattutto seminari”, ha reso noto.

    Riguardo alla recente visita a Mosca del Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, Humeniuk ha affermato: “In seguito al viaggio dell’Arcivescovo Giovanni Lajolo, c’è una nuova prospettiva per il dialogo e la cooperazione con la Chiesa ortodossa russa”.

    tratto da agenzia Zenit

  2. #52
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    ecco un articolo su questo tema tratto da Famiglia Cristiana di questa settimana:


    CATTOLICI E ORTODOSSI
    UNA NUOVA STAGIONE TRA VATICANO E CHIESA ORTODOSSA RUSSA?
    PROVE DI DIALOGO
    Si susseguono le visite a Mosca di alti esponenti vaticani e molti segnali indicano che con il pontificato di Benedetto XVI i rapporti tra le due Chiese possano essere normalizzati.
    di Fulvio Scaglione

    Esegeti ufficiali del Patriarca? Nemmeno a pensarci. Ma con gli anni e le interviste un minimo di pratica ce la siamo fatta. Non si tratta solo delle cose apertamente dette. Ci sono anche quelle apertamente non dette. E poi i toni, i pesi, gli argomenti. Quegli accenti che in un’intervista equivalgono all’alzata di spalle o al corrugar di ciglia di una conversazione: usati spesso per dir più di quanto non dicano le parole.

    Giudichi il lettore le opinioni di Alessio II, patriarca della Chiesa ortodossa russa, e stimi quanto di nuovo in esse ci sia rispetto ad anni anche molto recenti, e alle polemiche con la Chiesa cattolica e il Vaticano che li hanno segnati. Secondo noi si sente comunque il "respiro" di un momento diverso e, almeno nelle premesse, più disteso. Non mancano, è vero, le accuse alla Chiesa cattolica di proselitismo e di sostegno alle pretese mire espansionistiche degli uniati dell’Ucraina, i due grandi classici dei contrasti degli ultimi anni. Sarebbe ingenuo pensare di vederli sparire d’incanto da quello che è un lungo e complesso cammino spirituale, ma anche una delicata trattativa diplomatica. Non mancano neppure, per altro, gli attestati di stima a Benedetto XVI, le caute aperture e persino momenti di chiara consonanza. Resta il fatto che, tra quelle del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e quella di monsignor Giovanni Lajolo, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, si moltiplicano le visite di alti esponenti vaticani a Mosca e al monastero Danilovskij, sede del Patriarcato. La differenza tra il 2005 e il 2002, quando si svolse l’ultima visita del genere (toccò, in ottobre, a monsignor Celestino Migliore, dopo che in febbraio una visita dello stesso Kasper era stata annullata all’ultimo momento), è più che evidente.


    Alessio II durante la liturgia

    Qualche segnale di cambiamento, inoltre, si coglie qua e là negli ambienti della Chiesa ortodossa russa e tra i personaggi che hanno seguito da vicino gli ultimi sviluppi. Con la promessa dell’anonimato, però, perché nulla è deciso.

    «È certo che l’ascesa al pontificato del cardinale Ratzinger ha fatto nascere anche da noi grandi speranze», dice uno dei nostri interlocutori. «I suoi libri erano venduti in Russia anche nella rete di librerie collegate alla Chiesa ortodossa, il suo pensiero di teologo non è certo passato inosservato».

    Un sacrificio calcolato
    Altri fanno osservare che alla stima per il nuovo Pontefice si uniscono i "vantaggi" della fine del pontificato di Giovanni Paolo II, una personalità cui la Chiesa ortodossa russa non è mai riuscita a prendere le misure. «La questione del trasferimento da Lvov’ a Kiev della sede del cardinale Lubomir Husar (l’arcivescovo maggiore della Chiesa ucraina cattolica di rito greco, quelli che nella tradizione ortodossa vengono chiamati con un certo spregio "uniati" perché, appunto, uniti a Roma, ndr) è stato l’ultimo scherzo che ci ha giocato il polacco», dice un alto prelato ortodosso, senza riuscire a nascondere una certa ammirazione per l’avversario di un tempo. «Wojtyla firmò il decreto di trasferimento della sede il 6 dicembre 2004, ma la sua decisione fu poi tenuta a lungo segreta. Perché? Certo non solo perché a Kiev di uniati non ce ne sono e non ce ne sono mai stati. Forse volle dedicare tutto sé stesso anche in questo caso e, conscio dell’avanzata della malattia, prendere su di sé anche il peso di quell’ultima decisione».

    Illazioni e cattivi pensieri? Forse. Ma, in altri tempi, una decisione come quella presa da papa Giovanni Paolo II avrebbe spinto il Patriarcato di Mosca a protestare con ben altro vigore. È un caso? «Certo che no», risponde un’altra delle nostre fonti, questa volta assai ben inserita nello stesso Patriarcato. «Come in certe mosse degli scacchi, è un sacrificio calcolato. Diciamo che Alessio II e il metropolita Kirill hanno una certa fiducia in Benedetto XVI e non hanno voluto bruciare un promettente inizio sull’altare di vecchie polemiche.
    La questione è tutt’altro che chiusa, ma gli interlocutori sono cambiati. Pozhiviom posmotrim». Che vuol dire il proverbio finale? Nulla più del nostro "chi vivrà vedrà".

    tratto da Famiglia Cristiana

  3. #53
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    e a seguire, sempre dal medesimo settimanale, ecco un'intervista nientemeno che a "sua santità" Alessio II, patriarca di Mosca e della Russia:

    «QUEL CHE CI CONFORTA NEL DIALOGO CON ROMA»
    Una «perfetta coincidenza» con Benedetto XVI sui temi del relativismo e dell'unità. Ma sul proselitismo e gli uniati...
    di Fulvio Scaglione

    Da quando è cominciato il pontificato di Benedetto XVI, la Chiesa ortodossa russa tace e la diplomazia lavora. Non a caso negli ambienti del Patriarcato si raccolgono ottime considerazioni su monsignor Antonio Mennini, nunzio apostolico a Mosca: al di là delle qualità e del prestigio della persona, ben noti, è comunque un segnale. Sua Santità Alessio II, Patriarca di tutte le Russie, ha violato per Famiglia Cristiana la tacita consegna al silenzio. Ecco le sue valutazioni e le sue previsioni.

    Per molti anni il cardinale Joseph Ratzinger, ora Benedetto XVI, è stato uno dei principali collaboratori di Giovanni Paolo II e figura di spicco della Chiesa cattolica. Sua Santità, qual è il suo giudizio sul nuovo Papa?
    «Prima di diventare Benedetto XVI, il cardinale Ratzinger ci era ben noto come personalità saldamente ancorata ai princìpi tradizionali della dottrina della Chiesa cattolica, brillante apologeta della fede cristiana, intellettuale e teologo di alto rango. Adesso che è salito alla cattedra romana, speriamo di vederlo difendere fino in fondo i valori tradizionali del cristianesimo, obiettivo che la Chiesa ortodossa russa condivide totalmente».

    Il nuovo Pontefice ha preso il nome di Benedetto, come il Pontefice che nel 1917 fondò la Congregazione della Chiesa orientale e l’Istituto pontificio per gli studi orientali. Lo giudica un segnale positivo?
    «Credo sia meglio non azzardare parallelismi tra il pontificato di Benedetto XV e l’opera dell’attuale Papa. L’epoca in cui si svolse il pontificato di Benedetto XV fu tra le più difficili per la Russia e per la nostra Chiesa: la rivoluzione e la guerra civile portarono morte e distruzione nel Paese e fecero salire al potere un regime nemico di Dio, che lanciò una crudele persecuzione della fede. Difficili erano, allora, anche le relazioni tra la nostra Chiesa e il Vaticano. Purtroppo non sempre, in quel periodo, le azioni di Roma nei confronti della Chiesa ortodossa russa ebbero carattere fraterno. Per questo oggi, per quanto riguarda il dialogo tra ortodossi e cattolici, preferisco guardare avanti, più che tornare a un passato assai poco sereno».

    Che cosa si aspetta dal Papa nei rapporti con la Chiesa ortodossa russa?
    «Siede oggi sulla cattedra romana un eminente teologo che non solo conosce assai bene i problemi del dialogo tra le Chiese cristiane, ma è anche convinto della necessità di continuare e potenziare quel dialogo. Questo è di per sé un fatto confortante. Noi accogliamo con gioia il desiderio di Benedetto XVI di migliorare i rapporti con la Chiesa ortodossa russa, desiderio che egli stesso ha manifestato, e non una sola volta, dopo essere diventato Papa. Solo che, per migliorare davvero i rapporti tra le nostre Chiese, è necessario compiere passi concreti per superare i problemi oggi esistenti, cosa di cui negli ultimi tempi ha parlato lo stesso Benedetto XVI. In primo luogo, ci aspettiamo che la Chiesa cattolica metta fine all’opera di proselitismo che svolge tra i cittadini, ortodossi per battesimo e per tradizione, della Russia e degli altri Paesi della Csi, soprattutto quando il bersaglio di questi sforzi missionari sono i bambini nati in famiglie povere o a rischio. Sono indispensabili, inoltre, passi ben ponderati per la normalizzazione dei rapporti tra le diverse confessioni in Ucraina, dove continuano i conflitti tra gli ortodossi e i grecocattolici, in gran parte provocati dall’infondata pretesa di questi ultimi di avere status di Chiesa nazionale. Vogliamo credere che il pontificato del nuovo Papa sarà caratterizzato da azioni concrete per la risoluzione di questi problemi».

    [I]Benedetto XVI, nel suo ultimo discorso da cardinale prima del Conclave, denunciò con forza il pericolo del "relativismo" e del laicismo. Questo pericolo è avvertito anche dalla Chiesa ortodossa russa? [I]
    «Questo pericolo è ormai un tratto caratteristico al mondo intero. Il relativismo, in particolare, è una minaccia tra le più serie, perché è l’immancabile compagno di strada del secolarismo. Quando si mettono in dubbio non solo i valori su cui si basa la società, ma addirittura la possibilità stessa di cercare e trovare la verità, l’uomo finisce con l’essere privato di qualunque orientamento spirituale e morale. Rispondere all’inevitabile domanda sul senso della vita diventa in quel caso impossibile e la ricerca di una risposta si trasforma spesso in tragedia per l’individuo e per la società. Per quanto riguarda poi l’anticlericalismo, in Russia esso fu coltivato dall’ateistico regime sovietico, che cercò con ogni mezzo di screditare tutto ciò ch’era connesso alla Chiesa. Ancora oggi, di tanto in tanto, ci s’imbatte in atteggiamenti sprezzanti nei confronti dei sacerdoti e dei religiosi, che sono una chiara eredità di quell’ateismo. Si tratta però di residui, perché anche le persone più critiche nei confronti della Chiesa si lasciano conquistare quando incontrano pastori che servono Dio non per paura ma per dettato della coscienza, preoccupati solo del bene del popolo di Dio. Sono convinto che oggi tutte le Chiese cristiane insieme debbano consolidare i loro sforzi per opporsi all’assalto del secolarismo che distrugge le fondamenta morali della vita e disorienta la società. Mi sembra che su questo tema la posizioni della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa siano perfettamente coincidenti».

    [I]Benedetto XVI, proprio durante la sua prima Messa da Pontefice, ha detto di voler "spendere la sua vita per l’unità dei cristiani". Che cosa pensa di questa affermazione? [I]
    «Spero che queste parole fungano da base per l’atteggiamento futuro del Papa nei confronti della Chiesa ortodossa e in particolare della Chiesa ortodossa russa. Vorrei ricordare che la Chiesa ortodossa ha sempre considerato le divisioni all’interno della cristianità come un fenomeno negativo e comunque in contrasto con l’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo ("Che tutti siano uno come tu, Padre, sei in me e io in te, affinché siano anch’essi in noi, così che il mondo creda che tu mi hai mandato", Giovanni 17,21). Per questo la ricostruzione dell’unità dei cristiani, così cara a Dio, è sempre stata un obiettivo privilegiato della nostra Chiesa. Non è però facile raggiungerla. Purtroppo, nei rapporti tra le Chiese l’unità non è possibile se non c’è identità di vedute sulla fede comune. Dobbiamo sforzarci di rimuovere tutto ciò che, nel cammino verso l’unità, divide noi e reca sofferenza al nostro popolo. Allora, per ripetere le parole dell’apostolo Paolo, nei nostri cuori regnerà la pace di Dio, alla quale siamo chiamati come un unico corpo (Colossesi 3,15)».

    Crede che un giorno il nuovo Pontefice potrebbe visitarla a Mosca?
    «La possibilità di una visita in Russia del Pontefice romano è direttamente collegata alla risoluzione dei problemi nei rapporti tra le nostre Chiese cui facevo cenno prima: il proselitismo cattolico nella popolazione di tradizione ortodossa della Russia e degli altri Paesi della Csi e la politica assai poco amichevole nei confronti della Chiesa ortodossa da parte dei greco-cattolici dell’Ucraina. Abbiamo bisogno di passi concreti e di esempi positivi, affinché gli ortodossi possano convincersi fino in fondo della solidità delle buone intenzioni della Chiesa cattolica».

    tratto da Famiglia cristiana

  4. #54
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    2005-11-29
    La difesa delle comuni tradizioni religiose e spirituali nell’incontro tra il Metropolita Kirill e il Cardinale Martino

    Favorevoli anche ad una integrazione europea che muova dalle comuni radici cristiane


    cattolica e il Patriarcato di Mosca hanno sottolineato la necessità di impegnarsi nella difesa delle comuni tradizioni religiose e spirituali, e nella tutela dei condivisi valori morali soprattutto in ambito sociale e in riferimento all’integrazione europea.

    Sono stati questi infatti i principali temi al centro dell’incontro di questo martedì a Mosca tra il Metropolita Kirill, Presidente del Dipartimento per i Rapporti Esterni del Patriarcato di Mosca, e il Cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, secondo una nota diffusa da questo Dicastero vaticano.

    Nella nota si afferma inoltre che “l’incontro, che si è protratto per circa un’ora e mezza, è stato definito da entrambi i protagonisti cordiale, approfondito e proficuo, nel comune rincrescimento per il mancato colloquio con il Patriarca Alessio II, dovuto a motivi di salute del Patriarca stesso”.

    Recatosi in Russia su invito di monsignor Tadeusz Kondrusiewicz – Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca –, il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, prima di giungere questo martedì nella capitale russa, ha trascorso alcuni giorni a San Pietroburgo, dove il 28 novembre ha presentato ufficialmente la traduzione russa del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

    La presentazione ha avuto luogo nell’ambito delle conferenze organizzate a celebrazione del quarantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II e della Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et spes”, testo fondamentale per la Dottrina Sociale.

    Nel corso dell’incontro, il Metropolita di Smolensk e Kaliningrad Kirill ha sottolineato che il colloquio di oggi, di pochi giorni successivo a quello avuto con l’Arcivescovo Giovanni Lajolo, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, “è una riprova dell’intensità dei rapporti tra le due Chiese sorelle, data l’urgenza dei problemi sociali che attendono risposte, specialmente i problemi dell’integrazione europea, che non possono essere affrontati da una Chiesa soltanto ma richiedono una collaborazione interecclesiale”.

    Dal canto suo, il Cardinale Martino – continua la nota – “ha rilevato che il Compendio della Dottrina Sociale risponde pienamente a questo intento rivolgendosi a tutte le Chiese e sollecitandone la collaborazione ecumenica per una comune azione volta a permeare dei valori evangelici la vita sociale, in difesa dei diritti umani e per la promozione della giustizia e della pace”.

    A tal proposito, il porporato “ha anche evidenziato la comunanza di vedute con la Chiesa ortodossa russa, che nel 2001 ha approvato un analogo documento dal titolo I fondamenti della Concezione Sociale”, in cui si riflette la posizione ufficiale del Patriarcato di Mosca per quanto riguarda i rapporti con lo Stato e con la società civile, oltre a stabilire una serie di linee guida adottate in questo campo dall'episcopato, dal clero e dai laici.

    Il Metropolita Kirill, in seguito, dopo aver constatato che il Compendio è “molto utile per il popolo russo in difesa dei valori cristiani in Europa e non solo”, ha quindi affermato che “tali valori oggi sono messi a rischio da una filosofia politica falsamente liberale e secolarista, in nome di una tolleranza intesa spesso come negazione delle tradizioni religiose e spirituali e in definitiva della stessa verità oggettiva”.

    “Identità di intenti tra il porporato e il Metropolita è stata constatata anche circa la necessità che l’integrazione europea si sviluppi nell’alveo delle comuni radici cristiane”, si afferma di seguito.

    Inoltre, nel corso dell’incontro, è stata sottolineata l’opportunità per il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e il Patriarcato di Mosca di organizzare un Convegno “sui problemi sociali alla luce del Vangelo”, in una sede da definirsi successivamente.

    La seconda presentazione del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, avrà luogo il 1° dicembre a Mosca, presso il Centro Casa della Cultura, nell’ambito della Mostra del libro culturale russo dal titolo“Non-fiction”, e sarà presieduta sempre dal Cardinale Martino, che concluderà in questo modo la sua visita di sei giorni in Russia.

    Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa è stato redatto dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace su incarico di Giovanni Paolo II e presentato per la prima volta nell’ottobre del 2004, al termine di cinque anni di lavoro. Fino ad ora, oltre al russo, è stato tradotto anche in francese, inglese, spagnolo, portoghese, cinese e coreano.

    tratto da agenzia Zenit

  5. #55
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    2 Dicembre 2005
    Card. Martino: un bilancio ottimista della visita a Mosca

    di Victor Khroul
    Il presidente del Pontificio consiglio di Giustizia e pace parla dei progressi nei rapporti con la Chiesa ortodossa e auspica risultati "reali e concreti"; con il patriarcato di Mosca più vicini su integrazione europea, necessità di riscoprire le comuni radici cristiane e affrontare i processi di secolarizzazione attuali. Il cardinale invita i cattolici a "incarnare" nella vita quotidiana la dottrina sociale della Chiesa.


    Mosca (AsiaNews) - Un invito a testimoniare con azioni concrete i valori espressi nella dottrina sociale della Chiesa in Russia, dove si è ormai aperta una "nuova e lunga fase di cammino comune" con gli ortodossi; questo è quanto emerge dall'intervista rilasciata dal card. Renato Martino, presidente del pontificio Consiglio di giustizia e pace, al settimanale cattolico russo, Svet Evangelija, prima di partire per Roma. Il cardinale termina oggi la sua prima visita in Russia, i cui risultati egli ha definito "molto positivi". Martino era arrivato il 27 novembre scorso, su invito dell'arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz; lo scopo era presentare il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, pubblicato lo scorso anno e di cui esiste già la traduzione in russo.

    Sul significato della dottrina sociale come strumento e ispirazione per affrontare problemi e sfide della società contemporanea, il card. Martino ha sottolineato l'importanza che ai principi corrisponda una testimonianza quotidiana attenta al contesto in cui si colloca. "La situazione odierna è caratterizzata da un crescente bisogno di testimonianza cristiana con la propria vita, e non solo attraverso parole e gesti clamorosi". "A questo proposito - continua - vorrei osservare che la dottrina della Chiesa, anche rispetto alla sfera sociale, trova tanto più risonanza, quanto più si incarna nella vita delle singole Chiese locali, delle comunita parrocchiali, delle organizzazioni caritative... è sempre stato così, fin dagli inizi della Chiesa, e la nostra epoca non fa eccezione".

    L'inviato vaticano si dice ottimista su una possibile comune testimonianza con la Chiesa ortodossa, . "Chi è tutto proteso agli ideali della carità, dell'amore fraterno, chi esercita le virtu della pazienza e dell'umilta, prima o poi 'sarà compreso dal proprio fratello'". Il cardinale ricorda la "promessa del Salvatore": "Dove due o tre si riuniranno in nome mio, io sarò in mezzo a loro".

    Il 30 novembre il card. Martino ha avuto un colloquio con il metropolita Kirill, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca. Secondo il porporato, dal punto di vista delle prospettive di una fattiva collaborazione con la Chiesa ortodossa, l'incontro è stato "abbastanza fecondo". "Abbiamo discusso vari problemi riguardanti l'integrazione europea, la necessità di riscoprire le comuni radici cristiane, i processi di secolarizzazione attuali - racconta - trovando una profonda sintonia e programmando delle iniziative concrete, da realizzarsi in comune".

    Il cardinale spiega che "bisogna pensare a forme di lavoro comune, che possano essere non solo accettabili, ma anche auspicabili per entrambe le parti. Qui è possibile scegliere dinamicamente tra molte varianti, che siano applicabili alla situazione russa, e che quindi nella maggior parte dei casi vanno valutate proprio qui, in loco". E aggiunge: "Esiste anche un altro livello del problema, la comune testimonianza che possiamo rendere, ad esempio, nel contesto europeo. Sebbene questi livelli siano collegati in modo abbastanza stretto fra loro, non vanno confusi, se vogliamo raggiungere risultati reali e concreti, e non limitarci soltanto a pie dichiarazioni".

    Secondo il cardinale siamo all'inizio di "una nuova e lunga fase di cammino comune", ma non si deve pretendere troppo: "Dopo un lungo periodo di incresciose incomprensioni (di cui generalmente è sempre sbagliato accusare solo ed esclusivamente una parte), ci troviamo all'inizio di una fase di collaborazione più fruttuosa soprattutto nelle sfere delle attività sociali. Man mano che si cammina, la strada si fa piu chiara".

    "Mi sembra - evidenzia il card. Martino - che il primo e più importante risultato consista nel fatto che sia stato espresso vicendevolmente un interessamento a percorrere insieme una strada comune. Anche adesso sta progressivamente chiarendosi che siamo in movimento, e che insieme siamo in grado di raggiungere risultati migliori che non se restiamo isolati".

    Esistono comunque già alcuni esempi di buona collaborazione tra i cristiani in terra russa. Il porporato cita il Consiglio caritativo interconfessionale esistente a San Pietroburgo, che da oltre 10 anni riunisce rappresentanti delle comunita ortodossa, cattolica e protestante della città.

    Il Presidente del Consiglio di Giustizia e Pace conclude con l'augurio alla comunità cattolica russa che il tempo di preparazione allo "stupefacente e gioioso evento" del Natale "porti molto frutto spirituale" e ribadisce che il Papa "riserva un'attenzione primaria ai temi della riconciliazione e della cooperazione cristiana nel proprio ministero di Primate della Chiesa cattolica".

    tratto da asianews.it

  6. #56
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    2005-12-02
    Il Cardinal Martino fa un bilancio del suo primo viaggio in Russia

    Dove ha presentato l’edizione in lingua russa del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica


    MOSCA, venerdì, 2 dicembre 2005 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo integrale – pervenuto alla redazione di ZENIT – dell’intervista rilasciata il 1° dicembre dal Cardinale Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia della Pace, al settimanale cattolico russo “Svet Evangelia” (Luce del Vangelo), il cui editore è il dottor Victor Khroul, al termine del suo primo viaggio in Russia.

    Sua Eminenza, in questo periodo Lei si trova a viaggiare in tutto il mondo. La voce della Chiesa è ascoltata nella società moderna? Viene presa sul serio nella vita sociale? Cosa dovrebbe fare la Chiesa Cattolica per attirare l’attenzione della società secolarizzata sui valori cristiani?
    Cardinal Renato Martino: A questo proposito, vorrei osservare che la dottrina della Chiesa, anche rispetto alla sfera sociale, trova tanto più risonanza, quanto più si incarna nella vita delle singole Chiese locali, delle comunità parrocchiali, delle organizzazioni caritative... È sempre stato così, fin dagli inizi della Chiesa, e la nostra epoca non fa eccezione. La situazione odierna è caratterizzata, a parer mio, da un crescente bisogno di testimonianza cristiana con la propria vita, e non solo (o non tanto) attraverso parole e gesti clamorosi. Mi sembra che oggi più che mai sia necessaria un’attenzione all’inculturazione, un apporto il più possibile personale all’opera di testimonianza della fede cristiana, un apporto fattivo da realizzare in consonanza con il Vangelo e il magistero della Chiesa, con l’attenzione a proporli e viverli in un linguaggio comprensibile e accogliente per la cultura in cui viviamo.

    Si è parlato molto di un urgente bisogno di una comune testimonianza e professione di fede di tutti i cristiani – cattolici, ortodossi, protestanti – su diversi livelli. Potrebbe fornire alcuni esempi di qualche attività di successo sotto questo punto di vista provenienti dalle diversi parti del mondo?
    Cardinal Renato Martino: Ad esempio, nella maggior parte dei paesi europei esistono commissioni permanenti di coordinamento tra le diverse confessioni, che contribuiscono a realizzare un gran numero di progetti: Vorrei sottolineare, in particolare, che nel Consiglio mondiale delle Chiese, la Chiesa cattolica collabora proprio nella Commissione “Giustizia e Pace”, mentre in tutte le altre riveste solo un ruolo di osservatore. Come esempio concreto posso citarle con piacere il consiglio caritativo interconfessionale esistente a San Pietroburgo – così mi hanno detto – da oltre dieci anni, e che riunisce rappresentanti delle comunità ortodossa, cattolica e protestante della città. Dal punto di vista delle prospettive di una fattiva collaborazione con la Chiesa ortodossa russa, sono stato molto contento dell’incontro avuto in questi giorni con il metropolita Kirill, Presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca: abbiamo discusso vari problemi riguardanti l’integrazione europea, la necessità di riscoprire le comuni radici cristiane, i processi di secolarizzazione attuali ecc., trovando una profonda sintonia e programmando delle iniziative concrete, da realizzarsi in comune.

    Esiste una Commissione congiunta cattolico-ortodossa per lo studio dei casi “negativi” al fine di risolvere le tensioni esistenti nelle nostre relazioni in Russia. Non converrebbe averne un’altra – per questioni “positive” – per la cooperazione nelle aree dove non esistono conflitti: attività sociali, educazione, opere di carità, mass-media, etc.?
    Cardinal Renato Martino: Mi sembra un’ottima cosa che tale commissione esista, che possa serenamente discutere tutti i casi problematici che insorgano e prendere tempestivamente le misure per superarli. Penso che, nella misura in cui la sua attività si evolverà con successo, non ci sarebbe da meravigliarsi se si trasformasse gradualmente nel tipo di struttura “di cooperazione” a cui Lei accenna nella sua domanda. Del resto, per amore di giustizia, ho saputo qui a Mosca che nella sua ultima sessione di lavoro si è proposto di portare anche degli esempi positivi di fruttuosa collaborazione, in modo da sostenere tali iniziative e proporle come modello di azione laddove un atteggiamento di questo genere manca ancora. Mi sembra, che molto dipenda sempre anche da noi; non credo di sbagliare dicendo che, dopo un lungo periodo di incresciose incomprensioni (di cui generalmente è sempre sbagliato accusare solo ed esclusivamente una parte), ci troviamo all’inizio di una fase di collaborazione più fruttuosa nelle sfere da Lei citate. Man mano che si cammina, la strada si fa più chiara. Anche adesso sta progressivamente chiarendosi che siamo in movimento, e che insieme siamo in grado di raggiungere risultati migliori che non se restiamo isolati.

    Vede qualche ostacolo alla comune testimonianza cristiana in Russia?
    Cardinal Renato Martino: Mi sembra di poter dire che l’ostacolo più grave – per quanto sia triste constatarlo – nella maggior parte dei casi siamo proprio noi. Chi è tutto proteso agli ideali della carità,dell’amore fraterno, chi esercita le virtù della pazienza e dell’umiltà, prima o poi “sarà compreso dal proprio fratello”. È una profonda verità sia per quanto riguarda le relazioni tra le singole persone, sia nelle relazioni tra organismi più vasti quali sono a vario livello le comunità religiose. Non dimentichiamo la promessa del Salvatore: “Dove due o tre si riuniranno in nome mio, io sarò in mezzo a loro”. Se anche noi, seguendo l’esortazione di san Paolo, “ci tratteremo con dolcezza e ci ammoniremo rispettosamente a vicenda” (Rom 12,10), questo atteggiamento prima o poi non potrà non portare i suoi frutti.

    Quale tipo di cooperazione cattolico-ortodossa è possibile in Russia? Ne ha discusso ieri durante il suo incontro con il Metropolita Kirill?
    Cardinal Renato Martino: Bisogna pensare a delle forme di lavoro comune che possano essere non solo accettabili, ma anche auspicabili per entrambe le parti. Qui è possibile scegliere dinamicamente tra molte varianti che siano applicabili alla situazione russa, e che quindi nella maggior parte dei casi vanno valutate proprio qui, in loco. Esiste poi anche un altro livello del problema, la comune testimonianza che possiamo rendere, ad esempio, nel contesto europeo. Sebbene questi livelli siano collegati in modo abbastanza stretto fra loro, non vanno confusi, se vogliamo raggiungere risultati reali e concreti, e non limitarci soltanto a pie dichiarazioni. A tutti i livelli, comunque, la cosa principale mi sembra il fatto che noi siamo realmente interessati a sviluppare le nostre relazioni, ad incrementare la reciproca comprensione, che prima o poi, nella misura della nostra perseveranza e decisione, si trasformerà in amicizia e carità, come vuole da noi il Signore. Come dicevo prima, proprio questo è stato il contenuto del colloquio con il metropolita Kirill, e spero vivamente di poter cominciare presto, insieme al mio Dicastero, un fattivo lavoro di collaborazione.

    Quali sono i principali risultati di questo incontro? Come mai né il Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici Russi né il Vescovo Ordinario [monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, ndr] sono stati invitati a prendervi parte, sebbene il Direttore della “Caritas” della Russia abbia invece ricevuto l’invito?
    Cardinal Renato Martino: Come ho già detto, siamo all’inizio di una nuova e – spero – lunga fase di cammino comune. Mi sembra che il primo e più importante risultato consista nel fatto si sia stato espresso vicendevolmente un interessamento a percorrere insieme una strada comune. Mi sembra una cosa non da poco, e credo che altri successivi passi non si faranno attendere.

    Sono un po’ sorpreso dalla nota di risentimento che mi sembra di notare nella sua domanda. Mi scusi, se ho sbagliato. A me sembra che dovremmo essere tutti contenti dei risultati positivi raggiunti, che sarebbe strano far dipendere esclusivamente da esigenze di protocollo. Mi sembra che il novero dei partecipanti a questo primo e – ripeto – abbastanza fecondo incontro, sia stato quello ottimale dal punto di vista delle problematiche in questione e del livello della loro trattazione, riferendomi a quel “distinguo” tra i vari livelli a cui ho già accennato prima. Vorrei ricordare infine che l’arcivescovo Kondrusiewicz non era a Mosca, e ha incaricato padre Aleksandr Petshik di rappresentarlo.

    Qual è, a suo avviso, il tipo ottimale di divulgazione in Russia della Dottrina sociale cattolica? Crede che sia utile tenere in considerazione anche il documento sulla Dottrina sociale ortodossa, pubblicato nel 2000?
    Cardinal Renato Martino: Uno degli scopi della mia visita in Russia era proprio quello di contribuire a far conoscere la dottrina sociale cattolica. È importantissimo che ora molte persone interessate a queste problematiche possano conoscerle meglio leggendone un condensato attraverso il “Compendio” in traduzione russa. Siamo felici che quanti sono interessati possano e vogliano utilizzare l’esperienza della Chiesa cattolica per risolvere i problemi sociali odierni in uno spirito cristiano. Ma questo è semplicemente uno degli strumenti. L’altro, come ho detto prima, consiste nel tradurre la dottrina della Chiesa nella vita dei singoli fedeli, delle singole comunità cattoliche, perché “non si può nascondere una città posta sul monte”. Questo secondo strumento è quello che avete a disposizione voi, cattolici della Russia. Solo la vostra vita e il vostro lavoro può creare delle forme concrete di testimonianza.

    Eccetto l’appartenenza dell’Arcivescovo Kondrusiewicz al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in Russia non esiste nessun’altra istituzione (commissione a livello nazionale e locale) per la Giustizia e la Pace. Ritiene necessaria una attività di questo tipo? Con cosa converrebbe iniziare?
    Cardinal Renato Martino: Credo che qui in Russia potrà essere conveniente ed efficace qualunque tipo di attività che sia rispondente ai bisogni della Chiesa e della società, e che trovi una forma ottimale di realizzazione, anche tenendo conto degli interessi della collaborazione interconfessionale. È solo la prima volta che mi trovo in Russia, mi risulta difficile dare dei consigli pratici. Credo però che la dottrina della Chiesa, assunta nella sua interezza e unitamente alla carità evangelica, possano consigliare la strada migliore da seguire a questo proposito.

    I sacerdoti cattolici dovrebbero visitare gli ospedali, le carceri, i reparti militari, la polizia e le altre istituzioni sociali in Russia dove i cattolici potrebbero aver bisogno della loro cura pastorale? Noi abbiamo alcune cappelle cattoliche nelle prigioni, e i sacerdoti, nominati cappellani dal Vescovo, vanno spesso incontro a difficoltà nel tentativo di mettervi piede. In che modo è possibile risolvere tali problemi?
    Cardinal Renato Martino: A parer mio, problemi come la possibilità di visitare carceri, reparti militari ecc. da parte di sacerdoti cattolici, non possono essere valutati se non nel contesto generale delle relazioni esistenti. Singoli casi di insuccesso evidentemente potranno prodursi anche in futuro, ma sarebbe un errore basare solo su di essi le prospettive delle nostre relazioni. Tra l’altro, proprio a questo proposito potrebbe risultare utile l’attività della commissione mista che menzionava precedentemente. Forse i cattolici in Russia non sono tanto numerosi da rendersi necessaria, ad esempio, l’istituzione di chiese per loro nelle prigioni. E probabilmente una decina di cappellani militari potrebbe bastare per lavorare nelle sia pur sconfinate pianure russe. Ma – ripeto – a parer mio occorrerebbe risolvere ogni singolo caso a partire dalla legislazione vigente nel paese e dalle relazioni personali, che vanno costruite e sviluppate ovunque, localmente, in uno spirito di amore cristiano. Non si può creare un’atmosfera di simpatia e di fiducia con un atto normativo, bisogna dedicarle la vita intera.

    Quali sono le sue impressioni generali al termine della sua prima visita in Russia?
    Cardinal Renato Martino: Le impressioni che ho ricavato sono moltissime, difficile elencarle tutte, tanto più che questa mia prima visita in Russia realizza un profondo desiderio che avevo da tempo. Sono impressioni molto positive, e spero che avrò la possibilità di allietare con esse anche Sua santità Papa Benedetto XVI, che riserva un’attenzione primaria ai temi della riconciliazione e della cooperazione cristiana nel proprio ministero di Primate della Chiesa cattolica.

    Ci farebbe piacere comunicare ai nostri lettori tutto ciò che Sua Eminenza volesse dire (o scrivere) loro nel periodo di Avvento che precede il Natale.
    Cardinal Renato Martino: Voglio cogliere l’occasione per fare a tutti i lettori di “Svet Evangelija” gli auguri per l’ormai prossima festa di Natale, auspicando che il tempo di preparazione a questo stupefacente, gioioso evento porti molto frutto spirituale. La dottrina sociale della Chiesa, di cui abbiamo parlato a lungo in questi giorni, non esiste per se stessa, ma si incarna continuamente in espressioni di amore, di compassione e di giustizia, e dipende da ciascuno di noi quanto queste parole si tradurranno in vita, contribuendo alla realizzazione della pace, dell’amore e della salvezza per il mondo, di cui noi cristiani abbiamo la responsabilità.

    tratto da agenzia Zenit

 

 
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